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Autore: Ayr    19/06/2017    5 recensioni
Mi hanno accusato di tradimento, ma sono solo una vittima innocente degli eventi, incastrata da qualcuno più furbo e spietato di me, che non ha avuto rimorsi nel coinvolgermi in tutto questo e nel far ricadere la colpa sul mio capo, su cui, ora, pende la lapidaria sentenza: verrò destituito dal mio incarico e cacciato da quella che fino a quel momento era stata la mia casa.
Verrò umiliato, un’ultima volta, la più terribile: mi verrà strappato tutto ciò che fino ad ora ho posseduto ed il mio unico compagno di una vita verrà distrutto. Una parte di me morirà inevitabilmente con lui, quando il Sigillo verrà spezzato e rimarrò spezzato anche io.
Non voglio essere ricordato in questo modo, non se ho anche la più remota possibilità di raccontare come siano veramente andate le cose, e di dimostrare la mia innocenza.
Narrerò la mia storia e lascerò che siano i posteri a giudicarla, nella speranza che qualcuno riesca a vedere come io sia stato solo una vittima ingenua di un enorme inganno ben architettato.
[La storia partecipa al contest indetto da E.Comper sul forum di EFP: ‘The Dragon’s Riders Contest!’]
[Steampunk fantasy (o almeno ci provo)]
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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A Morgengabe, che attendeva(no) con ansia il capitolo

VI


Ancora una volta Arandil si era ingannato: credeva che, data la comunicazione solenne e grave, sarebbe stato ricevuto nell’Aula Magna, dove venivano accolti nobili e mercanti. Invece, si ritrovò un’altra volta nell’angusto e soffocante stanzino del generale Xendar.
Quest’ultimo era un umano di corporatura robusta e di altezza portentosa, anche per quelli della sua razza, e occupava la maggior parte dello spazio respirabile di quell’antro scuro. Gli esigui pertugi rimanenti erano stati occupati dai tre membri più eminenti del Capitolo. Questo mise in allarme l’elfo: era raro che i membri si premurassero di affidare le missioni ai Dragoron, solitamente delegavano il compito ai generali. La loro presenza era sinonimo di gran brutte notizie.
Avvolti in tuniche nere o viola dalle maniche svolazzanti, somigliavano a tre corvi, volatili portatori di cattive novelle: soprattutto il reverendo Asmodeus, con il suo lungo naso a becco e i piccoli occhietti neri da rapace, il primo che incontrò non appena mise piede nella stanza, mettendolo immediatamente a disagio.
«Arandil» lo accolse Xendar, senza aggiungere altro.
L’elfo piegò leggermente il capo in segno di saluto e rispetto, i membri del Capitolo ricambiarono, rigidi e cupi. Erano Dragoron ormai troppo vecchi per poter cavalcare o anche solo sollevare un’arma che non fosse un bastone di legno, e cercavano di sopperire alla mancanza di adrenalina nella loro vita con tutta l’acidità, l’antipatia e l’arroganza di cui erano capaci, dando fondo a tutte le loro risorse per rendersi quanto più odiosi e spocchiosi possibile. Il loro compito era coordinare l’attività dell’Ordine, scegliere gli incarichi che più gli convenivano e decidere a chi assegnarli, prelevare i compensi promessi e dividerli con chi aveva svolto l’incarico, giudicare l’operato di un Dragoron e la sua condotta, selezionare i futuri cavalieri e sollevare dal gravoso compito quelli che non ritenevano più idonei, donare cariche e titoli, occuparsi dell’addestramento delle reclute scegliendo per esse i migliori e più inflessibili insegnanti. Ma soprattutto, erano i depositari dei processi segreti riguardanti la costruzione dei draghi meccanici e del meccanismo che permetteva loro di svegliarsi, muoversi e sputare fuoco.
Finché si trattava di costruire un involucro di metallo e acciaio anche il più inetto dei fabbri sarebbe stato all’altezza del compito, ma quando si trattava di infondere vita alla macchina e accenderla, allora subentravano i membri del Capitolo, con il loro prezioso carico di conoscenze tramandato da membro a membro. Nessuno sapeva come i draghi si animassero e in cosa consistesse realmente l’Accensione -che permetteva al drago meccanico di non essere una semplice macchina, ma un complesso sistema capace di muoversi autonomamente, di avere un’energia propria che mettesse in funzione tutti gli ingranaggi e i congegni e di poter essere legato indissolubilmente a un’anima senziente- i membri del Capitolo erano gli unici depositari di quei segreti. Corban era uno dei membri più anziani, ed era uno dei pochi a conoscenza del processo che permettesse la formazione e l’instaurazione del Sigillo. Era lui uno dei tre membri, ingobbito nella veste nera, che faceva saettare lo sguardo da una parte all’altra del minuscolo spazio, irrequieto.
«Sei stato convocato per un incarico molto importante e delicato» esordì il generale, il suo superiore più prossimo. Aveva sempre detestato quell’uomo: per anni gli aveva affibbiato gli incarichi più ingrati e mortificanti o difficili da svolgere, solo perché aveva una mente chiusa e retrograda, e non aveva mai visto di buon occhio gli elfi, reputandoli una razza subdola e ingannatrice…come se gli uomini non fossero da meno.
Anche in quel momento il suo sguardo porcino trasudava disprezzo e arroganza, e le sue labbra carnose erano distorte in una smorfia di disgusto, quasi si fosse trovato davanti dello sterco di vacca.
Arandil sospirò: l’introduzione prometteva già grane e il fatto che il Capitolo fosse lì serviva solo a rendere il tutto più preoccupante.
«Il Capitolo ha una missione importantissima da darti» continuò, accrescendo la sua apprensione.
Asmodeus si schiarì la gola e cercò di farsi spazio per superare la possente mole di Xendar e riuscire a vedere l’elfo direttamente negli occhi e non attraverso i peli biondi delle braccia del generale.
«Si tratta di Krugar Mano Scarlatta»
«Ma io mi sono ritirato da quell’incarico!» lo interruppe bruscamente Arandil guadagnandosi una fulminata da Xendar e un’occhiata di rimprovero da Asmodeus.
«Ne siamo perfettamente al corrente» replicò, accentuando la nota nasale e altezzosa della voce, «E siamo anche al corrente che tu sia l’unico, oltre ad Adamantius Browning, ad aver avuto a che fare con questo soggetto.»
Arandil aveva sempre trovato che Adamantius fosse un nome da checca, ancor più del suo. Almeno “Aran-dil” aveva un significato che incuteva stima e rispetto: splendente germoglio, uno dei nomi portati dai più rispettati e nobili della sua gente; Adamantius serviva solo a sottolineare la presunzione e la boria del suo possessore.
«Per questo abbiamo pensato a voi per questo incarico» si intromise Crevan in tono gentile, era l’unico ad averlo trattato con rispetto e senza ostentare un’aria di superiorità, e l’elfo ebbe il sospetto che fosse stato scelto proprio perché facesse da paciere e lo rabbonisse. Arandil era diventato famoso per essere piuttosto suscettibile, sebbene si reputasse la persona più paziente del mondo. Tranne quando aveva a che fare con Adam.
«Possedete già parecchie informazioni su Krugar e la sua imbarcazione, e sapreste come muovermi e agire meglio di chiunque altro.»
Ad Arandil non sfuggì il palese tentativo di ingraziarselo, e nonostante detestasse i leccapiedi, apprezzò le parole dell’uomo che lo scrutava in modo tanto dolce e benevolo, mentre tutti gli altri continuavano ad incenerirlo con lo sguardo.
«Di cosa si tratta?» sospirò. Non che avesse altra scelta: i Dragoron erano invitati ad adempiere agli incarichi che gli venivano assegnati, e mettere in discussione le decisioni dei propri superiori poteva essere interpretato con una ribellione e un atto sovversivo e pericoloso, che minava l’ordine, il rigore e i principi dell’Ordine; un Dragoron doveva essere completamente dedito alla propria attività, qualunque essa fosse, sia se appagante e stimolante sia se noiosa e mortificante. Per questo l’elfo aveva accettato qualsiasi merdata gli avesse imposto Xendar senza mai emettere un fiato.
«È un po’ imbarazzante da dire» iniziò Corban tentennante.

«Suvvia Corban, sappiamo che certe cose possono succedere» lo rincuorò Crevan.
Arandil era sempre più incuriosito: cosa diamine era successo? Adam ne era forse coinvolto?
Le sue orecchie a punta, irte di anelli di bronzo e argento, si drizzarono, attente e pronte a captare le parole successive.
«Browning è stato rapito» dichiarò Xendar con i suoi soliti modi spicci.
«Rapito?» gli fece eco l’elfo incredulo. Perché mai Adam, il Dragoron perfetto, era stato rapito da un pirata che – sue testuali parole- non era nemmeno capace di distinguere le proprie natiche dal proprio viso tanto erano brutti, pelosi e puzzolenti entrambi.

«È una grande sventura!» esclamò Crevan drammatico, «è uno dei nostri migliori Dragoron e non possiamo permetterci di perderlo!»
Se era uno di Dragoron migliori perché, allora, era stato sconfitto da Krugar?
L’orco era intelligente e pieno di risorse e armi all’avanguardia, ma Adam era sempre stato il migliore in ogni corso e in ogni missione, aveva sempre ottenuto risultati grandiosi, era sempre stato inneggiato a eroe e additato come esempio di perfezione. Come era caduto nelle mani dell’orco?

«Ne siete sicuri?» sfuggì ad Arandil, prima che potesse contenersi: la sorpresa e l’incredulità erano troppo forti. Asmodeus li lanciò un’occhiata di fuoco e Xendar abbandonò il viso contro una mano, scuotendo vigorosamente la testa.
«Abbiamo la certezza che Adamantius, in questo momento, sia prigioniero di Krugar, detenuto sulla sua nave» rispose Crevan con la sua voce flautata da eunuco. Arandil non aveva mai capito se fosse stato veramente evirato o fosse solo una caratteristica della sua voce, così come Asmodeus l’aveva nasale e ovattata e Corban tonante e cupa.
«E tu dovrai salvarlo» concluse Xendar, arrivando al nocciolo della questione.

«Salvarlo?» ripeté meccanicamente Arandil, senza riuscire a capacitarsi di ciò che gli era appena stato detto: lui, il più inetto e incapace tra i cavalieri, il bersaglio per anni di ingiurie e prese in giro, la vergogna e il disonore dell’Ordine era stato incaricato di salvare Adam, l’emblema dei Dragoron, l’eccelso e inappuntabile, che per anni l’aveva denigrato e massacrato tanto a parole quanto a pugni?
L’elfo avrebbe tanto voluto scoppiare a ridere, e si aspettava che da un momento all’altro uno dei membri del Capitolo si sciogliesse in una grassa risata rivelandogli che era tutto uno scherzo; sperava che accadesse, ma i volti mortalmente pallidi e seri dei Dragoron gli fecero intendere che fosse la verità, per quanto assurda.

«Pensi di poter portare a termine questo incarico?» lo provocò Corban. Adam era il suo protetto e pochi giorni prima aveva richiesto un colloquio privato con lui, designandolo come suo erede e tramandandogli tutte le sue conoscenze. Arandil capiva perché fosse tanto in apprensione: se Krugar avesse scoperto che Adam sapeva i segreti che si celavano dietro la costruzione dei draghi, avrebbe preteso di venirne a conoscenza e avrebbe torturato e costretto Adam a svelarli. Non solo la vita di un uomo, ma la sicurezza e il potere dell’Ordine stesso erano a rischio. Adam probabilmente non avrebbe proferito una sillaba, ma non si poteva mai esserne certi finché fosse rimasto tra le grinfie del pirata.
«Capisci perché non possiamo affidare la missione a nessun altro?» riprese Crevan avvicinandosi a lui con fare paterno, «Se altri venissero a conoscenza di questo increscioso incidente, l’intera reputazione dell’Ordine verrebbe messa a repentaglio: se anche il migliore dei nostri Dragoron può essere sopraffatto da un pirata qualunque, chi assicura che siano davvero così forti, invincibili e capace come si è creduto fino ad adesso?»

«Se questa storia dovesse diffondersi, perderemmo la nostra credibilità e i nostri clienti: sarebbe la nostra rovina» esalò Corban. Sembrava il più preoccupato e agitato di tutti: temeva per il suo protetto e per le informazioni che recava con sé e che era stato lui a fornirgli.
«È stato avventato da parte tua consegnarli tutto quel carico di conoscenze e segreti» lo rimproverò aspramente Asmodeus.
«Non avevo idea di quello che sarebbe successo!» si difese l’altro.

«Suvvia, non è questo il momento adatto per sollevare simili questioni. Quel che è successo è successo, non si può tornare indietro e cambiare il passato, ma si può rimediare agli errori passati nel presente; fortunatamente una soluzione a questo inconveniente c’è e l’abbiamo qui davanti a noi. Arandil è un buon Dragoron, conosce tanto il nostro nemico quanto le sue armi, le sue capacità e le sue risorse. È un ragazzo sveglio e agile, e non dimenticate la sua Abilità.»
Alcuni Dragoron possedevano qualche briciola di magia nel sangue, retaggio di avi che possedevano capacità magiche, che nel corso di generazioni si erano trasmesse di padri in figli. Queste scintille di magia si manifestavano con abilità del tutto particolari che fornivano ai cavalieri un’arma in più, erano capacità fortemente limitate e che nulla avevano a che vedere con la potenza sprigionata dagli antenati; non tutti la sviluppavano e in pochi erano in grado di padroneggiarla senza arrecare danni a sé o agli altri. Arandil poteva controllare la mente umana per poco meno di ventiquattro ore, mentre Adam poteva rendere invisibile sé e gli oggetti che toccava per un tempo circoscritto.
«Sarai perfettamente in grado di portare a termine questa missione» ammiccò Crevan.

Arandil annuì sicuro. Era l’occasione che stava aspettando: avrebbe riscattato non solo la sua reputazione, dimostrando di non essere quell’incapace che tutti sostenevano, ma avrebbe potuto dimostrare di essere meglio di Adam e avrebbe potuto ripagarlo di tutti gli anni di inferno che aveva trascorso per causa sua. Inoltre avrebbe finalmente catturato quel pirata, portando a termine due incarichi e strappando dalle mani di Adam lo scettro di “Dragoron migliore”.
L’elfo abbassò il capo, accettando formalmente l’incarico, sebbene fosse stato già assodato che sarebbe stato lui a compierlo: era l’unico che non avrebbe sparso la voce, non conoscendo nessuno a cui spifferarlo. Il fatto che fosse l’unico ad aver avuto a che fare con Krugar era solo una banalissima scusa per celare la verità: non avendo stretto rapporti con gli altri Dragoron, l’imbarazzante accadimento sarebbe rimasto solo tra loro cinque.
«Quindi è deciso!» esclamò Asmodeus, «Manderemo questo…elfo a trarre in salvo il nostro miglior cavaliere.»

Ad Arandil non sfuggì lo scetticismo con cui pronunciò quella frase, malamente mascherato dal sarcasmo.
«È la soluzione migliore» confermò Crevan.

«E la meno vistosa» commentò Corban esternando il pensiero generale.
«Confidiamo in te» gli sorrise Crevan prima di arrancare fino alla porta e sparire in uno svolazzo di stoffa viola, seguito da Asmodeus e un’occhiataccia di Corban.
«Ti viene accordata una grande fiducia, Arandil» borbottò Xendar, non appena rimasero da soli nella stanza. Ora che erano rimasti solo loro due, pareva meno soffocante. «È un’opportunità che non va sprecata.»

Come se non lo sapessi, alzò gli occhi al cielo Arandil. Trovava inutile che Xendar ribadisse concetti ovvi, come se fosse stato una matricola tarda e non un Dragoron con una propria cavalcatura...Bisognava precisare, però, che nell’ultimo periodo si fosse comportato più come la prima.
«Vedi di non deluderli» si raccomandò Xendar come commiato «Ne va dell’incolumità dell’intero ordine.»
Grazie dell’incoraggiamento
.

   
 
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