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Autore: DonnieTZ    13/07/2017    7 recensioni
[Destiel] [Dystopian!AU]
In un universo in cui tutto è controllato - perfino l'arte e le relazioni - si racconta della leggendaria connessione che collega le anime gemelle quando esiste la possibilità concreta che il loro amore si realizzi. Cas, con la sua fede nel rigido sistema che governa tutto, è un pittore solitario; la voce che improvvisamente sente una sera qualsiasi, invece, è quella di Dean, un cantante che il sistema lo odia.
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Avrebbe voluto essere in grado di chinare la testa, di sottostare alle regole, ma c'era qualcosa nella sua anima che non voleva saperne. C'erano passioni e tormenti e incubi dietro le palpebre quando arrivava l'alba e lui andava a dormire. Cantare rendeva tutto così evidente da fare quasi male. Ma quella sera c'era il vago pensiero di dover ricacciare indietro la malinconia, perché non era solo a sentirla vibrare nella mente.
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Non aveva davvero idea di cosa stesse dipingendo, non riusciva a carpire un'immagine completa, ma sapeva che riguardava Dean. C'erano angoli più scuri, sfumature che si incupivano fino a diventare nere, ma il verde smeraldo brillava al centro della composizione, come una luce lontana.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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11. Appartenersi
 
Cas si sdraiò sul letto, piano, scostando le lenzuola perfettamente sistemate dal materasso. Era stata una cena piacevole: Dean si era concesso degli hamburger consegnati a domicilio e una delle tre birre mensili che il sistema gli permetteva di avere, mentre Cas aveva preparato un tortino di verdure che l'altro aveva preso in giro a non finire. Avevano parlato del futuro, di questioni irrilevanti come chi avrebbe dormito dove, sul loro letto, e del divieto categorico di svegliare l'altro quando si rientrava, visti gli orari diversi.
“Neanche per il sesso?” aveva scherzato Dean.
Così erano scivolati dentro l'eccitazione che era stata il sottofondo dell'intera cena. Si erano accarezzati, lontani eppure così uniti, seduti ognuno a casa sua, senza fretta, godendosi quel momento.
Vorrei fossi qui.
“Cas...”
Il letto era stato la naturale conseguenza.
Cas iniziò a spogliarsi, togliendo la camicia e i pantaloni, alzando il bacino per riuscire nell'impresa nonostante le mani tremanti, fino a restare completamente nudo, i vestiti un cumulo di stoffa sul pavimento. Con la mente si spinse verso Dean, percependo il suo corpo con i suoi stessi occhi, dall'alto del suo viso, nella posizione sdraiata che rifletteva quella di Cas.
Sei bellissimo, Dean.
“Non puoi vedermi davvero.”
Ti vedo se ti guardi.
Dean sembrò sorridere con la mente, per poi indugiare su di sé con lo sguardo. C'era in lui la sicurezza di chi sa di essere bello, ma anche una strana fragilità. Perché capiva – lo si leggeva chiaramente – che Cas non parlava solo del suo corpo, della sua pelle cosparsa di lentiggini segrete, del modo in cui i fianchi diventavano ventre e, più in basso, la sua eccitazione diventava sempre più evidente. Parlava dell'anima stretta nella carne, raccolta dalle ossa; la sua anima stropicciata.
“Guardati, Cas” gli mormorò.
E Cas obbedì, spostando gli occhi dal soffitto immacolato a se stesso. Si era già stretto nel palmo, incapace di resistere oltre, anche se si stava muovendo piano. Avvertì Dean sistemarsi sul materasso, cercare qualcosa fra il caos che era il suo comodino metallico, uscire vittorioso da quella ricerca, per poi inumidirsi le dita con il liquido della boccetta appena scovata.
Ogni sensazione era amplificata dalla connessione. Cas poteva sentire Dean sfiorarsi come se fossero le sue mani a farlo, poteva percepire nei muscoli lo sforzo di alzare la gamba, nei polmoni il fiato spezzato quando le dita presero ad accarezzarlo e invaderlo.
Dean.
“Vorrei...fosse già domani.”
 
Dean sentiva Cas aumentare il ritmo e rallentare di nuovo, affrettarsi e rilassarsi, ancora e ancora. Se chiudeva gli occhi, sentiva la sua mano su di sé, in punti in cui non si stava toccando, in un assurdo gioco di specchi impossibili. E lui stesso, con le sue dita, stava strappando a quegli attimi un piacere che di fisico aveva poco, che era incastrato nella mente, a metà fra la fantasia e quella connessione: non doveva toccarsi per provare piacere e farlo significava solo amplificare e moltiplicare qualcosa di già presente.
“No, Dean, guardati, guardati” lo richiamò Cas, affannato.
I pensieri erano confusi, schiacciati uno sull'altro dall'eccitazione, offuscati dalla ricerca dell'estasi. Dean si girò sul fianco, lasciando sotto la gamba allungata e sopra quella ripiegata, toccandosi con più smania, in quel momento, con più voglia. Cercava di tenere aperti gli occhi, di spargere lo sguardo sulla propria pelle, ma era difficile quando le sensazioni erano così forti. Sentì Cas mettersi sul fianco, nella sua stessa posizione, e immaginò di averlo alle spalle, pelle contro pelle, corpo contro corpo, a farsi spazio nell'incastro che sarebbero diventati fra qualche ora. La fantasia scivolò su Cas, che si mosse istintivamente sul materasso, come a volerle dare vita, spingendo se stesso nel pugno chiuso.
Seguì quel ritmo e le loro menti si fusero, diventando una cosa sola. Dean no era più certo di quale mano fosse la sua e quale quella di Cas, di dove si stesse toccando da sé e di dove percepisse l'altro. Si lasciò andare a bassi suoni rauchi, densi di piacere, che erano un'istintiva incitazione perché Cas non smettesse, andasse avanti, sempre più a fondo, come se fosse davvero lì, dietro di lui, a stringerlo fra le braccia.
Il piacere lo colpì dritto al cuore, fermandogli battito e pensieri, i muscoli tesi in quel secondo di estraniazione.
 
Quando Cas tornò in sé da quel profondo piacere, affannato e spettinato, cercò Dean con la mente. Fu il primo istinto, impossibile da contrastare. Lo trovò esausto e appagato, gli occhi chiusi, a tentare di riprendere fiato.
“È stato...”
Interessante.
“Non la parola che avrei usato, ma sì, anche quello” lo prese in giro Dean, voltandosi sulla schiena. “Devo essere a lavoro fra un'ora.”
Posso venire a vederti? So che cenare insieme sarebbe stato rischioso, ma questo...
“Avrebbe senso. Insomma, hai saputo che devi accasarti con me. Si spiegherebbe un po' di curiosità verso il sottoscritto.”
Davvero?
“Dobbiamo farci una doccia, prima, però.”
Cas avvertì Dean mettersi seduto e poi alzarsi su gambe instabili. Lo imitò, sentendo un sorriso gemello sul viso di entrambi. Avevano rimandato ogni preoccupazione al giorno dopo: lì, quella sera, avrebbero solo celebrato l'ultimo giorno lontani e un futuro insieme; niente sistema, rivoluzione, pericoli. Nient'altro che loro.
Sotto il getto caldo – avevano venti minuti, prima del segnale acustico – continuarono a raccontarsi, come se non conoscessero già tutto l'uno dell'altro. Parlarono di speranze e ricordi, di piccoli momenti, di esperienze da fare insieme.
Quando furono entrambi pronti a lasciarsi la stanza alle spalle, il bisogno di abbracciarsi era diventato incontenibile.
 
Dean entrò da Ellen in tempo per il concerto, un sorriso stampato in viso.
«Ehi, guarda un po' chi è di buon umore» lo salutò la proprietaria.
«Charlie ha parlato, è così?»
«Diciamo che un uccellino mi ha detto che stai per sistemarti, nient'altro. Era di fretta per questioni di una certa importanza» rispose Ellen, facendogli un occhiolino, mentre riempiva un boccale per un cliente che stava giusto facendo passare il polso sul lettore al centro del bancone.
Jo arrivò per abbandonare un vassoio vuoto sulla superficie in legno.
«Dean» salutò, presa per un attimo dal registrare sul lettore portatile l'ordinazione del tavolo da cui era appena tornata.
Quando finì, alzò lo sguardo, una luce curiosa negli occhi.
«Allora, chi è il...»
Si bloccò un attimo, incerta su quel territorio evidentemente pericoloso.
«Il fortunato?» concluse Dean, sentendosi stranamente fiero di quel piccolo passo avanti.
In quel momento, adocchiando l'ingresso, vide Cas, fermo, impalato, nel suo strano impermeabile all'antica. Alzò la mano, accorgendosi di sorridere come un idiota. Cas colmò la distanza, camminando rigido come suo solito – era assurdo quanto Dean conoscesse ogni sua sfumatura – per fermarsi a poca distanza.
«Dean» lo salutò.
“Abbiamo appena fatto sesso, potresti essere un po' meno freddo” scherzò Dean, rispondendogli con i pensieri.
Allora Cas lo abbracciò, sorprendendolo.
«Immagino sia lui» mormorò Jo, una punta di divertimento nel tono serio.
«Ok, ok, campione, può bastare» disse Dean, battendo un paio di volte la mano sulla sua schiena, leggermente in imbarazzo.
Era piacevole, in realtà, averlo attorno, caldo contro il corpo, presente e fisico e reale. Solo che c'erano Jo e Ellen e una decina di clienti che avevano deciso di iniziare presto la serata di permesso.
Ma ti piace.
“Ovvio.”
Cas lo lasciò andare, lentamente, ritirandosi per salutare Ellen e Jo con espressione seria e parole educate.
«Andrei in camerino, se per voi non è un problema. Devo scalarmi e accordare la bambina» disse Dean, l'entusiasmo evidente in ogni sillaba, mentre la mano atterrava sul collo di Cas e stringeva appena.
«Se vuoi portartelo dietro fa' pure» rispose Ellen.
«Solo... non fate schifezze. Che poi sono io che devo venirti a chiamare» borbottò Jo, prima di andare verso un cliente che aveva richiamato la sua attenzione.
«Andiamo?» domandò Dean.
“Andiamo” risposero i pensieri di Cas.
 
Non fecero in tempo a chiudersi la porta di quello spazio angusto alle spalle che le loro bocche finirono una sull'altra, avide di quel contatto intimo, del primo assaggio. Cas spinse Dean contro il muro, deciso, per assaporarlo di labbra e denti e lingua, stringendo la camicia nei pugni chiusi. Fu un'unione inspiegabile, più profonda di qualsiasi momento che avevano condiviso fino ad allora. Perché erano corpo e mente, anima e carne, senza più barriere. La stessa bocca, le stesse dita, la stessa essenza. Si baciarono fino a perdere fiato e poi ancora, ancora, ancora.
Cas si separò per primo, ma fu Dean a tenersi contro di lui, fronte su fronte, occhi negli occhi.
«Io...»
Non finì la frase, forse non era il momento, ma la sua mente la finì per lui. Cas sentì esplodergli dentro ogni più piccola emozione, stipata lì da quando aveva conosciuto Dean.
«Anche io, Dean.»
Restarono così per un po', per poi scivolare in un abbraccio serrato, ancorandosi uno all'altro. Cas si nutrì di ogni dettaglio: la stoffa ruvida, le spalle larghe, il respiro sul collo, la mano sulla schiena, il battito del cuore.
«Devo... dovrei davvero scaldarmi» disse Dean, dopo lunghi minuti di quel quieto appartenersi.
Oh, scusa.
“Ehi. Non scusarti mai per questo.”
 
Dean, quella sera, cantò per lui – cambierò qualche parola solo per te – e lo guardò tutto il tempo.
 
I can hear his heart beat for a thousand miles
And the heavens open every time he smiles
And when I come to him that's where I belong
Yet I'm running to him like a river's song
 
He give me love, love, love, love, crazy love
 
He's got a fine sense of humor when I'm feeling low down
And when I come to him when the sun goes down
Take away my trouble, take away my grief
Take away my heartache, in the night like a thief
 
Yes I need him in the daytime
Yes I need him in the night
Yes I want to throw my arms around him
Kiss him hug him kiss him hug him tight
 
And when I'm returning from so far away
He gives me some sweet lovin' brighten up my day
Yes it makes me righteous, yes it makes me feel whole
Yes it makes me mellow down in to my soul



 
Ciao!
Come state?
Io ho finalmente pubblicato la mia raccolta di racconti (se siete curiosi o/e se vi piace come scrivo, passate dalla mia pagina e date una sbirciata) e dovrei (DOVREI) essere un po' più libera, anche se i progetti restano tantissimi. Confermo che questa ff avrà quindici capitoli, blandamente plottati, e che poi la saluteremo. 

Per riassumere questo capitolo potremmo dire MENTAL FLUFFORN! XD Spero vi sia piaciuto!
Alla prossima e GRAZIE per le recensioni, siete preziose.
   
 
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