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Autore: Stella cadente    02/08/2017    6 recensioni
Hogwarts, 2048: dopo la Seconda Guerra Magica e una lunga ricostruzione, la Scuola di Magia e Stregoneria è di nuovo un luogo sicuro, dove gli studenti sono alle prese con incantesimi, duelli con compagni particolarmente odiosi, le loro amicizie e i loro amori – come qualunque giovane mago o strega.
Ma Hogwarts cova ancora dei segreti tra le sue mura; qualcosa di nascosto incombe di nuovo sul mondo magico e sulla scuola, per far tornare un conto in sospeso rimasto sepolto da anni...
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«Che cosa gli è successo?»
Il Preside sospirò.
«Anni fa, Black era Preside, ma... ben presto fu chiaro a tutti quale fosse la sua reale intenzione. Non voleva fortificare Hogwarts, bensì renderla più intollerante. Tutti noi insegnanti abbiamo temuto, finora, che tornasse. Io l’ho sconfitto ed esiliato, ed io l’ho privato di quello che era il suo posto. Un posto ambito, e soprattutto influente.»
[...]
«Ascoltami, Elsa» riprese, con tono cupo. «Fa’ attenzione, soprattutto al tuo potere. C’è bellezza in esso, ma anche un grande pericolo.»
Pausa.
«Ricorda», aggiunse, «la paura sarà tua nemica.»
Genere: Dark, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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17.

 
«Cosa dovrei fare, secondo te, Mel?»
Nella Sala Comune di Serpeverde, Megara guardava l’amica seduta su una poltrona, con gli occhi puntati distrattamente sulla finestra del sotterraneo. Un avvincino passò lungo il vetro, fluttuando nelle acque del Lago Nero al di là della finestra; Meg lo osservò, mantenendo lo sguardo corrucciato sulla strana creatura.
«Intanto potresti guardarmi mentre ti parlo, ad esempio» la ricambiò la voce seria e altera dell’altra.
Quando la ragazza portò gli occhi sull’amica, però, vide che le sue labbra rosse erano dischiuse in un sorriso bonariamente ironico. «Allora», disse poi Melicent, incrociando le braccia in un gesto aggraziato, «tu avresti detto ad Ercole della scommessa, giusto?»
La Serpeverde annuì.
«Pessima mossa» sentenziò l’altra, con lo sguardo perso; stava riflettendo ad alta voce, si vedeva.
«Grazie tante, fino a qui c’ero anche io» replicò Meg, infastidita.
«Se tu mi facessi finire» iniziò Melicent, con un tono imperioso che la fece sentire piccola piccola. «Forse potrei farcela ad esporti la mia opinione» disse, guardandola con quei suoi occhi color miele.
Non c’era niente da fare: era sempre stata Mel la leader, perché aveva quella combinazione di carisma ed eleganza che le permetteva automaticamente di esserlo. E a volte Meg non sopportava questo lato della sua amica; lei e il modo in cui sembrava avere sempre il dominio assoluto su tutto.
«Comunque» riprese poi, «penso che dovresti mettere in chiaro che...» sembrò cercare le parole adatte per proseguire, ma riprese subito il discorso, «che non avevi alcuna intenzione di ferirlo. Che a lui ci tieni, ecco.»
«Sì, ma...»
«Non dire ma», la fermò l’amica. «So che forse sono la persona meno indicata per dirti una cosa del genere, però devi mettere da parte l’orgoglio, Meg. Solo così riuscirai a riconciliarti con lui.»
Megara la guardò stupita: possibile che avesse sempre ragione?
«Hai ragione» ammise, dando voce ai propri pensieri. «Lo cercherò, allora.»
«Certo che ho ragione» si vantò scherzosamente Melicent, ridacchiando un pochino.
«Sì, infatti» replicò. «Come se tu avessi bisogno di sentirtelo dire per saperlo.»
«Sei ancora qui?» fece lei, per tutta risposta. «Va’, e fagli capire chi è Megara Greek» la incitò, sorridendole.
Finalmente, la ragazza si sciolse in un sorriso.
«Certo. Grazie, Mel.»
«Figurati.»
Si alzò e uscì dalla Sala Comune, grata alla sua amica per i consigli e determinata a riappacificarsi con Ercole.
 
 
*
 
Quando lo vide, il primo impulso fu quello di arretrare bruscamente o fare finta di niente, ma cercò con tutte le sue forze di tenere bene a mente le parole di Melicent.
Va’, e fagli capire chi è Megara Greek.
Si impose calma e sangue freddo; non poteva evitare Ercole per sempre, in fin dei conti. Le cose andavano affrontate e poi risolte, e quella era l’occasione perfetta per farlo.
Il ragazzo era in cortile a ripassare; ad aiutarlo c’era Esmeralda Trouillefou, un’amica di Anna e Merida, e la Serpeverde si ritrovò a provare una fitta di gelosia che le fece stringere i pugni fino a farsi male. Davvero aveva fatto così presto a sostituirla?
In quel momento, una parte di lei, quella più fragile e sensibile, voleva andare a rifugiarsi nel suo dormitorio per piangere in pace; l’altra, quella forte e sicura di sé, le intimava di presentarsi davanti al Grifondoro a muso duro e affrontare la sua rabbia.
Decise di assecondare quest’ultima e, dirigendosi a passo di marcia verso di loro, irruppe in un «Ciao» che suonò più tagliente di quello che avrebbe voluto. I due ebbero reazioni completamente differenti: Esmeralda la guardò perplessa, con un sopracciglio inarcato in un’espressione che faceva trapelare tutto l’odio che provava verso i Serpeverde; Ercole invece sembrò stupito, perché spalancò i suoi occhi chiari e per un po’ restò in silenzio, senza sapere cosa dire.
«Ehm» irruppe poi la voce della ragazza, rivolgendosi ad Ercole. «Senti, io devo andare adesso. Tra poco ho l’ultimo allenamento di Quidditch, prima della partita di oggi pomeriggio. Febo mi vuole lì prima di voi, perché vuole farmi allenare un po’ di più e... non posso mancare.»
«Ma l’allenamento è tra due ore Esme, e Febo non ti ha mai detto che...» La gomitata che la Grifondoro gli assestò, cercando invano di non farsi notare, non sfuggì a Megara, che trattenne una risata sotto i baffi. «Oh, sì, giusto» farfugliò poi il ragazzo, imbarazzato.
«Devo proprio andare, ciao!» concluse Esmeralda, allontanandosi in tutta fretta. «Ci vediamo alla partita: quelle serpi mangeranno la nostra polvere» aggiunse, ignorando il sospiro infastidito che Meg aveva tirato.
La Serpeverde si schiarì la voce, quando vide che lo sguardo di Ercole si era perso lontano.
«Ciao, Megara» disse subito lui, spostando gli occhi su di lei, con un tono stanco. «Che sei venuta a fare qui?»
La ragazza restò basita: perché riusciva a spiazzarla sempre? E perché non l’aveva chiamata semplicemente Meg?
Adesso non sapeva cosa dire, e tutto il discorso che si era preparato nella sua testa sembrava essersi smaterializzato chissà dove.
«Beh» tentennò. Serrò le labbra dal fastidio: da quando lei tentennava?
Prese un respiro profondo, spostò i suoi occhi viola su un punto imprecisato del cortile, poi li riportò su Ercole. «Sono venuta a chiederti scusa per il mio comportamento.»
Il Grifondoro sollevò le sopracciglia. «Tutto qui?»
Le sopracciglia di Megara si aggrottarono in un’espressione furiosa.
«Come sarebbe a dire “tutto qui”?» esplose. «Ercole, ti ho chiesto scusa. Sai quanto sono orgogliosa; è difficile per me farlo. Non ti basta?»
«No» il tono con cui lo disse le riportò alla mente l’immagine della sua faccia mentre gli diceva che con lei aveva chiuso, e quell’immagine fu così dolorosa che incrociò le braccia come per difendersi. «Non mi basta. Scusarsi è una cosa che sanno fare tutti. Ma chi mi garantisce che dopo non ti prenderai più gioco di me?»
Meg rabbrividì; aveva ragione a pensarla così. Anzi, se la situazione fosse stata a ruoli inversi, lei non avrebbe neanche accettato di parlare con lui. E lo vedeva che Ercole sarebbe stato più incline al perdono – più di lei sicuramente – che sarebbe bastata una parola giusta per farlo cedere, ma vedeva anche tanta rabbia e paura di soffrire in quei sinceri occhi azzurri.
E capì.
«Mi dispiace» disse solo, toccandogli leggermente il grande braccio muscoloso con la sua mano pallida e affusolata. «Davvero.»
Si allontanò, consapevole che avrebbe avuto un altro motivo per cui star male. L’anno prima aveva perso un ragazzo che diceva di amarla, e adesso aveva perso il suo migliore amico.
Aveva perso tanto, e tutto per colpa sua.
 
 
*
 
«Esmeralda» Una voce familiare arrivò alle orecchie della Grifondoro, nella tenda della sua squadra a ripassare lo schema della partita. La ragazza, seguita a ruota da Febo, si voltò di scatto e sorrise dolcemente.
«Quentin!» esclamò, felice. «Dovresti essere in tribuna... come mai qui?»
«Volevo salutarti» disse timidamente lui.
Esmeralda lo abbracciò: il suo migliore amico la stupiva sempre. Non vedeva l’ora di cominciare; l’atmosfera, nella tenda di Grifondoro, era tesa, impaziente, desiderosa di festeggiare la vittoria dopo averla conseguita, insieme.
Improvvisamente la ragazza si sentì unita alla sua squadra, anche se ne faceva parte da poco.
«Pronti per la partita?» chiese Quentin, con un grande sorriso incoraggiante.
«Prontissimi!» esclamò Febo. «Abbiamo organizzato una prova con i Serpeverde, tempo fa. È stata una mia idea: ho pensato che ci avrebbe aiutati a capire quale fosse il loro modo di agire.»
«E come fosse farmi provare a giocare con Frollo» sbuffò Esmeralda. «Ma almeno una cosa l’ho imparata» i suoi occhi verdi si illuminarono. «Basta fare leva sul suo orgoglio» fece, con un sorrisetto furbo.
Fuori dalla tenda, la voce di Madama Bumb chiamò a raccolta le squadre, e si sentirono i primi incitamenti che provenivano dalle tribune.
«Ragazzi!» Ercole irruppe in quella conversazione. «Dobbiamo andare. Iniziamo.»
«Oh, giusto» disse Quentin, imbarazzato. «In bocca al lupo» disse teneramente. Esmeralda rispose con un coraggioso «Crepi!», e seguì Febo, preparandosi insieme agli altri Grifondoro.
Cominciava ad avere un po’ di fifa, ma non lo avrebbe mai ammesso.
Sentì il cuore pompare adrenalina, mentre si recava in campo e udiva i suoi compagni di Casa sugli spalti che acclamavano la squadra; imbracciò la scopa e si librò in aria lentamente, come le aveva detto Febo agli allenamenti.
«Nervosa?» le chiese il suo amico.
«Solo un pochino» ammise lei.
«Non ti farai mica impaurire da Frollo?» la stuzzicò il ragazzo.
Sul volto di Esmeralda si disegnò un’espressione determinata. «Neanche per sogno» disse, decisa.
«Così ti voglio» la incoraggiò Febo.
La Grifondoro cominciò a studiare con attenzione ogni singolo giocatore della squadra avversaria: avevano tutti delle facce da presuntuosi insopportabili, rigorosamente Purosangue, che pensavano di dettar legge solo perché tali. Tra di loro c’era anche Hans Westergård, che con le spalle ben dritte manteneva una sguardo fiero. Appariva, come sempre, molto sicuro di sé: il volto allungato era plasmato in un’espressione beffarda e gli occhi brillavano di determinazione.
Pallone gonfiato.
«Bene ragazzi, siamo alla prima partita dell’anno. Tra poco la pluffa scenderà in campo...» avvertì Madama Bumb, sollevata con la sua scopa al centro del cerchio formato dalle due squadre. «E vorrei un gioco pulito» si raccomandò, puntando i suoi occhi ambrati su Westergård, «da parte di tutti.»
«Sarà fatto» si sentì borbottare Claude Frollo, con tono cupo. Esmeralda avvertì una scarica di rabbia percorrerle tutto il corpo e sentì il suo viso corrucciarsi: ben preso quel tizio avrebbe capito che non avrebbe potuto continuare a fare i suoi giochetti ancora per molto.
Ci fu qualche altro secondo di tensione, poi il fischio acuto dell’insegnante di volo segnò l’inizio della partita, e i giocatori si librarono nel cielo con i mantelli della divisa al vento, metà rosso e oro e l’altra metà verde e argento. Esmeralda provò un’ondata di eccitazione incredibile nel sentire i suoi capelli neri che svolazzavano liberi. Fu tentata di urlare per la felicità: quella era la sua prima partita di Quidditch. La prima partita in cui giocava come Cercatrice.
Fluttuò un po’ nell’aria gelida di quel primo pomeriggio, poi quando la pluffa venne liberata realizzò che doveva avvistare il boccino – che doveva far vincere la sua squadra – e si sentì determinata come non mai. Avrebbe solo dovuto replicare quello che aveva fatto la volta precedente: non poteva essere troppo difficile, giusto?
«Allora, mezzosangue» la distolse una voce alle sue spalle, «pensi di essere ancora così forte come l’altra volta?»
Claude Frollo non le dette neanche il tempo di rispondere, perché le andò addosso tentando di disarcionarla.
«Non provare a farmi perdere l’equilibrio, Frollo» sibilò lei, infuriata per il modo in cui il ragazzo aveva dimostrato di non aver problemi a barare.
Il Serpeverde inarcò le sopracciglia scure in un’espressione a metà tra l’arrogante e il sarcastico.
«L’avevo detto, l’altra volta, che lo avrei fatto: mi sembrava di essere stato sufficientemente chiaro.»
Esmeralda continuò a guardarlo con rabbia, gli occhi che mandavano lampi.
«Hans Westergård segna dieci punti per i Serpeverde!» la voce squillante di Anna che annunciava il vantaggio dei suoi avversari fece tornare la Grifondoro alla realtà, e partì a tutta velocità sulla scopa, inseguita da Frollo. I due Cercatori volarono affiancati per un breve tratto, poi acquistarono quota alla ricerca del boccino. Per un attimo, nel vedere che non riusciva  a notare assolutamente niente,  Esmeralda si disperò: Frollo giocava da molto più tempo di lei, e forse aveva un occhio più allenato nello scorgere l’obiettivo.
Forse ho davvero avuto solo fortuna, alle prove... come diceva lui.
Nel frattempo, i Serpeverde avevano segnato altri dieci punti, e la partita non era che appena iniziata.
«Voglio proprio vedere come te la caverai, stavolta» la derise il ragazzo passandole accanto.
Fu quello a farle cambiare idea: lo scherno. Il fatto che lui la stesse prendendo in giro.
Non posso darmi per vinta proprio ora.
Devo vincere. Fosse l’ultima cosa che faccio.
Frollo si abbassò in picchiata, e la Grifondoro capì che aveva visto il boccino; gli si affiancò subito, cercando di buttarlo giù dalla scopa come lui aveva fatto con lei poco prima. Tutto era lecito, per lei, ormai: non pensava neanche ad una vera e propria strategia, solo alla vittoria.
Si rincorsero lungo la grande arena di Quidditch per un tempo che parve interminabile: intanto la sua squadra aveva fatto solo trenta punti, contro i cinquanta di quella avversaria.
Esmeralda sentiva i boati di rabbia dei Grifondoro in tribuna, e quelli di trionfo dei Serpeverde, come se fossero stati amplificati e le formicolassero sottopelle.
Claude Frollo le si avvicinò e rise di una risata pungente, facendola arrabbiare ancora di più.
«Credi di avere anche solo lontane possibilità di sconfiggermi? Ti avevo avvertito, sciocca.»
Potrei stupirti, pensò la ragazza tra sé e sé.
Intanto il boccino era diventato ad un tratto ben visibile, mentre il campo, i giocatori, l’aria stessa sembrava aver perso consistenza. C’era solo quella pallina dorata, che svolazzava dispettosa di fronte agli occhi dei due Cercatori, esattamente come aveva fatto alle prove. Esmeralda si sentiva come in una sorta di dèjà vu: riusciva a percepire la forza furiosa del vento che le fischiava nelle orecchie, la rabbia di Frollo e il cuore che pompava nel corpo il desiderio di vittoria.
Ora c’erano solo loro due: il suo avversario aveva il viso trasfigurato in un’espressione furiosa, mentre volava accanto a lei, le loro spalle di nuovo in uno stretto contatto dettato dalla competizione. Il braccio pallido del ragazzo era già teso per afferrare il boccino; Esmeralda capì che, se non avesse osato, la squadra di Serpeverde avrebbe vinto la partita – e lei non poteva permetterlo. Sorrise quando si ricordò che lei aveva una caratteristica che Frollo, sicuramente, non possedeva: il coraggio.
Basta fare come alle prove, Esme.
Come alle prove.
Fu quel pensiero a darle la spinta finale.
In un attimo, aveva spiccato un balzo dalla scopa e la sua mano si era avvolta attorno al boccino. Lo realizzò trattenendo un’esclamazione di trionfo, mentre sentiva la voce di Anna che, dal megafono, diceva: «Ed ecco che Esmeralda Trouillefou, la nuova Cercatrice, afferra il boccino!»
La ragazza si prese il tempo per riprendere fiato, mentre osservava la sferetta dorata che ora stava placidamente immobile sul palmo della sua mano; i capelli erano ricoperti di polvere e l’attrito con il terreno non era stato piacevole, ma niente poteva essere paragonato alla soddisfazione che provava.
«Grifondoro vince la partita!» esclamò Anna, felice.
Esmeralda sorrise: aveva preso il boccino e battuto Claude Frollo alla sua prima partita.
Grifondoro aveva vinto.
 
 
*
 
 
Aveva iniziato a nevicare, subito dopo la partita. Leggeri, delicati, piccoli fiocchi avevano cominciato a scendere sui vincitori. Esmeralda non poteva che sentirsi soddisfatta di se stessa; aveva fatto vincere la sua squadra.
«Sei stata grande!» la abbracciò Ercole, una volta dentro la tenda, stringendola con le sue braccia muscolose in una presa che quasi la stritolò.
«Grazie» fece lei, sentendosi gli occhi che le si illuminavano.
«Lo immaginavo che ce l’avresti fatta» disse Febo, dandole una pacca sulla spalla forse troppo forte. Esmeralda rise, massaggiandosi un pochino il punto in cui il suo amico l’aveva colpita, e Febo divenne tutto rosso. «Ti ho fatto male?» farfugliò, imbarazzato.
«No, tranquillo» lo rassicurò lei.
Il ragazzo indugiò un attimo, poi chiese: «Verresti a festeggiare con me, nella Stanza delle Necessità? Passiamo un po’ di tempo insieme. Vuoi?»
Le rivolse un sorriso dolce, che lei ricambiò con un sopracciglio alzato.
«Se non ti conoscessi direi che ci stai provando con me, sai?» lo stuzzicò, maliziosa.
«Chi? Io? Naah» fece Febo. «Comunque non sviare il discorso. Ci saresti, non so... dopo cena?»
Esmeralda sorrise, decisa. «D’accordo» disse, infine.
Dentro di sé, mentre guardava il suo amico sembrare in qualche modo felice, sentì che quella sera sarebbe stata diversa dalle altre; ma la cosa, sinceramente, non la spaventava affatto.

 


 
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Ciao a tutti!
Siamo arrivati alla tanto sospirata partita tra Grifondoro e Serpeverde, con un’ inaspettata vittoria della squadra rossa e oro. Esmeralda, novella Cercatrice, è riuscita a sottrarre il Boccino a Frollo, che gioca invece da anni... secondo voi riuscirà a passarla liscia? Ovviamente no, eheh.
Spero di aver descritto bene la partita, perché ho cercato davvero di fare del mio meglio per sentire io stessa tutte le emozioni del momento :) Infine, abbiamo Febo che invita la nostra Grifa a passare un po’ di tempo da sola con lui... sarà l’inizio di una nuova coppia? ;)
Vorrei, prima di lasciarvi finalmente in pace  concludere le note d’autrice, spendere due parole su Meg; esattamente come nel film originale, l’ho voluta rendere una ragazza apparentemente dura e acida, ma in realtà molto sensibile e piena di rimpianti. Sicuramente ci sarà un approfondimento sulla sua storia personale; in fin dei conti, questa fic è ambientata durante l’ultimo anno di Hogwarts, e negli anni precedenti possono essere successe svariate cose ai singoli personaggi.
Detto questo, vi saluto, e spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento <3
Alla prossima,
Stella cadente


 
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