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Autore: Elisa24g    12/06/2017    1 recensioni
In una terra dove la parola pace vuol dire solo un intermezzo tra una guerra e l'altra, senza possibilità di scampo dal terribile popolo del Vento, una famiglia decide di non arrendersi e di prepararsi alla battaglia, apprendendo i segreti e le magie di chi si nasconde da anni, in attesa della vendetta.
Teresa: dolce e buona;
Enn: curiosa, testarda e coraggiosa;
Rodd: di buon appetito, impaziente e sempre pronto alla risata;
Marcus: allegro e vivace, a volte provocatorio
Serin: reso muto dalla sofferenza, leale.
I genitori : innamorati, forti e coraggiosi, saranno disposti a rinunciare a tutto pur di proteggere la loro famiglia.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con
Capitoli:
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L’Uomo portò Teresa alla loro casa, la portò verso un piccolo caminetto con sopra una pentola.

<< Cucini? >>  chiese lui

<< A casa mia si >>

<< Questa casa tua. >>

<< No, te l’ho già spiegato. >> rispose mia sorella.

<< Io cucino >> disse lui con un mezzo sorriso. Aveva un bel sorriso. Le labbra carnose si curvavano ed illuminavano i suoi occhi chiari.

Prese la carcassa di un coniglio, ed iniziò a tagliarla a pezzettini, la mise nella pentola che stava direttamente sul fuoco. Vi aggiunse l’acqua fino a ricoprirlo, una cipolla tagliata a fette, carote, peperoncino ed altre spezie che da noi non si usavano. Poi si sedette per terra, lì vicino, ad aspettare che lo stufato fosse pronto.

<< Mio padre non sa cucinare. >> disse Teresa, cercando di riempire quel silenzio così pesante che li avvolgeva, o che forse solo lei sentiva, visto che quell’uomo, di cui ancora non conosceva il nome, era perfettamente rilassato.

<< Noi tutti sappiamo. Uomo uguale donna. >>

<< Non mi sembra che le donne vengano a rapirci. >>

<< Ra..pirci? >>

<< Prendere noi donne, uccidere gli uomini. Fare del male. >>

<< Noi no male. Servono bambini. Voi portate figli. >>

<< Voi rubate i figli. >>

<< No. >> disse lui guardandola male, si stava arrabbiando. Dopo un po’ di tempo le chiese:

<< Nome? >>

<< Teresa. >>

<< Io Arsea >>

<>

<< Perché? >>

<< Per conoscersi. >>

<< Io ti conosco. Tu hai mio figlio. >>

<< Questo non vuol dire conoscersi, io non so niente di te, e tu niente di me. Non parliamo nemmeno la stessa lingua. >>

<< Tu impari. Io insegno. >> e si guardò intorno, cercando qualcosa da insegnarle. Poi si accorse che l’acqua dello stufato stava iniziando a bollire, così la tolse dal fuoco.

<< Questo Cassera >>disse, poi si allontanò da lei, prese le ciotole e le portò fuori, sul tavolo dove avevano già mangiato.

Si sedettero uno vicino all’altra, e mangiarono in silenzio. Teresa si chiedeva se quel supplizio sarebbe mai finito, se un giorno sarebbe potuta tornare a casa e alla vita che aveva tanto sognato; probabilmente no.

Finito di mangiare, lui la portò in giro per il villaggio, mostrandole cosa dovesse o non dovesse fare. C’erano molti animali di cui occuparsi: non esistevano recinti e potevano circolare liberamente per le strade, ma, in molte piccole vasche, che si trovavano ovunque, lungo la via, dietro le case, o vicino agli alberi, veniva messo il cibo e l’acqua per dargli da bere e da mangiare. Erano liberi, si, ma andavano comunque nutriti. Non c’era un ordine o un lavoro che spettava ad una persona in particolare, chi vedeva che le vasche erano vuote, le doveva riempire. Se un uomo o una donna passavano lì davanti, e non andavano a prendere il mangime, venivano puniti severamente. Il modo in cui le spiegò tutto questo, fu molto difficile, date le differenze linguistiche.

<< Arenia >> disse indicando le vasche. << Lì mangia animale. Tu metti cibo, io e anche loro. >>

Poi la portò al fiume, e le indicò gli uomini e le donne che lavavano i piatti, o gli abiti. Le fece vedere una specie di scuola, dove persone sedute per terra a gambe incrociate ascoltavano un uomo che parlava, nella loro lingua.

<< Lì guerra e medicina, erbe e cucina >> disse dicendole quello che spiegava l’uomo. Era uguale a tutti gli altri, anche lui con la pelle ambrata e gli occhi chiari, i capelli lunghi sciolti al vento; indossava una tunica bianca con una cinta marrone in vita. Guardandolo si rese conto di quanto quegli uomini fossero uguali a loro, lo stesso colore delle pelle, i capelli come quelli che potrebbe avere qualsiasi persona nel loro villaggio, eppure così diversi, nella storia, nelle tradizioni e nella crudeltà.Infine le mostrò la piazza con l’altare al centro.

<< Qui Signora del Vento. >>  disse.  Poi la donna entrò. Seguita dalla figlia con le braccia piene di peli, che avrebbero spinto ogni uomo o donna della sua città a voltarsi dalla parte opposta, mentre tutti, lì, la guardavano con ammirazione. Aveva dei bei occhi castani, così diversi da tutti gli altri. La Signora del vento, con un abito argentato, lungo fino a coprirle i piedi, avanzò fino al centro della piazza, salì sull’altare, ed iniziò a parlare.

<< Aretis ala sane. Is theo.. >>  continuando nel loro linguaggio per almeno una mezz’ora. Erano tutti riuniti ad ascoltarla. Alcuni erano in piedi, altri seduti per terra; ogni tanto rispondevano a quello che la loro regina diceva, ma per la maggior parte del tempo stavano in silenzio. 

Teresa guardava tutti, senza capire. Per lei ogni parola non aveva senso. Si sentiva come un pesce nel profondo di un lago, poteva vedere le luci e le ombre delle persone lì intorno, sentire vagamente le voci, ma non capire nulla.

Ad un tratto tutti si voltarono a guardarla, a fissarla, cercando quasi di leggerle l’anima. Mia sorella abbassò lo sguardo ed aspetto che le voci cessassero, ma il discorso sembrava andare avanti per molto tempo.

<< Lei è la ragazza che Arsea vuole tenere con sé. Deve imparare le nostre usanze, la nostra lingua, essere una di noi; altrimenti dovrà tornare indietro. Il compito di educarla spetta a lui, ma anche voi avrete un vostro ruolo. Ognuno di voi deve decidere se vuole che resti o no, la volete con voi, allora aiutatela, non la volete, ostacolatela, sta a voi scegliere. >> continuava a parlare la regina nella lingua sconosciuta e Teresa continuava a non capire, ma vide che Arsea si stava innervosendo, e preparando a parlare. 

<< Saranno concessi i nove mesi per la nascita dei figli. Quando voi andrete a prenderli porterete con voi lei, se non sarà stata degna di diventare una di noi, o suo figlio, che dovrà essere dato come ricompensa in caso contrario. A voi la scelta. >>

<< Non mi avevi dato un tempo limite. Avevi detto che poteva restare e basta. >> iniziò a parlare Arsea, facendo sussultare Teresa che stava accanto a lui. Le parole che uscivano dalla sua bocca suonavano dure ed aspre, sia per la rabbia che vi metteva, sia per il suono proprio di quella lingua.

<< Io ho detto che avrebbe dovuto imparare, e questo deve fare. La vuoi con te? Allora insegnare quello che sai. Ho finito. >>

<< Arim e tei. >> risposero tutti in coro, come forma di saluto. E la Signora del Vento se ne andò. Molte delle persone là attorno si allontanarono in fretta, riprendendo le loro occupazioni, altri vennero a parlarle. Pronunciavano parola che lei non capiva, nella loro lingua, e, allo sguardo inebetito di Teresa decidevano di andarsene, dicendo prima qualcosa ad Arsea.  Quando rimasero da soli, lei gli chiese di cosa avessero parlato ,ma lui si rifiutò di dirle qualsiasi cosa, e si vedeva chiaramente quanto fosse infuriato.

 

NEL PROSSIMO CAPITOLO :

“ Adesso vado alla casa nel bosco e  mi fermo lì per un po’..tanto sarà vuota. Poi…poi prendo l’acqua..quanto tempo potrò stare? Non lo so..intanto mi riprendo dalla prima parte del viaggio. Da lì devo raggiungere la loro città…che non so dove si trovi. Come faccio a raggiungerli? Che cosa è stato?” pensò guardandosi intorno, “ niente di nuovo, i soliti rumori del bosco. Stavo dicendo..cosa stavo dicendo? Ah si..da lì mi conviene muovermi per zone.. prima in una direzione, poi in un’altra..magari li trovo… e se li trovassi..Cosa dovrei fare? “

   
 
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