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Autore: Sospiri_amore    19/08/2017    0 recensioni
❤️SECONDO LIBRO DI UNA TRILOGIA❤️
Ritorneranno Elena, Kate, James, Jo, Adrian, Stephanie, Lucas, Rebecca, (Nik ??).
Ci saranno nuovi intrecci, guai, incomprensioni e amori.
Elena avrà dimenticato James?
Chi vivrà un amore proibito?
Riuscirà il Club di Dibattito a sconfiggere la scuola rivale?
Nik sara sempre un professore del Trinity?
Elena andrà al ballo di fine anno?
IL FINALE di questo libro corrisponde alla fine del liceo, il terzo libro sarà incentrato sulla vita adulta dei personaggi. Più precisamente quattordici anni dopo.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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IERI:
Il rumore del potere




I miei tacchi risuonano per il corridoio, nessuno osa parlare. Gli studenti stanno appiccicati alle pareti e mi osservano. Non hanno espressione, non hanno il coraggio di mostrare i loro sentimenti. Hanno paura di me, di qualsiasi mia reazione.

Sanno che se qualcosa dovesse darmi fastidio, io mi arrabbierei.

Se io mi arrabbio sono guai seri per tutti.

Centinaia di frammenti di carta svolazzano ai miei piedi, sono i frammenti dei cartelloni elettorali di Adrian. Il mio fan club ha eseguito gli ordini alla perfezione: hanno scritto i cartelli per Jo e hanno liberato le bacheche delle cose che non servivano. 

I poster elettorali di Adrian erano e sono spazzatura a tutti gli effetti.

Cammino e sorrido. Andrew mi ha detto che per avere il potere è necessario far soffrire qualcuno, in questo caso Adrian. Del resto fa parte del gioco, no?

 

Kate è pallida, stringe il libro di storia come fosse aggrappata ad esso. Stephanie e Jo mi guardano con la bocca spalancata.

«Ciao, come va? Avete visto, ha nevicato a scuola stanotte», dico indicando loro i frammenti di carta sparsi per terra.

«Elena, ma che hai fatto?», mi chiede Jo atterrito.

«In che senso? Non ho fatto nulla». Apro il mio armadietto e prendo i libri che mi serviranno in classe.

«Hai fatto distruggere i cartelloni di Adrian. Non è giusto». Stephanie ha lo stesso tono lagnoso di Jo.

«Io non ho fatto distruggere nulla. Se qualcuno lo ha fatto, è responsabilità loro non mia. Direi che non puoi lamentarti, questo avvenimento gioca a nostro favore. Sarai sicuramente tu il rappresentate d'Istituto», dico a Jo abbracciandolo.

«Ma che fai? Questo non va bene», mi dice togliendo le mie braccia dal collo.

«Quindi ieri ti andava bene che fingessi di essere la tua ragazza e che ti aiutassi con i cartelloni, mentre adesso non ti va più?».

«Io.. Io non credevo arrivassi a tanto», mi dice duro.

«Non credevi a cosa? Che avremmo giocato sporco? Dai Jo, non fare l'ingenuo, qui al Trinity tutti fanno in questo modo, tu compreso. Pensavi veramente di vincere onestamente?», rido di gusto.

«Mi stai spaventando. Non capisco più chi sei», dice Jo.

«Sono la versione aggiornata di me stessa. Del resto, come sono sempre stata, non ti è mai andato bene, no? Non mi hai detto tu che qui al Trinity tutti sono in guerra con gli altri?  Non sei tu che mi hai dissuaso da entrare a Dibattito, l'anno scorso, perché avevi paura di non passare? Adesso di cosa ti lamenti? Ho avuto il coraggio di oppormi alla dittatura di Rebecca, tutto qui», dico ridacchiando.

«Elena, così non cambierai le cose», mi dice Stephanie.

«Dici? Non ne sarei così sicura. In questi giorni ho pensato molto, mi sono state mosse molte critiche», ripenso alle parole di James e Kate, «Ma sai una cosa? Non me ne frega nulla. Dopo il Trinity ci sarà Yale. Dopo Yale ci saranno i colloqui di lavoro. Dopo i colloqui ci sarà la carriera. E alla fine cosa mi rimarrebbe se facessi la santarellina? Nulla. Perché chi è buono non ottiene mai nulla. Cosa ho avuto l'anno scorso? Niente. Eppure sono stata onesta e sincera con tutti: ho aiutato Rebecca, ho capito Adrian, ho amato James, ho supportato ognuno di voi. Eppure, non andava mai bene. Elena sei lagnosa. Elena reagisci. Elena non puoi fare così. Elena aiutami. Elena fai quello. Elena fai questo. Mi sono state fatte cose orrende, mi hanno detto parole infamanti. Qualsiasi cosa io faccia rende infelice qualcuno, nessuno può essere felice se mi sta accanto. Sai una cosa? Ho capito che se le cose stanno così, tanto vale rendere felice l'unica persona che conta in tutta questa storia. Me». Incrocio le braccia al petto e fisso negli occhi ognuno di loro.

«Noi non ti abbiamo mai chiesto nulla», dice Kate arrabbiata.

«Sicura? Ripensa bene a come sono andate le cose. Chi ti ha sempre motivata? Chi si è presa sulle spalle le sofferenze altrui? Tu? Non farmi ridere», dico sarcastica.

 

Un urlo squarcia il silenzio.

 

Rebecca sta venendo nella mia direzione, è infuriata: «Schifosa traditrice. Sei la persona più...». Non termina la frase, scivola. Fa un volo tale che finisce a piedi all'aria. È scivolata sui pezzi di carta sparsi per terra.

La mia risata riecheggia per il corridoio.

Dopo pochi secondi alcuni studenti iniziano a ridere con me, altri indicano Rebecca prendendola in giro. In meno di trenta secondi tutti fanno quello che faccio io.

Rebecca, ancora con il sedere a terra, si guarda intorno confusa. Nessuno l'aveva mai derisa, nessuno aveva mai avuto il coraggio di trattarla così.

Mi avvicino alla bionda, con calma, voglio che la sua ansia raggiunga i massimi livelli. Mi accoccolo vicino a lei. Prendo una manciata di carta e la faccio cadere sulla testa della ragazza: «La neve fuori stagione è un imprevisto. Non sempre piacevole».

James è proprio dietro Rebecca, ha sentito ogni parola che ho detto.

Sorrido divertita nel vedere la sua faccia atterrita.

Adrian e Lucas sono poco distanti e stanno accorrendo per aiutare l'amica. 

«Vi ho ripagato con la vostra stessa moneta. Questo è quello che avete fatto per anni qui dentro. Non osate pestarmi i piedi o ve la farò pagare», dico dura a quei quattro.

L'eco delle risate degli altri studenti accompagna ogni mio movimento.

Prendo dalla borsetta il cellulare e scatto una foto a Rebecca. La spedisco alle ragazze del mio fan club. Dopo pochissimo, i cellulari degli studenti squillano. La foto sta girando per la scuola, tutti vedranno come ho detronizzato la regina.

 

James è impallidito, scuote la testa.

Non mi importa di nulla, Andrew mi ha detto che avrebbero provato a far leva sui miei sensi di colpa. Ha previsto tutto. Tutti loro hanno sempre voluto usarmi, per egoismo e cattiveria. Ora è tempo di fargliela pagare.

 

La campanella suona.

 

Gli studenti corrono per il corridoio verso le aule. Molti ridacchiano, altri spettegolano su quanto appena avvenuto. 

Kate, Jo e Stephanie si sono volatizzati. Non mi hanno neanche salutata.

Rebecca si è rialzata e sta cercando di ricomporsi. Adrian e Lucas la tengono a braccetto. James mi lancia un'ultima occhiata, poi si gira e segue i suoi amici diretti verso i loro armadietti.

Io osservo la scena divertita. Sono tutti così falsi che mi viene il voltastomaco.

 

«Elena». Nik è dietro di me.

«Buongiorno professore», gli dico sorridente.

«Cosa è successo a Rebecca? Perché sono stati distrutti tutti i cartelloni di Adrian?»

Alzo le spalle e con innocenza scuoto la testa.

Nik mi fissa per qualche secondo, sfiora i miei capelli e passa un dito sulla mia guancia.

«Attento, mi togli il trucco». Prendo lo specchietto dalla borsa e con una spugnetta mi passo una dose abbondante di fondotinta.

«Che diavolo succede? Elena, cosa fai?», mi dice Nik con la voce rotta.

«Faccio quello che va fatto. Le cose qui al Trinity andavano male. D'ora in poi tutto filerà alla perfezione», gli dico mentre finisco di sistemarmi il trucco.

«Quindi credi che per eliminare il bullismo si debbano usare gli stessi metodi di quei prepotenti? Non ha senso. Stai diventando come quelli che volevi sconfiggere, non c'è differenza». Nik mi prende per le spalle e mi fissa. I suoi occhi chiari riflettono la luce dei neon, sembrano più acquosi del solito.

«Nik sto facendo quello che mi hai insegnato tu. Non mi avevi detto che la metafora della creta era corretta? Perfetto, in questo momento io sono creta, mi sono modellata ad immagine del Trinity. Cosa sto facendo di sbagliato?».

«Tu sei diversa, sei meglio. Non puoi cadere in questi giochetti infantili. Rivoglio la Elena che conoscevo prima». Le dita di Nik stringono le mie braccia, sento i polpastrelli serrarsi sulla divisa.

«No, Nik. Non sono meglio. Tu l'hai voluto credere, mi hai sempre vista come quella diversa, ma ti sbagliavi. Io sono il risultato del Trinity, niente di più. Dopo sarò il risultato di Yale. Dopo ancora il risultato di uno studio legale. Nessuno vuole me, tutti vogliono la loro versione di Elena. Tanto vale portarsi avanti, tanto sono destinata a diventare una stronza», la mia voce è fredda, distaccata.

«Elena, ma...». Nik mi guarda con il suo solito sguardo dolce.

«Smettila di fissarmi in quel modo. Hai capito?», gli urlo in faccia, «Non sopporto quando fai così». Scrollo le sue mani dalle mie braccia e inizio a correre per il corridoio. Spalanco la porta d'ingresso della scuola e corro nel parcheggio.

 

Aria. Ho bisogno di aria.

 

Prendo il telefono, cerco il numero di Andrew e lo chiamo.

Dopo pochi secondi mi risponde: «Ciao dolcezza, ci siamo salutati da poco. Tutto bene?».

«Oggi niente scuola, non posso farcela. Dove sei?», gli chiedo mentre raggiungo la strada principale iniziando a camminare, a passo veloce, tra i passanti.

«Hmm... Ora sono in classe. Tra meno di un'ora sarò fuori, troverò una scusa. Raggiungimi al parco Franklin. Baci». Andrew riattacca.

 

Elena ricorda le regole.

Devi smetterla di stare male.

Annulla le tue emozioni.

 

Cercando di dare un senso a tutto quello che è appena successo, corro come una pazza, non voglio pensare a nulla. Sbatto contro le persone che camminano sui marciapiedi, molte mi insultano, ma faccio finta di niente. Non mi importa di quello che la gente pensa di me, non mi importa di far soffrire le persone. 

La mia vita è questa, non posso scappare, posso solo adeguarmi e andare avanti. La mia unica speranza è che la corazza costruita mi ripari da ulteriori sofferenze.

 

Chi sono?

Sono ciò che vogliono gli altri?

Esiste una vera Elena o sono la somma delle aspettative altrui?

 

Una sottile pioggia autunnale mi inumidisce la divisa, le scarpe con i tacchi mi fanno male ai piedi, parte del trucco è sbavato sul volto. Raggiungo il parco Franklin in meno di un quarto d'ora, mi rifugio sotto una grande quercia in attesa che spiova e che arrivi Andrew. 

Sento freddo, l'acqua ha bagnato anche la camicia. Piccole gocce mi scivolano dentro la schiena. Mi raggomitolo ai piedi dell'albero. Non piango è come se avessi perso la capacità di provare emozioni.

Kate mi odia.

James mi odia.

Nik mi odia.

Tutti mi odiano.

Fisso l'erba.

Ho il vuoto dentro.

 

«Ciao dolcezza. Ci ho messo una vita a trovarti. Che succede?». Andrew mi accarezza la testa e si mette vicino a me.

«Ho fatto distruggere i cartelloni di Andrew. Ho umiliato Rebecca davanti a tutti», dico senza emozione.

«Sì, lo so. Non capisco il perché di quella faccia. Hai ottenuto quello che volevi, dovresti essere contenta». Andrew mi passa un fazzoletto di carta sul volto per asciugare le gocce di pioggia e il trucco sbavato.

«Come fai a saperlo? Non... Non capisco...», chiedo spaesata.

«Le notizie corrono veloci, mi hanno mandato la foto di Rebecca con il sedere per terra tra le cartacce. Deve essere stata una scena parecchio esilarante, peccato non fossi lì. Credi che Rebecca ceda il suo posto di regina tanto volentieri?». Andrew scuote la testa. «Pochi minuti dopo la foto, mi è arrivato un messaggio molto interessante, guarda». Andrew mi mostra il suo cellulare.

 

Ho bisogno del tuo aiuto per risolvere un problema al Trinity. 

Devo schiacciare una serpe.

 

«Ma perché Rebecca ha chiesto aiuto a te?». Non smetto di rileggere il messaggio.

«Per lo stesso motivo che ti ha spinta a chiamarmi. Sono bravo a complottare, più di quanto tu possa immaginare», mi dice Andrew mentre mi aiuta ad alzarmi. Mi sposta i capelli dal volto e li mette delicatamente dietro le orecchie.

«Quindi aiuterai lei o me?». Lo guardo dritto negli occhi.

«Dolcezza, credo sia chiaro. Sono qui per te. Devi smetterla di pensare e arrovellarti, inizia a godere dei privilegi che hai acquisito. Cancella tutti i dubbi ed elimina le paure. Quell'energia che senti è il potere, il potere di fare quello che vuoi al Trinity. A Rebecca ci penso io, tu non devi far altro che ascoltarmi. Vedrai che presto non avrai più rivali e potrai essere te stessa, senza più menzogne».

 

Osservo Andrew, mi ripeto che le sue parole sono giuste.

Presto avrò tutto il potere che desidero.

Presto godrò del potere che merito.

Presto riempirò quel vuoto che sento.

Presto, le voci che urlano nel mio cervello, si calmeranno.

Presto, ci sarà la calma.

 

Che rumore ha il potere?

È il suono del silenzio.

 
   
 
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