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Autore: Civaghina    07/06/2017    0 recensioni
Com'era la vita di Leo, prima della terribile scoperta della Bestia?
Com'è cambiata la sua vita quando si è trovato davanti ad una verità così devastante?
La storia di Leo prima di Braccialetti Rossi, ma anche durante e dopo: gioie, dolori, amori, amicizie, passioni, raccontate per lo più in prima persona, sotto forma di diario.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leo, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Giovedì, 14 giugno 2012

Quando mi sveglio, la mia gamba è sempre più gonfia e mi fa un male dannato.

Provo ad alzarmi dal letto, appoggiando prima il piede sinistro e poi, piano, il destro, ma appena mi alzo in piedi il dolore è tale da farmi urlare.

Torno a sedermi sul letto, con la schiena appoggiata allo schienale.

Me ne sto lì, con la gamba dolorante distesa, l'altra raccolta contro il petto e la fronte poggiata sul ginocchio.

E' così che mi trova Asia quando entra, senza bussare.

"Leo! Ti ho sentito urlare! Cosa c'è? Hai fatto un incubo?" chiede mentre si avvicina al mio letto.

"La gamba" le rispondo. "È peggiorata. Mi fa così male che non riesco ad appoggiarla".

La vedo trasalire mentre la osserva, poi mi tocca la fronte: "Hai ancora la febbre. Telefono in ospedale. Sento se la dottoressa Lisandri ha tempo di vederti".

Mi viene in mente che dalla Lisandri sarei dovuto andarci l'altro ieri, ma l'evento che mi ha travolto me ne ha fatto completamente dimenticare.


Il posto dove ho vissuto gli ultimi ricordi che mi legano a lei.

Il posto dove lei se n'è andata.

Il posto dove ho più sofferto in assoluto.

Mi sento quasi svenire a rimetterci piede.

Mi appoggio alle pareti di metallo dell'ascensore dell'ospedale e respiro forte, mentre aspetto che raggiunga il piano dove c'è lo studio della Lisandri.

"Entro da solo" dico, suscitando le proteste di Asia. "Per favore" aggiungo. "Non sono un bambino!"

"Va bene" sospira lei, sedendosi rassegnata in sala d'aspetto, mentre io busso alla porta dello studio.


"Leo, volevo dirti che mi..." comincia a dire la Lisandri, venendomi incontro, quando entro nel suo studio.

Io sollevo una mano scuotendo la testa, per fermarla subito: "Va bene. Grazie."

Non voglio sentire l'ennesima frase di condoglianze.

Lei sembra capirmi e non infierisce oltre, passando direttamente al motivo per il quale sono qui: "Vieni, siediti sul lettino, con le gambe stese".

Indosso dei jeans corti, che mi arrivano alle ginocchia e mentre salgo sul lettino non mi sfugge lo sguardo allarmato della Lisandri che ricade sulla mia gamba.

"Da quanti giorni è così gonfia?" mi chiede mentre indossa i guanti.

"Non so, due... forse tre...".

Quando la tocca non riesco a trattenere un gemito di dolore. "Ti fa molto male?".

Annuisco lentamente, trattenendo il respiro mentre lei continua a tastarmi la gamba.

"Quando ha cominciato a farti male? Te lo ricordi?"

"Circa tre settimane fa. Stavo correndo, quando ho dovuto fermarmi perchè mi faceva male."

"Nessun evento traumatico? Una caduta? Una botta?".

Scuoto la testa: "No..."

"Sei sicuro?"

"Me ne ricorderei!"

"Hai preso degli antinfiammatori? O qualcosa per il dolore?"

"Solo un giorno per andare a pallanuoto. I primi giorni era sopportabile, pensavo che sarebbe passato nel giro di poco. Poi ha cominciato a peggiorare, ma..."

"Ma avevi altro per la testa."

"Sì."

"Asia mi ha detto che da un paio di giorni hai anche la febbre."

"Sì..."

"Sei sicuro che siano solo due giorni?".

Provo a ripensare agli ultimi giorni trascorsi: "Ma sì! Il giorno del mio compleanno stavo bene."

"E non l'hai mai misurata?"

"No".

Comincio ad essere agitato.

Non mi piace trovarmi in questa situazione.

Non mi piacciono tutte le sue domande.

"Provvediamo subito allora" mi dice porgendomi un termometro.

Controvoglia prendo il termometro digitale e me lo porto sotto l'ascella.

Mentre aspettiamo che suoni, la Lisandri continua il suo interrogatorio: "Altri sintomi? Spossatezza? Inappetenza? Brividi di freddo?".

La guardo negli occhi, cercando di leggere dietro le sue domande, ma lei è impassibile.

Mi solleva che Asia non sia entrata con me: la sua ansia non avrebbe fatto altro che accrescere la mia.

"Tutti" rispondo, ignorando l'istinto di mentirle.

"Tutti..." ripete lei mentre il suono che indica che il termometro ha finito rompe il silenzio che si è venuto a creare.

"39,2" dico porgendole il termometro.

Lei lo guarda per un momento, poi lo mette via. "Togliti la maglietta" mi ordina indossando il fonendoscopio. Mi fa respirare profondamente, mi fa tossire, mentre mi ausculta il petto e poi la schiena.

Mi esamina la gola, dentro e fuori, toccandomi sotto la mascella e sul collo.

"Metti un braccio dietro la nuca, così..." mi dice posizionando il mio braccio destro e cominciando a toccarmi sotto l'ascella e tutto intorno, per poi fare lo stesso col sinistro.

"Abbiamo finito, ti puoi rivestire" dichiara gettando i guanti nel cestino e andando a sedersi alla scrivania.

Mi rimetto la maglietta, scendo dal lettino e vado a sedermi di fronte a lei.

Resto in silenzio mentre la guardo compilare diversi fogli.

"Allora Leo, ho bisogno di una radiografia e di analisi del sangue" dice mentre apporta il timbro URGENTE su due fogli per le prescrizioni.

"Analisi del sangue? Perché? Cosa c'entrano con la gamba?"

"Mi preoccupa la febbre. Non hai bronchite, polmonite, tonsillite o altro che possa giustificare una febbre così alta. Potrebbe essere un'infezione o... non so" sospira scrivendo qualcos'altro su un foglio bianco.

"Cosa sarebbe quel non so?!" domando mentre il mio piede comincia a muoversi nervosamente per conto suo.

"Senza prima vedere gli esami qualsiasi diagnosi sarebbe prematura. Prima di andare via, vai in accettazione con queste" mi dice porgendomi le prescrizioni. "Ti daranno un appuntamento al più presto". Prendo in mano i due foglietti rossi e li guardo senza capirci più di tanto. A quanto pare è vero che i medici hanno una scrittura incomprensibile. Poi mi porge un altro foglio, stavolta bianco con scritto qualcos'altro che non riesco a decifrare.

"Con questo vai in farmacia, è un antipiretico da prendere ogni quattro ore se la febbre supera i trentotto gradi. Va preso a stomaco pieno, quindi sforzarti di mangiare almeno un pochino anche se non ti va. Per il dolore preferisco non prescriverti niente per evitare di compromettere i risultati degli esami del sangue. Pensi di farcela a resistere?"

"Sì" rispondo, un po' disorientato da tutte quelle informazioni.

"Evita qualsiasi tipo di sforzo o sovraccarico alla gamba. Assoluto riposo, se puoi, finché non ne sappiamo di più."

"Ok."

"Ti è tutto chiaro?" mi chiede togliendosi gli occhiali e guardandomi negli occhi.

"Sì".


Giulia: "Amore, come stai? Che ti hanno detto in ospedale? Sei già a casa? Posso venire a trovarti? ".

Preferisco rispondere solo all'ultima domanda: "Non aspetto altro "

Dieci minuti dopo sento suonare il campanello; avverto la voce di Asia e poi quella più squillante di Giulia, scambiarsi qualche parola, che dalla mia camera non riesco a decifrare; poco dopo Giulia bussa alla mia porta ed entra sorridente tenendo in mano un vassoio con delle fette di pane e marmellata.

"Tua sorella ci ha preparato la merenda!" ride lei appoggiando il vassoio sul mio comodino per poi salire sul letto e sedersi accanto a me.

"Crede che abbia ancora cinque anni..." brontolo io cingendola con un braccio.

"Ma no, è così dolce! Si preoccupa per te! Ha detto che devi prendere la medicina e mi ha ordinato di farti mangiare!"; Giulia si sporge verso il comodino e prende una fetta di pane con la marmellata di albicocche: la mia preferita. Asia ci sa proprio fare. "Su, da bravo! Dai un morso!" mi incita avvicinando il pane alla mia bocca.

"Ti diverte questa situazione?!"

"Ho sempre sognato di fare la crocerossina a un bel ragazzo!" sorride lei baciandomi sulle labbra.

"La cosa potrebbe risultare vantaggiosa allora..." dico prendendole il pane dalle mani e dando un morso. "Però dovresti procurarti una divisa..."

"Vedrò cosa posso fare..." dice guardandomi maliziosa, mentre io continuo a mangiare. "Come va la gamba? Ti fa molto male?"

"Se sto fermo è sopportabile."

"Ma cosa ti hanno detto?"

"Devo tornare in ospedale sabato per fare una radiografia" dico mentre lei mi porge un'altra fetta di pane. "E anche le analisi del sangue" aggiungo con un tono contrariato.

"Non mi dirai che hai paura?"

"Un po'" ammetto. "Non mi piacciono gli aghi."

"Vuoi che venga con te?"

Io le sorrido accarezzandole i capelli: "No... Verrà mio padre. Si è addirittura preso un permesso dal lavoro per accompagnarmi. Non me lo aspettavo."

"Perché?"

"Credevo che non avrebbe più rimesso piede in quell'ospedale. Ma a quanto pare la mamma gli ha fatto promettere di occuparsi della mia gamba... e lui ha già saltato la visita di stamattina perché era al lavoro, così sabato rimedia accompagnandomi a fare gli esami."

"Ma non ti hanno cosa potrebbe essere?"

"No. La Strega ha detto che è presto per dirlo, ma che la preoccupa questa febbre senza un apparente motivo, per questo vuole che faccia gli esami del sangue."

Giulia prende una pastiglia di antipiretico e la bottiglietta d'acqua dal mio comodino e me le passa: "Sei preoccupato?"

"Ma no..." mento, sfregandomi un occhio. "Di sicuro non è niente...".

Lei mette via la bottiglietta e si siede a cavalcioni su di me.

Il mio cuore accelera all'istante.

Le prendo il viso tra le mani e la bacio dolcemente; lei porta una mano sulla mia nuca e risponde al bacio con altrettanta dolcezza.

Grazie” sussurro appena.

Di cosa?” mi chiede lei sorridendo.

Perché mi fai dimenticare di tutto il resto”.

Lei mi sorride di nuovo e mi accarezza il viso; “Ti amo” mi dice arrossendo.

Giulia mi ha appena detto “Ti amo”.

Lo immaginavo, certo, che fosse innamorata di me, ma sentirselo dire fa tutto un altro effetto.

E che si fa in questi casi?

Le devo dire “Anch'io”? O forse è meglio dire “Ti amo” a mia volta...?

Non lo so, sono in difficoltà.

E mentre cerco di capire quale sia la cosa giusta da dire, lei si avventa sulle mie labbra e mi bacia con passione; l'abbraccio stretta, come se potesse scomparire, mentre lei mi circonda con le gambe. Tutto il suo corpo preme contro il mio, facendomi impazzire; mi toglie la maglietta e non ci capisco più niente: le abbasso le spalline della canotta e lei se la fa scivolare fino in vita, mettendo in mostra il reggiseno a balconcino azzurro che lascia scoperta la parte superiore del suo seno.

L'effetto di quella visione sul mio corpo non tarda a farsi sentire.

Avverto il sorriso di Giulia contro le mie labbra, quando si accorge della mia erezione che preme contro di lei; mi si struscia lentamente contro mentre si china verso di me per baciarmi il collo; il mio respiro accelera e mi lascio sfuggire un gemito; porto le mani sulla sua schiena e le sgancio il reggiseno.

Lei sembra non avere nessuna intenzione di fermarmi.

La matita con cui si era tirata su i capelli cede, lasciandoli ricadere sulle sue spalle ormai nude.

La mia lingua cerca la sua con un senso di bisogno impellente.

Il suo profumo mi sovrasta.

Le sfilo il reggiseno e lei non mi ferma.

Mi allontano dalle sue labbra e schiudo gli occhi per guardarla: è bellissima.

Il suo seno è bellissimo, il suo viso imbarazzato è bellissimo, i suoi occhi maliziosi sono bellissimi.

Glielo dico: “Sei bellissima”.

Lei sorride e abbassa lo sguardo, mordicchiandosi le labbra.

Inizio a riempirle il collo di baci mentre lei mi accarezza i capelli, come per incitarmi a continuare.

Le sfioro un seno.

Lo accarezzo con delicatezza.

Lo tocco con più decisione.
Vorrei averne di più.

Ancora di più.

Chino la testa verso il suo seno e comincio a baciarlo.

Prendo un capezzolo tra le labbra.

Lo mordicchio piano.

Lo lecco.

Lo succhio.

Giulia soffoca un gemito contro i miei capelli; si aggrappa alla mia schiena.

Vorrei fare l'amore con lei, in questo istante.

Le mie mani si spostano verso il bottone dei suoi pantaloncini, ma lei le ferma.
"Una cosa alla volta" dice con la voce affannata. “Ricordi?”
Io alzo la testa per guardarla in viso: "Ok".

Lei ride e mi scompiglia i capelli, forse notando la nota di delusione nella mia voce: "E poi c'è tua sorella di là!" dice recuperando il reggiseno.

"Me n'ero completamente dimenticato! Diciamo che Asia era l'ultimo dei miei pensieri..."
"Ho notato!" esclama Giulia ridacchiando mentre si rimette il reggiseno e si sistema la canotta; si tira di nuovo su i capelli, fermandoli con la matita, poi si riavvicina a me, guardandomi maliziosa: "Puoi comunque stringermi, eh!".
Io non mi faccio di certo pregare.

"Si sta bene anche così" dice abbracciandomi. "No?"

"Sì, si sta bene anche così".


   
 
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