A Morgengabe, che attendeva(no) con ansia il capitolo
VI
Ancora
una volta
Arandil si era ingannato: credeva che, data la comunicazione solenne e
grave,
sarebbe stato ricevuto nell’Aula Magna, dove venivano accolti
nobili e
mercanti. Invece, si ritrovò un’altra volta
nell’angusto e soffocante stanzino
del generale Xendar.
Quest’ultimo era
un umano di corporatura robusta e di altezza portentosa, anche per
quelli della
sua razza, e occupava la maggior parte dello spazio respirabile di
quell’antro scuro.
Gli esigui pertugi rimanenti erano stati occupati dai tre membri
più eminenti
del Capitolo. Questo mise in allarme l’elfo: era raro che i
membri si
premurassero di affidare le missioni ai Dragoron, solitamente
delegavano il
compito ai generali. La loro presenza era sinonimo di gran brutte
notizie.
Avvolti in tuniche
nere o viola dalle maniche svolazzanti, somigliavano a tre corvi,
volatili
portatori di cattive novelle: soprattutto il reverendo Asmodeus, con il
suo
lungo naso a becco e i piccoli occhietti neri da rapace, il primo che
incontrò
non appena mise piede nella stanza, mettendolo immediatamente a disagio.
«Arandil» lo
accolse Xendar, senza aggiungere altro.
L’elfo piegò
leggermente il capo in segno di saluto e rispetto, i membri del
Capitolo ricambiarono,
rigidi e cupi. Erano Dragoron ormai troppo vecchi per poter cavalcare o
anche
solo sollevare un’arma che non fosse un bastone di legno, e
cercavano di
sopperire alla mancanza di adrenalina nella loro vita con tutta
l’acidità,
l’antipatia e l’arroganza di cui erano capaci,
dando fondo a tutte le loro
risorse per rendersi quanto più odiosi e spocchiosi
possibile. Il loro compito
era coordinare l’attività dell’Ordine,
scegliere gli incarichi che più gli
convenivano e decidere a chi assegnarli, prelevare i compensi promessi
e
dividerli con chi aveva svolto l’incarico, giudicare
l’operato di un Dragoron e
la sua condotta, selezionare i futuri cavalieri e sollevare dal gravoso
compito
quelli che non ritenevano più idonei, donare cariche e
titoli, occuparsi
dell’addestramento delle reclute scegliendo per esse i
migliori e più
inflessibili insegnanti. Ma soprattutto, erano i depositari dei
processi
segreti riguardanti la costruzione dei draghi meccanici e del
meccanismo che
permetteva loro di svegliarsi, muoversi e sputare fuoco.
Finché si trattava
di costruire un involucro di metallo e acciaio anche il più
inetto dei fabbri
sarebbe stato all’altezza del compito, ma quando si trattava
di infondere vita
alla macchina e accenderla, allora subentravano i membri del Capitolo,
con il
loro prezioso carico di conoscenze tramandato da membro a membro.
Nessuno
sapeva come i draghi si animassero e in cosa consistesse realmente
l’Accensione
-che permetteva al drago meccanico di non essere una semplice macchina,
ma un
complesso sistema capace di muoversi autonomamente, di avere
un’energia propria
che mettesse in funzione tutti gli ingranaggi e i congegni e di
poter
essere legato indissolubilmente a un’anima senziente- i
membri del Capitolo
erano gli unici depositari di quei segreti. Corban era uno dei membri
più
anziani, ed era uno dei pochi a conoscenza del processo che permettesse
la
formazione e l’instaurazione del Sigillo. Era lui uno dei tre
membri, ingobbito
nella veste nera, che faceva saettare lo sguardo da una parte
all’altra del
minuscolo spazio, irrequieto.
«Sei stato
convocato per un incarico molto importante e delicato»
esordì il generale, il
suo superiore più prossimo. Aveva sempre detestato
quell’uomo: per anni gli
aveva affibbiato gli incarichi più ingrati e mortificanti o
difficili da
svolgere, solo perché aveva una mente chiusa e retrograda, e
non aveva mai
visto di buon occhio gli elfi, reputandoli una razza subdola e
ingannatrice…come se gli uomini non fossero da meno.
Anche in quel
momento il suo sguardo porcino trasudava disprezzo e arroganza, e le
sue labbra
carnose erano distorte in una smorfia di disgusto, quasi si fosse
trovato
davanti dello sterco di vacca.
Arandil sospirò:
l’introduzione prometteva già grane e il fatto che
il Capitolo fosse lì serviva
solo a rendere il tutto più preoccupante.
«Il Capitolo ha
una missione importantissima da darti» continuò,
accrescendo la sua apprensione.
Asmodeus si
schiarì la gola e cercò di farsi spazio per
superare la possente mole di Xendar
e riuscire a vedere l’elfo direttamente negli occhi e non
attraverso i peli
biondi delle braccia del generale.
«Si tratta di
Krugar Mano Scarlatta»
«Ma io mi sono
ritirato da quell’incarico!» lo interruppe
bruscamente Arandil guadagnandosi una
fulminata da Xendar e un’occhiata di rimprovero da Asmodeus.
«Ne siamo
perfettamente al corrente» replicò,
accentuando la nota nasale e altezzosa
della voce, «E siamo anche al corrente che tu sia
l’unico, oltre ad Adamantius
Browning, ad aver avuto a che fare con questo soggetto.»
Arandil aveva
sempre trovato che Adamantius fosse un nome da checca, ancor
più del suo.
Almeno “Aran-dil” aveva un significato che incuteva
stima e rispetto: splendente germoglio, uno dei
nomi
portati dai più rispettati e nobili della sua gente;
Adamantius serviva solo a
sottolineare la presunzione e la boria del suo possessore.
«Per questo
abbiamo pensato a voi per questo incarico» si intromise
Crevan in tono gentile,
era l’unico ad averlo trattato con rispetto e senza ostentare
un’aria di
superiorità, e l’elfo ebbe il sospetto che fosse
stato scelto proprio perché
facesse da paciere e lo rabbonisse. Arandil era diventato famoso per
essere
piuttosto suscettibile, sebbene si reputasse la persona più
paziente del mondo. Tranne quando aveva a che fare con Adam.
«Possedete già
parecchie informazioni su Krugar e la sua imbarcazione, e sapreste come
muovermi e agire meglio di chiunque altro.»
Ad Arandil non
sfuggì il palese tentativo di ingraziarselo, e nonostante
detestasse i leccapiedi,
apprezzò le parole dell’uomo che lo scrutava in
modo tanto dolce e benevolo,
mentre tutti gli altri continuavano ad incenerirlo con lo sguardo.
«Di cosa si
tratta?» sospirò. Non che avesse altra scelta: i
Dragoron erano invitati ad
adempiere agli incarichi che gli venivano assegnati, e mettere in
discussione
le decisioni dei propri superiori poteva essere interpretato con una
ribellione
e un atto sovversivo e pericoloso, che minava l’ordine, il
rigore e i principi
dell’Ordine; un Dragoron doveva essere completamente dedito
alla propria
attività, qualunque essa fosse, sia se appagante e
stimolante sia se noiosa e
mortificante. Per questo l’elfo aveva accettato qualsiasi
merdata gli avesse
imposto Xendar senza mai emettere un fiato.
«È un po’
imbarazzante da dire» iniziò Corban tentennante.
«Suvvia Corban,
sappiamo che certe cose possono succedere» lo
rincuorò Crevan.
Arandil era sempre
più incuriosito: cosa diamine era successo? Adam ne era
forse coinvolto?
Le sue orecchie a
punta, irte di anelli di bronzo e argento, si drizzarono, attente e
pronte a
captare le parole successive.
«Browning è stato
rapito» dichiarò Xendar con i suoi soliti modi
spicci.
«Rapito?» gli fece
eco l’elfo incredulo. Perché mai Adam, il Dragoron
perfetto, era stato rapito
da un pirata che – sue testuali parole- non era nemmeno
capace di distinguere
le proprie natiche dal proprio viso tanto erano brutti, pelosi e
puzzolenti
entrambi.
«È una grande
sventura!» esclamò Crevan drammatico,
«è uno dei nostri migliori Dragoron e non
possiamo permetterci di perderlo!»
Se era uno di
Dragoron migliori perché, allora, era stato sconfitto da
Krugar?
L’orco era
intelligente e pieno di risorse e armi all’avanguardia, ma
Adam era sempre
stato il migliore in ogni corso e in ogni missione, aveva sempre
ottenuto
risultati grandiosi, era sempre stato inneggiato a eroe e additato come
esempio
di perfezione. Come era caduto nelle mani dell’orco?
«Ne siete sicuri?»
sfuggì ad Arandil, prima che potesse contenersi: la sorpresa
e l’incredulità
erano troppo forti. Asmodeus li lanciò un’occhiata
di fuoco e Xendar abbandonò
il viso contro una mano, scuotendo vigorosamente la testa.
«Abbiamo la
certezza che Adamantius, in questo momento, sia prigioniero di Krugar,
detenuto
sulla sua nave» rispose Crevan con la sua voce flautata da
eunuco. Arandil non
aveva mai capito se fosse stato veramente evirato o fosse solo una
caratteristica della sua voce, così come Asmodeus
l’aveva nasale e ovattata e
Corban tonante e cupa.
«E tu dovrai salvarlo» concluse
Xendar, arrivando al nocciolo della questione.
«Salvarlo?» ripeté
meccanicamente Arandil, senza riuscire a capacitarsi di ciò
che gli era appena
stato detto: lui, il più inetto e incapace tra i cavalieri,
il bersaglio per
anni di ingiurie e prese in giro, la vergogna e il disonore
dell’Ordine era
stato incaricato di salvare Adam, l’emblema dei Dragoron,
l’eccelso e
inappuntabile, che per anni l’aveva denigrato e massacrato
tanto a parole
quanto a pugni?
L’elfo avrebbe
tanto voluto scoppiare a ridere, e si aspettava che da un momento
all’altro uno
dei membri del Capitolo si sciogliesse in una grassa risata
rivelandogli che
era tutto uno scherzo; sperava che accadesse, ma i volti mortalmente
pallidi e
seri dei Dragoron gli fecero intendere che fosse la verità,
per quanto assurda.
«Pensi di poter
portare a termine questo incarico?» lo provocò
Corban. Adam era il suo protetto
e pochi giorni prima aveva richiesto un colloquio privato con lui,
designandolo
come suo erede e tramandandogli tutte le sue conoscenze. Arandil capiva
perché
fosse tanto in apprensione: se Krugar avesse scoperto che Adam sapeva i
segreti
che si celavano dietro la costruzione dei draghi, avrebbe preteso di
venirne a conoscenza
e avrebbe torturato e costretto Adam a svelarli. Non solo la vita di un
uomo,
ma la sicurezza e il potere dell’Ordine stesso erano a
rischio. Adam
probabilmente non avrebbe proferito una sillaba, ma non si poteva mai
esserne
certi finché fosse rimasto tra le grinfie del pirata.
«Capisci perché
non possiamo affidare la missione a nessun altro?» riprese
Crevan avvicinandosi
a lui con fare paterno, «Se altri venissero a conoscenza di
questo increscioso
incidente, l’intera reputazione dell’Ordine
verrebbe messa a repentaglio: se
anche il migliore dei nostri Dragoron può essere sopraffatto
da un pirata
qualunque, chi assicura che siano davvero così forti,
invincibili e capace come
si è creduto fino ad adesso?»
«Se questa storia
dovesse diffondersi, perderemmo la nostra credibilità e i
nostri clienti:
sarebbe la nostra rovina» esalò Corban. Sembrava
il più preoccupato e agitato
di tutti: temeva per il suo protetto e per le informazioni che recava
con sé e
che era stato lui a fornirgli.
«È stato avventato
da parte tua consegnarli tutto quel carico di conoscenze e
segreti» lo
rimproverò aspramente Asmodeus.
«Non avevo idea di
quello che sarebbe successo!» si difese l’altro.
«Suvvia, non è
questo il momento adatto per sollevare simili questioni. Quel che
è successo è
successo, non si può tornare indietro e cambiare il passato,
ma si può
rimediare agli errori passati nel presente; fortunatamente una
soluzione a
questo inconveniente c’è e l’abbiamo qui
davanti a noi. Arandil è un buon
Dragoron, conosce tanto il nostro nemico quanto le sue armi, le sue
capacità e
le sue risorse. È un ragazzo sveglio e agile, e non
dimenticate la sua
Abilità.»
Alcuni Dragoron
possedevano qualche briciola di magia nel sangue, retaggio di avi che
possedevano capacità magiche, che nel corso di generazioni
si erano trasmesse
di padri in figli. Queste scintille di magia si manifestavano con
abilità del
tutto particolari che fornivano ai cavalieri un’arma in
più, erano capacità
fortemente limitate e che nulla avevano a che vedere con la potenza
sprigionata
dagli antenati; non tutti la sviluppavano e in pochi erano in grado di
padroneggiarla senza arrecare danni a sé o agli altri.
Arandil poteva
controllare la mente umana per poco meno di ventiquattro ore, mentre
Adam
poteva rendere invisibile sé e gli oggetti che toccava per
un tempo circoscritto.
«Sarai
perfettamente in grado di portare a termine questa missione»
ammiccò Crevan.
Arandil annuì
sicuro. Era l’occasione che stava aspettando: avrebbe
riscattato non solo la
sua reputazione, dimostrando di non essere quell’incapace che
tutti sostenevano,
ma avrebbe potuto dimostrare di essere meglio di Adam e avrebbe potuto
ripagarlo di tutti gli anni di inferno che aveva trascorso per causa
sua.
Inoltre avrebbe finalmente catturato quel pirata, portando a termine
due
incarichi e strappando dalle mani di Adam lo scettro di
“Dragoron migliore”.
L’elfo abbassò il
capo, accettando formalmente l’incarico, sebbene fosse stato
già assodato che
sarebbe stato lui a compierlo: era l’unico che non avrebbe
sparso la voce, non
conoscendo nessuno a cui spifferarlo. Il fatto che fosse
l’unico ad aver avuto
a che fare con Krugar era solo una banalissima scusa per celare la
verità: non
avendo stretto rapporti con gli altri Dragoron,
l’imbarazzante accadimento
sarebbe rimasto solo tra loro cinque.
«Quindi è deciso!»
esclamò Asmodeus, «Manderemo questo…elfo a trarre in
salvo il nostro miglior
cavaliere.»
Ad Arandil non
sfuggì lo scetticismo con cui pronunciò quella
frase, malamente mascherato dal
sarcasmo.
«È la soluzione
migliore» confermò Crevan.
«E la meno
vistosa» commentò Corban esternando il pensiero
generale.
«Confidiamo in te»
gli sorrise Crevan prima di arrancare fino alla porta e sparire in uno
svolazzo
di stoffa viola, seguito da Asmodeus e un’occhiataccia di
Corban.
«Ti viene
accordata una grande fiducia, Arandil» borbottò
Xendar, non appena rimasero da
soli nella stanza. Ora che erano rimasti solo loro due, pareva meno
soffocante.
«È un’opportunità che non va
sprecata.»
Come
se non lo sapessi,
alzò gli occhi al cielo Arandil. Trovava inutile che Xendar
ribadisse concetti
ovvi, come se fosse stato una matricola tarda e non un Dragoron con una
propria
cavalcatura...Bisognava precisare, però, che
nell’ultimo periodo si fosse
comportato più come la prima.
«Vedi di non
deluderli» si raccomandò Xendar come commiato
«Ne va dell’incolumità
dell’intero ordine.»
Grazie
dell’incoraggiamento.