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Autore: SaintPotter    05/08/2017    1 recensioni
“ Lo scarlatto scoppiettio delle fiamme era ciò che di più vivo albergasse nel maniero. Il fuoco, alimentato dalla legna del caminetto, sembrava ardere, producendo quei brevi rumori ripetuti, ma non bruciava veramente. Era estate ed in quella stagione qualcuno si disturbava a lanciare l’Incantesimo Freddafiamma al focolare. Le fiamme non avevano il fine ultimo di riscaldare le pelli diafane degli abitanti del maniero, ma i loro cuori. Sempre che qualcuno, lì, avesse un cuore. ” ( ... ) “ Albus Potter era il fratello che Scorpius Malfoy non aveva mai avuto, era più lui la sua famiglia che Draco Malfoy. Era tutto, o quasi. Perché c’era qualcun altro. O meglio, c’era stato, ma poi era successo un disastro. Uno di quei disastri che parevano irrisolvibili. Un disastro gigante. E così Lily Potter si era ritrovata a diciassette anni incinta della figlia di Scorpius Malfoy ed ora, due anni ed un mese dopo, i due nemmeno si parlavano. ” ( ... ) “ Tutti soffrono. ” ( ... ) #TeamScorily.
Genere: Angst, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Lily Luna Potter, Scorpius Malfoy, Un po' tutti | Coppie: James Sirius/Dominique, Lily/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Everybody hurts

SaintPotter
 
 
 
 
 


3
 


 
Scorpius Malfoy detestava l’odore degli ospedali. Odore che, tanto, avrebbe sentito probabilmente per il resto della sua vita, poiché tra pochi anni avrebbe terminato l’università e da allora avrebbe indossato anche lui il tipico camice verde lime dei Guaritori. Un po’ sapeva di disinfettante. Per la maggioranza sapeva di sangue e di morte. Un odore del cazzo.
Non c’era più lo scoppiettio delle fiamme, aveva deviato per il San Mungo e soltanto qualche ora dopo avrebbe pagato la retta e infine sarebbe tornato a casa, dove nessuno v’era ad aspettarlo.
Salì al quarto piano, al Reparto Lesioni da Incantesimo, cercando di non far caso ai Guaritori che, frettolosi, correvano per i corridoi. Tentò di posare l’attenzione soltanto sui numeri che vi erano sulle porte, benché non avesse bisogno di leggerli. Scorpius sapeva perfettamente dove si trovasse la porta che stava cercando e sapeva percorrere la strada che lo portava ad essa, poiché per essa passava ogni settimana. Però volle leggerli comunque, quei numeri. Doveva essere il suo modo per placare l’ansia che voleva farsi sempre più grande e scuotere il suo petto sino a distruggere la sua gabbia toracica. Alcuni numeri se li perse, dato che alcune porte venivano aperte e da esse correvano via Guaritori che tentavano un’ultima volta un salvataggio o da ospiti che, di solito con le lacrime agli occhi, erano andati a trovare i pazienti, loro cari.
Arrivò dinnanzi all’ultima porta del corridoio. Questa era stata chiusa appena in quel momento, ne era uscita una giovane donna che Scorpius conosceva molto bene. Jessica Strout era stata assunta al San Mungo nonostante sua zia, Miriam, avesse permesso ad alcuni Mangiamorte di assassinare Broderick Bode, negli anni Novanta.
«Salve, signor Malfoy» lo salutò con un sorriso educato sul volto. «Come sta?»
Nonostante Scorpius non solesse essere maleducato con lei, che sempre si mostrava gentile e disponibile nei suoi confronti, ignorò i suoi modi educati e si limitò a salutarla con un cenno del capo. Voleva anche sorriderle e pensava pure di averlo fatto, ma non ci era riuscito.
«È successo qualcosa?» domandò preoccupato.
«Niente di nuovo.»
«Non mi menta» insistette lui.
La Guaritrice tirò un sospiro e lanciò un’occhiata dietro di lei  alla porta che si era chiusa alle spalle. Probabilmente sperò che nessuno l’aprisse ora che il figlio di Astoria Malfoy fosse lì.
«Vede, signor Malfoy» cominciò questa, cercando le parole giuste da dirgli. «È grave, è sempre stata grave. Noi stiamo facendo del nostro meglio, ma è difficile. Per ora vive, ma alcuni ingredienti per la pozione sono introvabili e parecchio costosi, l’ospedale…» L’ospedale non poteva permetterseli. Non per quella pozione.
Per ora è viva. Per ora. Queste parole lo avevano scioccato. Che cazzo voleva dire, si chiedeva, che per ora fosse viva? Non era arrabbiato. Era disperato. Lo era a tal punto, tuttavia, da non riuscire a fare niente. Era immobile a guardare la Strout che altro non riusciva a fare che guardarlo con aria desolata. Non era neppure riuscita a terminare la sua frase!
«Mi dispiace» però riuscì ad aggiungere lei.
Scorpius nemmeno sbatteva le palpebre. La guardava, ma non la guardava veramente. Altre immagini aveva per la mente. Tutte orribili. Tutte insopportabili. L’ultima non riguardava la paziente. L’ultima riguardava suo padre e lui, Scorpius gli lanciava contro quanti più Schiantesimi riuscisse, sembrava così disperato da non preoccuparsi se l’altro fosse capace di venire ammazzato dal suo stesso figlio o meno.
Scorpius era fragile, vedete. Più di quanto apparisse. Riuscì a trattenere le lacrime, riuscì a trattenersi dall’urlare con tutto il fiato che avesse nei polmoni, riuscì ad avere solo un’espressione dura in volto, mentre mosse un passo in avanti. In tutta risposta, la Guaritrice lo mosse indietro e mise pure una mano sulla porta per impedirgli di entrare.
«Non è l’orario di visite, Scorpius» disse stancamente. Stavolta lo chiamò per nome. Lui nemmeno le notò, le grosse borse che la donna aveva sotto agli occhi. Non importava. Lui aveva occhiaie più grosse e tante rughe, nonostante fosse solo un ragazzo, alla fine. Aveva raggiunto i ventuno da un paio di mesi, anche se ultimamente sembrava più vecchio di almeno dieci anni. Per la stanchezza.
«Mi dispiace» aggiunse nuovamente. Le dispiaceva davvero. Era difficile comportarsi così, ma non poteva lasciarlo entrare. Non perché non fosse l’orario delle visite, bensì perché la situazione fosse critica. E questo non sapeva come dirglielo. Presto la donna avrebbe iniziato a sudare. Come ancora sudava l’uomo che aveva urtato prima e poi quasi travolto Scorpius a Diagon Alley e che ora era dietro quella porta ad attendere che un Pozionista terminasse di preparare la pozione per Astoria Malfoy. Astoria Malfoy che anche quest’oggi aveva avuto la fortuna di avere la pozione salvavita a disposizione, per quanto altro tempo ancora? Astoria Malfoy che ogni giorno sembrava sul punto di morire. Astoria Malfoy che ogni giorno moriva sempre più. Ogni ora, ogni minuto, ogni secondo.
Anche lei detestava l’odore degli ospedali. Quando Scorpius le disse che sarebbe divenuto un Guaritore, lei arricciò il naso e gli disse che non sarebbe mai andata a trovarlo al lavoro, perché odiava stare in quel posto. Dopo rise e gli disse che fosse molto fiera di lui, che Scorpius sarebbe diventato uno dei migliori Guaritori del San Mungo e che lo avrebbero reclamato tutti, all’estero. E che sarebbe finito ad essere il responsabile di un qualche reparto nel giro di due settimane, ne era sicura. Forse sarebbe accaduto veramente, forse no. In ogni caso, lei non lo avrebbe mai saputo. Non lo avrebbe mai saputo, perché per le sue condizioni sarebbe potuta morire nel giro di qualche giorno. Si sperava di no. Scorpius lo sperava, più di tutti. Scorpius piangeva quasi ogni notte, come un bambino e segretamente. L’unico che sapesse dei suoi pianti era Albus Potter, il suo migliore amico. Lo sapeva perché una notte si era Materializzato nel maniero dei Malfoy perché si stava rompendo il cazzo, questa era stata la sua scusa, e si sentiva James russare dalla stanza affianco. E l’aveva visto. L’aveva visto e l’aveva abbracciato, ma non come si abbracciavano i maschi. Non gli aveva dato qualche pacca sulla spalla dicendogli che sarebbe andato tutto bene. Forse non aveva detto ciò perché non era sicuro che sarebbe andato tutto bene e non voleva mentirgli. No, Albus era stato in silenzio e semplicemente gli aveva fatto comprendere che lui c’era e che per lui ci sarebbe sempre stato, l’aveva stretto a sé così forte che avrebbe quasi potuto fargli male, gli aveva accarezzato anche la schiena in quella stretta, neanche fosse la sua sorellina, e Scorpius aveva spalmato il suo volto sul petto dell’amico e si era lasciato abbracciare, aveva continuato a piangere e gli aveva bagnato la maglietta con le lacrime. Ma ad Albus non era importato, aveva continuato ad essere lì con lui ed a stringerlo. Albus Potter era il fratello che Scorpius Malfoy non aveva mai avuto, era più lui la sua famiglia che Draco Malfoy. Era tutto, o quasi. Perché c’era qualcun altro. O meglio, c’era stato, ma poi era successo un disastro. Uno di quei disastri che parevano irrisolvibili. Un disastro gigante. E così Lily Potter si era ritrovata a quasi diciassette anni incinta della figlia di Scorpius Malfoy ed ora, due anni ed un mese dopo, i due nemmeno si parlavano.
Jessica Strout si guardò intorno quasi ad assicurarsi che nessuno fosse nei paraggi, dopo tentò un sorriso e si rivolse a Scorpius. «Prometto che avviserò non appena avremo notizie.»
Lui non aveva un bel niente per cui sorridere, ma comunque le fu grato, anche se gliene sarebbe stato di più se l’avesse lasciato entrare, e si arrese al più piccolo sorriso che gli potesse venire fuori, privo di felicità. «Grazie» rispose solo. Fece per andarsene, già si era voltato per incamminarsi verso l’uscita, quando… «Mio padre è già venuto? A trovarla in questi giorni…»
La Guaritrice prese a torturarsi le mani come soleva fare l’elfo domestico della famiglia del ragazzo quando non sapeva come dare una qualche brutta notizia. Cercò le parole ed esitò, prima di rispondere cautamente. «In realtà… non vedo il signor Malfoy da… dal mese scorso.»
Ti pareva. Scorpius si irrigidì. Quando mai a Draco Malfoy importava qualcosa di qualcuno? Di sua moglie che tra un po’ moriva? Desiderò strangolarlo con le sue stesse mani. Ma lui ovviamente era a lavoro, certo! Stronzo, pensò di suo padre solo per la seconda volta in quella giornata.
«Va bene, grazie lo stesso.»
Lei l’aveva capito che ci fosse rimasto malissimo, che fosse deluso dall’uomo. Un po’ le dispiaceva, le faceva pena. E non si capacitava di come un uomo potesse non far visita alla moglie grave da almeno un mese. Lei in realtà non capiva proprio gli uomini, però, infatti a trent’anni ancora non s’era sposata e non voleva saperne nulla di fidanzati.
Gli rispose mestamente con un sorriso e Scorpius sparì dalla sua vista. Poco dopo fu nel salotto del maniero, troppo arrabbiato, triste, ferito e deluso. Da Draco Malfoy. Wow, chissà chi stava peggio tra lui e James Potter!  Tirò un calcio al tavolino dove stavano ancora tutte quelle carte. Non lo ruppe, ma il suo calcio fu abbastanza forte da farlo traballare e qualche carta cadde sul pavimento. Non le rialzò, decise che le avrebbe lasciate lì. Per un attimo volle bruciare tutto, ma la carta non avrebbe mai preso fuoco: le fiamme erano ancora fredde. E lì si moriva di caldo, improvvisamente.
Decise anche che sarebbe andato più tardi a pagare l’università, ché ora non ne aveva la forza. Aveva soltanto la forza di stare male, forse voleva stare male, voleva che il padre se ne accorgesse, ma Dio!, Draco Malfoy non c’era e non ci sarebbe stato, per lui. Non pianse. Volle fare l’uomo. L’uomo arrabbiato. Appellò il suo cellulare, l’unico oggetto babbano che possedesse e che non avrebbe mai potuto non avere, ché quell’essere petulante di Albus Potter a diciassette anni l’aveva pregato di comprarsene uno per poter parlare più in fretta via quello. I mezzi di comunicazione babbani sono molto più veloci di quelli magici, gli ricordava sempre, ed alla fine aveva regalato al migliore amico un iPhone bianco. Scorpius non sapeva neppure quale, ce n’erano troppi. Sinceramente, quale fosse, se Uno, Due, Tre e così via, nemmeno gli importava. Ci mise qualche secondo a trovare il contatto banalmente salvato come “Albus Potter”, ma alla fine riuscì a chiamarlo. E attese.




 

 

 
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