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Autore: Signorina Granger    07/07/2017    5 recensioni
INTERATTIVA || Conclusa
Vienna: la Città dei Sogni.
La capitale austriaca è però anche l'emblema mondiale della musica classica, e per questo è qui che ha luogo, ogni tre anni, un concorso per i più promettenti giovani musicisti europei, da poco diplomati ad Hogwarts, Durmstrang o Beauxbatons.
Un concorso che avrà termine con il Concerto d'Inverno al Teatro dell'Opera e che segnerà la vittoria di tre tra questi aspiranti musicisti...
Vienna è la Città dei Sogni, ma solo alcuni vedranno il loro realizzarsi.
- Questa storia, con il permesso dell'autrice, prende ispirazione da 'House of Memories' di Slytherin2806 -
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Capitolo 19
 
Lunedì 3 Dicembre 



Quando ebbe individuato Cal, seduta da sola ad un tavolo mentre faceva colazione, Irina si affrettò a raggiungerla, sorridendole mentre prendeva posto accanto a lei:

“Ciao Cal… Pawel e Ivan?” 
“Ciao Irina… sono andati a fare shopping, credo.” 


Cal parlò senza staccare gli occhi dal giornale, mentre la rossa la guardava con leggera confusione, non sapendo se prendere le sue parole seriamente o meno: non ce li vedeva particolarmente, quei due, a fare shopping insieme… probabilmente in quel caso avrebbero finito col litigare e far esplodere di conseguenza un negozio. 

“Dici sul serio?” 
“Oh, sì… Pawel si è trascinato Ivan con sé, credo che gli serva il suo parere per prendere qualcosa di scintillante per la sua fidanzata. Peccato, sarebbe stato divertente assistere, ma ho promesso che non sarei andata a ficcanasare, purtroppo.” 


Cal si strinse nelle spalle, parlando con un tono neutro mentre Irina invece sorrideva:

“Sono sicura che litigheranno per via delle loro opinioni assolutamente discordanti.” 
“Immagino che il fatto che siano entrambi insopportabilmente testardi non sia di grande aiuto… sai, da una parte sono quasi triste che tu e Ivan stiate insieme… ora non potrò più deriderli e chiamarli “fidanzatini”!” 

“Una vera disdetta.” 
“Sì, decisamente.” 

Cal annuì, non cogliendo o semplicemente ignorando l’ironia di Irina mentre tornava a concentrarsi sul giornale, chiedendosi quanto ci avrebbero messo i due: se avessero davvero iniziato a discutere non li avrebbe di certo visti per diverse ore. 


“Non vedo l'ora che arrivi l'ultima sera… non solo per il concerto e la premiazione, ma anche perché voglio proprio vedere Pawel Juraszek che chiede in ginocchio ad una ragazza di sposarlo. In effetti credo che Maya voglia venire solo per questo motivo.” 

“Non ha tutti i torti. Magari dovrei filmare la scena…” 

Irina si accigliò leggermente alle parole della ragazza, guardandola come a volerle chiedere cosa volesse dire “filmare” e ricevendo come risposta solo un cenno sbrigativo:

“Lascia perdere, non importa. Piuttosto, visto che siamo in tema… come va il tuo, di fidanzamento?” 
“Ho scritto a mia madre che quando tornerò a casa avrò alcune cose da dire a lei e a mio padre… ho iniziato ad “indorare” la pillola.”   La rossa si strinse leggermente nelle spalle, giocherellando distrattamente con il bordo della tovaglia mentre Cal si voltava verso di lei, osservandola con attenzione:

“Che cosa farai se non vorranno sciogliere l'accordo?” 

“Me lo ha chiesto anche Ivan… non lo so. Lui ha detto che potrei sempre sparire semplicemente e andare da lui in Russia.”    Irina sorrise quasi con aria divertita e Cal la imitò, ma quando parlò il suo tono non trasudava alcuna ironia:

“Se lo conosco almeno un po’ so che era perfettamente serio. Non sopporta di perdere qualcuno a cui tiene… credo proprio che non permetterà che tu ti sposi.” 


         
*


“Non prenderla male, ti voglio bene e lo sai… ma come aiutante fai proprio pena!” 
“Scusami tanto, ma scegliere anelli di fidanzamento non è il mio pane quotidiano…” 

“Credimi, se ci fosse Maya avrei portato lei, ma disgraziatamente non può aiutarmi in questo momento… e come ben sai mi taglierei una mano piuttosto che chiedere un consiglio a Cal Jordan.” 

Ivan annuì con fare sbrigativo, come a volergli dire che lo sapeva benissimo mentre i due erano fermi davanti ad una sfilza pressoché infinita di anelli… a detta del russo in effetti praticamente tutti uguali. 

“Senti, conosci Veronika da anni, saprai cosa le può piacere, no? E poi per me sono tutti identici…” 
“Sei pressoché inutile, in pratica… ma visto che non mi dai una mano a scegliere almeno fammi supporto morale… questo puoi farlo?” 
“Sì, penso di sì.” 

Ivan sorrise, appoggiandosi al bancone di vetro mentre quasi si spiaceva dell’assenza di Cal: sarebbe stato indubbiamente divertente vedere quei due azzannarsi sopra a degli anelli di fidanzamento.
Quanto ad Irina, Ivan aveva caldamente suggerito all'amico di lasciarla fuori, sostenendo che non avesse bisogno di preoccuparsi oltre di matrimoni al momento. 


“Ora che ci penso… c'è un altro problema.” 
“Ossia?” 
“La misura! Che accidenti di misura avranno le dita di Veronika?” 
“Beh, mi sembra che abbia le dita piuttosto affusolate… prendine una piccola, al limite lo farai allargare o stringere. Pawel, rilassati, non ho alcuna voglia di soccorrerti a causa di un attacco di cuore tra tre settimane.” 


                                                                                         *



“A chi stai scrivendo?” 
“A mia nonna… Koller ha detto che se vogliamo possiamo invitare una persona il 21 e ovviamente voglio chiederlo a lei.” 

Helene sfoggiò un sorriso allegro, decisamente felice all'idea di poter riabbracciare sua nonna mentre accanto a lei invece Gabriel si limitava ad annuire con un cenno del capo, senza dire niente mentre fissava la tovaglia con aria pensierosa.

“A cosa stai pensando?” 
“A chi vorrei invitare io… non so se scrivere o meno a mia madre.” 
“Dipende se la sua presenza ti renderebbe felice… se invece ti metterebbe solo agitazione lascia stare.” 
“Ci penserò, di sicuro non chiederò a mio padre di venire. Detesta i maghi, l'ultima cosa che vuole è trovarsi in mezzo a noi.” 
“Ma non sarebbe malaccio, no? Potremmo sempre dargli una… lezione collettiva per come si è comportato con te e tua madre.” 

Helene sorrise e per un attimo Gabriel ricambiò, immaginandosi chiaramente la ragazza che trasformava suo padre in un pipistrello. In effetti non era esattamente un’immagine spiacevole, anzi, ma non moriva neanche dalla voglia di vederlo o di fargli conoscere Helene. 


“Prima o poi sarò io a dargliela, una lezione. Non tanto per come si è comportato per me, ma per mia madre. Lei a differenza sua mi ha sempre appoggiato e difeso… e lui l'ha ripagata sbattendola fuori di casa.” 

“Sono sempre stata convinta di avere avuto dei genitori tremendi, ma dopo aver conosciuto te credo di aver cambiato idea. Dopotutto Willem e Susanna sono sempre stati assenti, ma almeno non mi disprezzano.” 
“Sai, è piuttosto triste sentirti chiamarli per nome.” 
“Lo dice sempre anche Gae… e anche mia nonna, ma non riesco a non farlo.” 


Helene si strinse nelle spalle prima di abbassare nuovamente lo sguardo sulla lettera e riprendere a scrivere, mentre dopo un minuto di silenzio Gabriel sorrise, parlando di nuovo:

“Sai, riflettendoci credo di sapere chi potrei invitare qui il 21.” 
“Ah sì? Chi?” 
“In effetti pensavo a Constance, che ne dici? Così te la presento.” 

Il sorrisetto di Gabriel non vacillò, o almeno finché la rossa non alzò nuovamente lo sguardo su di lui e gli rivolse un’occhiata piuttosto eloquente mentre si alzava, raccogliendo carta e penna:

“Oh sì, ottima idea.”   Il tono dell’olandese suonò piuttosto gelido mentre girava sui tacchi e si allontanava, con Gabriel che la seguiva con lo sguardo, accigliandosi leggermente:

“Elin, dove vai? Guarda che scherzavo, certo che non la inviterò! Che fine ha fatto il tuo senso dell’umorismo?” 


Il ragazzo sospirò, roteando gli occhi mentre si alzava per seguirla fuori dalla sala da pranzo, mentre Helene si allontanava senza neanche degnarsi di rispondergli. 


*



Gae sospirò, facendo appello a tutto il suo autocontrollo per evitare di scagliare il flauto dall'altra parte della stanza: era ferma sullo stesso passo da quasi dieci minuti… possibile che non riuscisse a suonarlo decentemente? 
Tuttavia non era l'unica leggermente contrariata visto che Helene la raggiunse e, sedendosi accanto a lei, si limitò a salutarla a mezza voce mentre estraeva il flauto dalla custodia. 

“Ciao Elin… come mai quel muso lungo?” 
“Niente. Tu invece?” 
“Continuo a stonare, e in genere i Capricci di Paganini mi vengono bene… pensavo di portare il nº 24 all’ultima sera, non so che cosa mi prenda oggi. Suoni con me?” 
“Certo. Magari mi aiuti a scegliere che cosa suonare il 21, sono un po' indecisa…” 


Helene annuì, quasi sollevata che fatta eccezione per loro la stanza fosse vuota: provare sotto gli occhi di tutti non la metteva mai particolarmente a suo agio… probabilmente il 21 avrebbe avuto un mancamento davanti a mezza Vienna, ma non aveva ancora voglia di pensare a quel dettaglio.

“Con piacere. Ma perché hai quella faccia? In genere quando entri qui dentro e ti accorgi che Koller non c'è sprizzi felicità da tutti i pori.” 

Helene sbuffò, abbassando lo sguardo mentre borbottava sommessamente qualcosa… e l'unica parola che l'amica riuscì a capire fu “Gabriel”. 

“Che cosa avrà mai fatto il nostro povero british?” 
“Secondo te quando ha detto che avrebbe invitato Constance per l'ultima sera scherzava o era serio?” 
“Immagino la prima, anche perché bisognerebbe essere decisamente stupidi ad invitare la propria ex ad un evento dove è presente anche la ragazza attuale, non credi? Sono sicura che ti stesse prendendo in giro, razza di musona… che fine ha fatto il tuo senso dell’umorismo?” 
“Ti ci metti anche tu? Non lo so, oggi sarà in sciopero… dai, proviamo, è da secoli che non suono i Capricci.” 

Helene sistemò lo spartito sul leggio mentre accanto a lei Gae annuì, rivolgendole un’occhiata divertita prima di riprendere a suonare.


*


Rebecca teneva gli occhi fissi su Helene e Gae che, sedute una accanto all'altra sulla pedana, stavano suonando i Capricci di Paganini che ormai conosceva a memoria dopo averli suonati centinaia di volte nel corso degli anni. 

Eleanor era seduta accanto a lei ma sembrava che non stesse prestando particolare attenzione alla musica quanto più alla lettera che stava scrivendo, scarabocchiando frettolosamente su un foglio.

“A chi stai scrivendo?”
“Chiedo a mia zia se le va di venire a sentirci il 21… tu chi inviterai?” 

“Immagino che se tu non suonassi inviterei proprio te, quindi…” 

Rebecca si strinse nelle spalle, continuando a tenere gli occhi fissi davanti a sé mentre invece la Tassorosso si voltava verso di lei, sorridendole:

“Che carina, grazie!” 


La violinista ricambiò leggermente prima di voltarsi di nuovo verso le flautiste, facendo dondolare distrattamente un piede seguendo il ritmo della musica. 

“Ho deciso che brani presenterai il 21?” 
“Sono ancora in alto mare, a dire la verità… ma per fortuna mancano più di due settimane, ho tempo per decidere. Tu invece?” 
“Una delle stagioni di Vivaldi, credo… magari l’Inverno, visto che il concerto si tiene al Solstizio. Devo solo mettermi d'accordo con Gabriel, Pawel ed Emil per evitare di suonare tutti la stessa cosa, ovviamente.” 

“Immagino che lo farò anche io con Cal e Ivan… a proposito, visto che l'hai nominato, perché non parliamo un po’ dell’orso grizzly dispensa abbracci mentre aspettiamo che arrivi il nostro turno per provare?” 

Eleanor piegò le labbra in un sorriso mentre invece Rebecca, senza battere ciglio, si alzava tenendo il manico della custodia del violino:

“Ripensandoci, credo che andrò a chiedere a Gae ed Helene se posso suonare Paganini insieme a loro… sai che è uno dei miei preferiti.” 
“Si, lo so, ma non è un buon motivo per filarsela! BECKY! Sono giorni che eviti Emil, di questo passo attaccherà dei cartelli in giro per l’Hotel con la tua foto e sotto la scritta “Ricercata”!” 


Eleanor sbuffò, guardando l'amica allontanarsi che però non si voltò neanche:

“Beh, lascialo fare.” 



La pianista sospirò, appoggiandosi nuovamente allo schienale della poltroncina e osservando l'amica con esasperazione, chiedendosi perché non potesse essersi scelta dei migliori amici normali invece di quei due.


*




“Chi non muore si rivede… ci avete messo parecchio.” 

Irina sorrise mentre Ivan invece si lasciava cadere sul divano accanto a lei sospirando, sfilandosi la giacca.

“Fino ad oggi credevo che niente potesse essere peggio che accompagnare Cal Jordan a fare compere, ma ho avuto modo di capire che Pawel è peggio.” 
“Non vi ci vedo per niente a fare shopping insieme… com’è andata?” 

La rossa cercò di non ridere di fronte all’occhiata eloquente che le rivolse il ragazzo, come a volerle suggerire di non fare domande mentre appoggiava un braccio sulle sue spalle:

“Stendiamo un velo pietoso… ma la nota positiva è che alla fine l’anello lo ha preso, così non dovrò rifare il consulente un’altra volta. E le mie paure erano fondate, ci hanno seriamente presi per una coppia gay! Maya non mi era mai mancata come oggi, credo. Cosa c'è da ridere?” 

Il russo rivolse un’occhiata torva alla ragazza che invece era scoppiata allegramente a ridere alle sue parole, rammaricandosi di non aver assistito alla scena:

“Voi due… gay! Immagino le vostre facce… Pawel con gli occhi sbarrati e tu che muori dalla voglia di sotterrarti o di scappare!” 

“Si, sì, ridi pure simpaticona… non è stato divertente!” 
“Secondo me sì! Comunque grazie per aver nominato Maya, mi hai ricordato che devo scriverle e chiederle di venire il 21… sono sicura che le farà piacere, così vedrà anche Pawel.” 

“Non inviti qualcuno della tua famiglia?” 
“Neanche per idea, si presenterebbero con il metro da sarta per prendermi le misure del vestito!” 

Irina sgranò gli occhi azzurri con orrore a quell’immagine mentre invece fu Ivan a ridacchiare, guadagnandosi a sua volta un’occhiata torva:

“Ti diverte? Non dovrebbe!” 
“Sì invece, mi immagino tua madre che entra qui dentro e sguaina il metro come un'arma letale per prenderti le misure mentre suoni e tu che fuggi con Lena al seguito…” 

“Questa immagine non mi fa ridere, mi fa venire la pelle d'oca… idiota.” 

Irina sbuffò, incrociando le braccia al petto con stizza mentre Ivan smetteva di ridere, guardandola però sempre con aria divertita:

“Ok, ok, la smetto.” 

Ivan sfoggiò un sorriso angelico, sporgendosi per darle un bacio su una guancia prima di parlare di nuovo, questa volta con tono pensieroso:

“Anche se, riflettendoci… forse invece di Maya potresti invitare Come Si Chiama Filimon...” 

“Eleazar… non è difficile.” 
“Beh, è orrendo, Ivan è molto più bello!” 
“Non avevo dubbi che la pensassi così… ma seriamente, sei impazzito per caso? Perché accidenti dovrei invitare quello che da cui sto cercando di scappare da mesi?”

“Non saprei, potremmo sempre farlo sparire in qualche maniera…” 

Ivan inarcò un sopracciglio, tamburellando le dita su una gamba con aria pensierosa mentre Irina invece gli rivolgeva un’occhiata in tralice, indecisa se prenderlo seriamente o meno:

“Sei serio o stai scherzando?” 
“Non so, sto decidendo… non è male come idea…” 
“Io preferirei la strada diplomatica invece di quella “facciamo sparire il promesso sposo”.”
“Come ti pare, ma converrai che la seconda opzione sarebbe molto più facile e veloce! Ok, sto scherzando, non fare quella faccia! Comunque sia, per favore non dire a Cal di quello che è successo con Pash, mi prenderebbe in giro fino alla fine dei miei giorni.” 

Ivan sbuffò, ma aveva appena finito di parlare quando una voce piuttosto nota e dall’inclinazione divertita giunse alle sue orecchie, facendolo quasi sobbalzare:

“Che cosa non devo sapere?” 

Sia Ivan che Irina si voltarono, trovandosi così davanti una Cal piuttosto sorridente e appoggiata al divano dove si erano seduti, gli occhi fissi sul suo migliore amico mentre questi si affrettava ad alzarsi:

“Assolutamente niente… vado a mettere la giacca in camera, poi andrò a provare un po’.” 

Il ragazzo si allontanò in fretta e furia ma Cal lo seguì, camminando alle sue spalle tenendo le mani dietro la schiena e senza smettere di sorridere, mentre Irina si limitava a seguirli con lo sguardo e a ridere sotto baffi senza muovere un dito:

“Avanti, dimmelo! Riguarda Pawel vero?” 
“Cal, lasciami stare.” 

“Su dai, dimmi, voglio proprio farmi quattro risate alle spalle tue e di Juraszek…” 


*


Venerdì 14 Dicembre 


Eleanor teneva gli occhi chiusi mentre, stesa sul suo letto, ascoltava la musica a volume molto alto per coprire il suono del violino che proveniva dalla stanza accanto, mentre Rebecca era impegnata a provare. 

Nonostante la musica la Tassorosso sentì comunque la voce dell’amica, udendo distintamente un paio di parolacce che le fecero aprire gli occhi e stoppare la musica dell’iPod. 
Chiedendosi che cosa fosse successo Eleanor si alzò, camminando a piedi nudi sul pavimento riscaldato della stanza per aprire la porta che collegava le due camere:

“Becky… mi è parso di sentire i tuoi toni soavi, e non mi riferisco alla musica. Che succede?” 

La pianista puntò gli occhi scuri sull'amica, che se ne stava seduta sul suo letto a gambe incrociate e aveva un’espressione piuttosto seccata dipinta sul volto mentre accennava all’archetto, o quello che ne restava, che teneva in mano:

“L'ho rotto. Di nuovo!” 
“Beh, riparalo!” 
“È la terza volta che mi succede in un giorno, che accidenti ho che non va? O forse dovrei cambiare il crine…” 

La Serpeverde sbuffò, picchiettando la bacchetta sul crine di cavallo perché si rimettesse in sesto mentre Eleanor le si avvicinava:

“O forse dovresti semplicemente smettere di suonare… è anche ora di cena, andiamo di sotto?” 
“No grazie, non ho fame. Vai tu se vuoi.” 

Rebecca scosse il capo, lasciando l’archetto sul materasso per prendere gli spartiti sparsi sul letto. 


“Non mi va di lasciarti qua da sola! Ti farò compagnia, magari mi ordino qualcosa con il servizio in camera.” 
“Elly, ti voglio bene ma non ho cinque anni, credo di sopravvivere in una stanza da sola per un'ora.” 


Rebecca roteò gli occhi e Eleanor fece per replicare, ma l’attenzione dell’amica si catalizzò immediatamente su Cinnamon, che aveva preso l'archetto prima di trotterellare verso la sua cuccia. 

“Cinnamon, torna qui! Non è un bastone per giocare, mi serve… grande, ora pensa che sia un bastone da riporto.” 

La Serpeverde sospirò, lanciando un’occhiata esasperata al cane mentre Elly invece ridacchiava:

“Quel cane è disobbediente e testardo… si dice che i cani somiglino ai propri padroni, no?” 
“Brava Elly, i miei complimenti, hai fatto una battuta… sono fiera di te. Accio.” 

Con un cenno della bacchetta Rebecca fece nuovamente planare verso di sé l’archetto del violino, scatenando una reazione piuttosto offesa da parte di Cinnamon che andò ad accucciarsi dietro alla poltrona con aria sdegnata.

“Non fare la sostenuta Cinnamon, non è un gioco… tieni, prendi la tua corda.” 

“Povera Cinnamon, è così carina!” 
“Carina? Si, certo, ma è tremendamente dispettosa… si diverte sadicamente a distruggere tutte le mie scarpe, ci manca solo l'archetto. Bleah, è pieno di bava… Gratta e netta.” 

Rebecca sfoggiò una smorfia mentre si affretta a pulire magicamente l’archetto e Eleanor continuava a sorridere, girando sui tacchi per raggiungere la porta e uscire dalla stanza:

“Dispettosa, con una faccina da angioletto quando in realtà non lo è per niente… continua a ricordarmi qualcuno.” 
“Elly, smettila.” 


*



“Sto morendo di fame, ma non capisco un bel niente come al solito… questo che cosa vuol dire?” 

Ivan si rivolse ad Irina, sporgendosi leggermente verso di lei per farle vedere qualcosa sul menù… ma dalla faccia schifata che sfoggiò la ragazza il russo intuì che non era niente di molto appetitoso. 

“Ehm… lascia stare, io non lo mangerei.” 
“Ivan, mi spieghi come fai a non parlare minimamente il tedesco e a venire a Vienna?” 

“Juraszek, ti ricordo che io non vivo a Lipsia… e poi non mi risulta che tu parli russo.” 
“No, ma almeno io il tedesco li capisco anche se non è la mia lingua madre.” 

“Tanto qui parlano tutti inglese per la competizione, non è un grosso problema… tranne che per il cibo.” 
“Traduco io, ma ti prego non ordinare a caso come l'ultima volta, solo a vedere il fegato mi passa la fame.” 

Irina sospirò, prendendo il menù dalle mani del ragazzo per tradurgli i piatti mentre Ivan le sorrideva con gratitudine:

“Grazie Irina… a differenza di qualcuno tu si che sei gentile. Sai Pawel, tra una settimana tutto questo finirà e non credo mi mancherà averti intorno tutti i giorni tutto il giorno come quando eravamo a scuola.” 
“Già, ma io ti mancherò moltissimo, giusto?” 

Cal sfoggiò un largo sorriso, che però sparì quando non ricevette alcuna risposta da parte dell’amico:

“Grazie tante… ma seriamente, è davvero strano pensare che manchi così poco… non mi sembra vero, manca solo una settimana.” 
“Una vera gioia…” 

Il mormorio sommesso di Irina non sfuggi alle orecchie di Ivan, che le rivolse un’occhiata comprensiva mentre Pawel si stringeva nelle spalle, sostenendo che fosse felice di tornare a casa e rivedere la sua famiglia. 

“Credo che tu in questo tavolo sia l'unico che voglia rivedere la propria famiglia Pash. Io e Cal non abbiamo neanche invitato nessuno perché venga a sentirci.” 

“Secondo me avresti dovuto…” 
“E che avrei dovuto chiederlo? A Dimitri? Neanche morto. Per la tua gioia invece Irina ha chiesto a Maya di venire.” 

Ivan accennò alla rossa, che annuì e sorrise mentre Pawel per una volta la imitava:

“Non vedo l'ora di vederla, mi manca la biondina super ansiosa.” 

“Non che tu sia da meno Pawel, ora che manca solo una settimana probabilmente comincerai a passare ore su ore a provare e provare. Se ti conosco almeno un po’ arriverai all’ultimo giorno più ansioso che mai.” 

Ivan sorrise con aria divertita, immaginandosi chiaramente il nervosismo dell’amico che avrebbe iniziato a palesarsi di lì a pochi giorni. 
In realtà poter passare tutto il giorno con i suoi amici sarebbe mancato anche a lui, ma probabilmente non l'avrebbe mai ammesso apertamente, non davanti a loro. 



*


“Mi stavo giusto chiedendo che fine avessi fatto… Rebecca non viene?” 
“Per il tuo dispiacere no, pare che non abbia fame… continua a suonare quasi ininterrottamente da qualche giorno, mi piace il violino ma comincio a non sopportare più Paganini.” 

“Beh, è piuttosto complesso, è normale che voglia esercitarsi…” 

Emil sorrise appena e l'amica lo fulminò con un’occhiata, guardandolo con sincera invidia:

“Scommetto che tu non sei per niente nervoso Emil…” 
“Io? No, in effetti no… e tu Elly?” 

“Certo che sì, mi conosci, l’ansia mi tiene compagnia praticamente sempre… e anche Becky è nervosa, solo che preferisce mascherarlo… penso che tra una settimana a quest’ora saremo entrambe piuttosto intrattabili e in preda all’ansia, mentre probabilmente tu ti aggirerai sorridendo come al solito e uscendotene con frasi come “che volete che sia, dobbiamo solo suonare all’Opera davanti a chissà quante persone”…” 

“L'ansia è uno dei peggiori nemici della serenità Elly, io ho la fortuna di non sentirne praticamente mai il peso.” 
“Sì, indubbiamente sei fortunato…”


Eleanor annuì, tamburellando le dita sul tavolo mentre osservava distrattamente un punto della tovaglia. Per qualche istante entrambi rimasero in silenzio, mentre Emil cercava qualche piatto che non contesse tracce di fegato, lingua et similia, finchè l’ex Tassorosso non parlò di nuovo, puntando gli occhi neri sull’amico:

“Emil… tu non sei per niente ansioso, e nemmeno incline ad imbarazzarsi.” 
“Sì… e?” 
“E allora, mi dici perché diamine giochi a nascondino con Rebecca? Parlatevi, maledizione! Non so chi dei due sia più cocciuto… avete qualcosa in comune, se non altro.” 
“Che la mia testa sia dura come il marmo pensavo l'avessi già appurato Elly…” 

“Dico sul serio. Non capisco, hai la rara fortuna di sapere per certo che cosa una persona prova per te e cosa fai? Ti nascondi? Ne ho parlato anche con lei.” 

“Davvero? E Rebecca che ha detto?” 
“Le ho detto quello che tu hai detto a me… quello che hai visto. Ovviamente è improvvisamente diventata cresimi e ha detto che si sarebbe scavata una fossa molto profonda, ma non pensavo ti avrebbe davvero evitato.” 

“E quindi secondo te che cosa dovrei fare?” 
“Non saprei, magari dovresti muovere quello che tu definisci il tuo “splendido posteriore” e andare a parlare con lei, no?” 

Eleanor inarcò un sopracciglio, guardando l'amico con esasperazione e chiedendosi se non avrebbe dovuto costringerli a parlarsi con l’inganno, prima o poi. Forse era più il genere di cose che avrebbe fatto Rebecca e non lei, ma a mali estremi...

Dopo un attimo di esitazione invece Emil annuì, stringendosi nelle spalle mentre si alzava:

“Ok.” 
“Ok?” 
“Va bene, vado a parlare con lei… ci vediamo dopo.” 

Eleanor sbattè le palpebre, guardandolo allontanarsi e chiedendosi perché fosse stato così facile… dopo settimane aveva pensato che sarebbe stato molto più arduo convincerlo. 


*



Era seduta sul balcone, ignorando il freddo e tenendo i piedi appoggiati pigramente alla ringhiera mentre teneva il violino sulla spalla, suonando distrattamente mentre osservava la città luccicante grazie ai numerosissimi lampioni. 

Quando stonò una nota smise di suonare per un attimo, abbassando lo sguardo sul violino e imprecando a mezza voce prima di sentirne un’altra alle sue spalle, quasi sussultando sulla sedia:

“Forse dovresti inclinare l’archetto di qualche grado in meno…” 

Rebecca si voltò, ritrovandosi con leggero stupore Emil davanti, appoggiato allo stipite della porta-finestra. 

“Sì, probabilmente hai ragione… che cosa ci fai qui?” 
“Volevo parlare con te, è da diverso tempo che non lo facciamo.” 

Emil si strinse nelle spalle mentre superava la ragazza per raggiungere la ringhiera del balcone, osservando a sua volta il panorama per qualche istante prima di voltarsi, appoggiandosi alla ringhiera con la schiena.

Probabilmente Rebecca avrebbe voluto chiedergli se l'aveva mandato Eleanor, ma decise di lasciar perdere e rimase in silenzio, limitandosi ad osservarlo tenendo il violino sulle ginocchia. 

“Becky… Perché mi eviti di recente?” 
“Lo sai perché… e poi mi risulta che tu abbia fatto pressappoco lo stesso.” 

Rebecca sospirò, appoggiandosi allo schienale della sedia mentre Emil annuiva, sorridendole leggermente:

“Sì, non lo nego… ma Elly infondo ha ragione, non ha senso. Non ha senso evitarci come la peste se so benissimo che cosa provi per me. Lo vedo anche ora, mi basta guardarti.” 
Emil sorrise mentre Rebecca invece lo fulminò con lo sguardo, quasi a volergli dire che così non l’aiutava per niente.

“Quindi vedi tutto quello che le persone provano?” 
“Diciamo di sì. Ma sono sincero Becky, tre mesi fa non mi sarei mai aspettato una simile “evoluzione” da parte tua.” 

Il sorriso di Emil non vacillò mentre il ragazzo si allontanava dalla ringhiera, sedendosi accanto a Rebecca mentre questi sbuffava, abbassando lo sguardo e borbottando qualcosa di poco comprensibile.

“Se sei venuto per prendermi in giro puoi anche girare al largo Emil.” 
“Non sono venuto per prenderti in giro Becky… ci ho messo tanto a venire da te perché, anche se so cosa provi, ho sempre avuto come freno la consapevolezza che un giorno potrei facilmente rendermi conto che i tuoi sentimenti sono mutati.” 

“Se ti fasci la testa prima di rompertela non sarai mai felice, Emil.” 
“Sì, Elly ha detto la stessa cosa. Non fa altro che dirmi di venire a parlare con te… tu perché non l'hai fatto?” 

“Perché TU saprai anche che cosa provo Bach, ma IO non ho la tua stessa capacità… e quando Elly me l'ha detto volevo scavarmi una fossa molto profonda e nascondermi lì fino alla fine della competizione.” 

La Serpeverde sbuffò, scuotendo leggermente il capo mentre continuava a tenere gli occhi fissi davanti a sé, osservando il buio avvolgere la capitale mentre Emil si voltava verso di lei, sorridendole:

“Beh, ormai non manca tantissimo… solo una settimana. Ci abbiamo messo parecchio, non trovi? Peccato che l'unica cosa che abbiamo in comune sia la testardaggine cronica... Comunque nascondersi non è affatto necessario Becky.” 

Emil abbassò lo sguardo sulla mano della ragazza, avendo quasi paura di toccarla e finire col subire una qualche maledizione… ma alla fine si decise e allungò la mano per stringere la sua, almeno tre volte più piccola, e per una volta Rebecca non si scostò, limitandosi invece a voltarsi verso di lui.

“Ah no?” 
“No.” 

Emil scosse il capo, sorridendole prima di avvicinarlesi ulteriormente e annullare la distanza che li divideva, appoggiando le labbra sulle sue. 
E per una volta in vita sua Rebecca Crawley non rifiutò affatto il contatto fisico. 



   
 
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