La visita ad Azkaban
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Draco
sbuffò entrando nella stanza dei prefetti. Gli
toccava la ronda e Hermione non c’era. E non
l’avrebbe vista neanche dopo. Quella
settimana iniziava proprio male.
Vide Pansy, Macmillan, tre ragazzi di cui non si
ricordava il nome, la Abbott, Burrow, la piccola Tassorosso che aveva
paura di
Pansy (Simmons, forse?) e Weasley. Avrebbe fatto il giro con Pansy.
Avrebbero
anche fatto presto. Si mise a scrivere la pergamena. Prima avessero
iniziato,
prima avrebbero finito.
Ron vide troppa
gente nella stanza dei prefetti.
Troppa gente e lei. Si
grattò una
guancia. Non si era fatto la barba. Merlino. La vide avvicinarsi a
Malfoy
appena varcò la soglia della stanza.
Quando lui salutò tutti e prese la pergamena con i
nomi, lei si chinò sul biondo per dirgli qualcosa. Non guardarla. Non guardarla. Merlino!
Ascoltati Weasley!
Si passò una mano sui capelli quando si rese conto
di essersi chiamato da solo per cognome. Stava diventando matto.
La Simmons gli si avvicinò sorridendo.
Lei si era
avvicinata a Draco mentre iniziava a
scrivere la pergamena.
“Torniamo insieme nei sotterranei?” Lui
annuì,
intuendo dalla sua faccia che volesse chiedergli qualcosa di
importante.
“Non facciamo la ronda insieme?” Lei
alzò tutte e
due le sopracciglia.
“Volevi far la ronda con me? Me l’ha chiesto
Macmillan e gli ho detto di sì. Scusa
non…” rispose, indicando con il pollice
il ragazzo dietro di lei.
Draco scosse la testa. Andava bene così. Ma…
Alzò un
sopracciglio anche lui e chiese: “Macmillan?”
Lei alzò le spalle. “Non pensare male”.
No, no. Non
pensava male. Lanciò un’occhiata al Tassorosso. Ma
lui non ci fece caso. Bo.
Fatti loro.
“Ho solo i nomi, avvicinatevi che scrivo le coppie e
i piani.”
Tutti si avvicinarono a lui. Burrow disse: “Io vado
con Pansy al sesto piano”. E ammiccò nella sua
direzione. Lei corrugò la
fronte. Il Tassorosso stava per parlare, ma Draco voleva finire al
più presto.
“Pansy va con Macmillan. Controllate questo piano”
disse. Lei si voltò verso il biondo e annuì.
“Io vado con Weasley”. La Simmons aveva ridacchiato
fastidiosamente, vicino al rosso.
Draco lanciò un’occhiata di sbieco alla
Serpeverde,
ma Pansy li aveva guardati per un attimo e aveva detto ghignando:
“Sì, Simmons
andate voi al sesto piano. Mi sembra che ci sia un bagno in disuso,
chissà che
non ci siano sorprese…” La ragazza
abbassò gli occhi. Per fortuna il Tassorosso
spinse la Serpeverde fuori dalla stanza.
“Simmons, vai con Burrow al settimo piano. Io e
Weasley controlliamo il quarto piano” ordinò,
continuando a scrivere anche le altre
coppie.
Draco non voleva fare la ronda con nessuno. Weasley
gli sembrò il male minore e visto che stava scrivendo lui la
pergamena ed era
uno dei prefetti del settimo anno, decise per tutti. Ok, forse era una
cosa più
da Serpeverde che da prefetto più vecchio. O da snob
purosangue. Fatto sta che
non voleva fare la ronda con nessuno di quei ragazzini e alla Abbott
non
avrebbe saputo cosa dire…
Quindi ok per il Grifondoro. Quando ebbe scritto
tutti i nomi, uscì dalla stanza con il rosso.
Pansy continuava
a pensare al Grifondoro e alla
Simmons che facevano la ronda insieme. Per Salazar! Non doveva
pensarci. Controllò
le aule un po’ stizzita e non parlò per quasi
tutto il tempo.
“Sai perché ti ho chiesto di fare la ronda
insieme?”
disse a un tratto Macmillan. La Serpeverde si fermò e
realizzò il suo
comportamento.
“Oh, Macmillan, ora ti stai pentendo di avermelo
chiesto, eh?”
Ma lui sorrise. “No. Ora so cosa rispondere”.
“A che?”
“A Millicent”. E strizzò un occhio
mentre riprendeva
il corridoio. Merlino! Che intendeva?
“Aspettami!” Gli corse dietro. “Che vuol
dire?”
“Oh, niente” la prese in giro lui, continuando a
camminare.
“Ehi! Se stai facendo qualcosa alle spalle di
Millie, ti schianto!” disse tirando fuori la bacchetta.
Draco vide Pansy
con la bacchetta puntata contro il Tassorosso
e alzò un sopracciglio. Il Grifondoro accanto a lui non li
aveva ancora visti.
“Tutto bene, lì?” chiese ad alta voce.
Voleva fare
presto. Un duello nel corridoio non ci voleva.
Ron
allungò il passo quando Malfoy parlò. Cosa
stavano facendo quei due?
“Che succede?” Vide Ernie sorridere e girarsi verso
di loro con le mani alzate.
“Niente, ragazzi. Tutto bene.”
Pansy si
voltò verso i due ragazzi e chiese: “Dove
state andando?”
“Prendiamo le scale per il quarto piano” rispose
Draco, un po’ stranito. Come se fosse una cosa normale. Il
rosso non disse
niente. Ma non doveva fare la ronda con quella sciacquetta della
Simmons?
Lei tornò a guardare il Tassorosso, che continuava a
sorridere. Lentamente mise via la bacchetta.
Draco richiese: “Quindi, tutto bene?” Pansy
annuì e
si voltò per continuare a camminare lungo il corridoio.
Sentì Macmillan
seguirla.
“Secondo
te, è tutto a posto?” gli chiese Weasley.
Draco si incamminò verso le scale. “Secondo me,
no” disse
scrollando le spalle.
“In che senso?” Il rosso fu accanto a lui. Ma era
davvero un troll!
“Secondo te, Pansy sta bene?” Lui scosse la testa.
“E quindi? Cosa potresti fare per farla stare
meglio?”
“Chi, io?” Draco sbuffò. Che idiota!
Ron
capì che Malfoy lo stava trattando con
sufficienza. Ma lui cosa poteva fare?
“Mi ha lasciato lei!” Lui alzò le
spalle.
“Allora non fare niente” Ma… Si
girò a guardarli:
erano lontani e stavano parlando.
“Muoviti, Weasley! Non voglio fare notte fonda!”
Ron accellerò il passo mentre lo raggiungeva. Poteva
veramente fare qualcosa? E cosa?
“Cosa
intendevi dire prima?” Pansy cercò di calmarsi
e non sorridere come un’ebete. Lui non stava facendo la ronda
con la
sciacquetta. Sorrise lo stesso.
“Millicent mi ha chiesto di fare la ronda con te per
capire perché ultimamente sei così
arrabbiata…”
“Non sono arrabbiata!” Il suo tono era un
po’ più
alto del normale
“… e nervosa” continuò lui
sorridendo. Lei lo guardò
male.
“E quindi ti sei già risposto?” Lui si
fermò, alzò
un sopracciglio e indicò con la testa dove prima
c’erano Draco e il rosso . “È
così evidente, dici?” Pansy si morse il labbro:
non voleva che fosse evidente.
Per Salazar, non voleva che ci fosse niente
che potesse essere evidente!
Lui alzò una spalla. “No, ok, se non mi avesse
indirizzato lei, non ci avrei fatto caso” Lei non disse
niente e continuò a
camminare. “Non preoccuparti, non dirò niente a
nessuno”.
Pansy annuì. “Quindi tu e
Millie…”
“Io e Millicent facciamo i compiti insieme” disse
lui un po’ risoluto. Pansy sorrise. Non lo aveva detto con
tono disgustato per
mantenere le distanze, come di solito facevano i ragazzi quando
parlavano di
Millie. Lo aveva detto per riservatezza. Era una cosa bella.
“Stai attento a quello che fai, ok?”
Finirono la ronda e tornarono alla stanza dei
prefetti.
Quando Ron e
Malfoy tornarono, trovarono Ernie a
compilare la pergamena. Gli altri avevano finito e piano piano se ne
erano
andati quasi tutti. Ernie finì di scrivere velocemente e
arrotolò la pergamena.
“Scusa Malfoy, mi era sembrato che volessi fare
presto…” Lui gli fece un cenno con il capo e si
girò verso Pansy.
“Andiamo?” Lei annuì e prima di uscire
dalla stanza
augurò la buonanotte a quelli rimasti, sorridendo.
“Stai attento che ti tengo d’occhio,
Macmillan” disse
proprio mentre usciva.
Non lo aveva degnato di uno sguardo, Merlino.
Ron sbuffò e salutò Macmillan, uscendo.
“Ha sorriso,
prima”, lo sentì dire. Il rosso si
fermò e si voltò.
“Come, Ernie?”
“Lei. Ha sorriso quando ti ha visto con Malfoy e non
con la Simmons.”
Poi il Tassorosso uscì. Che aveva voluto dire?
“Devi
chiedermi qualcosa, giusto?”
Draco aveva capito che la sua richiesta di tornare
insieme non era disinteressata. Lei si voltò indietro e si
imbronciò.
“Shhhh… non qui!” E lo
trascinò un po’ più velocemente.
Quando furono tre piani più giù lei si
sbottonò:
“Hai ancora la pozione? Ho perso la mia oggi e non la trovo
più”.
Draco
corrugò
la fronte. “Come hai fatto a perderla?”
“Non lo so!”
“Ok, calmati. Ti do la mia.”
“Grazie, tanto domani sera te la restituisco.”
Draco si fermò. “Perché?”
Pansy si fermò anche lei e
inclinò la testa.
“Perché, cosa?”
“Perché domani me la ridai?”
Lei alzò le spalle un po’ confusa. “Non
so neanche
se mi serve. Anzi spero proprio di non averne bisogno. Ma mi piace
sapere che
ce l’ho, così se quando vengo via da Azkaban ho
dei problemi…”
“Vai ad Azkaban?” Draco era sorpreso. Lei non
glielo
aveva detto.
Lei spalancò gli occhi. “Non te lo avevo
detto?” Lui
scosse la testa. “Oh. Pensavo di
sì…” Riprese a camminare.
“Comunque magari non
la uso”.
Draco la guardò allontanarsi e poi le corse dietro.
“Ma… con chi ci vai?” le chiese.
“Con chi ci dovrei andare? Vuoi venire con me?” lo
provocò. Ma poi qualcosa dovette passarle per la testa,
perché iniziò a
straparlare. “Potremmo raccontare a mia madre che ci siamo
sposati. Sposati
davvero! Santo Salazar! Sarebbe divertentissimo. Avrei dovuto comprare
un
anello al banco dei pegni, per queste occasioni.”
Ok, la stava perdendo. Lei ridacchiava aprendo le
braccia e facendo passi di danza per il corridoio. Sentì che
chiacchierava da
sola e quando disse: “Potrei raccontarle anche di essere
incinta! Sai che…”
Improvvisamente divenne seria. Probabilmente pensava a Camille. Il
ragazzo la
raggiunse e le prese una mano.
“Ci vai davvero da sola?”
Pansy inclinò la testa di lato. “Certo”.
Si
divincolò da lui e continuò a camminare
stancamente.
“Stai bene?” La ragazza si fermò e lo
guardò con uno
sguardo serio, prima di rispondere: “Beh, spero di stare
meglio domani, quando
tornerò”.
Lui annuì. Avrebbe dovuto accompagnarla? “Vuoi che
venga con te?”
“A fare che?” Draco scosse le spalle: non lo
sapeva.
“Ecco, appunto!”
Pansy tornò a guardare verso il corridoio e poi camminarono
per un po’ in silenzio.
“Tu
con chi ci andrai?” gli chiese Pansy.
Forse era il momento buono. Lo vide scuotere le
spalle. “Non lo so”.
Oh. Si aspettava una risposta diversa. Forse sarebbe
stato più facile così. “Non hai ancora
deciso?” i suoi occhi erano grigissimi,
riusciva a vederli alla luce delle lanterne. “Mmm,
sì, diciamo così…”
“Sai con chi dovresti andarci?” Pansy sapeva che
era
la cosa migliore. Quando Draco non rispose, continuò:
“Mi sa che lo sai già,
vero, con chi dovresti andarci”.
Il ragazzo sbuffò e mise le mani in tasca.
“Non voglio chiederglielo” ammise.
“Ma lo farai comunque” disse la ragazza. Ormai
iniziava a capirli, quei due. Avevano solo bisogno di una spintarella.
“Perché sai
che è la cosa giusta”.
Quando lui annuì il mondo le sembrò
più leggero,
anche rivedere sua madre.
***
Hermione era in
piedi in biblioteca e guardava in
direzione di un tavolo ben preciso. Non le piaceva tanto, ma
sospirò e si
avvicinò al ragazzo seduto.
Non sarebbe mai stata brava in quelle cose. Doveva
saperlo. Oppure… poteva allenarsi.
Si avvicinò al ragazzo seduto e disse con il suo
tono più normale: “Ciao Nott, hai un libro che mi
serve per un tema di storia
della magia, posso rubartelo?”
Come aveva previsto, il ragazzo si fece pregare un
po’, così si sedette sulla sedia di fronte alla
sua e gli propose di dividerlo
per fare i compiti.
Sorrise. Stava andando tutto bene.
***
“Ciao,
Ginny, hai visto Pansy?”
Ginny si voltò verso la ragazza che le stava
parlando. Erano in sala grande tutti insieme a finire dei compiti.
“Ciao, Camille. Siediti.”
La piccola Serpeverde aveva una gran brutta faccia.
Sembrava preoccupata. Si lasciò cadere sulla panca vicino a
lei.
“Che succede?” le chiese Harry. La ragazzina lo
guardò
con occhi spaesati.
“Non riesco a trovare Pansy. Secondo voi
c’è da
preoccuparsi?”
Hermione si sedette vicino a lei e le mise un
braccio sulle spalle. “Non devi preoccuparti. Non ce
n’è motivo”. Camille annuì
meccanicamente mentre la guardava.
Ginny notò che aveva gli occhi lucidi.
“Harry… magari
potresti andare in camera tua a…”
Lasciò cadere la frase per non nominare la
mappa del malandrino. Almeno che servisse a qualcosa di buono, quella
mappa!
Harry aveva
capito, ma prima chiese alla ragazzina:
“Hai provato nella stanza dei trofei?”
Tutti si voltarono verso di lui e Harry si sentì un
po’ in imbarazzo. Ma la Serpeverde scosse la testa.
“Non c’è. Ho cercato in
tutta la scuola. Daphne non l’ha vista. Blaise non
l’ha vista…” Il suo tono si
strozzò.
Ginny le fece una carezza sulla testa. “Non preoccuparti.
Adesso la troviamo, non preoccuparti”. E lo
guardò. Ok, sarebbe andato a
prendere la mappa.
“Vieni con me?” chiese a Ron. Lui lo
guardò di
sfuggita e scosse la testa. Ma non voleva andarci da solo,
così proprose: “Andiamo
tutti in sala comune. Così prendo la mappa”.
Gli altri si alzarono con lui e si incamminarono
verso la torre.
“Oggi
non era a lezione” iniziò Ron.
Ginny si voltò verso di lui. “No?” Lui
scosse la
testa.
“Hai chiesto a Malfoy?” chiese la rossa alla
Serpeverde.
“Non so dove sia…” Tutti si voltarono
verso
Hermione. Che divenne rossa.
“Quidditch” disse semplicemente. “Sapete?
Serpeverde-Tassorosso…”
Gli altri annuirono, tranne la piccola Serpeverde.
Ron sospirò. Lo spettro di Malfoy ancora non voleva
andarsene. Hermione o non Hermione, la sera prima erano andati via
insieme. Ma
Malfoy era a lezione, quel giorno. E lei no.
Doveva ancora decidere se era una cosa buona o no.
Camille si
sentiva svuotata. Seguiva i Grifondoro
senza sapere bene perché, ma sembrava che loro potessero
trovare Pansy, così
non protestò.
“Perché non era a lezione?” chiese.
Tutti si
voltarono verso di lei. Come se pensassero che lei lo avesse dovuto
sapere. Ma
lei non lo sapeva. Pansy non glielo aveva detto. Non glielo aveva detto
nessuno. Neanche Daphne. Neanche Blaise. Scosse le spalle.
“Non mi dicono mai niente…”
Sentì gli occhi
inumidirsi.
Ginny
l’abbracciò di slancio. “Lo so, lo fanno
anche
con me. Ma non devi preoccuparti. Ci sarà un buon motivo,
questa volta”.
Sperò di non sbagliarsi. Appena avessero trovato
Pansy le avrebbe detto qualcosa. Sapeva cosa voleva dire essere
considerata la
più piccola. Cercò di rimanere calma.
Incontrarono Blaise mentre salivano le scale. Lui li
vide e cercò di tornare indietro, ma le scale cambiarono
direzione e lui si
trovò intrappolato. Riuscirono a raggiungerlo.
“Zabini!” lo chiamarono Ginny e suo fratello
insieme.
Lui si voltò e sorrise. “Fratelli Weasley! Che
bello
vedervi!” Il suo tono era un po’ forzato. Anche il
suo sorriso, notò Ginny.
Harry non fu
particolarmente felice di vedere
Zabini. Ma neanche lui lo era, si vedeva bene. Appena le scale si
fermarono,
lui cercò di deviarli per andarsene.
“Zabini, dov’è Pansy?” chiese
Ginny.
Il Serpeverde tentennò: aprì la bocca e la
richiuse.
Non aveva mai visto il moro così in difficoltà.
Poi guardò in basso. “Io non lo
so…”
Perché
lui non lo sapeva? Non erano amici? Ron
sbuffò nervosamente.
Harry si chinò su di lui. “Vado a prendere la
mappa.
Tienilo lontano da tua sorella” gli disse indicando con il
capo il Serpeverde.
Annuì, mentre Harry allungava il passo.
“Draco sa dov’è?”
Sentì chiedere Hermione. Lui
scosse le spalle. “La Greengrass?” Lui scosse la
testa. Ron si spazientì.
“Ma è possibile che voi non sappiate
dov’è?”
Vide Zabini lanciare un’occhiata a Camille e poi
sospirare. “Non è tornata. Stamattina è
andata a Londra, ma non è ancora tornata”.
Londra? Cos’era andata a fare a Londra? Lui sapeva, per vie
traverse, che il
giovedì successivo avrebbe avuto l’appuntamento
per la consegna della casa dei
Lemaire, ma non sapeva niente di quel giorno.
Che l’avessero spostato? Non gli sembrava…
“Cos’è
andata a fare a Londra?” chiese Ginny.
Quell’idiota non parlava. Ci sarebbe voluto un veritaserum.
Lui borbottò
qualcosa ma non si capì bene. “Come?”
Blaise si
sentiva in trappola. Non voleva dire dove
era andata Pansy, non davanti a Camille. La ragazzina aveva una faccina
terrorizzata già così. Ma anche lui era
preoccupato. E anche la Weasley, effettivamente.
Guardò la Granger: lei ricambiò il suo sguardo
con uno incuriosito. Ok.
“Zabini?” Il Grifondoro (l’unico maschio
rimasto,
constatò) fece un passo verso di lui. Si stava arrabbiando.
“È andata al Ministero” disse, sperando
che
bastasse. Ma quella ciurma di Grifoni non aveva nient’altro
da fare?
“Blaise!” Sentì Daphne chiamarlo.
Sorrise guardando
la bionda avvicinarsi correndo. Magari l’avevano trovata.
Sospirò.
Daphne non aveva
notato gli altri. Per Salazar,
avrebbe dovuto. Erano vicini a Blaise. Ma lei era così
preoccupata. Quando si
avvicinò di più al moro notò i
Grifondoro. Notò anche Camille. Santo Merlino.
Si bloccò.
Quando lui chiese: “Novità?” Lei
sconsolata scosse
la testa. Dietro a Blaise vide qualcuno. Potter. Stava arrivando
Potter.
Quando lui disse: “La Parkinson non è a
scuola”, tutti
si girarono verso di lui.
“Come
non è scuola?” Ginny ora iniziava a
preoccuparsi davvero.
“Sulla mappa non c’è” rispose
Harry. E quindi?
“La stanza delle necessità? Non compare sulla
mappa”
propose Ginny.
“Cos’è la stanza delle
necessità?” chiesero in coro
Daphne e Camille.
“È una stanza segreta. Voi non la
conoscete”.
Hermione aveva risposto velocemente alle ragazze Serpeverde.
“Ma Pansy la conosce e sa come si apre” disse Ron
mentre
le sue orecchie arrossivano. Oh, stupendo.
Harry scosse la testa. “Non c’è. La
stanza delle
necessità si apre, ma è vuota. Ho controllato
prima di venire giù”.
Hermione
guardò il Serpeverde. Lui però guardava
Harry. “Che mappa?” chiese incuriosito. Harry
scosse le spalle.
“Cos’è andata a fare al
Ministero?” Ron sembrava
spaesato. Quanto Camille.
“Draco non vuole che…” Ron si
avvicinò a Zabini con
uno sguardo cattivissimo.
“Non me ne frega niente di Malfoy!” Gli prese il
colletto della divisa e lo strattonò. “Dimmi
dov’è andata!”
Hermione gli appoggiò una mano sul braccio e
cercò
di staccarlo dal Serpeverde. “Io forse lo so” disse
Harry. Ron si girò verso di
lui. Gli lanciò uno sguardo indefinito e Hermione per un
attimo ebbe paura che
avrebbe messo le mani addosso anche a lui. Harry chiese sottovoce al
Serpeverde:
“È andata ad Azkaban?” Lui
annuì.
“Ad Azkaban? E… tu come lo sapevi?” Ora
Ron era
spaesato come prima.
Harry si
sentì male. Odiava avere segreti. Odiava
avere segreti con Ron. E ora lui lo guardava in quella maniera...
Tradito. Si
sentiva tradito. E sapeva benissimo quanto Ron stava male quando si
sentiva
tradito. E lui odiava esserne la causa.
Ron non riusciva
a credere alle sue orecchie. Cioè,
Pansy era andata ad Azkaban, Harry lo sapeva e non gli aveva detto
niente? Ci
avrebbe pensato in un momento più lucido, decise.
“Con chi è andata?” Zabini gli
lanciò un’occhiata
veloce e poi guardò da un’altra parte.
“È andata da sola”. COSA? Era andata da
sola? Da
sola da sua madre?
Sentì la voce di Ginny, incredula, dire:
“L’avete
lasciata andare da sola? Da sua madre?”
Zabini annuì con uno sguardo atterrito. “Non
l’ha
detto a nessuno. A noi l’ha detto Draco oggi pomeriggio. E
lui l’ha scoperto
ieri sera”.
La Greengrass annuì “Non lo sapevo
neanch’io…”
“Ma Malfoy lo sapeva!” esclamò Ron,
arrabbiato.
Merlino! Quello stronzo di Malfoy la sera prima
aveva fatto tutti quei giochetti ‘fai qualcosa’,
‘allora non fare niente’ e
poi, l’unico che poteva fare qualcosa e non aveva fatto
niente era proprio lui.
Avrebbe voluto averlo sotto la bacchetta, in quel
momento. Sbuffò forte.
Nessuno si
preoccupava di lei.
Camille non riusciva a credere alle sue orecchie: Pansy
era andata a trovare maman. Senza di lei. Senza dirglielo.
L’aveva ingannata.
C’era andata da sola.
Era lei che ci voleva andare, non Pansy! Perché
aveva fatto una cosa del genere? Perché?
Un ragazzino
arrivò in quel momento correndo. Aveva
la divisa dei Grifondoro, ma Harry non sapeva chi fosse. Doveva essere
del
secondo o primo anno.
“Ehm… prefetto Granger…” Si
rivolse a Hermione,
imbarazzato dal dover parlare davanti a tutta quella gente. Hermione si
girò
verso di lui e gli sorrise.
“Sì?” Lui guardò ancora tutti
e poi tornò a prestare
attenzione solo alla riccia.
“La preside McGranitt ha detto di andare subito nel
suo ufficio!” disse, prima di scappare via.
“Ok, grazie” rispose alla sua schiena.
Non poteva
capitare in un momento peggiore. Ma non
poteva ignorare la preside. Guardò gli altri. Ron stava
discutendo ancora con
Zabini. Ginny parlava con la Greengrass, mentre stringeva ancora la
piccola
Camille che sembrava veramente in un altro posto; aveva gli occhi
sbarrati e
guardava lungo il corridoio. Harry continuava a osservare Ron con
espressione
colpevole. Perfetto. Tutto stupendo.
Fece un cenno agli altri, anche se non seppe dire
con precisione se l’avessero vista o meno e si
incamminò verso l’ufficio della
preside.
Quando
bussò alla porta, questa si aprì da sola,
automaticamente. La McGranitt era seduta alla scrivania con un cipiglio
preoccupato in viso.
“Buonasera, preside. Mi ha fatto chiamare?” La
preside
alzò lo sguardo su di lei e la sua bocca si distese in una
linea. Un sorriso
nervoso. Hermione aveva imparato a riconoscere le sue espressioni.
“Sì, Signorina Granger, entri pure e chiuda la
porta”.
Aspettò che lei eseguisse l’ordine e poi
continuò: “Ho ricevuto poco fa questa
richiesta di lasciarla andare immediatamente al Ministero della magia
per un
incontro urgente”.
Le passò una pergamena. Era successo qualcosa?
Kingsley voleva aggiornamenti prima del tempo? Merlino lei non poteva
dargli
niente, ancora. Ma cos’era tutta quell’urgenza?
Lesse la pergamena. Diceva che
doveva presentarsi al livello otto. Non era mai stata al livello otto.
Alzò la
testa verso la preside.
“Vado subito, allora. Uso il camino?”
“Certo. E mi faccia sapere al più
presto!” Lei annuì
meccanicamente, ma poi si chiese cosa avrebbe dovuto farle sapere.
Usò la metropolvere per arrivare alla reception del
ministero e percorse il corridoio per prendere l’ascensore.
Incontrò poche
persone. Beh, data l’ora erano pochi gli addetti ancora
lì. Molti erano già
andati a casa.
Si infilò in un ascensore e premette il tasto otto
con un po’ di nervosismo: cosa c’era
all’ottavo livello?
Quando le porte
si aprirono lesse il cartello che
galleggiava in alto nel corridoio. Azkaban. Per un attimo si
spaventò. Come se
potesse veramente essere la prigione, invece del livello otto. Vide una
testa
rossa conosciuta andarle incontro e fece un mezzo sorriso: Percy. Cosa
ci
faceva lì? Non doveva essere al livello sei, ai trasporti?
“Ciao, Hermione” la salutò, un pochino
trafelato,
lui. “Grazie di essere venuta subito”.
“Mi hai fatto chiamare tu?” Era strano. Non aveva
riconosciuto la firma sulla pergamena, ma era abbastanza sicura che non
fosse
‘Weasley’.
“No, signorina Granger, l’ho chiamata
io”. Una
ragazza bionda apparve dietro a Percy.
Le sorrise un po’ rigidamente e le porse la mano.
“Sono Adams, dell’ufficio per il controllo di
Azkaban. Prego mi segua”.
Hermione le strinse la mano e guardò la ragazza un
po’ incuriosita. E la seguì.
Si voltò a guardare il rosso che disse: “Quando
hai
finito ti aspetto al livello sei”.
Ma parlava con lei? O con la ragazza del ministero?
La bionda si girò e gli fece un cenno con il capo. Ah,
parlava con lei.
Dovevano conoscersi molto bene, visto la confidenza.
La Adams aprì la porta di un ufficio e la fece
entrare. “Posso chiedere perché sono
qui?” chiese Hermione mentre entrava.
“Per Salazar, Granger, pensavo non venissi
più!”
Hermione si girò verso quella voce familiare: la
Parkinson stava fumando mentre era sdraiata su una poltrona: aveva
tutte e due
le gambe su uno dei braccioli ed era coricata sull’altro. Si
sollevò per
mettersi seduta quando la vide entrare e, con una mossa poco elegante
si alzò
per tirarsi in piedi. Con un gesto di stizza spense la sigaretta sotto
una
scarpa.
Oh, per Godric, che era successo?
Per fortuna la
Granger era arrivata. Non ne poteva
più di quel posto insulso.
Quella mattina aveva fatto una fatica immane a
convincersi a venire al Ministero, dove poi l’avevano
obbligata a lasciare giù
la bacchetta (che non le avevano ancora ridato) e aveva preso la
navetta
smaterializzante per andare ad Azkaban. Quella era l’unica
maniera per andarci,
le avevano detto. Già aveva lo stomaco attorcigliato per la
nausea, non era
riuscita a mangiare niente a colazione e quando si era ritrovata sulla
navetta,
insieme a tutte quelle altre persone (e molte avevano delle facce
veramente
impressionanti) si era sentita una stretta allo stomaco stritolante.
Pensava che rivedere la madre le avrebbe creato dei
disagi e invece no. Sua madre, che fondamentalmente stava bene, almeno
fisicamente, l’aveva guardata con un’occhiata
critica e aveva detto qualcosa
sul suo abbigliamento. Quindi tutto come al solito. Non stava male e la
trattavano con la decenza dovuta al suo rango (disse lei). Quella cosa
che i
dissennatori avevano perso il posto era stata una gran bella cosa (e
sua madre
aveva ridacchiato quando l’aveva raccontato) e i nuovi
addetti sembravano un
po’ inesperti.
Pansy aveva fatto finta di niente quando aveva visto
sua madre buttare un occhio alla sua mano sinistra e sospirare
sollevata. Aveva
fatto fatica a capire perché, poi sua madre aveva iniziato
una delle sue
tiritere e aveva capito cosa avesse guardato: Abigail era contenta che
non si
fosse fidanzata. Beh, diciamo che con tutti i problemi che aveva avuto,
quello
era proprio l’ultimo pensiero di Pansy, ma sempre il primo di
sua madre. E lei
era preoccupata. Aveva intavolato una filippica sul fatto di non
sposarsi per
amore perché l’amore in un matrimonio portava solo
guai.
La giovane Serpeverde all’inizio aveva annuito
meccanicamente senza capire bene il discorso, come faceva tutte le
volte. Poi,
quando la madre aveva nominato suo padre, aveva ascoltato senza
più muoversi o
aprire bocca.
Sembrava che sua madre lo avesse sposato per amore. Ah,
mamma, non perché era un purosangue da
generazioni? Pensò malignamente. Quando aveva
finito il discorso
sull’amore, sua madre l’aveva messa al corrente del
fatto che sarebbe uscita
nel giro di breve tempo. Lei, che finalmente aveva iniziato ad
ascoltarla le
aveva chiesto cosa intendesse e sua madre aveva abbassato la voce e le
aveva
spiegato tutto: voleva evadere. Per Salazar. Davvero?
Non si vedevano da quasi un anno e invece di farle
domande materne tipo come stesse o come stesse Camille, lei aveva
pensato di
raccontarle il suo piano di evasione? Iniziò a capire come
mai le sue idee non
avessero mai funzionato in passato: Abigail era fuori di testa.
Più l’ascoltava
e più si concretizzava in lei questa cosa.
Quando le chiese di tornare da lei a trovarla la
prossima volta, portandole una bacchetta usata presa al mercato nero,
capì che
quel posto aveva peggiorato tutto. Le disse di avere contatti con due
persone
fuori da Azkaban che l’avrebbero potuta aiutare e avrebbero
accolto anche lei,
Pansy, e insieme avrebbero iniziato una nuova vita lontano, senza
preoccuparsi
di niente, in un paese estero su un’isola che aveva un nome
indicibile (ed era
abbastanza sicura che sua madre lo avesse detto sbagliato, comunque).
Dava per scontato che a lei stesse bene. Ma lei non
era più la Pansy di prima. Se c’era una cosa che
aveva imparato era questo: non
doveva più sottostare a sua madre. Abigail rinchiusa ad
Azkaban, per lei era
una grande libertà. Ma non voleva dirglielo.
Non voleva, finché sua madre non disse la solita
frase: “Alla fine, basta che tu sia un po’ carina
con…”
Ma Pansy, questa volta, non la lasciò finire. “No
mamma, io non farò più niente del
genere”.
Il viso della strega divenne incredulo e
bonariamente sorridente “Come, tesoro?”
“Non chiamarmi tesoro. Non farò niente per te.
Tantomeno questo. Non mi prostituirò più per te,
mi hai capito?”
Il volto di sua madre impallidì. “Ma cosa dici,
Pansy, io non ti ho…”
“E scusami, ma Camille, in tutto questo organizzatissimo
piano, dove dovrebbe stare?”
“Come dove? A Beauxbatons. Dov’è adesso,
no?”
“Camille è a Hogwarts con me”. Sua madre
aveva
strabuzzato gli occhi e chiesto spiegazioni. “Ci sono state
delle
incomprensioni con Pascal… Ho preferito portarla
qui…” Non aveva voluto dirle
di tutto il resto. Non c’era bisogno.
“No! Camille doveva rimanere in Francia. Doveva
sposare Dumont la prossima estate!”
Pansy sentì rizzarsi i capelli. “Ma… tu
sapevi di
Dumont?”
Cioè, sua madre sapeva che Pascal voleva far sposare
Camille, che aveva solo quindici anni, con un uomo che aveva il doppio
dei suoi
anni? Ma… non doveva gestire il patrimonio di famiglia? Oh,
forse con il fatto
che non c’era più un solo galeone, avevano scelto
di mandare al macello anche
lei. Stupendo.
“Sì, avevamo organizzato tutto. Lui avrebbe pagato
bene. Forse non l’ha più voluta dopo questo
piccolo scandalo del signore
oscuro?” disse infatti la madre.
Piccolo scandalo? La guerra che aveva scatenato il suo
signore
oscuro era un piccolo scandalo? E un Ungaro Spinato era un
animaletto da compagnia, allora? Pansy non volle sentire altro.
Si alzò. “Mamma è stato bello vederti.
Ma non so se
tornerò. Avrei accettato quasi tutto, davvero. Un bel
‘mi dispiace di essere
stato uno schifo di genitore’ sarebbe stato carino, ma anche
un solo ‘mi fa
piacere vederti’, mi avrebbe fatto contenta. Ora,
però, basta. Buona giornata”.
Si girò senza dire nient’altro né dare
l’opportunità alla strega di ribattere o
di scusarsi. (Scusarsi? Che utopia, non l’avrebbe mai fatto!)
Si era incamminata verso l’uscita e aveva atteso per
l’ora seguente la navetta di ritorno. Aveva avuto tempo per
pensarci. Sua madre
non sarebbe mai stata capace di mettere in atto quello che aveva detto.
Non da
sola. Le due persone che volevano aiutarla potevano essere un pericolo.
Così, dopo
aver cambiato idea almeno trecento volte e con la morte nel cuore, al
ritorno
al Ministero, invece di tornare a Hogwarts aveva bussato
all’ufficio della
Adams (ma non sapeva ancora che fosse lei la responsabile di
quell’ufficio) e
aveva raccontato quello che sapeva.
E ora si ritrovava rinchiusa lì da così tanto
tempo
che aveva perso il conto delle ore. Per fortuna che le era venuta in
mente
l’idea di far chiamare la Granger.
O Santa Granger!
Hermione si
avvicinò e, lanciando un’occhiata alla
strega bionda, disse alla Parkinson: “Ti stanno cercando
tutti. Perché sei
qui?”
“Bella domanda!” Il suo sguardo la
oltrepassò e si
fermò sulla bionda. “Perché sono ancora
qui, Adams?” La riccia si voltò verso
l’addetta del Ministero, che era un po’ rigida e si
toccava continuamente una
mano.
“Perché dobbiamo ancora valutare la tua storia,
Parkinson. E trovare qualcuno che garantisca per te” rispose,
un po’ esasperata.
“Pensavo doveste darmi del lei. Va beh. Dicevamo?
Già,
giusto, qualcuno che garantisca per me. Ed ecco che arrivi tu,
Granger” rispose
quindi la Parkinson con un tono che a Hermione ricordava Draco quando
veniva
fuori il suo lato ‘purosangue’.
“Io?”
“Sì, ho detto che eravamo amiche, scusami, ma non
avrei potuto chiamare nessun altro. Giuro che mi
sdebiterò!” La Parkinson aveva
sussurrato. Hermione sbatté le palpebre. Ok, cosa stava
succedendo ancora?
“Ci sediamo a parlarne?” propose la bionda. Adams,
giusto? Hermione annuì e la strega, con la bacchetta
avvicinò due sedie alla
sua scrivania. “Prego sedetevi”
“Come sei carina, adesso…” La Parkinson
sbuffò
mentre si sedeva. “Ci offrirai anche il tè?
Perché non ho intenzione di bere
più niente…”
Ma… perché la Serpeverde aveva quel tono? Si
conoscevano?
Pansy vide la
Grifondoro guardarla con curiosità.
Poi capì. Non l’aveva riconosciuta.
Ghignò un po’. “Oh, Granger, non hai
idea
di chi sia lei, vero?” disse, indicando la bionda.
Hermione
guardò la strega e lei divenne un po’ rossa
sulle guance e si toccò ancora la mano. Notò che
si toccava un dito. Forse
aveva un tic. Sapeva che i lavori un po’ stressanti causavano
cose di questo
genere e sicuramente avere a che fare con Azkaban era un lavoro
stressante.
“Io… ho frequentato
Hogwarts…” continuò la Adams.
Hermione la guardò bene. Quanti anni poteva avere? Ventidue?
Ventitrè? Cercò di
ricordarsi il cognome, se lo avesse già sentito. Niente.
“Mi spiace non ricordo. In che casa eri?”
“Corvonero” rispose la bionda. La riccia scosse la
testa.
“Era dello stesso anno della Light. Dai, che lei te
la ricordi, la Light” disse la Parkinson malignamente. La
Adams divenne ancora
rossa. Light.
“Penelope Light?” Hermione si ricordava di
Penelope.
Aveva usato il suo nome quando era stata catturata dai mangiamorte. E
si
ricordava di Penelope perché… perché
era un prefetto… faceva la ronda con Percy…
e Ginny li aveva beccati a baciarsi in un’aula vuota
“Penelope la ragazza di
Percy?” chiese quindi, improvvisamente. Ma Percy non si era
fidanzato? E non
con Penelope… Con chi? La Adams si gonfiò un
po’.
“Beh, mi sa che non lo è più, giusto,
Adams?” La
Parkinson aveva un tono e una faccia da Serpeverde.
“E tu, come lo sai?” La bionda aveva perso un
po’ di
compostezza.
“Oh, dai, ti tocchi continuamente quel dito! Hai un
anello di fidanzamento nel cassetto? Che ti togli quando arrivi e che
ti metti
quando esci di qui, magari? E da come ti parla quel Weasley, direi
proprio che
te l’ha regalato lui. Mi meraviglio soltanto che vi diano
degli incarichi così
importanti, siete maledettamente prevedibili!” Hermione
spalancò la bocca
“Ma… Sei Audrey? Audrey la fidanzata di
Percy?” Lei
sorrise e annuì.
“Bene. Congratulazioni. Ora che ci siamo presentate,
possiamo andare avanti? Io non mangio niente da non so quanto tempo,
sono in
astinenza da bacchetta e non vedo l’ora di riabbracciare mia
sorella, quindi…
Ci diamo una mossa?” La Parkinson era spazientita. E cattiva.
E nervosa.
L’aveva sentito dire che si era un po’ incattivita,
ma non aveva ancora testato
il suo nervosismo. Ok.
“Quindi? Di cosa dobbiamo parlare?” chiese
Hermione.
Aveva paura che fosse una cosa lunga.
E fu proprio così.
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