Capitolo
15
“Non
distruggerai il mio sogno
d’amore ”
Oggi
è domenica e
mio cugino Seiichi ha insistito perché lo accompagnassi in
centro, in un
negozio di musica in cui lavora un famoso liutaio italiano. Quando
abbiamo
lasciato la villa, Seiichi sembrava particolarmente di buon umore, non
che non
lo sia normalmente, ma è chiaro che questo piccolo viaggio
sia legato a un
evento importante. Quello che mi ha sorpresa, però,
è stato ricevere un invito
diretto da lui. Di solito non ama avere compagnia quando si reca in
città per
qualche commissione particolare. Non perché non sopporti di
portare con sé
qualcuno della famiglia, quanto per una “dimostrazione di
riguardo”, come dice
lui. Seiichi è consapevole di isolarsi completamente dal
mondo quando trova
qualcosa di suo interesse, soprattutto se si parla di arte o di musica.
Mio
cugino non è un genio solo col pennello, ma anche con
l’archetto. È infatti un
“violinista raffinato e di carattere”, come lo ha
definito qualcuno. Ora, io
non sono un’esperta del settore, ma non posso negare il suo
talento musicale.
«Non
mi hai ancora
detto dove stiamo andando», pronuncio iniziando
così una breve conversazione
che possa allietare il viaggio.
«Ritengo
che
mantenere il segreto renderà la sorpresa maggiormente
gradita», ribatte
Seiichi, scansando elegantemente la questione.
«Dimmi
almeno perché
hai voluto che ti accompagnassi», insisto io, decisa a vedere
soddisfatta
almeno una delle mie curiosità.
Per
qualche
istante Seiichi mi osserva con una gentile premura negli occhi, quindi
risponde: «Ho il sospetto che qualcosa ti turbi
profondamente».
Con
uno scatto
abbasso la testa per interrompere il contatto visivo. Le mie mani si
chiudono
sulle mie ginocchia e le mie spalle si irrigidiscono.
«Non
temere, mia
cara, non ho in me di persuaderti a condividere le tue angosce, dal
momento che
non lo desideri».
Le
parole di
Seiichi sono strane come al solito, ma ho capito che non mi
costringerà a
parlare, a meno che non sia io a volerlo fare. È una grande
consolazione per
me, poiché non saprei cosa dire. Ma adesso mi è
finalmente chiaro per quale
motivo mi ha chiesto di accompagnarlo: vuole farmi distrarre in modo
che non mi
tormenti con le mie preoccupazioni. Sono felice di avere accettato il
suo
invito, perché non sono molte le occasioni per trascorrere
del tempo insieme a
lui. E poi, desidero davvero conoscere meglio il suo mondo. Seiichi
è molto
saggio e sono sicura di poter imparare qualcosa di utile stando al suo
fianco.
Il
negozio si
trova ad Asakusa, un quartiere del distretto speciale di Taitō, nella
parte
nord-est di Tōkyō. È una struttura che non passa
inosservata, non tanto per le
dimensioni, quanto per l’aspetto. La sua architettura,
infatti, non ha nulla
dello stile tradizionale giapponese, bensì rimanda
chiaramente al gusto italiano
del XVI secolo.
«Non
sapevo che in
Giappone ci fossero negozi come questo», pronuncio,
osservando meravigliata
l’edificio a due piani in pietre e mattoni. «Sembra
una vecchia bottega
italiana del Tardo Rinascimento».
«In
vero lo è»,
risponde Seiichi. «O almeno lo è la sede
originaria che si trova in Italia. Ma
vieni, entriamo».
L’interno
del negozio
mi lascia assolutamente a bocca aperta. Un piccolo mondo antico sembra
aprirsi
davanti ai miei occhi. Avevo visto luoghi simili solo nelle vecchie
pitture dei
libri di mia madre e mai avrei creduto di mettere un giorno piede in
una vera
bottega di liutai. La stanza è avvolta in una calda luce
color fiamma, che
conferisce alle pareti, rivestite di pannelli di legno, e al pavimento,
in
mattonelle di terracotta rossa, un velo di antichità. Il
soffitto, in legno più
scuro e incredibilmente basso rispetto agli standard moderni,
è a cassettoni e
in ogni quadrato è scolpito un piccolo fiore in
bassorilievo. L’ambiente è
pervaso da un profumo silvestre e dalle note classiche di un allegro
motivetto
barocco. Ai muri della sala e al centro sono posizione delle bacheche
all’interno delle quali fanno bella mostra di sé
decine di strumenti, dai
violini ai violoncelli, alle chitarre. Mentre mi guardo intorno con
occhi colmi
di meraviglia, un uomo emerge dalla porta che dà
probabilmente sul laboratorio
vero e proprio. Cammina con passo lento e claudicante. Il suo corpo
rotondo
mortifica un’altezza per natura non eccezionale. Ma sono i
tratti del suo viso
a catturare il mio maggiore interesse e a suggerirmi che non si tratta
di un
uomo asiatico.
«Seiichi,
figliolo!», esordisce
abbracciando mio
cugino.
«Mastro Rampini, mi permetta di
ringraziarla ancora», risponde Seiichi, piegandosi subito
dopo in un profondo
inchino ossequioso.
«Su,
su ragazzo,
conserva queste formalità per i signori locali. Io sono solo
un umile liutaio
venuto anni or sono dall’Italia per onorare la richiesta di
un amico».
L’anziano
artigiano sorride imbarazzato. I suoi occhi sono gentili e pieni di
vita, non
sembrano affatto quelli di un uomo che ha superato il mezzo secolo di
vita. In
compenso gli occhiali appoggiati sul naso curvo tradiscono qualche
acciacco
dovuto all’età e ai numerosi anni di lavoro.
«Chi
è questa
adorabile signorina?», le attenzioni dell’uomo si
spostano all’improvviso su di
me.
«E’
mia cugina»,
risponde Seiichi, incoraggiandomi a presentarmi.
«Mi
chiamo Eiko
Wadsworth e sono onorata di conoscerla, Mastro
Rampini».
«Ah,
ah. Non
seguire il cattivo esempio di tuo cugino. Puoi chiamarmi
tranquillamente Luigi».
«Oh,
non potrei
mai mancarle di rispetto».
«Vedo
che sei
testarda quanto Seiichi, ah, ah! Ma puoi tralasciare tranquillamente il
Mastro. Per i miei affezionati
clienti
sono semplicemente il signor Rampini». Il buon uomo torna
dunque a rivolgersi a
Seiichi. «Concedimi qualche minuto, ragazzo mio. Voglio
controllare un’ultima
volta che il tuo nuovo violino sia perfetto».
«Nuovo?»,
ripeto
guardando mio cugino.
«Qualche
mese fa
ho commissionato un nuovo strumento all’illustrissimo Mastro Rampini.
L’abilità delle sue dita e la solidità
della sua esperienza
non conoscono pari in tutto il Giappone».
«Così
mi fai
arrossire», commenta il signor Rampini.
«Sarà meglio che vada a ultimare il
lavoro, adesso». Quindi si ferma un attimo per consultare il
grande orologio a
pendolo. «Tra poco dovrebbe arrivare anche lui».
«Si
riferisce al giovane
chitarrista?», lo interroga Seiichi.
«E’
qualcuno che
conosci?», gli chiedo a mia volta, curiosa.
«Non
particolarmente. È anche egli un cliente fedele del
negozio».
«Dovrebbe
avere
più o meno la tua età», aggiunge il
signor Rampini. «Viene tutte le settimane
per controllare se è arrivato qualche nuovo cd. È
un ragazzo molto disciplinato
e ben educato. Inoltre è anche un bel giovanotto»,
conclude il signor Rampini
con un occhiolino allusivo.
Il
cigolio della
porta del negozio interrompe la conversazione. Con un impeccabile
sincronismo,
ci voltiamo tutti e tre verso l’ingresso della bottega
attendendo che il nuovo
cliente si riveli. Quando la sua figura entra infine nella stanza, i
miei occhi
si allargano, increduli.
«Sei
puntuale come
al solito, figliolo!»,
sorride il
signor Rampini, accogliendo il ragazzo.
«E’
un po’
imbarazzante sapere che mi stava aspettando», risponde il
nuovo arrivato, portando
una mano dietro la testa. Quindi, i suoi bellissimi occhi
grigio-azzurri
scivolano su Seiichi.
«Buongiorno»,
pronuncia mio cugino, ricambiando le attenzioni.
Ancora
sorpresa,
dimentico di rivolgere il mio saluto al giovane. Il mio sguardo rimane
invece
immobile su di lui. Nonostante sia consapevole che il mio comportamento
sia
inappropriato, non posso fare a meno di fissare con insistenza il suo
volto.
Al
contrario, il
ragazzo rifiuta di incontrare i miei occhi, mostrandosi evidentemente a
disagio.
Il
signor Rampini
si piega verso di me per sussurrarmi all’orecchio:
«Te l’avevo detto che era un
bel giovanotto, ma è piuttosto timido con le ragazze. Forse
non dovresti
fissarlo in quel modo».
«Cos…io…mi…mi
dispiace è solo che…non mi aspettavo di
incontrare qui il capitano del Kaijō»,
confesso infine, provando a mascherare l’imbarazzo come
meglio posso.
«Kasamatsu-san
è
dunque una tua conoscenza», osserva Seiichi, sorpreso almeno
quanto me.
«L’ho
incontrato
l’altro giorno, durante l’amichevole contro la
scuola Kaijō, ma non ci siamo
mai presentati ufficialmente», quindi, ricordando le buone
maniere, rivolgo
finalmente il mio saluto al ragazzo. «Mi chiamo Eiko
Wadsworth. Io e Kise
eravamo compagni di classe alla Teikō. Piacere di conoscerti».
«Ah…Ehm…Io…io
sono…Ka-Kasamatsu Yu-Yukio. Pi-Piacere mio».
Non
credo di
esagerare se dico che il ragazzo che ho ora davanti a me non ha nulla
in comune
con il capitano della squadra che, l’anno scorso, si
è dimostrata degna di
partecipare ai campionati dell’Inter High. Se non fosse per
il meraviglioso
colore dei suoi occhi, che è rimasto impresso nella mia
memoria come una
macchia di inchiostro indelebile, e il suono della sua voce, penserei
di
trovarmi in presenza di una persona completamente diversa. Il balbettio
nervoso
della sua presentazione non ricorda in alcun modo il tono sicuro e
deciso con
cui, solo l’altro giorno, spronava i suoi compagni di squadra
sul campo di
gioco.
«Du-dunque,
Eiko, sei…un…un’amica
di Ki-Kise?».
«E-Eiko?
Mi…Mi hai
chiamata per nome?».
Contagiata
forse
da Kasamatsu, non passa molto tempo prima che anche io inizi a
balbettare. La
mia osservazione, tuttavia, provoca l’immediata reazione del
capitano.
«Per-perdonami!!!
Non…non so come mi sia ve-venuto in mente. Non avevo
intenzione di…di
offenderti», in balia del proprio imbarazzo, Kasamatsu compie
un paio di passi
all’indietro urtando un piccolo scaffale sul quale sono
esposti, in modo molto
ordinato, diversi spartiti. L’impatto improvviso dapprima fa
oscillare il
mobiletto che infine cade a terra con un tonfo sordo, sparpagliando sul
pavimento
di terracotta i numerosi fascicoletti. Senza pensare, mi inginocchio a
raccoglierli. Il mio corpo si muove prima del mio cervello e quando
finalmente
realizzo che la reazione di Kasamatsu è stata tanto rapida
quanto la mia è
ormai troppo tardi. Le nostre teste cozzano l’una contro
l’altra con una forza
tale da far ricadere entrambi all’indietro sul fondoschiena.
«Oh
caspita! State
bene ragazzi?», il signor Rampini si prodiga immediatamente
per aiutarmi a
rimettermi in piedi.
«Si,
credo di si»,
rispondo accettando il suo aiuto.
«So-sono
mortificato! Ti sei fatta male?», nonostante anche lui sia
una vittima del
buffo incidente, Kasamatsu non sembra avere accusato minimamente il
colpo. Al
contrario si rialza immediatamente solo per implorare il mio perdono
con una
serie di profondissimi inchini.
«Sto…sto
bene.
Dico davvero. Ecco, guarda!», sperando di convincere il
capitano a rialzare la
testa, mi sporgo in avanti e scopro la fronte alzando la frangia con
una mano.
«Visto? È solo un piccolo
bernocc…».
Ancora
una volta agisco
senza pensare. Prima di riuscire a terminare la frase, il volto di
Kasamatsu si
solleva alla stessa altezza del mio. La distanza tra di noi
è ora talmente
ridotta che, nel momento in cui i nostri sguardi si incontrano, i
nostri nasi
si sfiorano. Il lievissimo contatto fisico ammutolisce entrambi e le
guance del
capitano si colorano rapidamente di un intenso colorito roseo.
Sospettando che
la stessa cosa stia accadendo anche a me, compio un passo
all’indietro per
allontanarmi, ma il mio piede si posa sulla copertina plastificata di
uno
spartito facendomi perdere così l’equilibrio.
Mentre precipito all’indietro, agguanto,
d’istinto, il filo delle grandi cuffie posizionate attorno al
collo di Kasamatsu,
trascinando anche lui con me nella rovinosa caduta. Preparandomi
all’impatto
con il pavimento, chiudo infine gli occhi.
Il
freddo delle
mattonelle di terracotta trapassa i miei vestiti e si diffonde su tutta
la mia
schiena. Tuttavia, due punti del mio corpo emanano un vivido calore. Il
retro
della mia testa, che dovrebbe giacere sul gelido pavimento e dolere per
la
collisione con la dura superficie,
è invece
illeso. Durante la caduta, la mano del capitano è
rapidamente scivolata dietro
la mia nuca per proteggerla. I suoi riflessi mi hanno salvato la vita.
Mentre
penso che dovrò assolutamente sdebitarmi con lui, riapro gli
occhi e quello che
vedo quasi mi strappa il respiro dalla gola. Il volto di Kasamatsu
copre
interamente la mia visuale. I suoi occhi sono così vicini
che riesco a vedere
la mia immagine riflessa nelle sue pupille. Ma, soprattutto, le sue
labbra sono
ora premute sulle mie in quello che a chiunque apparirebbe come un
bacio. Il
mio primo bacio.
«Però,
sei più
audace di quello che sembri, figliolo»,
chiaramente divertito dalla situazione, il signor Rampini spezza
l’imbarazzante
silenzio con la sua gioiosa risata.
Risvegliato
dal
commento dell’anziano artigiano, il capitano torna finalmente
in sé e si
allontana da me, liberandomi dal peso del suo corpo e premettendomi di
rialzarmi. Il mio cuore galoppa come un cavallo selvatico, senza redini
né
freni. Le mie orecchie catturano appena la voce lontana e ovattata di
Kasamatsu
che ancora una volta implora il mio perdono e mi basta uno sguardo per
capire che,
grazie a questo incidente, il suo livello di mortificazione ha infine
raggiunto
il picco. Non sono nemmeno sicura che in questo momento stia
pronunciando
parole di senso compiuto, quanto piuttosto una serie di sillabe
incompiute e
totalmente scollegate fra di loro. Probabilmente si aspetta che io dica
qualcosa, o reagisca comunque in qualche modo. Invece resto
completamente
immobile, con lo sguardo vago e la mente incapace di formulare anche il
più
semplice dei pensieri. La verità è che, se ora
decidessi di aprire bocca, tutto
ciò che ne uscirebbe sarebbe solo una successione di mugugni
indecifrabili, versi
primitivi e suoni ben lontani dal definirsi umani.
«È
meglio che me
ne vada! Rampini-san, la prossima volta la ripagherò per lo
scaffale».
«Non
è necessario,
figliolo. Piuttosto, sei sicuro di
stare bene?».
«S-si,
sto
benissimo, ma ora devo proprio andare. A-Arivederci!!!».
Il
saluto
disperato di Kasamatsu spezza la trance in cui ero caduta e per la
terza volta
il mio corpo agisce prima di ricevere il comando dal cervello. La mia
mano cattura
la felpa del capitano, impedendogli di fuggire.
«Aspetta!». I miei occhi
scendono quindi sulla sua mano. Le nocche delle dita sono ricoperte di
numerosi
graffi. Dalle piccole ma profonde ferite, il sangue scorre, disegnando
sulla
pelle tanti sottili ruscelli che gocciolano sul pavimento creando una
densa
macchia rossa. Consapevole che tutto questo sia successo
nell’attimo in cui la
sua mano ha protetto la mia testa e mettendo da parte
l’imbarazzo per un
attimo, mi faccio coraggio.
«Per
favore, lascia
almeno che mi prenda cura della tua mano».
«No,
non…non
serve».
«Ti
prego».
La
mia supplica
sincera mi guadagna il consenso del capitano il quale, dopo aver preso
un lungo
respiro ed essersi calmato, chiude la porta del negozio e rivolge la
propria
richiesta al signor Rampini.
«Possiamo
usare il
suo kit del pronto soccorso?».
«Non
devi neanche
chiederlo, figliolo. Corro subito a
prenderlo».
Lesto
come una
lepre, seppur zoppicante, il signor Rampini scompare nel retro della
bottega
per ricomparire pochi minuti dopo con una cassetta bianca tra le mani.
«La
ringrazio»,
prendo con me la scatoletta e raggiungo Kasamatsu nella sezione dei cd.
Il
capitano siede
su una poltrona antica, usata probabilmente per la consultazione delle
riviste
musicali che si trovano nella saletta accanto. Il suo profilo per un
momento mi
lascia senza fiato. I gomiti appoggiati sulle ginocchia sorreggono il
busto
completamente rilassato. La mano sinistra stringe quella gemella e
ferita, in
un pugno gentile, che non impedisce però al sangue di
infilarsi nelle sottili
fessure tra un dito e l’altro e gocciolare sul pavimento. Gli
occhi, sormontati
da due sopracciglia corrucciate e scure come l’espressione
nello sguardo di
Kasamatsu, fissano un punto indefinito davanti a loro, inducendomi, per
la loro
intensità e bellezza, ad ammirarli in segreto. Il mio
vagheggiamento dura però
poco. Ricordando il vero motivo per cui mi trovo qui, annuncio infine
la mia
presenza.
«Ho
portato la
cassetta del pronto soccorso».
Distratto
dalla
mia voce, Kasamatsu riemerge dalle sue riflessioni per accogliere il
mio arrivo
con un improvviso rossore sulle guance. Le sue pupille vagano sulla mia
figura
senza però salire mai all’altezza dei miei occhi.
«Non
dovevi
disturbarti, sono solo graffi», pronuncia balbettando ogni
singola sillaba.
«È
solo colpa mia
se ti sei ferito. Permettimi almeno di rimediare».
Mi
avvicino quindi
tenendo ben stretta la cassetta al petto, immaginando che sia un
potente
talismano capace di tramutare il mio imbarazzo in spavalda sicurezza.
Contagiata dal disagio del capitano, avverto a mia volta
l’agitazione crescere
dentro di me. Mi inginocchio di fronte al mio salvatore osservando la
piccola pozza
di sangue ai suoi piedi. Usando diversi fazzoletti di carta, la
ripulisco,
incolpandomi per l’accaduto. Il silenzio assoluto scandisce
ogni mio gesto
mentre cospargo l’unguento sulle ferite aperte, mentre
ripongo il tubetto nella
cassetta e mentre avvolgo in bende pulite la mano del capitano.
L’imbarazzo che
ho provato poco prima ha ora lasciato il posto al rimpianto e al senso
di
colpa. Kasamatsu è proprio qui, davanti a me, eppure non ho
il coraggio di
alzare lo sguardo sul suo volto. Se ora incontrassi i suoi meravigliosi
occhi
non riuscirei più a trattenere le lacrime. Mentre mi prendo
cura delle sue
ferite, penso a come la mano che sto tenendo in questo momento tra le
mie
appartenga allo stesso ragazzo che senza esitazione mi ha protetta
mettendo a
repentaglio la sua stessa incolumità. Mi sento
così sciocca e incapace. Come è
potuto succedere?
«Mi…mi
dispiace»,
Kasamatsu prende timidamente la parola.
«Perché
ti scusi
con me? Sono io a doverti chiedere perdono», confesso
assicurando l’estremità
del bendaggio con un piccolo nodo sul dorso della mano. «Se
cadendo non ti
avessi trascinato con me, non ti saresti fatto male».
La
mia voce è
fioca, ridotta quasi ad un soffio di rimpianto, mentre mi accingo a
rimettere
in ordine, assicurandomi di mantenere lo sguardo basso, come un
servitore alla
presenza del suo signore.
«Mi
dispiace…averti
chiamata per nome», dichiara Kasamatsu. Per un ragazzo
rispettoso come lui, è
sicuramente una mancanza imperdonabile nei miei confronti.
«Non
preoccuparti,
ci sono abituata. Le persone mi chiamano sempre per nome la prima
volta. A
quanto pare è un riflesso incondizionato e a me non
dà fastidio».
In
verità, mi ha
fatto piacere sentirlo pronunciare il mio nome con tanta naturalezza.
Anche se
solo per un breve attimo, mi ha fatto credere che fossimo amici.
«Puoi
continuare a
chiamarmi per nome, se vuoi», aggiungo sperando in una
risposta positiva. Ma
come avevo immaginato, Kasamatsu è troppo legato alle regole
per infrangerle
una seconda volta intenzionalmente.
«Anche
se sei
amica di Kise, non posso prendermi questa libertà. Non dopo
quello che ho fatto
prima».
«Prima?
Intendi
salvarmi la vita?», domando confusa, sollevando la testa.
I
nostri occhi si
incontrano in un nuovo silenzio. Dall’espressione imbarazzata
di Kasamatsu
capisco che i suoi pensieri sono diversi dai miei, fino al momento in
cui
un’intuizione si accende nella mia mente. Porto allora
entrambe le mani alla
bocca ricordando la sensazione delle sue labbra sulle mie. Il mio primo
bacio è
avvenuto per sbaglio, con un ragazzo incontrato per caso. Per fortuna
non ho
vissuto la mia vita credendo al principe azzurro e attendendo che
arrivasse in
sella al suo cavallo bianco. Sarebbe comunque normale se ora mi
sentissi triste
o arrabbiata o delusa. Non solo il mio primo bacio è stato
un imprevisto, ma è
stato preso praticamente da uno sconosciuto.
Eppure
è strano. A
parte un enorme senso di vergogna, non mi sembra di provare rabbia,
né
tristezza, né delusione. Forse è
perché non ho mai fantasticato sul mio primo
bacio. Se non fosse stato per le parole di Kasamatsu non me ne sarei
neanche
ricordata. Del resto, tutti i miei pensieri erano solo per la sua mano
ferita e
sanguinante. Ma adesso che la reazione del ragazzo davanti a me ha
riportato in
vita il ricordo che sembrava sepolto in profondità, non
posso ignorare che sia
successo. In fondo me ne sono accorta fin dal primo istante in cui i
miei occhi
si sono posati sul capitano del Kaijō: lui mi piace. Magari sarebbe
più giusto
dire che qualcosa di lui mi piace. Di sicuro mi ha lasciato una forte
impressione il nostro incontro e non penso sia solo per il colore dei
suoi
bellissimi occhi. Inoltre, dopo il piccolo incidente, sono decisamente
più
consapevole della sua presenza, soprattutto in questo momento.
È vero, sono a
disagio, ma non è quel tipo di situazione dalla quale,
solitamente, cercherei
di fuggire. Al contrario, vorrei che il tempo rallentasse per darmi
l’opportunità di approfondire questi miei
sentimenti. Per la prima volta, ho il
desiderio di conoscere davvero qualcuno, di guardarlo negli occhi e di
essere
guardata a mia volta. Chiacchierare scegliendo gli argomenti
più quotidiani,
senza pretese, senza aspettative. Semplicemente chiacchierare per
scoprire la
persona che ho davanti. Provare una curiosità tanto genuina
e incondizionata
verso qualcuno è per me una gradevole novità.
L’anno scorso non mi sarei mai
immaginata così. Che stia cambiando? Se questo cambiamento
è il risultato della
terapia, non mi dispiace.
«Ti
ringrazio. Per
avermi protetta».
Il
mio animo è
sereno, come il sorriso sulle mie labbra.
«Fi-figurati».
Impacciato,
Kasamatsu continua a parlarmi tenendo lo sguardo su un punto vago della
stanza.
Non importa se i suoi occhi non sono ancora pronti per incontrare i
miei,
poiché non ho fretta. La sua timidezza è solo un
altro richiamo per la mi
curiosità.
Questo incontro è
forse l’indizio che stavo
aspettando per ritrovare me stessa, per riscoprire chi sono veramente
ed
esserne grata. Se la vera Eiko è capace di provare simili
emozioni, vale la
pena darle un’opportunità. Fino ad oggi ho vissuto
senza propositi né
ambizioni, ma l’avere incontrato questo ragazzo potrebbe
finalmente avere
acceso dentro di me una fiamma, piccola, è vero, ma viva. Se
voglio capire chi
sono ed evitare che altre entità si impadroniscano del mio
tempo, devo imparare
ad essere abbastanza egoista da non volerlo dividere con nessun altro.
Devo
imparare ad assecondare questo nuovo desiderio, questa nuova voglia di
conoscere e scoprire, di confrontarmi sinceramente con chi è
riuscito ad
risvegliare in me emozioni che credevo di non possedere.
***
Il
tempo insieme a
Kasamatsu vola e, prima che me ne accorga, Seiichi esce dal
retrobottega
stringendo tra le mani un violino nuovo di zecca.
L’adorazione che luccica nei
suoi occhi mentre contempla lo strumento è stata sufficiente
a descrivermi
quanta ammirazione mio cugino nutra nei confronti del signor Rampini.
«Spero
che tornerai
a trovarmi», confessa infine l’abile artigiano,
porgendomi un vasetto di vetro.
«Che
cos’è?».
«Solo
una pomata
per bernoccoli», mi sorride gentile, indicando la mia fronte.
«La
ringrazio e mi
dispiace tanto per quello che è successo».
«Al
contrario, è
stato molto divertente. Non vedevo quel ragazzo così agitato
dalla prima e
unica volta che ha parlato con Maria», dal fondo della sala
una ragazza,
intenta a riordinare le riviste sullo scaffale, sentendo pronunciare il
proprio
nome, accenna un saluto.
«Sono
felice che
l’abbia presa così bene», rispondo,
imbarazzata.
«Yukio
è un bravo
ragazzo, ma ha poca esperienza con il gentil sesso perciò
sii paziente con
lui».
«Neanche
io sono
un’esperta quando si tratta di ragazzi».
«Meglio
così.
Avrete modo di imparare insieme, l’uno
dall’altra».
«I-insieme?
No,
aspetti, non è come crede».
«E
perché no? Non
c’è nulla di male. Siete giovani, divertenti e, da
quanto ho visto, avete una
splendida intesa».
«È
stato solo un
incidente e sono certa che non vorrà rivedermi tanto
presto».
«Di
questo non ne
sarei tanto sicuro», dichiara il signor Rampini, nutrendo le
mie speranze.
Dopo
essermi
scusata un’ultima volta, io e Seiichi lasciamo infine le
atmosfere
rinascimentali della bottega per ritornare alla modernità
del Giappone.
Arrivati a casa, corro in camera mia, per trascrivere sulle pagine del
mio
diario gli avvenimenti di questo incredibile giorno, anticipando con
trepidazione il mio prossimo incontro con il capitano del Kaijō.
***
L’indomani
mattina, al mio risveglio, cerco il mio diario per rileggere quanto vi
ho
scritto la sera prima. Le emozioni sono ancora vivide dentro di me e ho
bisogno
di vedere con i miei occhi l’inchiostro nero sulla carta, per
assicurarmi che
non sia stato un sogno, che il mio incontro con Kasamatsu non sia stato
solo il
frutto di una mia fantasia.
Per
fortuna la mia
confessione è ancora immortalata tra le preziose pagine del
diario, come
l’imbarazzante ma divertente descrizione del mio primo bacio.
Tuttavia, proprio
mentre sto per richiudere il quaderno, mi accorgo di una nuova pagina
subito
dopo quella che ho compilato di mio pugno. Nonostante mi sforzi di
ricordare,
sono certa di non aver parlato d’altro all’infuori
della mia visita al negozio
del signor Rampini. Dunque chi può avere aggiornato il mio
diario senza che me
ne accorgessi? Nessun membro della mia famiglia oserebbe violare la mia
privacy
sapendo quanto questo quaderno sia importante per me. E comunque,
l’unica
persona che ha accesso alle sue pagine sono io. Possibile che ieri
abbia
scritto qualcos’altro dopo essere tornata
a casa? No, non lo è. Ricordo perfettamente
quali sono state le mie
ultime parole su questo diario e chiunque abbia avuto il coraggio di
scrivere sul
mio diario senza il mio permesso sapeva dove trovarlo. Ma
l’unica a conoscere la
combinazione per aprire il lucchetto sono io, dunque vuol dire che sono
stata
io a scrivere? Allora perché non lo ricordo? Questo
aggiornamento è stato aggiunto
alle 03:27. Perché mai mi sarei svegliata nel cuore della
notte per scrivere
nel mio diario? Dal momento che non ricordo, non mi resta che leggere
per
scoprire la verità.
Lunedì,
8 maggio 03:27
È
notte fonda e non c’è nessuno
sveglio a darmi il benvenuto. Non sopporto di essere sola, circondata
dal
silenzio e dalle ombre: è deprimente. Io sono una ragazza
solare e gioiosa. La
notte non mi si addice per nulla. Avevo così tanti progetti
per il mio primo
giorno qui fuori: andare a fare shopping, visitare un centro estetico,
cambiare
colore di capelli, fare colazione in centro e, naturalmente, incontrare
il mio bellissimo
Ryōcchi. Non riesco a togliermi dalla testa il suo volto perfetto, le
sue
lunghe ciglia, quei luminosi occhi d’ambra. Darei qualsiasi
cosa per averlo
qui, tra le mie braccia. Se solo non fossi costretta a dividere questo
corpo.
Come se non bastasse Eiko sembra essersi presa una bella cotta per
quell’insopportabile capitano. Come si è permesso
di prendere a calci il mio
Ryōcchi? Non lo sa che per un modello il corpo è tutto? Un
ragazzo tanto
violento e rozzo starebbe meglio in uno zoo. Come ha fatto Eiko ad
innamorarsi
di lui?
Leggi
bene queste righe, Eiko:
se pensi che ti lascerò frequentare quell’incapace
di un capitano con la fobia
del sesso femminile ti sbagli di grosso. Ha già commesso un
imperdonabile
peccato: come ha osato prendersi il mio primo bacio prima di Ryōcchi?
Solo
perché per un po’ dovremo dividerci questo corpo,
non significa che puoi fare
quello che vuoi, hai capito? Queste labbra appartengono solo a Ryōcchi!
Una
principessa dovrebbe essere toccata solo da un principe. Non
dimenticartelo mai
più!!!
Adesso
che so che sei una
traditrice, non posso fidarmi di te. Ti sei schierata con Tecchi e per
colpa
sua Ryōcchi è stato umiliato. Nessuno osa far piangere il
mio principe senza
pagarne le conseguenze. E pensare che Ryōcchi è stato
così generoso con te da
concederti una seconda possibilità. Tu non meriti affatto di
essere sua amica.
Quando lo incontrerò, gli racconterò di persona
del tuo tradimento e alla fine
ti odierà.
Ma
perché sto scrivendo in un
diario? Siamo nel XXI secolo e nessuno usa più carta e penna
per comunicare!!
Mi verranno i calli alle dita se scrivo un’altra parola! Per
questa notte mi
ritiro, ma sappi che la prossima volta che abbasserai la guardia, Eiko,
prenderò il tuo posto e andrò ad un appuntamento
con Ryōcchi. Ho aspettato
troppo per lasciarti rovinare tutto con la tua stupida cotta per quel
capitano
da strapazzo. Non distruggerai il mio sogno d’amore.
♥SEIKO
♥
°°°
Buona
settimana, ragazzi!
È comparsa una nuova personalità che
farà di tutto per complicare la vita della
povera Eiko. Se siete arrivati fino a questo punto, grazie!
>_<
Come
sempre, se questa
storia vi sta piacendo, sarei felice di leggere qualche vostro
commento. Intanto
vi lascio un abbraccio e vi aspetto al prossimo capitolo. ^^