Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: koan_abyss    09/03/2018    3 recensioni
Il percorso di cinque giovani Serpeverde attraverso le influenze e le aspettative delle famiglie, della comunità magica, di alleati e rivali dai primi anni di scuola al culmine della II Guerra Magica.
Gli anni immediatamente precedenti e quelli narrati nei libri della Rowling visti dagli occhi di Severus Piton: le sue esperienze, i suoi legami, la sua promessa.
Mentre i suoi studenti sfogliano le canzoni dell'innocenza, si confrontano con le tradizioni, costruiscono a poco a poco la loro identità, Severus Piton, incastrato nel suo doppio ruolo di Direttore di Serpeverde ed ex-Mangiamorte, diventa suo malgrado una figura importante per loro e le loro scelte future.
La fanfiction non intende discostarsi dal canon, ma anzi seguire fedelemente la storia originale del punto di vista verde-argento.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Severus Piton, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 4



“Ci è voluto un avvenimento decisamente grave, per distoglierti dall’organizzazione di questo maldetto Torneo Tremaghi,” commentò Piton, acido.
Non aveva dubbi che il motivo della convocazione del Preside fosse discutere dell’apparizione del Marchio Nero alla Coppa del Mondo di Quidditch.
“Un avvenimento terribilmente grave e importante, sì,” annuì Silente. “Come a sua volta è terribilmente importante il Torneo Tremaghi…”
Piton sbuffò e borbottò qualcosa riguardo ‘quello stupido circo’.
“Ti sarà presto chiaro il perché, Severus,” continuò il vecchio mago. “Dimmi cos’hai sentito.”
“Non molto,” dovette ammettere Piton. “Ha sorpreso tutti, e neppure Lucius ha idea di chi possa esserci dietro. A parole, molti sarebbero lieti del Suo ritorno, ma nessuno è così stupido da non aver paura della punizione del Signore Oscuro. Difficilmente Lui sarebbe compiaciuto di quello che hanno fatto…di quello che abbiamo fatto…per evitare Azkaban.” Scosse la testa: “Non riesco a ipotizzare chi avrebbe potuto compiere un atto del genere.”
Un gesto folle, teatrale, per scatenare il panico e promettere morte. Riusciva solo a immaginare Bellatrix, a impugnare la bacchetta che aveva evocato il Marchio.
“Un servo fedele che si è ricongiunto al suo signore,” disse Silente.
“Non credo affatto che Minus si sarebbe infiltrato alla Coppa del Mondo per evocare il Marchio Nero.  Rischiare di affrontare tutto il Ministero per scagliare in cielo la propria dichiarazione di lealtà al Signore Oscuro non mi sembra coerente con il carattere dell’uomo che ha passato tredici anni da topo,” gli rispose Piton, sarcastico. “Quanto al fatto che Minus abbia intenzione di tornare dal suo vecchio padrone…devo ancora esserne convinto.”
Aveva dovuto accettare la versione dei fatti di Lupin, Potter e Black, alla fine. Il pensiero ancora gli rovesciava lo stomaco.
Silente sospirò: “Purtroppo, Severus, che Peter Minus si sia ricongiunto a Tom Riddle è una certezza. Non abbiamo ragioni di dubitare delle profezie di Sibilla Cooman.”
“Cosa?!”
Silente gli raccontò della predizione della veggente, ascoltata per caso da Harry Potter.
Piton si alzò in piedi con orrore. Di nuovo. Un’altra Profezia, Potter coinvolto, il potere del Signore Oscuro in gioco. Perché la Storia si ripeteva e giocava con lui? Ancora una volta Piton si era intromesso, aveva impedito ai suoi vecchi amici di uccidere Minus…
“Hai aspettato mesi, a dirmelo?” sibilò a Silente, lieto di poter indirizzare su di lui la sua collera, almeno per un po’.
“Prima saresti stato nelle condizioni di ascoltarmi, Severus?” gli chiese il Preside, trafiggendolo con lo sguardo al di sopra delle dita intrecciate. Poi continuò, con noncuranza: “Ho cominciato subito a muovermi, anche se ti non ho detto nulla, non preoccuparti.”
“Facendo cosa?” lo interrogò Piton, misurando a grandi passi l’ufficio.
“Organizzando il Torneo Tremaghi,” sorrise il vecchio.
Piton lo fulminò con lo sguardo: “Oh, bene. Hai messo in piedi un programma di scambi interscolastici. Siamo a cavallo di una scopa.”
“Il Torneo sarà un’ottima occasione di rinsaldare i legami della comunità magica internazionale. Avremo un disperato bisogno di alleati molto presto, temo,” replicò Silente, grave. “Tom Riddle ha già messo in moto i suoi piani, a meno che non mi stia sbagliando di grosso a interpretare i fatti. Vuoi aiutarmi, Severus? Minus è fuggito e non ha altri compagni, oltre al suo vecchio padrone. Una dipendente del Ministero, Bertha Jorkins, è scomparsa. Le ultime notizie di lei ci dicono che era in Albania. Un babbano, Frank Bryce, è scomparso nel paese in cui viveva il padre di Tom Riddle. Cosa ti suggeriscono questi avvenimenti?”
Piton si affacciò alla finestra. Un servitore, una donna scomparsa dove si diceva che il Signore Oscuro si fosse rifugiato e un uomo scomparso invece in Inghilterra. Qualcosa si muoveva, e verso di loro.
“Sparizioni e omicidi di babbani. Guerra,” sussurrò con voce amara. Si voltò di scatto: “Ed è per questo che dovremmo cercare chi ha evocato il Marchio, scoprire chi altri sono i suoi alleati, oltre a Minus! Non pensare al Torneo Tremaghi, raddoppiare il numero di ragazzini a cui badare e avere Karkaroff da tenere d’occhio!”
Gli occhi di Silente brillarono: “Al contrario, voglio proprio l’opportunità di tenere sott’occhio Karkaroff, e Madame Maxime. Un suo ex-seguace e una figura che potrebbe fungere da intermediario con i giganti.”
“I giganti?” ripeté Piton.
“Si sono schierati con Voldemort, l’ultima vota, lo ricorderai. Sto mettendo le mani avanti, pensando a Madame Maxime, ma,” e si picchiettò una tempia con l’indice, “sai quanto amo pianificare a lungo termine.”
Piton roteò gli occhi: “Dovrò sorvegliare Karkaroff e tenerlo lontano da Potter, presumo…”
“Te ne sarei grato. Ma non intendo addossare questo compito solo sulle tue spalle,” rispose Silente.
Piton tornò stancamente a sedersi: “Ah, no? E chi altro dovrebbe prendersi questo fastidio?”
“Voglio al castello qualcuno di cui mi fido, che conosca Voldemort e i suoi Mangiamorte, che sappia cosa aspettarsi,” cominciò Silente. “Qualcuno che possa insegnare ai ragazzi ad essere pronti a tutto…dovrà insegnare Difesa Contro le Arti Oscure, visto che siamo di nuovo a corto di membri del corpo docente…” e di nuovo lanciò a Piton un’occhiata penetrante.
Piton distolse lo sguardo, una fitta di furia che lo pungeva al cuore.
“Albus, vuoi deciderti a dirmi chi vuoi assumere o ti diverte così tanto tenermi sulle spine?” ringhiò.
Il Preside sorrise brevemente e prese a vezzeggiare Fanny, la fenice: “Ho già preso contatti con Alastor Moody.”
Piton dovette fare uno sforzo per dominarsi.
“Alastor ha un conto in sospeso, con Karkaroff. L’ha cercato e inseguito per mesi e non ha apprezzato che Igor abbia ottenuto il rilascio in cambio di informazioni importanti per il Wizengamot,” continuò Silente.
“No,” disse Piton, piano. “Come non ha apprezzato che io sia stato assolto. Moody odia i Mangiamorte scampati ad Azkaban.”
“È così.”
“Quindi anche me. Anche io sono un Mangiamorte, non lo hai dimenticato, vero?”
Silente lo fissò, serio: “So che non lo sei più. Hai smesso di esserlo quando sei venuto a chiedermi di proteggere Lily.”
“Smettila! Non parliamone…”
Non poteva sopportare il pensiero di Lily proprio lì, nell’ufficio di Silente, l’unico luogo in cui si era concesso di piangerla di fronte a qualcun altro.
“Ho piena fiducia in te, Severus. L’ho testimoniato davanti al Wizengamot, l’ho detto ad Alastor e lo ripeterò a chiunque, ogni volta che sarà necessario,” gli disse il vecchio mago. “Anche a te, finché non ne sarai convinto.”
Piton lo sbirciò con la coda dell’occhio, tenendo il capo voltato. Una parte di lui voleva ribattere che il Preside non aveva davvero fiducia in lui, ma in se stesso: aveva fiducia di manipolarlo e dirigerlo nella direzione che serviva ai suoi scopi, come aveva sempre fatto. E un’altra parte di lui desiderava disperatamente credergli.
“D’accordo. Va bene,” rispose infine con tono seccato. “Sopporterò il torneo Tremaghi e Malocchio Moody.”
Silente gli sorrise, gli occhi che brillavano.
Piton lasciò l’ufficio del Preside rimuginando su quello che lo aspettava. Avere a che fare con Moody non sarebbe stato facile: se solo gli fosse stato possibile, lo avrebbe evitato in ogni modo. Da Karkaroff non sapeva che cosa aspettarsi. Non era certo un amico come Lucius Malfoy, quando erano giovani, e alla caduta del Signore Oscuro aveva dato in pasto al Wizengamot il nome di Piton (tra gli altri), per evitare la condanna. Forse pensava che Piton non lo sapesse. Anche lui avrebbe avuto vita dura con Moody.
La mente di Piton ritornò all’articolo del Profeta sull’apparizione del Marchio Nero. La foto era in bianco e nero, ma lui non aveva avuto nessuna difficoltà a ricordare il bagliore verde delle stelle che lo componevano, la luce terribile che diffondeva attorno come miasmi infernali, come radiazioni: l’aveva visto, ed evocato, un numero sufficiente di volte sufficiente a non scordarlo mai più.
Ripensò all’incontro con Lucius a Malfoy Manor, il giorno prima. Certe questioni erano troppo delicate per essere affidate alla pergamena e troppo segrete anche per le stanze riservate del club di Diagon Alley.
“Non so proprio che cosa dirti, Severus,” aveva riposto il padrone di casa. “Per quel che ne so, noi eravamo tutti .  Non so proprio chi ci fosse in quel boschetto. Forse è stato Sirius Black,” aveva aggiunto con una mezza risata.
L’avvenimento era ancora fresco nella sua mente, ma Malfoy on aveva intenzione di mostrarsi preoccupato davanti a nessuno.
Piton aveva grugnito qualcosa e Malfoy aveva sospirato con superficiale partecipazione: “Un vero peccato che sia fuggito. Ma dovevi per forza dare di matto davanti a Caramell?”
“Te l’ha detto McNair?”
“Già.” Malfoy scosse la testa. “Io non faccio che mettere buone parole per te, e tu…” lo aveva rimproverato, cogliendo l’occasione per cambiare argomento.
“Puoi smetterla anche adesso,” aveva ringhiato Piton. “Davvero non mi interessa.”
L’altro aveva sorriso: “Come ha fatto a fuggire, Black, a proposito?”
“Non lo sa nessuno.”
“Di sicuro non da solo,” aveva speculato Malfoy giocando col suo bastone da passeggio, lo sguardo pensieroso al soffitto. Poi si era scosso: “Ma certo! È stato Silente! Ecco perché sei così indispettito!”
“Che vuoi dire?” aveva chiesto Piton, guardingo.
“Sono sempre stato convinto che il traditore in seno al vecchio fosse Peter Minus, ero sicuro di averlo visto con il Signore Oscuro. Ma poi Black venne arrestato e Silente non fece nulla per tirarlo fuori…” aveva risposto il biondo con l’aria di chi sta finalmente mettendo insieme i pezzi.
“Sapevi che era stato Minus a consegnare i Potter al Signore Oscuro, e non me l’hai mai detto?” gli aveva chiesto Piton a voce bassa.
Malfoy si era stretto nelle spalle: “Ti importava? Era una voce che girava, ad Azkaban e nelle celle del Ministero. Niente impediva però che anche Black fosse un traditore: avrebbe potuto voler vendicare il fratello…Ma se Silente ha fatto in modo che fuggisse, allora è ancora uno dei suoi,” concluse.
“Quindi non è stato lui ad evocare il Marchio Nero alla Coppa del Mondo,” aveva commentato Piton, la mente chiusa, il viso neutro. Sperava.
“Forse è stato Black ad uccidere Regulus,” aveva continuato ad ipotizzare Malfoy.
“Temo proprio che Regulus sia incappato in qualche Auror da solo…” aveva borbottato Piton. “O forse è stato punito dal Signore Oscuro. Dubito che lo sapremo mai.”
Malfoy si era accigliato: “Credo lo avremmo saputo, se il Signore Oscuro avesse dato ordine di uccidere uno dei nostri…”
“Davvero? Io ho scoperto dopo tredici anni di non essere l’unica spia del Signore Oscuro,” aveva ribattuto Piton.
“Hai ragione, era il caos. Ma era la nostra guerra, la nostra crociata, e attraverso la sua visione tutto sembrava chiaro.”
“Ora mi domando se non l’abbia evocato tu, il Marchio, in un impeto di nostalgia,” aveva borbottato Piton.
“No, te l’assicuro. Certo non posso negare di chiedermi, talvolta, dove saremmo arrivati se Lui non fosse caduto…”
“Saremmo davvero arrivati da qualche parte?” aveva chiesto Piton, alzandosi.
“Perché no? Se avessimo continuato a combattere fino alla calma, se avessimo oltrepassato la tempesta…”
“E la vita sarebbe continuata così? Battute di caccia al babbano, come alla Coppa del mondo, e incontri con il Maestro, le sgomitate per mettersi in luce…”
“Alla Coppa del Mondo ci siamo…lasciati trasportare,” aveva ammesso Malfoy. “Ci siamo sentiti di nuovo giovani, ardenti, pronti a combattere con gioia, con euforia, per plasmare un nuovo mondo.”
“Me ne vado, prima che tu ti metta a declamare. Non siamo più giovani menti da plasmare. E alla Coppa del Mondo avete solo fatto la figura degli etilisti spaventati dall’avanzare del tempo,” lo aveva interrotto Piton, strappandogli un sorriso amaro.
Il professore di Pozioni era passato a salutare Narcissa: “Tuo marito è nostalgico. So che succede più sovente quando tu sei arrabbiata con lui.”
“Ci conosci troppo bene, Severus,” aveva risposto Narcissa.
Il motivo dell’irritazione della donna lo aveva svelato Draco.
“Professore!” aveva esclamato allegro quando aveva visto Piton. “Padre le ha raccontato della Coppa del Mondo? C’erano quattro babbani che…”
“Non voglio più sentire una parola, su quella notte!” lo zittì sua madre. “Tuo padre ha agito in maniera impulsiva e sciocca! Coinvolgere il mio bambino nei tafferugli…”
Draco era arrossito: “Ma…madre…”
“Draco,” era intervenuto Piton. “Quello che è successo alla Coppa del Mondo non è un argomento di cui sia saggio parlare, in assoluto. Se te ne sentirò fare menzione a scuola te ne pentirai.”
Il ragazzino se n’era andato scornato e Piton aveva rassicurato Narcissa: “Il Torneo Tremaghi fornirà un diversivo sufficiente. Dimenticheranno questa storia in un lampo.” Non era riuscito a trattenersi dal chiedere: “Tu dov’eri?”
“Sono tornata a casa per lasciare i miei uomini a godersi i festeggiamenti. È la prima e l’ultima volta che permetto a Lucius di portare Draco con i suoi amici,” aveva riposto Narcissa. Poi aveva fissato Piton intensamente: “Le voci durante il primo anno di scuola di Draco…la fuga di Sirius…ora questo. Sta succedendo qualcosa, Severus?”
“Non ci pensare, non ci pensate,” aveva risposto lui. “Distogli tuo marito da quel ridicolo stato d’animo, fallo infuriare: fagliela pagare in qualche modo!”
“Che amico che sei!” aveva riso Narcissa accettando la sua rassicurazione.
Piton aveva da tempo rinunciato alla possibilità di seguire il suo stesso consiglio. Aveva mille cose a cui pensare: il torneo, Karkaroff, Moody e, come sempre e per sempre, Harry Potter.

“Tuo padre ha fatto commenti?” chiese Will, mentre lui e Liam uscivano dal salotto dei Warrington. “Riguardo…be’, lo sai.”
Seguì l’amico verso le scale, un po’ sorpreso che avessero saltato l’usuale saluto al padrone di casa. Normalmente una visita allo studio di Damian Warrington era d’obbligo, ma era anche piuttosto anomalo che Liam lo invitasse due volte in meno di un mese. Durante tutte le estati precedenti quasi tutti i loro incontri erano avvenuti a casa di Will.
Liam si strinse nelle spalle, le mani in tasca: “Ha letto il Profeta, e mi ha chiesto cos’era successo. Ma non ha detto granché.”
Liam aveva raccontato sommariamente della notte della Coppa del Mondo, in piedi davanti a suo padre, seduto dietro la scrivania a scrutarlo attento, il bastone posato su una copia della Gazzetta del Profeta col Marchio Nero in prima pagina. Liam aveva aspettato sempre più teso, mani e mascella contratte, che il vecchio gli chiedesse con chi si trovava suo figlio durante gli scontri, se fosse stato dove sarebbe dovuto essere, se era stato l’anello debole della catena…
Ma Damian Warrington lo aveva fissato in silenzio e poi congedato con stanchezza, senza critiche o lodi o richieste di alcun genere.
“Tua madre?” chiese a Will.
“Non pensavo che la cosa l’avrebbe turbata tanto…lasciami solo dire che era in ansia all’idea che uscissi di casa, oggi.”
“Ma tu non le hai detto niente, giusto?” Liam lo guardò di sottecchi.
“Il meno possibile. Ho cercato di distrarla con il Torneo Tremaghi,” rispose il biondo. “Fortuna che Elly ne ha parlato…”
Non avevano parlato di molto altro, lui ed Euriale. La ragazza non era per niente ansiosa di ripensare ai loro giorni in campeggio. Doveva essersi spaventata davvero, ne aveva concluso Will. Prima avessero dimenticato la faccenda, meglio sarebbe stato per tutti.
“Come sta Euriale?” gli chiese Liam, aprendo la porta della sua stanza. “Avete altri…incontri…in programma?”
Will sospirò frustrato: “No. I suoi l’hanno presa peggio che mai. Dice che non la lasceranno più uscire fino al primo settembre…”
Fece per seguire Liam nella sua camera, ma sbatté il naso contro qualcosa di duro, percosso da scariche di magia. Si ritrovò sdraiato a terra nel mezzo del corridoio, a seguito di un crack assordante.
“Cosa cazzo è stato?!” domandò a Liam, che lo fissava interdetto con ancora le mani in tasca.
Will era sempre entrato senza problemi in camera sua, nonostante il sigillo elfico sulla soglia.
“Oh!” fece poi, mentre l’espressione perplessa lasciava il posto all’ilarità. “Il nostro Wallace è diventato un uomo!”
“Eh?”
Liam si piegò in due dalle risate davanti alla faccia confusa e irritata dell’amico.

“Non ci hai raccontato niente, di te e Will…” disse Isabel a un certo punto.
Madeline sbirciò Euriale con la coda dell’occhio: lei avrebbe evitato, la loro amica non sembrava di buon umore. Ma anche Isabel doveva essersene accorta, perché la sua domanda implicita non aveva affatto il tono malizioso che avrebbe potuto sfoggiare.
“Uhm?” fece Euriale, continuando a sfogliare la sua rivista. “Ma sì, che vi ho raccontato di me e Will…” rispose con voce piatta.
“Al campeggio, la mattina dopo. Ma poi non ne ahi più parlato,” insistette Isabel. “Sai per quanto tempo io non ho fatto altro che pensare e ripensare a quando io e Liam lo abbiamo fatto la prima volta?”
“Settimane,” intervenne Madeline con vaga esasperazione. “Settimane intere.”
“Appunto,” fece Isabel. Si arrampicò sul letto dell’amica. “Qualcosa è andato storto?” chiese gentilmente.
“No,” ribatté Euriale. “Dopo cinque anni che ci conosciamo, ti stupisce ancora che abbiamo reazioni diverse?”
“Non ne vuole parlare, Isabel,” chiuse la questione Madeline. Decise di cambiare argomento: “Tuo padre sarà impegnatissimo con il Torneo Tremaghi…”
“Molto meno, ora, visto che hanno firmato i vari contratti…l’organizzazione pratica tocca all’Ufficio Giochi e Sport Magici,” ripose Euriale senza sforzarsi di partecipare alla conversazione, una volta che le sue amiche si misero a disquisire del Torneo.
No, non aveva voglia di parlare di lei e Will. La prima sera era stata perfetta, ma nella sua mente non riusciva più a slegarla da quello che aveva provato la notte successiva. La confusione, lo spavento, gli scontri, e poi il senso di potere che aveva percepito nei suoi amici e in Will davanti agli altri purosangue amplificavano a dismisura le insicurezze legate alla sua empatia. Quante volte si era sentita a disagio all’idea di non riuscire a chiudere la mente, a mantenere il controllo vicino a Will? L’idea di essersi resa volontariamente tanto vulnerabile di fronte a qualcuno, proprio mentre scopriva quel nuovo potere, quella nuova sicurezza in lui era estremamente sgradevole. Il pensiero le scorreva viscido addosso, rovinando tutti i ricordi di quei giorni: aveva ceduto il controllo, si era resa inferiore.
Si rendeva conto che era una reazione irrazionale ed esagerata, ma non poteva farci niente. Forse Olivier aveva ragione, e forse era anche vero che aveva assorbito quel concetto da Piton: Euriale credeva che il controllo fosse tutto. E ora non sapeva come fare a ritrovarlo.

Quando il pesante portone d’ingresso del castello si era spalancato all’improvviso e Alastor Moody si era affacciato nell’ammutolita Sala Grande, Piton era sobbalzato come molti altri. Né aveva ripreso il controllo di sé mentre il vecchio Auror avanzava fino al tavolo degli insegnanti, il clung sgraziato del suo passo che riecheggiava sotto l’alto soffitto in tempesta e gli sguardi affascinati e inquieti degli studenti.
Aveva creduto di essere pronto a quell’incontro, i suoi nervi tesi gli andavano ripetendo da giorni che prima fosse avvenuto, meglio sarebbe stato. E improvvisamente Piton avrebbe dato qualunque cosa per evitare che l’occhio magico di Moody si posasse su di lui. L’Auror non lo aveva, ai tempi della Guerra: Piton non sapeva di preciso come se lo fosse procurato, se a seguito di una ferita o come strumento di difesa, per il quale sacrificare, letteralmente, un occhio della testa. Fatto stava che Moody riemergeva dal passato come un incubo, e ancora più spaventoso di quello che Piton ricordava.
Mentre il vecchio si sedeva, ancora avvolto nel suo mantello, e afferrava un piatto, bevendo dalla propria fiaschetta, Piton si domandò con una punta di vergogna e irritazione perché il pensiero di Moody lo spaventasse tanto. Forse perché Moody era il nemico?
Piton aveva avuto molti nemici, nella sua vita, in ogni fase di essa. Tobias Piton era stato il primo, senza dubbi, ma molti altri erano venuti dopo di lui: Potter e la sua banda, dal primo anno di scuola a quando avevano affiancato Silente nella lotta contro il Signore Oscuro e i suoi Mangiamorte (e in cuor suo, Piton continuava a considerare Sirius Black un nemico: poteva essersi convinto che non era responsabile della morte di Lily, ma aveva pur sempre tentato di ucciderlo per gioco, per uno scherzo); aveva avuto nemici tra le fila del Signore Oscuro, altri Mangiamorte gelosi della sua posizione, conquistata al prezzo della sua libertà, dei suoi scrupoli, della sua compassione, e non li aveva mai considerati altro che insetti molesti, assolutamente incapaci di rivaleggiare con lui in quanto a intelligenza, e quindi di nuocergli in alcun modo significativo; Bellatrix Lestrange era stata sua nemica, da un certo momento, ma lui se l’era aspettato (e d’altronde: come avrebbe potuto Bella metterlo in difficoltà senza ammettere qualcosa a cui non riusciva nemmeno a pensare?); gli Auror erano stati suoi nemici, loro nemici. Avevano combattuto per fermarli, per arrestarli, per ucciderli. Piton aveva lottato per la propria vita in più di un’occasione. Ma non aveva mai avuto paura di loro, timore di incontrali a Diagon Alley o in una strada qualunque dopo la fine della Guerra. Non aveva avuto la minima esitazione ad affrontare Edward Sanders, al torneo di duello dei ragazzi.
Perché allora Moody era diverso? Di sicuro non intendeva perdere tempo a convincere lo scettico Auror della sua lealtà a Silente (come avrebbe potuto: lui stesso a volte ne dubitava), che il quel vecchio paranoico continuasse pure a crederlo un ex-Mangiamorte da sorvegliare.
Forse il problema era Hogwarts, realizzò Piton all’improvviso, mentre la Sala ricominciava a risuonare del consueto brusio che accompagnava ogni banchetto. Già altre volte Piton si era ritrovato inaspettatamente sollevato all’idea di non dover tollerare Auror sul terreno della scuola, come quando Caramell era venuto ad arrestare Hagrid, al tempo dell’apertura della Camera dei Segreti. Era questo, il problema? Hogwarts era sempre stata una casa, per lui. Da tredici anni, era il luogo in cui era stato più al sicuro, nascosto al mondo, padrone di sé e della sua vita, anche se da quando Harry Potter era arrivato a scuola le cose erano un po’ diverse.
Era il pensiero che Moody fosse a Hogwarts che lo spaventava?
Non poteva fare niente, a riguardo: neppure innalzare l’ostile difesa che aveva riservato a Lupin l’anno prima: non poteva trattare il vecchio Auror come il patetico, bisognoso Lupin. Il nemico era nella sua casa, e l’unica strada praticabile era evitarlo e ignorarlo.

Nessuno degli annunci della serata sembrava congeniale a Liam e Will, e neppure a Isabel.
“Annullare il campionato di quidditch è davvero una stronzata,” ringhiò Liam fissando il Preside con odio.
Anche gli altri membri della squadra erano assolutamente sconvolti.
Malfoy sproloquiava sull’incapacità di Silente di gestire due cose alla volta: “L’età ormai gli impedisce di prendere decisioni sensate! Non avrebbero dovuto affidargli l’organizzazione di un evento del genere: rischia di renderci ridicoli agli occhi di Durmstrang!”
“Non è giusto!” esclamò Isabel, indignata, buttando all’indietro i capelli e fissando a sua volta Silente. “Avresti dovuto essere capitano! E chi diavolo è, quello?” aggiunse con tono stridulo e lamentoso, indicando il loro nuovo professore di Difesa Contro le Arti Oscure. “È ridotto peggio di Kettleburn. Poteva andare peggio? Perdere Lupin per ritrovarci con quel…quel…”
“Non so se ti consolerà, Isabel, ma credo proprio che Piton si sia pentito di aver fatto cacciare Lupin,” le ripose Euriale, a voce bassa, “perché quello è Alastor Moody, ex Auror e cacciatore di Mangiamorte.”
Lei aveva letto il suo nome nelle cronache dei vecchi processi. Non aveva idea di come lo conoscesse Will. Lo scrutò preoccupata, ma senza sfiorarlo.
“McIver? È uno degli amici di Sanders?” gli chiese Liam, dimenticando per un attimo la propria delusione.
“No,” ripose il ragazzo, l’avversione che provava che si attenuava lentamente mentre distoglieva lo sguardo dal tavolo degli insegnanti. “Lo conosco di fama…me ne ha parlato Cartright,” spiegò agli altri.
“Credete che sia qui in seguito a quello che è successo alla Coppa del Mondo?” chiese Madeline.
“Forse è per via della fuga di Black…”
“Può darsi,” concesse Madeline, “ma in ogni caso, suggerisco che impariamo da nostri errori. Difficile che Moody sia bendisposto nei nostri confronti: evitiamo di lasciarci provocare, o di sembrare troppo colpevoli o ostili. Un anno come quello della Camera dei Segreti mi basta e avanza.”
Tutti annuirono, poi sbirciarono di sottecchi Will.
Lui si strinse nelle spalle: “Posso farlo. Non ho niente di personale, con lui. E ho pensieri più piacevoli, per la testa, al momento,” concluse, facendo l’occhiolino a Euriale.
Lei provò a sorridere, ma scoprì di non averne tanta voglia.
Isabel sbuffò: “Scendiamo. Non voglio più vedere quell’orribile faccia e quell’occhio rivoltante finché non sarà necessario.”


Note:
Finalmente è tornato in scena Piton!
Ho scelto di immaginare che neppure Malfoy fosse completamente certo dell'innocenza di Sirius, principalmente perchè se lo avesse saputo lui lo avrebbe saputo anche Piton, e sarebbe stato un pensiero difficile da nascondere a Silente, anche per il professore di Pozioni (anche se non nego che ci avrebbe certamente provato...). Che i Mangiamorte non sappiano cos'è successoa  Regulus è invece l'unica spiegazione possibile: altrimenti Voldemort avrebbe potuto sospettare qualcosa, dietro la sua scomparsa...
Per finire, sono sicura che all'elfa Foxy non importi un bel niente se Will abbia o meno fatto sesso: non è quella la ragione per cui il sigillo elfico lo riconosce come un adulto, adesso. Ma mi divertiva l'idea che Liam lo pensasse e lo prendesse in giro per questo.
Ho detto tutto? Spero di sì.
A presto!
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: koan_abyss