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Autore: Thalassa_    07/06/2017    5 recensioni
Albus lo stava guardando, in attesa, occhi verdi in occhi verdi. Guardare suo figlio era come guardare uno specchio che lo riportava a quando aveva lui quindici anni, riportando alla luce ogni sorta di ricordi, piacevoli e spaventosi, divertenti e tristi. Albus aveva i suoi capelli neri, forse solo appena più lisci e ordinati, la sua statura, il suo naso e i suoi occhi; ma quasi nient’altro.
Era circondato di amore quanto Harry era stato bisognoso di affetto, eppure lo rifuggiva; era sfuggente, chiuso, non alzava mai la voce – i muri della Tana se la ricordavano, la voce di Harry, quando aveva quindici anni e sbraitava contro le ingiustizie del mondo; aveva un umorismo ironico e tagliente, e Harry lo adorava, suo figlio, tanto diverso, tanto complicato e incomprensibile, suo figlio. Ma di tutte le cose che avresti potuto prendere da me, Al, pensò Harry, amareggiato, proprio le manie di persecuzione?

***
Harry iniziava sinceramente ad allarmarsi. “Cosa sta succedendo a Hogwarts, Neville?” chiese.
Neville sospirò.
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy, Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione, Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Capitolo III
 
“Harry, non so se me la sento” si lamentò Ron per la sedicesima volta.
“Ron, non essere ridicolo, sei un Auror tanto quanto me” ribatté Harry in tono fermo.
“È un po’ che sto dietro a una scrivania, potrei essere un po’ arrugginito…”
“Non dobbiamo sfidarci a duello, ok? Basta che gli facciamo un bel discorso, rispondiamo alle loro domande e magari gli insegniamo un incantesimo di difesa come ai tempi dell’ES”.
Ron non parve convinto.
“Hermione, per favore, digli tu qualcosa” sospirò Harry.
Hermione, però, sembrava agitata quanto Ron. Si passò nervosamente una mano nei capelli e Harry notò che si era accorciata le unghie per evitare di mangiarsele, come faceva sempre nei momenti di stress.
“Io sono arrivata” annunciò, indicando l’aula di Storia della Magia. “Auguratemi buona fortuna!”
Ron la guardò incredulo. “Buona fortuna per cosa? Per te fare una lezione è normale amministrazione. Hermione, tu fai discorsi tutti i giorni per lavoro, ne hai fatto uno in Sala Grande meno di un’ora fa!”
Harry condivise silenziosamente la perplessità di Ron. Doveva esserci qualcosa di più.
“Hermione” chiese, un’illuminazione improvvisa, “a chi devi fare lezione?”
“Grifondoro e Serpeverde del quinto anno” sussurrò lei ansiosamente.
Harry le sorrise incoraggiante. “Tranquilla, andrà benissimo. Sii te stessa e fai finta di non conoscere Rose e Albus”.
“E per Merlino, fai rispondere a Rose ad al massimo una domanda” aggiunse Ron.
Hermione sorrise. “Ricevuto. Ci vediamo!” Diede un rapido bacio sulla guancia a Ron ed entrò in classe.
“Rose sarà molto contenta di fare lezione con sua madre” commentò ironicamente Ron.
“Perché non hai visto la faccia di Albus stamattina quando mi ha visto! Stava per strozzarsi con la colazione!”
“Beh, non puoi dargli torto, amico. Se mia madre si fosse presentata a Hogwarts, mi sarei dato malato per due giorni” commentò Ron. “Noi a chi dobbiamo fare lezione?”
“Serpeverde e Grifondoro del quarto anno” rispose Harry. “Almeno evitiamo i nostri figli. Ecco, siamo quasi arrivati”.
  
Hermione decise che, per una volta nella sua vita, Ron le aveva dato un buon consiglio. Così, quando alla prima domanda la mano di sua figlia scattò in aria prima ancora che avesse finito di formulare la frase, decise di lasciarla rispondere e poi ignorarla per il resto della lezione.
“Grazie, signorina Granger-Weasley” disse compitamente, ignorando i risolini delle amiche di Rose. “Una risposta molto esauriente. Ora però lasciamo anche ad altri la possibilità di rispondere. Voglio che vi sentiate tutti liberi di intervenire”.
Rose mise su un adorabile broncio, ma Hermione non era il tipo di genitore che si lasciasse corrompere facilmente. Nelle domande successive, notò con un certo stupore che le mani alzate appartenevano in gran parte a Serpeverde.
Ogni tanto lanciava un’occhiata speranzosa nella direzione di Albus, ma suo nipote non sembrava avere la minima intenzione di partecipare alla discussione, nemmeno quando Hermione era sicura che conoscesse la risposta. Non poteva seriamente non ricordarsi nessuno dei motivi per cui Godric’s Hollow era famosa, considerando che ci andava almeno una volta all’anno. In compenso, la mano di Malfoy, seduto di fianco a lui, era perennemente ed educatamente alzata.
“Sì, signor Malfoy?”
“La convenzione di McDust fu stipulata il 7 settembre 1999 per regolare i rapporti tra goblin e maghi in merito alla proprietà dei manufatti goblin acquistati dai maghi”.
“Esattamente” disse, un po’ stupita. Le domande iniziavano a essere molto specifiche, ma i Serpeverde non demordevano. Soprattutto quando si parlava delle due guerre magiche, nessuno era più ferrato di loro. Da dove arrivava tutta quella conoscenza?
“Bene, sono lieta di aver testato le vostre conoscenze preliminari sull’argomento, e devo dire che sono più soddisfacenti, soprattutto da questo lato dell’aula”. Lanciò un’occhiata obliqua ai Serpeverde. A parte Rose, pochi Grifondoro avevano risposto alle domande.
“Ora però veniamo alla domanda più difficile di tutte. Perché è necessario studiare Storia della Magia? Non faremmo meglio a impiegare il nostro tempo per imparare qualcosa di più pratico, invece che memorizzare vecchie genealogie e seppellirci in tomi polverosi?”
L’aveva intesa come una domanda retorica, a cui avrebbe risposto lei stessa con il discorsetto che si era preparata. Con sua enorme sorpresa, però, si levò una voce femminile dalla seconda fila.
Storia della Magia è la cosa più importante che studiamo a Hogwarts” dichiarò, in tono sognante. Parecchi Serpeverde si coprirono la bocca con le mani per non lasciarsi sfuggire una risatina.
Il presente è seminato nel passato; le colpe dei padri ricadono sui figli; nasciamo con le mani macchiate di sangue” continuò la ragazza bionda in seconda fila, con una voce ipnotica, come se stesse recitando una litania o una preghiera.
Conoscere è un dovere; comprendere una necessità; ignorare una colpa” concluse Albus, con un falsetto così convincente che Hermione non avrebbe creduto che si trattasse di lui se non l’avesse visto parlare.
La risata dei Serpeverde fu prorompente e non più mascherata, e contagiò anche qualche Grifondoro; Albus e Scorpius erano scossi da risa convulse. Hermione era profondamente perplessa. La stavano prendendo in giro? Eppure era abbastanza sicura che quelle non fossero parole sue, e nemmeno l’imitazione della sua voce era molto somigliante.
Quando la risata si fu acquietata, Hermione chiese spiegazioni in tono fermo ma non arrabbiato.
“Vuole essere così gentile da spiegarmi il motivo di tanta ilarità, signorina…?”
“Flint” rispose la ragazza bionda dal viso impertinente che aveva dato inizio allo scherzo. “È solo che Avery lo ripete in continuazione. Non era mia intenzione interrompere, signora Weasley”.
Hermione alzò un sopracciglio. La voce della ragazza incontrata poco prima in corridoio faticava a sovrapporsi alle parole che aveva appena sentito. Parole sagge ma dure, di una verità sferzante che sarebbe sembrata naturale in bocca a un anziano, non a un’adolescente.
“Virginia Avery” intervenne Rose, in tono di disapprovazione, interpretando la sua espressione come una richiesta di spiegazioni. “Prefetto di Serpeverde del sesto anno”.
Hermione tacque, pensierosa. “Capisco. Delle parole senza dubbio interessanti” dichiarò in tono neutro. Continuò con il discorso che si era preparata, ma era distratta.
Alla fine della lezione, concluse dicendo: “Sono la vostra insegnante solo per oggi, quindi non sono sicura di avere l’autorità per togliere o aggiungere punti. Comunicherò al più presto al Capo della vostra Casa che le risposte dei Serpeverde si meritano senz’altro dieci punti”. Un mormorio di protesta si levò dal lato dei Grifondoro, e Rose lasciò furiosamente l’aula.
 
“Tesoro, com’è andata la lezione?” chiese affettuosamente Ron alla figlia, intercettandola per il corridoio. “Chiedilo alla mamma!” sbottò rabbiosamente Rose. “Ha dato dieci punti a Serpeverde!”
“Hermione!” esclamò Ron indignato. 
Hermione gli lanciò un’occhiata tale da mettere in fuga un troll. Harry mise in pratica la tattica adottata negli ultimi trent’anni e rimase vigliaccamente in disparte, finché l’offesa di Ron e la rabbia di Hermione non fossero sufficientemente sbollite. Ron e Hermione battibeccavano sempre e da sempre, e Harry si sarebbe sinceramente preoccupato se avessero smesso da un momento all’altro. Rose aveva complicato le cose, soprattutto negli ultimi anni: era perennemente in conflitto con sua madre, e di riflesso prendeva le parti di Ron in qualunque situazione, anche quando si trattava di difendere l’indifendibile. Ron non era sufficientemente bravo in psicologia per capire che l’atteggiamento di Rose era dovuto a una sfida continua verso una madre troppo simile a lei, e il suo ego si compiaceva non poco di avere una sorta di Hermione in miniatura che gli dava ragione su tutto. Hermione era esasperata dalla situazione, tanto che perfino Harry se n’era accorto, con un piccolo suggerimento da parte di Ginny, s’intende. Harry avrebbe sinceramente voluto aiutarla, ma se avesse avuto una minima idea di come appianare i conflitti con figli adolescenti l’avrebbe fatto innanzitutto in casa propria.
“Allora, com’è andata la vostra lezione?” chiese Hermione, dopo un paio di minuti di silenzio carico di sottintesi. Era il segnale che potevano ricominciare a parlare serenamente. Ron era ancora rosso in volto e tenne ostinatamente la bocca chiusa. Harry poteva quasi sentirlo rimuginare nella sua testa devi smetterla di zittirmi in quel modo, Hermione, non siamo più due bambini o non posso credere che non riesci a stare nella stessa stanza di Rose per un’ora senza farla infuriare o anche come hai potuto dare dieci punti a Serpeverde?
Toccò a Harry rispondere. “Piuttosto bene, erano molto interessati. I Grifondoro ci hanno sommerso di domande, e abbiamo mostrato loro l’effetto Patronus, che fa sempre il suo effetto. Anche a Ron è riuscito benissimo” disse, sperando di risollevare un po’ il morale dell’amico.
“Non hai notato nulla di strano nei Serpeverde?” chiese Hermione, un po’ esitante.
Harry ci pensò un attimo, stupito. Non era una domanda da Hermione. “Perché me lo chiedi?”
Hermione si strinse nelle spalle. “Si vede che Ron mi ha contagiato” rispose scherzosamente.
“Nulla di anomalo, si sono comportati bene. Alcuni Grifondoro sono un po’ arroganti, a dirla tutta. Chissà che razza di esempio dà loro James… In realtà, se vuoi saperlo, una cosa che non mi è piaciuta c’è stata…”
“Griffith” intervenne Ron. “Ha un non so che di…viscido”.
Harry annuì. Durante la lezione, una ragazzina di Grifondoro aveva chiesto a Harry se per diventare Auror si dovessero studiare anche le Arti Oscure. Harry e Ron avevano negato, sconvolti. “Il professor Griffith dice sempre che bisogna conoscere quello contro cui si combatte…per questo motivo l’ho chiesto” aveva incalzato la ragazzina, con un sorriso sgradevole nella direzione del professore. “Conoscere non significa praticare” aveva risposto Griffith con la sua voce sibilante. Harry aveva avuto la netta sensazione che avrebbe risposto in modo ben più secco all’evidente insinuazione, se lui e Ron non fossero stati presenti. Più tardi, quando Harry e Ron stavano rispondendo alle domande sulla guerra contro Voldemort, fu il turno del vicino di banco della ragazzina di prima a parlare.
“Professore” domandò “dove si trovava lei durante la guerra? Un mago del suo calibro deve aver avuto un ruolo importante…”. Harry si era voltato verso Griffith, ben deciso a non intervenire. “All’estero” rispose elusivamente il professore, “cinque punti in meno a Grifondoro. Spero che vi faccia passare la voglia di fare domande poco pertinenti”.   
Riportò sommariamente l’accaduto a Hermione.
“Griffith non ha fatto una bella impressione neanche a me” ammise Hermione.
“Se ci pensi, però, probabilmente non è così male” intervenne Ron “è pelato, e questo consente di verificare facilmente che non ha la faccia di Voldemort sul retro della nuca”.
Scoppiarono tutti e tre a ridere. Lieto che l’atmosfera si fosse alleggerita, Harry si godette qualche minuto speso a rievocare la peggior sfilza di insegnanti di Difesa contro le Arti Oscure nella storia della scuola.
Tuttavia, non riusciva a togliersi dalla testa il tono malevolo con cui i Grifondoro avevano rivolto quelle insinuazioni al loro professore, e nemmeno quella risposta enigmatica, all’estero. All’estero poteva significare molte cose. Un codardo che fugge dalla guerra. Un calcolatore che si fa da parte per decidere da che parte pende la bilancia prima di schierarsi.
Harry era a Hogwarts da meno di un giorno, e troppe cose non gli erano piaciute della scuola. Non gli era piaciuta l’arroganza dei Grifondoro del terzo anno e il modo che avevano di guardare i Serpeverde. Non gli era piaciuto Griffith, altezzoso e viscido, troppo simile a un amante delle Arti Oscure più che a uno che le combatteva. Non gli era piaciuta Avery, proprio per niente.
 
Harry si pentì immediatamente di aver condiviso con i suoi amici i suoi sospetti su Avery. Ron lo stava fissando a bocca aperta e Hermione lo stava guardando come se avesse appena proposto di mangiare un elfo domestico arrosto per cena.
“Harry, non puoi seriamente paragonare una ragazzina di sedici anni a Voldemort!” esclamò indignata.
“Non ho detto che mi ricorda Voldemort, ma Tom Riddle” sottolineò Harry, irritato.
“Capirai che differenza!”
“È diverso, invece! Ron, anche tu l’hai detto che la trovi inquietante”. Harry cercava disperatamente l’appoggio di almeno uno dei suoi migliori amici, ma Ron non parve affatto contento di essere tirato in mezzo alla discussione.
“Ho detto che non mi piace l’idea che Rose abbia compagnie del genere, non l’ho paragonata al più pericoloso mago Oscuro mai esistito” rispose pacatamente. Harry si sentiva ribollire per la rabbia.
“Sentite, non sto dicendo che sia la figlia segreta di Voldemort o qualcosa del genere, dico solo che ha qualcosa di inquietante. Sta tramando qualcosa di oscuro, me lo sento. Il mio istinto mi dice che dovrei tenerla d’occhio”.
I suoi amici si scambiarono una delle loro occhiate da ‘ecco di nuovo le paranoie di Harry’.
“Harry” disse Hermione, con un tono dolce e paziente che irritò Harry ancora di più, “questa è la tua solita attitudine da Caccia al Mago Oscuro. Dopo tutti questi anni, ancora non hai imparato ad andare oltre ai tuoi pregiudizi. Non hai trovato nulla di male da dire sul figlio di Malfoy, così ora ti sei fissato su questa ragazza…”
Ron stava annuendo alle parole della moglie. “È proprio come ai vecchi tempi, Harry, quando pensavamo che Snape e Malfoy fossero responsabili di tutti i mali del mondo”.
“E alla fine è venuto fuori che avevo ragione su Malfoy! Era davvero un Mangiamorte, dopotutto!” esclamò Harry, trionfante.
Hermione alzò gli occhi al cielo, mentre Ron esplose in una risata incredula. “Non posso seriamente credere che tu ce lo stia ancora rinfacciando dopo vent’anni, Harry!”
Harry sapeva riconoscere una battaglia persa. Avrebbe tenuto per sé i suoi pensieri, d’ora in poi. Il tempo avrebbe rivelato che il suo intuito aveva ragione, ne era sicuro.
 
***
 
Quella sera, a cena, Scorpius era ancora euforico per aver fatto lezione di Storia della Magia con Hermione Granger, e Albus non aveva la forza di sopprimere le sue chiacchiere. Primo, perché sapeva che quando Scorpius era a quei livelli di eccitazione, tentare di zittirlo era del tutto inutile; meglio lasciarlo blaterare e limitarsi ad annuire e ridacchiare di tanto in tanto. Secondo, perché controllare ogni corridoio per essere certo di non imbattersi mai e poi mai in suo padre per tutto il giorno si era rivelato spossante. Terzo, la partenza di suo padre e dei suoi zii l’aveva lasciato in uno stato di sufficiente sollievo da lasciarsi volentieri contagiare dal buonumore di Scorpius, soprattutto dopo che l’aveva assecondato per tutta la giornata seguendolo nella sua folle fuga da incontri spiacevoli.
“Oh oh! Prefetto a ore due!” lo avvertì Scorpius. Albus spalancò gli occhi.
“Ti prego, dimmi che non è Avery…”
L’espressione di Scorpius diceva tutto senza bisogno di parole.
“Mai una volta che mi dai buone notizie” borbottò Albus.
“Dici che qualcuno le ha raccontato della lezione di oggi e se l’è presa?” chiese ansiosamente Scorpius.
“Spero proprio di no, quella è l’unica talmente matta da togliere punti anche alla propria Casa… Non potresti corromperla, ora che siete compagni Prefetti?”
“Sssh, arriva!”
“Potter, posso?” chiese Avery, e si sedette nel posto vuoto accanto ad Albus senza attendere una risposta. Dopodiché, non lo degnò più di uno sguardo. “Scorpius, vorrei parlarti un momento” disse con la sua voce bassa e suadente.
Albus non sapeva bene se sentirsi offeso per essere stato ignorato (non che fosse una novità, ma almeno di solito lui e Scorpius venivano ignorati insieme) o sollevato perché sembrava che Avery non avesse il minimo sospetto di quanto accaduto quella mattina.
“Ehm, certo, dimmi pure” rispose Scorpius, “se si tratta dei turni delle ronde, li ho già visti in Sala Grande”.
“No, non è per quello” rispose Avery in tono pratico. “Ho prenotato il campo per i provini di Quidditch sabato mattina, e ci serve un nuovo Battitore. Che ne diresti di provare?”
Scorpius era sbalordito. “Io?” chiese, stupidamente.
Se Albus non avesse saputo con assoluta certezza di essere completamente negato per il Quidditch, contro ogni legge genetica, in quel momento sarebbe corso a prendere la sua scopa e avrebbe iniziato a tirare Bolidi direttamente in testa ad Avery, giusto per dirle, ehi, esisto anch’io, grazie per averlo notato. Purtroppo, però, sia lui che Avery sapevano benissimo che sapeva a malapena tenersi in equilibrio su una scopa quel tanto che basta per fare un mezzo giro di campo.
Il sopracciglio alzato di Avery fece capire a Scorpius di aver dato una risposta estremamente stupida, perciò si affrettò a spiegarsi.
“Intendevo dire…non so, non ho mai pensato di entrare in squadra, e di solito i Battitori sono grandi e grossi e violenti…”. La descrizione coincideva con la totalità dei Battitori delle altre squadre, e non avrebbe potuto essere più in contrasto con l’aspetto esile e gli occhi gentili di Scorpius.
Avery sbuffò. “Questo perché il ruolo dei Battitori viene sempre frainteso. Se le altre Case vogliono scegliersi degli scimmioni che distinguono a malapena i Bolidi dalla Pluffa facciano pure, ma quest’anno voglio in coppia con me un Battitore intelligente, che sappia leggere l’andamento della partita. è il giocatore strategicamente più importante, perché un Bolide ben piazzato può contrastare un attacco, distrarre un Portiere, deviare la traiettoria di un Cercatore. Perciò, ti aspetto sabato mattina al campo”.
Si alzò senza aspettare una risposta e tornò a sedersi con quelli del suo anno.
Scorpius apparve frastornato.
“Allora?” chiese Albus.
“Allora cosa?”
“Ci andrai?”
Scorpius ci pensò un attimo. “Non lo so”.
Albus mise insieme tutto il suo altruismo per affermare decisamente: “dovresti”.
“Ci penserò” sorrise Scorpius. “Certo che non capita spesso di avere Virginia Avery al nostro tavolo per due volte in un giorno!”
La cosa aveva dello stupefacente, pensò Albus. Certo, negli ultimi anni non aveva mai dato segni di avercela particolarmente con lui. Semplicemente, si disinteressava totalmente della sua esistenza, se non quando si ritrovava a togliergli punti. Ma Albus non aveva scordato il loro primo incontro e lo sguardo che lei gli aveva rivolto.
 
Cinque anni prima
 
Era a Hogwarts solo da un paio di giorni, e Albus si sentiva frastornato e confuso. Gli eventi avevano preso una piega che non si era affatto aspettato. Non sapeva bene cosa pensare dei suoi compagni di Casa. Con tutto quello che aveva sentito dire dei Serpeverde, ora essere uno di loro era straniante. Per di più, il loro comportamento era contraddittorio.
Molti ragazzi più grandi, tra cui il Prefetto che l’aveva accolto il primo giorno, andavano a presentarsi e gli stringevano la mano. Albus trovava strano che dei ragazzi più grandi di lui si interessassero così di uno del primo anno. I loro sorrisi avevano qualcosa di falso.
Comunque, era più dell’accoglienza che si era aspettato, e si era sentito incoraggiato a fare amicizia. Dopotutto, che gli piacesse o no a Serpeverde ormai ci era finito, e non voleva passare sette anni da solo. Nella Sala Comune una ragazza molto carina che poteva avere circa la sua età stava leggendo un libro mastodontico dall’aria noiosissima. Sembrava proprio il tipo di libro che sarebbe piaciuto a Rose, così Albus si era avvicinato per presentarsi.
“Ciao, io sono Al. Cosa leggi?” le aveva chiesto sforzandosi di essere amichevole. Non era mai stato un tipo espansivo e si era sempre appoggiato su Rose e su James. Ora, però, doveva sbrigarsela da solo.
La ragazzina aveva alzato lo sguardo dalla pagina solo per un momento, ma i suoi occhi chiari sembrarono trapassarlo da parte a parte. “Un libro” aveva risposto freddamente. SI era portata dietro l’orecchio una ciocca di capelli scuri e aveva ripreso a leggere senza una parola.
Se non altro, Malfoy sembrava uno che la sapeva lunga. Albus decise di chiedere a lui spiegazioni dello strano comportamento dei suoi compagni di Casa.
“Alcuni ragazzi, soprattutto tra quelli più grandi, mi sorridono come se ci conoscessimo da anni. Altri, come quella ragazza, mi guardano come se avessi il vaiolo di drago”.
Scorpius seguì con lo sguardo il dito di Albus, che indicava la ragazzina che aveva incontrato in Sala Comune qualche ora prima.
“Ah, quella è Avery. Tuo padre ha spedito ad Azkaban metà della sua famiglia, non mi stupisce che non abbia una gran voglia di conoscerti” commentò in tono leggero. Albus si sentì sprofondare. Suo padre era a capo del Dipartimento Auror. Si rese conto all’improvviso che un sacco di Serpeverde avevano un ottimo motivo per odiarlo.
“Per quanto riguarda gli altri, beh, molti sono dell’idea che farsi amici del figlio di Harry Potter sia un’ottima idea per fare strada. Sai, le reputazioni di molte famiglie Purosangue si sono incrinate dopo la guerra” continuò Scorpius.
La tua, per esempio, pensò Albus, ma non ebbe il coraggio di dirlo ad alta voce. Perfetto, quindi metà della sua Casa lo odiava a prescindere perché suo padre aveva distrutto le loro famiglie e l’altra metà voleva farselo amico nella speranza di fare carriera.
“E tu che intenzioni hai?” chiese a bruciapelo a Scorpius. Sembrava uno che diceva le cose come stavano
Il ragazzo biondo si strinse nelle spalle. “Io penso che dobbiamo dormire nella stessa stanza per i prossimi sette anni, e mi sembra estremamente stupido farti nemico qualcuno che può soffocarti con un cuscino mentre dormi” osservò saggiamente.
 
Cinque anni prima, da un altro punto di vista
 
Il primo gufo ad arrivare fu quello di James. Ginny sorrise, scorrendo velocemente il contenuto della lettera. “A quanto dice tuo figlio, Albus è finito a Serpeverde” annunciò al marito.
“Molto divertente” commentò Harry, “mi domando da chi abbia preso il senso dell’umorismo. Comunque ti ricordo che James è anche figlio tuo”. Ginny gli tirò un pugno scherzoso sulla spalla.
Il secondo gufo fu quello di Rose. Il terzo era di Neville, e Harry dovette rassegnarsi al fatto che non si trattasse di uno scherzo. Le paure del suo secondogenito si erano rivelate fondate. Quando alzò lo sguardo dalla lettera, si stupì nel vedere sua moglie insolitamente preoccupata.
“Albus non ci ha ancora scritto nulla” mormorò. “Dev’essere stato un colpo, ci teneva tantissimo a finire in Grifondoro!”.
“Ehi, chi è il genitore ansioso, adesso?” chiese Harry, cercando di strapparle un sorriso. L’espressione di Ginny non cambiò.
“Non conosce nessuno a Serpeverde, tutti i suoi amici e i suoi cugini sono a Grifondoro! Che razza di amici potrà farsi a Serpeverde? Come pensi che lo guarderà il figlio di Malfoy?”
“Nemmeno io conoscevo nessuno appena arrivato a Hogwarts. È in gamba, se la caverà, e potrebbe fargli anche bene stare un po’ lontano da James”.
Ginny scosse la testa.
“Harry, tu non capisci. Albus è il più insicuro dei nostri figli, è quello che ha preso di più da me. Ti ricordi com’ero quando ci siamo conosciuti?”.
Harry tacque. A volte era estremamente difficile ricordare che ci fosse stato un periodo della sua vita in cui Ginny era una ragazzina timida e fragile.
“Per te Hogwarts è sempre stata una casa, ma per me il primo anno è stato un incubo. Non riuscivo a legare con le mie coetanee - ero cresciuta in una famiglia di soli maschi dove si parlava solo di Quidditch – e non avevo il coraggio di rivolgere la parola ai ragazzi. I miei fratelli si sentivano troppo grandi per stare con me. Non avevo nessuno con cui parlare. Ti ricordi com’è finita, vero?”.
“Ginny” rispose Harry con voce ferma. “Ti giuro che nostro figlio non sarà posseduto da Voldemort”.
Ginny sbuffò, ma non riuscì a trattenere un mezzo sorriso.
“Harry, mi prometti che gli scriverai?”
“Promesso” rispose solennemente Harry.
Mantenere la promessa si rivelò più difficile del previsto. La prima lettera che scrisse era piena di entusiasmo; Harry la trovò troppo falsa nel rileggerla, e la buttò nel cestino. Albus si sarebbe sentito preso in giro a vedergli fare i salti di gioia per avere un figlio Serpeverde. La seconda lettera risultò troppo malinconica; la terza troppo sdolcinata. Quando il contenuto del suo cestino iniziava a diventare preoccupante, Harry decise che ridurre il numero di parole all’osso poteva essere la strategia giusta per non dire nulla di fuori posto. Inviò la lettera senza rileggerla, per paura di dover ricominciare un’altra volta.
 
Caro Albus,
ho saputo del tuo Smistamento. Ricordati di cosa ti ho detto il giorno della tua partenza a King’s Cross.
Non so cosa ti stia passando per la testa, ma non scrivere mai non è un’opzione. Tua madre è preoccupata da morire.
Non farti mettere i piedi in testa da nessuno. Se il figlio di Malfoy ti infastidisce, fagli avere quello che si merita.
Saluta Neville e facci avere presto tue notizie.
Papà
 
“Tuo padre è un tipo loquace” commentò Scorpius, leggendo al di sopra della sua spalla. “Ti infastidisco, per caso?” aggiunse in tono falsamente preoccupato.
“Beh, Scorp, non sapevo come dirtelo” rispose Albus, serio, “ma questa tua mania di rivolgermi la parola mi sta sfiancando. È così piacevole essere ignorato da tutti!”.
Scorpius scoppiò a ridere.
“Tuo padre invece cosa pensa della nostra amicizia?” chiese Albus, curioso.
“Pensa che sia un’ottima idea. Qualsiasi cosa risollevi la reputazione di famiglia non può che giovare alla sua carriera!”
“Ottimo” commentò Albus. “Propongo un brindisi! Ai padri impiccioni e i loro intrighi politici!”
 
 
 
 
NdA
 
La convenzione di McDust è naturalmente inventata; ho immaginato che in seguito alla disputa circa la spada di Grifondoro, Hermione abbia portato il problema delle relazioni con i goblin all’attenzione del Ministero. D’altronde sappiamo che ha iniziato la sua carriera nell’Ufficio per la Regolazione e il Controllo delle Creature Magiche.
Spero che i fan di Delphini Riddle non si sentano troppo offesi dalla frecciatina sulla figlia segreta di Voldemort :P
Miracolosamente, non ho altre note!
Ringrazio molto tutti quelli che leggono e che hanno aggiunto la storia tra le preferite e tra le seguite!
Thalassa_
 
   
 
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