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Autore: Civaghina    10/06/2017    0 recensioni
Com'era la vita di Leo, prima della terribile scoperta della Bestia?
Com'è cambiata la sua vita quando si è trovato davanti ad una verità così devastante?
La storia di Leo prima di Braccialetti Rossi, ma anche durante e dopo: gioie, dolori, amori, amicizie, passioni, raccontate per lo più in prima persona, sotto forma di diario.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leo, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Sabato, 7 luglio 2012


Mi guardo allo specchio compiaciuto della mia immagine riflessa, mentre do un'ultima sistemata ai capelli, che stasera non ne vogliono proprio sapere di stare come voglio io e continuano a ricadermi sulla fronte. Aggiungo altro gel, accorgendomi che il tubetto è circa a metà e amaramente mi ritrovo a pensare che per molto tempo non occorrerà comprarne un altro. Tiro indietro il ciuffo e mi copro i capelli con le mani, provando a immaginarmi senza e quello che vedo non mi piace.

Mi è sempre piaciuta la mia faccia, ma senza capelli dubito che mi piacerà ancora.

"Leo sei pronto?!" mi chiama Asia dal soggiorno. "Io sto per uscire!"

"Sì, arrivo!" le rispondo sciacquandomi le mani e asciugandole in fretta.

"Però!" esclama lei quando mi vede. "Va a finire che Giulia ti fa una scenata di gelosia stasera, sei troppo bello!" dice sistemandomi il colletto della camicia nera che ho indosso.

"Tra un po' non lo sarò più" mormoro mentre usciamo dalla porta di casa.

"Ma smettila! Altrimenti ti lascio a piedi!"

"Non posso ancora sforzare la gamba, ricordi? Oseresti andare contro gli ordini della Lisandri?!" scherzo mentre saliamo in auto.

"Oh no, per carità! Quella donna mi incute un certo timore..."

Io rido: "Dì pure che è una strega!"

"Però sa fare bene il suo lavoro".

Sì, su questo direi che non ci sono dubbi.


"Sei sicuro che non devo passarti a prendere?" mi chiede Asia fermandosi davanti al Mr. Brown, il pub dove ho appuntamento con Giulia e gli altri per cenare e ascoltare una rock band locale che si esibisce più tardi.

"Sì, tranquilla. Mi riporta a casa il fratello di Alberto."

"Va bene, buona serata!" mi dice mentre apro lo sportello per scendere.

"Anche a te sorellina" le rispondo dandole un bacio sulla guancia, prima di scendere dall'auto.


Entro nel pub guardandomi intorno alla ricerca dei miei amici, quando mi sento chiamare: "Ehi Leo! Siamo qui!".

Riconosco la voce di Mattia e individuo subito il tavolo dov'è seduto insieme a Cecilia, Alberto, Riccardo e Daniele.

"Ciao!" dico sedendomi. "Giulia non è ancora arrivata?"

"No, ma viene insieme ad Arianna..." mi risponde Cecilia.

"Ok, allora prima delle dieci mi sa che non la vedo!" dico scherzando, anche se fino a un certo punto, perché si sa che Arianna è una ritardataria cronica.

Circa mezzora dopo, qualcuno mi dà un bacio sul collo e non ho certo bisogno di girarmi per sapere chi è.

"Sei arrivata finalmente!" esclamo mentre Giulia si siede accanto a me. Indossa un mini vestito che diventa ancora più corto quando si siede, regalandomi la vista delle sue bellissime gambe.

"Indovinate di chi è la colpa?" dice guardando Arianna. "Doveva passarmi a prendere con sua madre alle otto e mezza!"

"E' mia madre che ha ritardato!" si difende Arianna inutilmente, dal momento che nessuno di noi le crede.


Alle 22:30 comincia l'esibizione della rock band e Giulia mi trascina a ballare, ma presto la gamba mi fa male e andiamo a sederci su un divanetto.

Ci stiamo baciando appassionatamente.

Le sue mani sono intrecciate dietro al mio collo.

Le mie accarezzano le sue gambe nude.

"Sei troppo bello stasera" dice ad un certo punto staccandosi da me. "Devo tenerti stretto!".

Io sorrido, senza dire niente, ripensando alle parole di Asia e mi affretto ad accorciare di nuovo la distanza tra le nostre bocche, forzando con la lingua le sue labbra che subito mi lasciano passare.

Veniamo interrotti da Mattia e Cecilia che sono venuti a salutarci.

"Andate via di già?!" domando loro stupito. "Non saranno nemmeno le undici!"

"Eh..." comincia a dire Mattia lasciando la frase in sospeso, mentre Cecilia sorride. "Vogliamo farci un giretto da soli!" continua un po' imbarazzato.

"Aaah! Buon giretto allora!!" esclamo lanciandogli un'occhiata complice.

"Passo a trovarti in settimana, prima di partire per Londra, ok?" mi dice mettendomi una mano sulla spalla.

Ok.”

"Mi dispiace così tanto che tu e Giulia non veniate...".

Giulia che non va a Londra?!

Che storia è mai questa?!

Mi giro a guardarla e vedo che sta fulminando Mattia con lo sguardo.

Lui le chiede scusa muovendo le labbra senza parlare, poi prende per mano Cecilia e si affretta ad andarsene, augurandoci la buonanotte.

Io mi alzo dal divanetto, piuttosto innervosito e faccio cenno a Giulia di seguirmi fuori.

"Esiste un modo per toglierti dalla faccia quell'espressione incazzata?!" esclama Giulia una volta fuori dal pub.

"No. Ho l'espressione incazzata perché sono incazzato!"

"Va bene, scusa..." mormora lei avvicinandosi a me con tono dispiaciuto.

"Adesso mi spieghi perché cazzo non vuoi andare a Londra e perché cazzo non me l'hai detto?!" dico alzando la voce e allontanandomi da lei.

"Non c'è molto da spiegare, mi pare!" ribatte lei alzando la voce a sua volta. "Non voglio andare senza di te! E non te l'ho detto per non farti incazzare!".

"Io voglio che parti" dico con tono più pacato, ma sempre deciso.

"E quello che voglio io?!" domanda lei incrociando le braccia. "Non posso andare via per tre settimane e lasciarti così..." dice con la voce che le trema. "Proprio mentre tu..."

Proprio mentre io sarò dentro e fuori dall'ospedale?

Proprio mentre io vomiterò e perderò i capelli?

Proprio mentre io faticherò a reggermi in piedi?

Un brivido gelido mi percorre la schiena pensando a cosa mi aspetta da lunedì.

"Starò di merda, lo sai” le dico avvertendo la gola terribilmente secca. “E sarò di pessimo umore. Non voglio che tu mi veda così, sono più tranquillo se so che sei lontana per un po'".

"Lo so benissimo!” esclama guardandomi con gli occhi spalancati e pieni di lacrime. Mi sembra quasi di sentire il suo cuore andare in pezzi. “Ma starai di merda per ben più di tre settimane! Anche se andassi, quando tornerei ti vedrei comunque stare male e non potrei perdonarmi di non esserci stata prima!"

"Ed io non potrei perdonarti se rinunci a partire per restare qui a vedermi vomitare! Tu ci andrai e il discorso è chiuso!"

"Ma chi sei?! Mio padre?! Non puoi decidere tu se devo o non devo partire!".

Mi sento stremato.

Questa avrebbe dovuto essere una serata leggera.

Ci saremmo dovuti divertire e non pensare a niente.

E invece abbiamo finito per parlare della Bestia.

Ancora.

Sono stanco.

"Beh, ma decido io se vederti oppure no! Guarda che se anche non parti per Londra fa lo stesso! Mentre faccio la chemio io non ti voglio vedere!"

Prima che lei possa dire o fare qualcosa, mi allontano a passo svelto lungo il marciapiede, ma lei mi raggiunge correndo e mi afferra il braccio con presa sicura. "Aspetta!" implora mettendosi davanti a me. "Non puoi dire sul serio..." mormora a pochi centimetri dalle mie labbra.

Il tono della sua voce.

I suoi occhi pieni di lacrime.

Le sue dita sul mio viso.

E' difficilissimo resisterle.

Mi guarda, aspettando che io dica qualcosa.

Le parole mi bruciano in gola.

Vorrebbero esplodere.

Liberatorie.
E sono davvero sul punto di dirle, quelle parole.

Che non è così facile per me essere forte.

Che ho paura di uscire annientato da tutta questa faccenda.

Che sono da solo in questa mia guerra e che nessuno può combatterla per me.

E nemmeno con me.

Che non so come sopravviverà la nostra storia alla mia fottuta guerra.

Ma che non posso permettermi di pensarci.

Perché adesso devo pensare a come sopravvivere io.

Ma non le dico niente di tutto questo.

Il silenzio è così pesante e amaro che sostenerlo è impossibile.

"Sì, dico sul serio".

Me ne vado.

Senza aggiungere nulla.

Privato di ogni energia.


“Leo, sei tu?!" chiede Matteo quando sente aprire la porta di casa.

"Sì" risponde Leo entrando ed abbandonandosi dolorante su una poltrona. E' tornato a casa a piedi, camminando per una quarantina di minuti e la sua gamba pare non averglielo affatto perdonato.
"Sei in anticipo" dice abbassando il volume del televisore. "E' la prima volta che torni prima dell'orario stabilito. Non stai bene?"
"Sto bene" dice Leo sfregandosi un occhio.

"Sei sicuro?"

"Da quando sei diventato così apprensivo?! Mi sembri Asia!"
"Mi preoccupo perché non è da te rientrare così presto. E mi sembri turbato."

"Che palle papà! Sono solo stanco! Adesso me ne vado a letto!" esclama alzandosi dalla poltrona.

Matteo si alza dal divano e gli si avvicina. "È successo qualcosa con la tua ragazza? Avete litigato?” gli chiede guardandolo negli occhi e accarezzandogli una guancia.

"Non è successo niente" ribadisce Leo con la voce agitata e un'espressione tesa sul viso che non fa che alimentare la sua apprensione. "Buonanotte" aggiunge andando verso la propria camera.

Matteo resta immobile, a guardarlo mentre si allontana zoppicando, con il cuore pieno d'ansia.

A giudicare da come cammina, la gamba deve sicuramente fargli male.

E' per questo che è rientrato prima?

Vorrebbe avvicinarsi a lui.

Abbracciarlo.

Calmare la tempesta che si agita nei suoi occhi.

Ma qualcosa lo tiene inchiodato lì dov'è.

Paura.

Ecco cos'è che lo inchioda.

Paura di ciò che vorrebbe chiedergli.

Paura di ciò che Leo potrebbe rispondergli.

Paura di quello che Leo sta provando.

Perché già solo l'idea è abbastanza da dargli la nausea.

Perché ci può essere solo un motivo che può aver generato tanta tensione in suo figlio, stasera.

Quel motivo di cui loro due non parlano mai.

Uno per orgoglio, l'altro per vigliaccheria.

Si lascia ricadere sul divano, con il respiro che gli solleva, frenetico, il petto.


Mi spoglio in fretta, rimanendo solo coi boxer e mi butto sul letto.

Sono totalmente distrutto.

La gamba mi fa così male da annebbiarmi quasi la vista.

Mando giù un antidolorifico e cerco di dormire, ma persisto a lungo in uno stato di dormiveglia.

Quando sento la porta aprirsi credo che sia mio padre, ma poi riconosco i passi di Asia e i suoi capelli sfiorarmi il viso mentre si china su di me per baciarmi sulla fronte.

"Ciao sorellina..." mormoro senza aprire gli occhi.

"Ti ho svegliato?"

"No, non proprio. Che ore sono?"

"L'una e mezza" risponde lei sdraiandosi accanto a me. "Com'è andata la tua serata? Hai fatto strage di cuori?".

A dire il vero ho fatto strage di Giulia.

E non in senso buono.

"Tutto bene" dico sfregandomi un occhio. "Il gruppo che ha suonato era veramente forte!"

"Allora perché sei tornato prima?"

"Che c'è?!" esclamo tirandomi su di botto."Ti ha mandata papà a indagare, eh?!"

"Non mi ha mandata papà" dice lei tirandosi su a sua volta. "Mi ha solo detto che sei rientrato prima, tutto qui. Che succede, Leo? Ne vuoi parlare?"

"Lo sai che succede."

"Sì, lo so. E so anche che non ne parli, né con me né con papà. Non credo ti faccia bene. Un giorno sei a pezzi, quello dopo trovi la forza e poi ti ritrovo di nuovo distrutto e poi ancora forte. Sei troppo giovane per gestire tutto questo da solo."

"Sono troppo giovane pure per restare senza la mamma, ma ho dovuto farmene una ragione. Stringo i denti e vado avanti. Io sono fatto così, lo sai".

Sono testardo e sono orgoglioso.

E mi va bene così.

La stanza è immersa nel buio, eccetto per un piccolo spiraglio di luce proveniente dalle fessure della tapparella della finestra; Asia mi prende una mano e nonostante il buio percepisco il suo sguardo su di me: "Non hai paura?"; e in questa domanda avverto tutta la sua, di paura.

Appoggio la schiena alla testiera del letto, stringo spasmodicamente i pugni e il cuore mi batte fortissimo.

"Sì che ho paura".

La mia voce risuona, desolata e oppressa, nel silenzio della notte.

Mi viene da piangere ma non voglio crollare davanti a lei.

"Vorrei solo svegliarmi una mattina ed accorgermi di aver fatto un brutto sogno” dico in un sussurro. “Trovare mamma, sana e bella, in cucina a prepararmi la colazione, senza dovermi domandare come sarò ridotto tra un anno e se sarò ancora vivo”.

Che non ci fosse bisogno di combattere.

Godermi l'estate con i miei amici.

Prendere il patentino e girovagare con la mia Vespa.

Discutere con mio padre perché rientro troppo tardi e non perché rientro troppo presto.

Giocare a pallanuoto.

Correre al parco con Zeus.

Andare a Londra.

Fare l'amore con Giulia.

Ecco cosa vorrei.

   
 
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