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Autore: Kim WinterNight    29/06/2017    4 recensioni
Scappare non è sempre simbolo di codardia. Ognuno di noi ha un motivo valido per cui vorrebbe scappare da qualcuno o qualcosa: chi per dimenticare, chi per liberare la mente, chi per accompagnare qualcun altro nella fuga, chi per uscire di casa, chi per volere di un'entità superiore...
Ma tutti, forse, lo facciamo per cercare un po' di libertà e per rendere noi stessi più forti e capaci di ricominciare a lottare.
DAL TESTO:
Una vacanza, ecco cosa mi serviva. Non riuscivo più a stare rinchiuso in casa, forse stavolta avevo esagerato. [...]
Notai una figura rannicchiata in fondo, in posizione fetale e con le braccia strette al corpo. Tremava vistosamente e teneva gli occhi serrati.
«Non vuole uscire di lì... non so più cosa fare» sospirò lei, portandosi una mano sulla fronte. [...]
«Non ti incazzare, amico. Ci tenevo solo a invitarti personalmente al mio matrimonio.»
Digrignai i denti e osservai, senza neanche vederli, gli automobilisti a bordo dei loro veicoli che mi superavano e mi evitavano per miracolo, per poi imprecare contro di me e schiacciare sul clacson con fare contrariato. [...]
«Avresti potuto chiedermelo, magari?» commentai, incrociando le braccia sul petto.
«Avresti rifiutato» si giustificò.
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daron Malakian, John Dolmayan, Nuovo personaggio, Serj Tankian, Shavo Odadjian
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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ReggaeFamily

Tonight may be our Last

[Leah]




«Una gita in pedalò?»

«Sì. Che c'è di male?»

«Shavarsh, finiresti per sentirti male...»

«Ma il mare è piatto come una tavola! Dai, Leah!»

Io e Shavo ci trovavamo in terrazza; da poco si era conclusa la folle serata durante la quale Daron e John avevano suonato per un tempo indefinito e tutti noi avevamo ballato e cantato con loro. Era stato bello, mi aveva permesso di liberare la mente da tutto ciò che mi stava capitando.

Mi sentivo fottutamente in colpa per un sacco di motivi: avevo rivelato a Bryah di sapere che Shavo e i suoi amici facevano parte di una band famosa, ma tutto si era aggravato quando mi ero accorta che Daron aveva ascoltato la nostra conversazione.

Ora non riuscivo a sostenere lo sguardo del bassista che in quel momento, in piedi di fronte a me, cercava di trasmettermi un entusiasmo che io non riuscivo a provare.

«Vedremo domani. Può essere che si alzi il vento e...» replicai ancora, distratta dai mille pensieri che mi vorticavano in mente.

«Non hai voglia di vivere, ragazza mia! Sei ancora fusa dalla sbronza di ieri sera?» mi apostrofò ancora lui, appoggiandosi con i gomiti sulla balaustra.

Scossi lentamente il capo e mi soffermai a osservare Shavo: portava un cappellino da baseball nero a ombreggiare il viso disteso in un'espressione serena; il suo profilo si stagliava nella semioscurità, e soltanto i suoi occhi scuri brillavano ed erano capaci di scaldarmi il cuore. Mi resi conto che lui si fidava di me, che aveva fatto già tanto per aiutarmi e per farmi sentire a mio agio, nonostante ci conoscessimo da quattro giorni soltanto.

All'improvviso avrei voluto scappare, correre via e scendere le scale, poi rifugiarmi dai miei gatti e lasciare che fossero loro a consolarmi e a essere gli unici testimoni delle lacrime che trattenevo a stento. Per contro, avrei voluto gridare tutta la verità e liberarmi da quel peso che mi gravava sul cuore. Perché avevo deciso di mentire? La verità era che non avrei mai immaginato si creasse un rapporto così forte e intenso con quei ragazzi, ma soprattutto non avrei scommesso un centesimo sul fatto che mi sarei sentita irrimediabilmente calamitata verso il bassista.

Quest'ultimo si accorse del mio sguardo e si voltò a osservarmi, senza smettere di sorridere.

«Che succede? Sei silenziosa...» commentò, sollevando una mano e sfiorando appena i miei capelli con le dita.

Mi ritrovai a rabbrividire e scossi il capo. «Ma niente... non c'è niente che non va» mormorai.

«Leah, ho imparato in poco tempo a conoscerti, almeno un po' e... sento che c'è qualcosa che ti preoccupa. Si tratta di tuo padre?» Shavo mi scostò delicatamente una ciocca di capelli dal viso e rimase a guardarmi con attenzione.

Lo sentivo così vicino a me e sentivo che avrei voluto scappare e gettarmi tra le sue braccia contemporaneamente. Era qualcosa di pazzesco, indescrivibile, terribile.

«È tutto okay. Davvero! Se domani vuoi andare in pedalò, ci andremo» tagliai corto, indietreggiando appena per evitare che continuasse a toccarmi. Mi sentivo in subbuglio e non potevo approfittare di quella situazione, non prima di avergli detto la verità. Ed era questo il problema: come potevo fare? Maledizione!

«Ma forse non sarà possibile» osservò il bassista, aggrottando le sopracciglia e scrutando l'orizzonte alle mie spalle.

Mi voltai e seguii il suo sguardo, notando che in lontananza delle strane luci lampeggiavano. Udii dei rombi distanti, e compresi a cosa lui stesse alludendo. «Temporale in arrivo» borbottai.

«A quanto pare... spero solo che non sia troppo violento» rifletté Shavo.

«Hai paura?» gli chiesi, riportando la mia attenzione su di lui.

«Non io» ammise. «John.»

Rimasi basita e sgranai gli occhi. «John ha... paura del temporale?! Assurdo!» Scoppiai improvvisamente a ridere e mi beccai un'occhiataccia dal mio interlocutore.

«Non c'è niente da ridere, Leah» disse serio.

Mi zittii immediatamente. «Scusa, sono sempre la solita! Okay, ma com'è possibile? John è un omone grande e grosso e ha paura del temporale?»

«Gli dà la sensazione di perdere il controllo. Sa che le calamità naturali non si possono tenere a bada come vorrebbe. Gli viene l'ansia e rimane fermo e zitto finché non passa, cercando di nascondere la sua paura e chiudendosi in se stesso.»

«Ma voi ovviamente lo sapete, a voi non può nasconderlo» commentai.

Shavo annuì. «Però è terribile vederlo in quelle condizioni. Trema e sembra totalmente diverso da com'è di solito. Immagino che si sforzi un sacco per non nascondersi da qualche parte come un bambino.»

«Addirittura? Povero John, mi dispiace...» sussurrai costernata. Non avrei mai immaginato qualcosa del genere, sul serio, ero piuttosto sconvolta.

«Già.»

MI accostai a Shavo e cercai nuovamente un contatto con lui, afferrando la sua mano e stringendola forte. «Andrà tutto bene. Se diluvia, possiamo cercare di distrarre John in qualche modo. Puoi venire a svegliarmi a qualsiasi ora della notte e ti prometto che troveremo una soluzione. Va bene?»

Shavo mi guardò intensamente negli occhi ed ebbi più volte l'impulso di distogliere lo sguardo, ma mi costrinsi a sostenerlo per evitare che mi considerasse una stupida.

«Grazie» disse infine.

«Per cosa?»

«Potresti fregartene, potresti pensare solo a te stessa, potresti... oh, non so. Invece sei sempre qui, sei sempre pronta ad aiutarci.» Mentre parlava, Shavo intensificò la stretta sulla mia mano e mi trasse più vicino a sé, senza neanche accorgersene. «Perché lo fai?» mi chiese a bruciapelo.

Avvertivo il calore del suo corpo, l'odore che emanava mischiarsi a un leggero aroma di marijuana, le sue dita sulle mie. Era qualcosa che mi stava mandando in tilt, e anche io mi sentivo come John in quel momento: era come se stessi perdendo il controllo, ma non ero certa che quella sensazione mi piacesse.

«Mi va di farlo, siete dei bravi ragazzi» risposi sincera.

Shavo sorrise e lasciò andare la mia mano, come se si fosse improvvisamente accorto della nostra vicinanza e temesse di darmi fastidio.

«Mi fa piacere che tu lo pensi» concluse.

Intanto i rombi dei tuoni si facevano sempre più vicini, così il bassista decise di tornare in camera sua e raggiungere John, in modo da essere presente in caso di necessità.

Ci separammo fuori dalla porta della sua stanza, ma prima di andarmene dissi: «Svegliami se ti serve aiuto».

Lui si accostò a me e mi sorprese, regalandomi un breve abbraccio che fu comunque capace di mozzarmi il fiato. «Certo. Grazie ancora Leah.»

Prima che potessi decidere se ricambiare o meno il suo gesto, lui mi lasciò andare e rientrò in camera sua.

Rimasi impalata per un attimo, ma subito dopo i sensi di colpa mi trafissero il petto. Stavo cominciando a trovare pesante e insostenibile quella situazione, sentivo sempre più la necessità di parlare chiaramente con i ragazzi e spiegare loro cosa mi aveva portato a fingere di non averli riconosciuti.

Anche perché Daron non avrebbe tenuto la bocca chiusa per sempre, ne ero quasi certa.


Mi risvegliai bruscamente nel bel mezzo del temporale, ma mi accorsi solo dopo qualche minuto che qualcuno bussava insistentemente alla mia porta. Afferrai il cellulare e controllai l'orario: erano da poco passate le tre del mattino e compresi di aver dormito a occhio e croce un'ora e mezza. Fantastico.

Un lampo illuminò a giorno la mia stanza, creando un effetto spettrale che faceva pensare a un vecchio film horror in bianco e nero; poi il rombo assordante del tuono squarciò l'aria e fu immediatamente seguito da altri tre colpi alla mia porta.

Scesi dal letto, accorgendomi di essere completamente sudata a causa dell'afa che ristagnava nella mia stanza. Allora mi ricordai di ciò che avevo promesso a Shavo e mi precipitai ad aprire, immaginando che lui avesse bisogno di me.

Improvvisamente lucida, spalancai la porta e mi ritrovai di fronte Daron.

«Cosa vuoi?» lo apostrofai, asciugandomi il sudore dal viso.

«Mi manda Shavo» replicò senza scomporsi. «Dice che dovresti raggiungerlo. Non so perché abbia chiesto di te, ma siamo già in una situazione del cazzo e...»

«Mi ha raccontato di John» lo informai.

«Ah.» Il chitarrista sospirò appena. «Sai un po' troppe cose, ragazzina.»

«Daron...»

«Non mi piace come ti stai comportando. Hai intenzione di mentire ancora?» proseguì imperterrito.

«Ti prego, possiamo parlarne domani?» lo implorai, richiudendomi la porta alle spalle. Non mi ero neanche preoccupata di indossare un paio di pantofole e mi accorsi troppo tardi di avere addosso soltanto una canottiera e un paio di shorts striminziti.

«Voglio solo che tu sia sincera con Shavo» affermò Daron, ignorando la mia richiesta.

«Ma io...»

«Di me me ne fotto, posso passarci sopra. Un po' ti capisco, io e te ci assomigliamo. Ma Shavo è diverso, è sensibile... ora si fida di te, cerca di non deluderlo. Parlagli al più presto» aggiunse ancora.

Stavo per ribattere, quando dalla stanza di Shavo e John si udì un grido.

«John!» strillò il bassista.

Senza pensarci due volte, ci affrettammo a raggiungere i ragazzi.

Quando misi piede nella camera, notai che Shavo era inginocchiato sul letto di John e lo scuoteva per le spalle; il batterista, tuttavia, era immobile e non sembrava volergli rispondere.

Il rombo di un altro tuono riecheggiò nel silenzio della notte e vidi che il batterista sobbalzava, per poi riprendere a tremare. Era seduto con la schiena contro il muro e stringeva tra le dita il bordo del lenzuolo. Immaginai che stesse compiendo uno sforzo enorme su se stesso per non cedere al panico e per controllare il più possibile le sensazioni negative che il temporale gli provocava.

«Ehi ragazzi!» esclamai, fingendomi tranquilla e allegra. «Chi di voi ha voglia di fare un po' di casino? Quest'albergo è una noia... sapete una cosa? In camera ho uno stereo portatile, lo sistemiamo qui da voi e facciamo baldoria! Io non ho sonno!» proseguii, sperando che la mia idea venisse apprezzata.

«Sul serio?» strepitò Daron in tono complice, decidendo di deporre per il momento l'ascia di guerra. «Corri a prenderlo!» mi incoraggiò.

«E tu perché non vai a chiamare Bryah? So che domani riparte per la città, vorrà divertirsi quest'ultima notte!» consigliai al chitarrista, per poi dargli il numero della stanza della giornalista e spedirlo alla sua ricerca.

Shavo mi fissava interdetto, con una mano ancora posata sulla spalla tremante di John. «Potrebbero cacciarci?»

«Macché! Prendo lo stereo e... ehi, avete qualcosa da bere e da mangiare nel mini bar? Io mi porto appresso anche ciò che c'è nella mia stanza. Se poi non ci basta, posso scendere al bar a trafugare qualcos'altro!» continuai a blaterare, avviandomi rumorosamente in camera mia per recuperare i beni di cui disponevo.

Quando tornai, notai che Shavo armeggiava con il suo cellulare. «Colleghiamolo allo stereo, ho un programma per ascoltare musica che dovrebbe fare al caso nostro» annunciò, finalmente contagiato dall'entusiasmo generale.

Gli consegnai lo stereo portatile e posai gli snack e le bottiglie del mini bar accanto al televisore.

John, intanto, ci scrutava con un'espressione indecifrabile, come se si domandasse cosa diamine stessimo combinando.

Poco dopo Daron tornò da noi, seguito da un'assonnata ma sorridente Bryah; era davvero bellissima con indosso una camicia da notte azzurra che le accarezzava appena le ginocchia e i capelli arruffati che sembravano quasi un cespuglio sulla sua testa. Un po' la invidiavo, perché lei era una di quelle donne che potevano risultare sexy senza compiere alcuno sforzo. Io, al contrario, dovevo avere un aspetto orribile.

John, alla vista della giornalista, sgranò appena gli occhi e cercò di darsi un ulteriore contegno. Lei lo notò e lo raggiunse, sedendosi accanto a lui e prendendo a parlargli in tono concitato. Probabilmente Daron le aveva accennato la situazione in cui ci trovavamo.

«Dai! Metti qualcosa di forte o stiamo qui a girarci i pollici?» incitai il bassista, affiancandolo e osservandolo armeggiare con il mio stereo.

Lui annuì e poco dopo dalle casse si diffuse un famoso brano dei The Darkness. «Può andare?»

«Sei un genio, questa è divertentissima!» strillai, poi cominciai a ballare e gridare come una pazza, muovendomi a tempo sulle note di Everybody Have A Good Time.


It’s time to make, a brand new start
Take off your thinking, gotta listen to your heart
Everybody have a good time
Everybody have a crush, alright
Everybody have a good time
For tonight may be our last, alright


Mi precipitai da Bryah e la trascinai con me, sotto lo sguardo divertito di John; il batterista sembrava essersi un attimo ripreso e osservava con interesse le cretinate che stavamo combinando.

Daron diede il via a un coro da stadio pazzesco sul ritornello della canzone e Shavo ispezionò il frigorifero della stanza, portando fuori altre bevande più o meno alcoliche e altro cibo spazzatura.

Si mise ad aprire tutte le confezioni di cibo e ce le distribuì come fossimo mendicanti; mangiammo e ridemmo, sputacchiando il cibo ovunque e trasformando la stanza in una porcilaia. Anche John presto si unì a noi: prese da bere e da mangiare, e su un pezzo degli Offspring notai che accennava qualche passo di danza.

«Shavo, metti Come Out And Play degli Offspring!» gridai, mandando giù una manciata di patatine alla paprika.

Quando il brano partì, mi misi a saltellare sul posto e lasciai cadere quasi tutta l'aranciata mista a whisky presente nel mio bicchiere.


Hey man you talkin' back to me?
Take him out
You gotta keep 'em separated
Hey man you disrespecting me?
Take him out
You gotta keep 'em separated
Hey don't pay no mind
You're under 18 you won't be doing any time
Hey come out and play


«Leah! Hai fatto un casino!» esclamò John, che finalmente sembrava non badare più al temporale e si divertiva con noi.

In effetti, nessuno udiva più quei rombi fastidiosi, nessuno si curava dello scrosciare della pioggia, nessuno si preoccupava dei lampi e del maltempo; eravamo assorbiti dalla musica, dall'alcol, dal cibo e dalle nostre grida.

Daron accese una canna e cominciò a passarcela, ma solo io e Shavo accettammo. Non era mia abitudine fumare, ma ogni tanto mi capitava di farlo. In Giamaica, poi, si creava un'atmosfera secondo la quale mi era quasi impossibile evitare di sentire quel sapore dolciastro e quel bruciore alla gola e ai polmoni, seguiti poi da una sensazione di benessere interiore che mi rendeva allegra e spensierata.

«Com'è che ascolti musica rock, Leah? Io pensavo che ci andassi giù pesante solo con il reggae» mi interrogò John, in un momento in cui mi posizionai di fronte a lui e ballai come una scema, regalandogli delle espressioni il più buffe possibili.

«Il mio primo amore è il rock. Ho scoperto la bellezza del reggae solo da quando vengo in vacanza qui con Alan Moonshift» raccontai, presa dall'entusiasmo e contenta che il batterista si fosse calmato e stesse partecipando attivamente al divertimento generale.

«Sul serio? E quali sono i tuoi gruppi preferiti?» indagò John con un mezzo sorriso, per poi sorseggiare dal suo bicchiere.

«Vado matta per gli Offspring, ma adoro anche i Limp Bizkit e i Rage Against The Machine!»

«Ottimi gusti!» concordò lui, per poi annuire.

«Dai Leah! Cosa metto adesso?» mi gridò Shavo dall'altra parte della stanza.

Quando lo osservai, notai che barcollava leggermente e non riusciva a smettere di ridere. Daron era più o meno nelle sue stesse condizioni, e riusciva a stento a costruire l'ennesima sigaretta a base di marijuana.

Ci pensai su e mi venne un'idea. «Aspetta, vengo io a scegliere qualcosa!» affermai, raggiungendo la postazione in cui si trovava lo stereo.

«Daron, ti aiuto io... stai spargendo tutta l'erba in giro, che coglione!» gridò il bassista, e i due presero a battibeccare tra loro.

Cercai lo sguardo di Bryah, la quale se la rideva in un angolo con in mano un bicchiere di succo d'arancia. Mi aveva rivelato di essere astemia e io ero contenta per lei, perché l'alcol non sempre portava a qualcosa di buono.

Poi feci partire un brano, e tutti i presenti si immobilizzarono all'improvviso e mi fissarono interdetti, smettendo di compiere qualunque cosa e troncando ogni conversazione.




Cari ragazzi miei, come butta?

Torno a rompere dopo... be', dopo Il Concerto dei System Of A Down, dopo l'esperienza più bella ed emozionante della mia vita; vi assicuro che sono stata a diversi concerti, anche di artisti piuttosto famosi e veramente bravi, ma i SOAD sono stati per me la perfezione, hanno fatto sì che per la prima volta trascorressi quasi tutto il live in lacrime... ora capisco cosa prova chi racconta che ha passato tutto il tempo di uno spettacolo con le lacrime agli occhi e la voce tremante, incapace anche di cantare tutte le canzoni... ora sì, lo so anche io cosa vuol dire.

Lo so e non lo saprei descrivere, lo so e allo stesso tempo ho come l'impressione di non averlo realmente vissuto.

Ho realizzato il mio più grande sogno a livello musicale e non riesco ancora a realizzarlo. È grave?

Ora la smetto, promesso, passo alle note sul capitolo ^^

Parliamo subito dei brani che ho inserito nel capitolo, entrambi dalle sonorità molto allegre, anche se il secondo ha un testo non proprio festoso e leggero come il primo.

Ecco a voi il link per l'ascolto di Everybody Have A Good Time dei The Darkness, che a me piace un sacco e mi mette moltissima carica e allegria addosso:

https://www.youtube.com/watch?v=ManSxjZKgTk

Anche il titolo del capitolo è preso dal testo di questa canzone, spero che l'abbiate trovato attinente :3

Mentre qui trovate la canzone Come Out And Play degli Offspring, vi consiglio caldamente di ascoltarla perché ha un giro di basso pazzesco e poi è bella e basta:

https://www.youtube.com/watch?v=1jOk8dk-qaU

Bene, ora vi chiedo: che brano avrà scelto di mettere Leah? Avete qualche idea?

Io non vedo l'ora di aggiornare, vi ho lasciato sulle spine e anche io sono sulle spine in effetti XD

Alla prossima e grazie di cuore a tutti, come sempre le vostre recensioni mi rendono felice ♥


PS:

Prima di smettere di rompervi, devo assolutamente dedicare questo aggiornamento a Soul e Stormy, le quali sicuramente possono capire come mi sento in questo momento post-concerto e come mi sentivo prima e durante il tutto...

Sono sconvolta, ma non potrei essere più felice di così. Ancora mi si inumidiscono gli occhi al solo ricordo...

Certo, loro non lo sapranno mai, ma i primi che devo ringraziare sono proprio loro: Shavo, Daron, John e Serj.

Miti indiscussi da sempre e per sempre ♥

  
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