Serie TV > Braccialetti rossi
Segui la storia  |       
Autore: Civaghina    11/08/2018    0 recensioni
Com'era la vita di Leo, prima della terribile scoperta della Bestia?
Com'è cambiata la sua vita quando si è trovato davanti ad una verità così devastante?
La storia di Leo prima di Braccialetti Rossi, ma anche durante e dopo: gioie, dolori, amori, amicizie, passioni, raccontate per lo più in prima persona, sotto forma di diario.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leo, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Leo: “Mi ricordo ancora il primo giorno che sono arrivato in ospedale... Lei mi disse tutte quelle cose belle e brutte che... che avrei potuto vivere da quel momento in poi...”

Dottoressa Lisandri: “Me lo ricordo, sì...”.

Questo capitolo racconta proprio di “quel” giorno: il giorno in cui Leo, che da pochissimo ha avuto la conferma di avere un osteosarcoma alla tibia, pretende di sapere tutto quello che gli potrà succedere da quel momento in poi, e la Lisandri, dopo un'iniziale titubanza, non si tirerà indietro. Osservatore esterno di questo intenso dialogo, Matteo: impotente e inadeguato davanti a quanto sta succedendo a suo figlio.


Venerdì, 6 luglio 2012

Fisso il soffitto della mia stanza, senza decidermi ad alzarmi. La sveglia è già suonata due volte, e due volte l'ho spenta. Oggi è il giorno della Verità e non ho per niente voglia di alzarmi. Ufficialmente, il giorno della Verità è stato lunedì, con quella cazzo di diagnosi che non mi lascia scampo, ma oggi saprò per davvero che schifo di estate mi aspetta.

Che schifo di destino, mi aspetta.

Sul fatto che debba fare la chemio pare non ci siano dubbi, posso solo sperare in un miracolo; sperare che la pet abbia smentito tutto, che gli altri esami che ho fatto non fossero attendibili, che nemmeno il pezzo d'osso che mi hanno preso fosse attendibile: “Scusaci Leo, ci siamo sbagliati! Sei sano come un pesce: vai, e goditi l'estate! L'unica rogna che avrai sarà quella di non poter fare il bagno per altre due settimane, per colpa dell'inutile intervento alla gamba, ma per il resto vai e sii felice!”.

Sì, nei miei sogni, proprio!

La realtà è ben diversa.

La realtà fa schifo.

Leo, è ora che ti alzi!”; la voce di papà mi giunge forte e chiara dalla cucina; dieci minuti fa è venuto a chiamarmi e poi ha lasciato la porta aperta.

Sì...” gli rispondo senza troppa convinzione, mentre ancora prendo tempo. Ho una paura fottuta di tutto quello che mi aspetta da adesso in poi, di sapere quanto è effettivamente stronza la Bestia, e di quanto sarà difficile e sanguinosa questa guerra che non ho scelto di combattere.

Leo, dai! Ti ho preso i cornetti!”.

Mi ha preso i cornetti.

Anche se non è domenica.

Mi viene da sorridere per questa sua premura, per i gesti goffi che fa, cercando di compensare le cose che non riesce a dirmi e la forza che non riesce a darmi; mi ha preso i cornetti: pure più di uno, a quanto pare. Non si è accorto che ultimamente faccio fatica a mangiare? Che lo faccio giusto perché devo, il minimo indispensabile, senza la mia solita voglia? O se n'è accorto e spera che con i cornetti mi torni l'appetito?

Sospiro e mi alzo: “Arrivo!”; forse almeno uno riuscirò a mangiarlo.


Per tutto il viaggio verso l'ospedale, io e papà rimaniamo in silenzio; lui appare molto concentrato sulla strada ed io sono alle prese con la nausea, quasi pentito di aver mangiato un intero cornetto alla crema: pare sia stato troppo, e la tensione che ho addosso non mi aiuta di certo a digerirlo. Quando arriviamo è anche peggio, mi viene persino da vomitare e me ne sto almeno un quarto d'ora in bagno, con la sensazione di dover vomitare da un momento all'altro, anche se poi non succede e mi decido ad uscire, dopo essermi bagnato la faccia con l'acqua fredda. Vado alla macchinetta a prendermi una Coca, e me la bevo seduto fuori dallo studio della Lisandri, cominciando ad avvertire un po' di sollievo, mentre papà guarda nervosamente l'orologio perché siamo già in ritardo di cinque minuti.

Tanto non scappano” gli dico piegando di lato le labbra.

No, però...”

Preferisci se gli vomito davanti?!” gli chiedo con tono polemico. “Io dico che loro piuttosto preferiscono aspettare.”

Senti, vuoi... vuoi che entri solo io? Vuoi aspettarmi qui?”.

Io lo guardo allibito, anche se in parte apprezzo il suo tentativo di proteggermi. In parte. “Ma che dici?! Si tratta di me! Al massimo quello che deve aspettare fuori sei tu!”

Ho pensato che forse..., non lo so, magari preferisci sapere le cose per gradi.”

Io?! Ma mi conosci o no?!” esclamo alzando la voce. “Piuttosto, davvero, aspetta fuori tu, che mi metti solo altra angoscia, e non mi serve.”

No Leo, anche stavolta entro con te”.

Io sbuffo e mi alzo: “Vabbè, promettimi che lasci parlare me, almeno, senza metterti in mezzo!”

Certo, va bene”.

Vado a buttare la lattina vuota, e poi busso allo studio della Lisandri, mentre il mio stomaco si contrae in una morsa dolorosa.


Tieni” mi dice il dottor Alfredi porgendomi un block-notes giallo, quando io e papà ci accomodiamo davanti a lui e alla Lisandri.

E che devo farci?” gli chiedo perplesso aprendolo e vedendo che è completamente vuoto.

Lui mi rivolge un sorriso bonario e mi porge una biro: “Scriverci. Scriverci tutto quello che ti vuoi ricordare, tutte le domande che ti vengono in mente, tutte le cose che non capisci o che hai bisogno di capire meglio.”

Va bene...” rispondo un po' disorientato, togliendo il tappo alla biro.

La Lisandri si toglie gli occhiali e appoggia le mani sulla mia cartella clinica chiusa: “Allora... La buona notizia è che abbiamo potuto classificare il tumore al secondo stadio, perché è localizzato e non ci sono metastasi né linfonodi coinvolti. Per il momento”.

Per il momento.

Certo.

Quando hai a che fare col cancro diventa tutto “per il momento”; me lo ricordo bene quello che succedeva con mamma, che da un giorno all'altro poteva cambiare tutto.

Per il momento la Bestia è al secondo stadio. Due su quattro. Poteva andarmi peggio.

Al secondo stadio un tumore è ancora considerato iniziale” continua lei. “E la prognosi è favorevole, nella maggioranza dei casi”.

Nella maggioranza dei casi.

Altra frase che ti senti ripetere spesso quando hai il cancro.

Per il momento, nella maggioranza dei casi...

Ma davvero stanno dicendo queste frasi a me?!

A me?!

Andiamo ragazzi, fino a poco fa la mia vita era scandita dalla scuola, dai miei amici, da Giulia, dalla pallanuoto, dalla mia famiglia... Com'è possibile che io adesso mi ritrovi qui, anziché essere a mollo in una piscina, a sentir parlare di stadi di tumore, prognosi, terapie e tutta quell'altra roba schifosa?

Mi viene quasi da ridere, mentre prendo appunti come se fossi a scuola; papà sta rispettando l'accordo e continua a restare in silenzio. Io finisco di scrivere e poi sollevo la testa e guardo la Lisandri dritta negli occhi: “E la cattiva qual è?” le domando con un sorrisetto nervoso. “Perché dopo una buona notizia, ce n'è sempre una cattiva, no?”.

Lei resta ancora una volta spiazzata dal mio essere così diretto, ma non abbassa lo sguardo: “La cattiva è che il tumore sembra essere parecchio aggressivo. Cresce molto velocemente.”

Quindi?”

Quindi..., per evitare un avanzamento di stadio nel prossimo periodo, dobbiamo agire tempestivamente e in maniera decisa. Non possiamo permetterci di perdere tempo, la chemioterapia dovrà essere molto serrata.”

Ok...”; deglutisco, mentre immagino la Bestia prendere sempre più spazio nella mia gamba, ed è un'immagine che non mi piace per niente.

Lunedì mattina cominciamo”.

Lunedì.

Tra tre giorni.

Tre, miseri, fottuti, giorni.

Va bene” annuisco deglutendo ancora.

Dovrai essere in ospedale alle otto, a digiuno. Facciamo gli esami del sangue e se è tutto a posto partiamo subito con il primo ciclo. Tre cicli dovrebbero essere sufficienti a ridurre il tumore abbastanza da poter procedere all'asportazione” continua la Lisandri, mentre io scrivo tutto. “Di solito, tra un ciclo e l'altro passano due o tre settimane, ma nel tuo caso abbiamo optato per un intervallo di una settimana. Farai una seduta intensiva di quattro ore per tre lunedì di fila, poi procederemo con l'operazione. È tutto chiaro fin qui?” domanda guardando me, e poi papà. Entrambi annuiamo e lei riprende a parlare. “Finita la seduta ti tratteniamo un po' sotto osservazione e dopo potrai andartene a casa, se non ci sono complicazioni”.

Se non ci sono complicazioni.

Un'altra delle frasi da aggiungere al repertorio.

Complicazioni?” le domando con tono ironico. “Del tipo vomitare l'anima e non riuscire a reggermi in piedi? Cose del genere?”

Sì” annuisce il dottor Alfredi. “Cose del genere. Ma speriamo che non capiti”.

Non mi illudo: ricordo ogni singola volta che, tornato a casa da scuola, non trovavo mamma ad aspettarmi perché la chemio era stata troppo pesante e l'avevano trattenuta in ospedale per la notte.

E dopo l'operazione che succede? Dovrò fare ancora chemio?”

Sì” mi risponde la Lisandri. “Abbiamo programmato tre cicli post-operatori”.

Scrivo anche questo, poi lancio una rapida occhiata a papà che si sta torturando le dita delle mani, faccio un respiro profondo, passo il mio sguardo dalla Lisandri ad Alfredi: “E alla fine di tutto ciò, dovrei essere guarito?”.

Ero terrorizzato all'idea di sapere tutte queste cose, ma, stranamente, più so più riesco a tenere a bada la paura; è come se, facendo le domande che mi spaventano e sentendone le risposte, la Bestia perdesse un po' di potere su di me: non posso lottare contro di lei se non so davvero cosa mi aspetta.

Noi speriamo di sì, Leo” mi dice il dottor Alfredi. “Ma con il cancro non si può mai dire”.

Con il cancro non si può mai dire.

Perché tutto questo potrebbe non funzionare, no? È così?”

È così, sì. La guarigione non possiamo garantirtela”.

La guarigione non possiamo garantirtela.

Lo sapevo già che non possono garantirmela, la guarigione, ma è lo stesso un pugno nello stomaco. La schiettezza di quest'uomo, però, mi piace: mi sta dicendo cose terribili, ma con una pacatezza rassicurante.

Ditemi tutto quello che mi aspetta” dico con tono fermo e sicuro, ma la Lisandri non sembra molto dell'idea.

Ma... Leo...”

Ditemi tutto.”

Ma... ne sei proprio sicuro?” mi chiede lei rivolgendomi uno sguardo accigliato. “Non è meglio fare un passo alla volta e vedere che succede?”

No. Voglio sapere tutto quello che potrebbe succedere” ribadisco stringendo forte la biro. “Anche nel peggiore dei casi”.

Voglio sapere tutto, voglio conoscere il mio nemico fino in fondo, solo così sarò veramente pronto; papà probabilmente non è della stessa idea, lui non vorrebbe sapere proprio tutto. Mi giro un attimo a guardarlo: è pallido e si agita sulla sedia, ma continua a stare in silenzio come gli ho chiesto.

La Lisandri guarda Alfredi, che annuisce, poi congiunge le mani, incrociando le dita come se stesse pregando: “D'accordo” dice avvicinando le mani alle labbra. “Il tumore potrebbe non reagire alla terapia nel modo che ci aspettiamo..., potrebbe non ridursi nonostante la chemio, potrebbero verificarsi delle recidive, e potrebbero diffondersi delle metastasi, anche se al momento non ce ne sono... La chemio sarà molto dura e avrà delle conseguenze molto pesanti sul tuo fisico...”

Questo lo so” dico io interrompendola. “Nausea, vomito, febbre, capelli che cadono, giorni in cui non riuscirò ad alzarmi dal letto... Intende tutte queste belle cose, no?”

Sì” annuisce lei. “E potrebbero essere necessarie più chemio del previsto. A questo proposito, dato che la chemioterapia prolungata può compromettere la fertilità, sarebbe il caso di preservarla con la crioconservazione del...”

No grazie!” esclamo senza lasciarle finire la frase. “Non ci penso proprio!”

Come sarebbe?”

Sarebbe che non mi interessa.”

E perché non ti interessa?”.

Perché non ho voglia di farmi una sega dentro un barattolo, in una stanza fredda e sterile, e poi darlo in mano a degli estranei, e fare congelare tutto e poi andarlo a recuperare un giorno se mai mi servirà.

Perché no e basta” dico mentre lei sospira e si porta una mano sulla fronte.

Vuoi parlarne con uno psicologo?” mi propone il dottor Alfredi. “Potrebbe esserti utile, e non solo per questo. Sarà una battaglia lunga e difficile, anche a livello emotivo”.

Io scuoto la testa e accenno un sorriso sarcastico: “Non voglio preservare la mia fertilità e non mi serve uno psicologo.”

Leo, potresti pentirtene” mi dice la Lisandri.

Fa lo stesso.”

E i prossimi mesi saranno parecchio duri, dovrai convivere con la paura, col dolore, con l'incertezza, con...”

Me la caverò. Da solo.”

Tu adesso dici così ma...”

Lei non mi conosce” dico con tono duro.

E tu non conosci la malattia.”

Sì, che la conosco!” esclamo alzando la voce. “Se n'è già scordata?!”

Non è la stessa cosa” ribatte lei con tono impassibile. “Stavolta la vivrai in prima persona. Sarai tu quello che dovrà passare molto tempo in ospedale, che starà male, che dovrà rinunciare a tante cose, che tante ne perderà...”

Lo so”.

Lei mi guarda con indulgenza, ed è come se mi studiasse, come se volesse capire fino a che punto davvero io voglio sapere tutto. Io sostengo il suo sguardo, non lo abbasso nemmeno per un attimo, e lei decide di continuare: “E potresti perdere delle persone, anche. Perché non tutte ce la faranno a restarti accanto, perché è difficilissimo restare accanto a qualcuno che sta male, e soffre, e lotta per sopravvivere”.

Lo so, cazzo! Lo so!

Lo so quanto è difficile stare accanto a chi sta male! Lo so che potrei perdere Giulia, e i miei amici, e, per come è ridotto, pure papà; forse l'unica persona su cui scommetterei qualcosa è Asia.

Però...” mi dice ancora, accennando un sorriso. “Ti succederanno anche delle cose belle”. Cose belle?! Mi sta prendendo per il culo?!

Guardi che non c'è bisogno che adesso mi dica delle balle per far apparire la faccenda meglio di quello che è. Ero preparato a tutto quello che mi ha detto. Non sono sconvolto.”

Non ti sto dicendo delle balle” sorride lei rimettendosi gli occhiali. “È la verità.”

E quali sarebbero queste cose belle?!” esclamo agitando in aria una mano. “Sentiamo!”

Tanto per cominciare la tua vita andrà avanti comunque, anche se in modo diverso. E sarai felice di essere vivo e grato per ogni giorno, come non lo sei mai stato prima. Ogni cosa positiva che ti accadrà, ogni piccola gioia quotidiana, la vivrai più intensamente. Conoscerai tante persone nuove, e alcune di queste probabilmente diventeranno le più importanti della tua vita. Conoscerai meglio te stesso, quello che vuoi, i tuoi veri bisogni. Troverai un coraggio e una forza che non credevi di avere, supererai limiti che credevi insuperabili. Uscirai da questa lotta più ricco, di tante cose. E se anche tu dovessi perdere, niente sarà stato inutile, perché saprai che hai fatto tutto il possibile per vivere al meglio, e la morte non ti farà più paura”.

Queste parole non le ho scritte, mi sono perso ad ascoltarle: le ho sentite scendere in profondità dentro di me e la loro spietata Verità mi ha fatto male, ma in qualche modo mi ha fatto anche bene.

Mi sento forte, potente, determinato; sono deciso a prendere in mano la situazione.

Sento tutta la forza del Leone.

Sono pronto a partire per la guerra.
C
e la metterò tutta per vivere, e alla fine avrò la meglio su questo tumore del cazzo.

Grazie” dico chiudendo il block-notes e restituendo la biro al dottor Alfredi.


Per il momento.

Nella maggioranza dei casi.

Se non ci sono complicazioni.

Con il cancro non si può mai dire.

La guarigione non possiamo garantirtela.

Quelle frasi rimbombano nella testa di Matteo, una dopo l'altra, mentre guida verso casa, e non gli lasciano tregua. Leo sta guardando fuori dal finestrino e se ne sta in silenzio, a parte, ogni tanto, canticchiare qualche canzone che sente solo lui perché ha indosso le cuffiette; è stata una mattina così pesante, sono state pronunciate sentenze così orribili, eppure lui appare più sereno del viaggio di andata, e Matteo non può che chiedersi come questo sia possibile. Un'altra cosa che si chiede è se sia il caso di dire qualcosa, se Leo si aspetta, oppure no, che lui dica qualcosa. Ha le cuffiette e se ne sta girato: non sembrano i segnali di chi vuole fare conversazione, no?

Eppure lui sa che qualcosa dovrebbe dirgli, almeno sulla faccenda della fertilità e dello psicologo, ma non sa da dove iniziare. A dire il vero non hanno parlato nemmeno della malattia, né delle terapie, mai, nemmeno dopo che lunedì hanno avuto la diagnosi definitiva; ci ha provato più volte, ma ogni volta le parole gli si fermavano in gola.

Che farebbe Irene? Lo lascerebbe stare, rispetterebbe il suo silenzio senza provare a forzarlo, o lo affronterebbe in modo diretto, fino a farlo urlare e piangere, e buttare fuori tutto quello che si tiene dentro?

Non dovevi andartene proprio adesso.

Se ci fosse ancora Irene sarebbe tutto più facile, perché lei saprebbe cosa dire e cosa fare, lei saprebbe come prendere Leo, e saprebbe pure come rassicurare lui.

Rassicurare?! Davvero lo ha pensato?! Ma andiamo! Nemmeno Irene riuscirebbe a trovare niente di rassicurante in questa storia, e l'unica cosa che cambierebbe, se ci fosse Irene ancora viva, è che soffrirebbe per questa situazione quanto tutti loro, se non di più. E allora, forse è stato meglio che se ne sia andata prima, almeno si è risparmiata questo dolore così atroce, così soffocante.

Gli occhi gli si riempiono di lacrime, li asciuga in fretta con le dita, riafferra il volante, lo tiene stretto, guarda Leo che è ancora girato a guardare fuori, guarda i suoi capelli neri e folti come “la criniera di un corvo” che Irene amava tanto accarezzare, e non riesce proprio a immaginarlo senza. Vorrebbe fermare l'auto, scendere, urlare a perdifiato fino a svuotarsi i polmoni, piangere fino a non avere più lacrime, maledire Dio o il Destino che lo sta sottoponendo a quest'ennesima prova che lui non è in grado di affrontare. Dopo quello che ha passato con Irene, credeva che niente, niente, avrebbe più potuto fargli male in quel modo, niente. E invece sta succedendo ancora, e invece fa ancora più male, è ancora più lacerante, e Irene non c'è più, e lui non sa nemmeno come fa ad alzarsi ogni mattina e andare avanti, un giorno dopo l'altro, e non sa come diamine farà ad affrontare anche la malattia di Leo, perché non è in grado di sopportare tutto il dolore che ne verrà, tutta la sofferenza che vedrà nei suoi occhi e che, come sempre, lui si terrà dentro.

Papà, lasciami in piscina” gli dice Leo dopo aver guardato il cellulare.

Ma è quasi ora di pranzo!”

Fa lo stesso, non ho fame. Se mi viene prenderò qualcosa al bar.”

E il costume? Lo hai già indosso?”

No, ma tanto il bagno non lo posso fare” gli ricorda toccando la benda adesiva che ha sulla gamba destra.

Ah, già...”; e lui si sente uno stupido per essersene scordato. “Va bene, ti porto lì. Ci sono i tuoi amici?”

Sì.”

Promettimi però che mangi qualcosa.”

Dai papà, non fare l'Asia della situazione!” esclama Leo ridendo.

Leo ride, nonostante tutto quello che si è sentito dire poco fa in quello studio.

Leo ride, perché è fatto così, come sua madre.

Leo ride, ed è così bello quando ride.


Giulia, vai a farti il bagno” le dico mentre me ne sto semi-sdraiato su un lettino accanto al suo; tutti gli altri stavano già sguazzando in acqua quando sono arrivato, lei invece mi stava aspettando, e non si decide ancora ad andare.

No, ti ho detto che voglio stare qua.”

Ti ho detto vai! Posso stare da solo.”

No, non vado. Ho le mie cose”.

Io le rivolgo uno sguardo scettico, mentre lei si siede a cavalcioni su di me: “Non ti credo.”

Giuro!”

Ma poi scusa, tu il bagno lo hai sempre fatto, anche con le tue cose!”

Sì, ma adesso mi fa male la pancia, non ne ho voglia” mi dice appoggiando la testa sul mio petto nudo. “Preferisco stare qui a farmi fare le coccole.”

Chi ti dice che ti faccio le coccole?”. Lei solleva la testa a guardarmi e mi sorride, in modo piuttosto convincente, ed io comincio ad accarezzarle la schiena mentre avvicino le mie labbra alle sue per baciarla; il bacio diventa immediatamente più profondo e altrettanto immediatamente io mi eccito e faccio scendere le mani dalla sua schiena al suo sedere, ma lei me le sposta più su; ci riprovo e me le sposta di nuovo, per poi mettersi dritta e rivolgermi un sorrisetto divertito. “Mi stai torturando, lo sai, vero?” le dico corrugando le sopracciglia.

Mi sa che ti sei scordato che non siamo da soli!” ribatte lei chinandosi a darmi dei baci leggeri sul viso e sul collo, facendomi rabbrividire di piacere.

Andiamocene a casa tua allora” le propongo appoggiando di nuovo le mani sul suo sedere.

Prendetevi una stanza!” esclama ridendo Arianna, che è appena arrivata, in ritardo come al solito.

Io sbuffo e allontano le mani, mentre Giulia si alza in piedi per salutarla: “Ciao Ari!”. Arianna si spoglia velocemente e va a tuffarsi in piscina, e Giulia torna su di me: “Ma che ti hanno detto in ospedale?”

Niente che non sapessi già” le rispondo cercando di restare sul vago.

Lunedì cominci la chemio?” mi domanda lei abbassando il tono della voce.

Sì.”

E lo stadio..., te lo hanno detto?”

Secondo.”

Oh... beh..., è una buona notizia, giusto?”

Hai studiato, per caso?!” esclamo divertito.

Wikipedia”.

Io sorrido e mi passo una mano in mezzo ai capelli: “Comunque sì, è una buona notizia”; quella cattiva, però, meglio se gliela risparmio.

E poi? Che altro ti hanno detto?”

Che la chemio farà schifo, ma questo lo sapevo già. E poi volevano mandarmi dallo psicologo, ma gli ho detto di no. E dato che la chemio rischia di farmi diventare sterile volevano che preservassi la mia fertilità, facendo congelare..., vabbè hai capito! Ma ho detto di no pure a questo!”.

Lei mi fissa per qualche secondo, disorientata: “E... perché hai detto di no?”

Allo psicologo o all'altra faccenda?”

Tutte e due.”

Non mi serve uno psicologo, so cavarmela da solo. E per quanto riguarda l'altra faccenda..., non è una cosa che mi va di fare.”

Non ti dispiace l'eventualità di non riuscire ad essere padre, un giorno?”

Non lo so, non ci ho mai pensato”; e non voglio pensarci adesso. “Guarda, cambio idea solo se ti fanno entrare con me ad aiutarmi!” le dico ridendo.

Scemo!” esclama lei arrossendo e distogliendo lo sguardo. “Oh, i peli stanno ricrescendo velocemente!” osserva accarezzandomi la gamba destra, intorno alla benda adesiva.

Sì...”

E il bagno quand'è che lo puoi fare?”

Tra un paio di settimane”; ma tanto, probabilmente, starò così male che il bagno sarà il mio ultimo pensiero. “Tu sarai a Londra...”.

Lei si alza e mi fa allargare le gambe per sedercisi in mezzo, appoggiando la schiena contro il mio petto. “Prestami una mano” mi dice prendendomi la mano destra e appoggiandosela sulla pancia. “Ce le hai sempre così calde!”.

Forse Giulia ha davvero mal di pancia, ma credo che si sia girata perché le viene da piangere e non vuole che io me ne accorga.

Le tengo la mano sulla pancia, accarezzandola lentamente.

Inspiro il suo profumo alla vaniglia.

Di tanto in tanto, sposto qualche ciocca dei suoi capelli che un colpo di vento mi fa finire in faccia.

Provo un diffuso senso di pace.

Questa piacevole sensazione, però, dura poco, perché ad un tratto mi ricordo che questa normalità ha i giorni contati, che da lunedì sarà tutto diverso e che la mia vita ruoterà intorno ad altro.

Per il momento.

Nella maggioranza dei casi.

Se non ci sono complicazioni.

Con il cancro non si può mai dire.

La guarigione non possiamo garantirtela.




   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Braccialetti rossi / Vai alla pagina dell'autore: Civaghina