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Autore: ONLYKORINE    28/07/2018    1 recensioni
È finita la guerra. La scuola viene ricostruita e Ginny, Harry, Hermione e Ron tornano a Hogwarts per i M.A.G.O. Ma non va tutto come ci si aspetta. Hemione e Ron non sembrano fatti per stare insieme. E Harry e Ginny? Ce la faranno a iniziare (e mantenere) la loro storia?
Hinny e un po' di Dramione...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Il trio protagonista, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ritorno a Hogwarts e one shot'
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La visita ad Azkaban

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Draco sbuffò entrando nella stanza dei prefetti. Gli toccava la ronda e Hermione non c’era. E non l’avrebbe vista neanche dopo. Quella settimana iniziava proprio male.
Vide Pansy, Macmillan, tre ragazzi di cui non si ricordava il nome, la Abbott, Burrow, la piccola Tassorosso che aveva paura di Pansy (Simmons, forse?) e Weasley. Avrebbe fatto il giro con Pansy. Avrebbero anche fatto presto. Si mise a scrivere la pergamena. Prima avessero iniziato, prima avrebbero finito.

 

Ron vide troppa gente nella stanza dei prefetti. Troppa gente e lei. Si grattò una guancia. Non si era fatto la barba. Merlino. La vide avvicinarsi a Malfoy appena varcò la soglia della stanza.
Quando lui salutò tutti e prese la pergamena con i nomi, lei si chinò sul biondo per dirgli qualcosa. Non guardarla. Non guardarla. Merlino! Ascoltati Weasley!
Si passò una mano sui capelli quando si rese conto di essersi chiamato da solo per cognome. Stava diventando matto.
La Simmons gli si avvicinò sorridendo.

 

Lei si era avvicinata a Draco mentre iniziava a scrivere la pergamena.
“Torniamo insieme nei sotterranei?” Lui annuì, intuendo dalla sua faccia che volesse chiedergli qualcosa di importante.
“Non facciamo la ronda insieme?” Lei alzò tutte e due le sopracciglia.
“Volevi far la ronda con me? Me l’ha chiesto Macmillan e gli ho detto di sì. Scusa non…” rispose, indicando con il pollice il ragazzo dietro di lei.
Draco scosse la testa. Andava bene così. Ma… Alzò un sopracciglio anche lui e chiese: “Macmillan?”
Lei alzò le spalle. “Non pensare male”. No, no. Non pensava male. Lanciò un’occhiata al Tassorosso. Ma lui non ci fece caso. Bo. Fatti loro.
“Ho solo i nomi, avvicinatevi che scrivo le coppie e i piani.”
Tutti si avvicinarono a lui. Burrow disse: “Io vado con Pansy al sesto piano”. E ammiccò nella sua direzione. Lei corrugò la fronte. Il Tassorosso stava per parlare, ma Draco voleva finire al più presto.
“Pansy va con Macmillan. Controllate questo piano” disse. Lei si voltò verso il biondo e annuì.
“Io vado con Weasley”. La Simmons aveva ridacchiato fastidiosamente, vicino al rosso.
Draco lanciò un’occhiata di sbieco alla Serpeverde, ma Pansy li aveva guardati per un attimo e aveva detto ghignando: “Sì, Simmons andate voi al sesto piano. Mi sembra che ci sia un bagno in disuso, chissà che non ci siano sorprese…” La ragazza abbassò gli occhi. Per fortuna il Tassorosso spinse la Serpeverde fuori dalla stanza.
“Simmons, vai con Burrow al settimo piano. Io e Weasley controlliamo il quarto piano” ordinò, continuando a scrivere anche le altre coppie.
Draco non voleva fare la ronda con nessuno. Weasley gli sembrò il male minore e visto che stava scrivendo lui la pergamena ed era uno dei prefetti del settimo anno, decise per tutti. Ok, forse era una cosa più da Serpeverde che da prefetto più vecchio. O da snob purosangue. Fatto sta che non voleva fare la ronda con nessuno di quei ragazzini e alla Abbott non avrebbe saputo cosa dire…
Quindi ok per il Grifondoro. Quando ebbe scritto tutti i nomi, uscì dalla stanza con il rosso.

 

Pansy continuava a pensare al Grifondoro e alla Simmons che facevano la ronda insieme. Per Salazar! Non doveva pensarci. Controllò le aule un po’ stizzita e non parlò per quasi tutto il tempo.
“Sai perché ti ho chiesto di fare la ronda insieme?” disse a un tratto Macmillan. La Serpeverde si fermò e realizzò il suo comportamento.
“Oh, Macmillan, ora ti stai pentendo di avermelo chiesto, eh?”
Ma lui sorrise. “No. Ora so cosa rispondere”.
“A che?”
“A Millicent”. E strizzò un occhio mentre riprendeva il corridoio. Merlino! Che intendeva?
“Aspettami!” Gli corse dietro. “Che vuol dire?”
“Oh, niente” la prese in giro lui, continuando a camminare.
“Ehi! Se stai facendo qualcosa alle spalle di Millie, ti schianto!” disse tirando fuori la bacchetta.

 

Draco vide Pansy con la bacchetta puntata contro il Tassorosso e alzò un sopracciglio. Il Grifondoro accanto a lui non li aveva ancora visti.
“Tutto bene, lì?” chiese ad alta voce. Voleva fare presto. Un duello nel corridoio non ci voleva.

 

Ron allungò il passo quando Malfoy parlò. Cosa stavano facendo quei due?
“Che succede?” Vide Ernie sorridere e girarsi verso di loro con le mani alzate.
“Niente, ragazzi. Tutto bene.”

 

Pansy si voltò verso i due ragazzi e chiese: “Dove state andando?”
“Prendiamo le scale per il quarto piano” rispose Draco, un po’ stranito. Come se fosse una cosa normale. Il rosso non disse niente. Ma non doveva fare la ronda con quella sciacquetta della Simmons?
Lei tornò a guardare il Tassorosso, che continuava a sorridere. Lentamente mise via la bacchetta.
Draco richiese: “Quindi, tutto bene?” Pansy annuì e si voltò per continuare a camminare lungo il corridoio. Sentì Macmillan seguirla.

 

“Secondo te, è tutto a posto?” gli chiese Weasley.
Draco si incamminò verso le scale. “Secondo me, no” disse scrollando le spalle.
“In che senso?” Il rosso fu accanto a lui. Ma era davvero un troll!
“Secondo te, Pansy sta bene?” Lui scosse la testa. “E quindi? Cosa potresti fare per farla stare meglio?”
“Chi, io?” Draco sbuffò. Che idiota!

 

Ron capì che Malfoy lo stava trattando con sufficienza. Ma lui cosa poteva fare?
“Mi ha lasciato lei!” Lui alzò le spalle.
“Allora non fare niente” Ma… Si girò a guardarli: erano lontani e stavano parlando.
“Muoviti, Weasley! Non voglio fare notte fonda!”
Ron accellerò il passo mentre lo raggiungeva. Poteva veramente fare qualcosa? E cosa?

 

“Cosa intendevi dire prima?” Pansy cercò di calmarsi e non sorridere come un’ebete. Lui non stava facendo la ronda con la sciacquetta. Sorrise lo stesso.
“Millicent mi ha chiesto di fare la ronda con te per capire perché ultimamente sei così arrabbiata…”
“Non sono arrabbiata!” Il suo tono era un po’ più alto del normale
“… e nervosa” continuò lui sorridendo. Lei lo guardò male.
“E quindi ti sei già risposto?” Lui si fermò, alzò un sopracciglio e indicò con la testa dove prima c’erano Draco e il rosso . “È così evidente, dici?” Pansy si morse il labbro: non voleva che fosse evidente. Per Salazar, non voleva che ci fosse niente che potesse essere evidente!
Lui alzò una spalla. “No, ok, se non mi avesse indirizzato lei, non ci avrei fatto caso” Lei non disse niente e continuò a camminare. “Non preoccuparti, non dirò niente a nessuno”.
Pansy annuì. “Quindi tu e Millie…”
“Io e Millicent facciamo i compiti insieme” disse lui un po’ risoluto. Pansy sorrise. Non lo aveva detto con tono disgustato per mantenere le distanze, come di solito facevano i ragazzi quando parlavano di Millie. Lo aveva detto per riservatezza. Era una cosa bella.
“Stai attento a quello che fai, ok?”
Finirono la ronda e tornarono alla stanza dei prefetti.

 

Quando Ron e Malfoy tornarono, trovarono Ernie a compilare la pergamena. Gli altri avevano finito e piano piano se ne erano andati quasi tutti. Ernie finì di scrivere velocemente e arrotolò la pergamena.
“Scusa Malfoy, mi era sembrato che volessi fare presto…” Lui gli fece un cenno con il capo e si girò verso Pansy.
“Andiamo?” Lei annuì e prima di uscire dalla stanza augurò la buonanotte a quelli rimasti, sorridendo.
“Stai attento che ti tengo d’occhio, Macmillan” disse proprio mentre usciva.
Non lo aveva degnato di uno sguardo, Merlino.
Ron sbuffò e salutò Macmillan, uscendo. “Ha sorriso, prima”, lo sentì dire. Il rosso si fermò e si voltò.
“Come, Ernie?”
“Lei. Ha sorriso quando ti ha visto con Malfoy e non con la Simmons.”
Poi il Tassorosso uscì. Che aveva voluto dire?

 

“Devi chiedermi qualcosa, giusto?”
Draco aveva capito che la sua richiesta di tornare insieme non era disinteressata. Lei si voltò indietro e si imbronciò.
“Shhhh… non qui!” E lo trascinò un po’ più velocemente.
Quando furono tre piani più giù lei si sbottonò: “Hai ancora la pozione? Ho perso la mia oggi e non la trovo più”.
 Draco corrugò la fronte. “Come hai fatto a perderla?”
“Non lo so!”
“Ok, calmati. Ti do la mia.”
“Grazie, tanto domani sera te la restituisco.”
Draco si fermò. “Perché?” Pansy si fermò anche lei e inclinò la testa.
“Perché, cosa?”
“Perché domani me la ridai?”
Lei alzò le spalle un po’ confusa. “Non so neanche se mi serve. Anzi spero proprio di non averne bisogno. Ma mi piace sapere che ce l’ho, così se quando vengo via da Azkaban ho dei problemi…”
“Vai ad Azkaban?” Draco era sorpreso. Lei non glielo aveva detto.
Lei spalancò gli occhi. “Non te lo avevo detto?” Lui scosse la testa. “Oh. Pensavo di sì…” Riprese a camminare. “Comunque magari non la uso”.
Draco la guardò allontanarsi e poi le corse dietro. “Ma… con chi ci vai?” le chiese.
“Con chi ci dovrei andare? Vuoi venire con me?” lo provocò. Ma poi qualcosa dovette passarle per la testa, perché iniziò a straparlare. “Potremmo raccontare a mia madre che ci siamo sposati. Sposati davvero! Santo Salazar! Sarebbe divertentissimo. Avrei dovuto comprare un anello al banco dei pegni, per queste occasioni.”
Ok, la stava perdendo. Lei ridacchiava aprendo le braccia e facendo passi di danza per il corridoio. Sentì che chiacchierava da sola e quando disse: “Potrei raccontarle anche di essere incinta! Sai che…” Improvvisamente divenne seria. Probabilmente pensava a Camille. Il ragazzo la raggiunse e le prese una mano.
“Ci vai davvero da sola?”
Pansy inclinò la testa di lato. “Certo”. Si divincolò da lui e continuò a camminare stancamente.
“Stai bene?” La ragazza si fermò e lo guardò con uno sguardo serio, prima di rispondere: “Beh, spero di stare meglio domani, quando tornerò”.
Lui annuì. Avrebbe dovuto accompagnarla? “Vuoi che venga con te?”
“A fare che?” Draco scosse le spalle: non lo sapeva. “Ecco, appunto!”
Pansy tornò a guardare verso il corridoio e poi camminarono per un po’ in silenzio.

 

“Tu con chi ci andrai?” gli chiese Pansy.
Forse era il momento buono. Lo vide scuotere le spalle. “Non lo so”.
Oh. Si aspettava una risposta diversa. Forse sarebbe stato più facile così. “Non hai ancora deciso?” i suoi occhi erano grigissimi, riusciva a vederli alla luce delle lanterne. “Mmm, sì, diciamo così…”
“Sai con chi dovresti andarci?” Pansy sapeva che era la cosa migliore. Quando Draco non rispose, continuò: “Mi sa che lo sai già, vero, con chi dovresti andarci”.
Il ragazzo sbuffò e mise le mani in tasca.
“Non voglio chiederglielo” ammise.
“Ma lo farai comunque” disse la ragazza. Ormai iniziava a capirli, quei due. Avevano solo bisogno di una spintarella. “Perché sai che è la cosa giusta”.
Quando lui annuì il mondo le sembrò più leggero, anche rivedere sua madre.

 

***

 

Hermione era in piedi in biblioteca e guardava in direzione di un tavolo ben preciso. Non le piaceva tanto, ma sospirò e si avvicinò al ragazzo seduto.
Non sarebbe mai stata brava in quelle cose. Doveva saperlo. Oppure… poteva allenarsi.
Si avvicinò al ragazzo seduto e disse con il suo tono più normale: “Ciao Nott, hai un libro che mi serve per un tema di storia della magia, posso rubartelo?”
Come aveva previsto, il ragazzo si fece pregare un po’, così si sedette sulla sedia di fronte alla sua e gli propose di dividerlo per fare i compiti.
Sorrise. Stava andando tutto bene.

 

***

 

“Ciao, Ginny, hai visto Pansy?”
Ginny si voltò verso la ragazza che le stava parlando. Erano in sala grande tutti insieme a finire dei compiti.
“Ciao, Camille. Siediti.”
La piccola Serpeverde aveva una gran brutta faccia. Sembrava preoccupata. Si lasciò cadere sulla panca vicino a lei.
“Che succede?” le chiese Harry. La ragazzina lo guardò con occhi spaesati.
“Non riesco a trovare Pansy. Secondo voi c’è da preoccuparsi?”
Hermione si sedette vicino a lei e le mise un braccio sulle spalle. “Non devi preoccuparti. Non ce n’è motivo”. Camille annuì meccanicamente mentre la guardava.
Ginny notò che aveva gli occhi lucidi. “Harry… magari potresti andare in camera tua a…” Lasciò cadere la frase per non nominare la mappa del malandrino. Almeno che servisse a qualcosa di buono, quella mappa!

 

Harry aveva capito, ma prima chiese alla ragazzina: “Hai provato nella stanza dei trofei?”
Tutti si voltarono verso di lui e Harry si sentì un po’ in imbarazzo. Ma la Serpeverde scosse la testa. “Non c’è. Ho cercato in tutta la scuola. Daphne non l’ha vista. Blaise non l’ha vista…” Il suo tono si strozzò.
Ginny le fece una carezza sulla testa. “Non preoccuparti. Adesso la troviamo, non preoccuparti”. E lo guardò. Ok, sarebbe andato a prendere la mappa.
“Vieni con me?” chiese a Ron. Lui lo guardò di sfuggita e scosse la testa. Ma non voleva andarci da solo, così proprose: “Andiamo tutti in sala comune. Così prendo la mappa”.
Gli altri si alzarono con lui e si incamminarono verso la torre.

 

“Oggi non era a lezione” iniziò Ron.
Ginny si voltò verso di lui. “No?” Lui scosse la testa.
“Hai chiesto a Malfoy?” chiese la rossa alla Serpeverde.
“Non so dove sia…” Tutti si voltarono verso Hermione. Che divenne rossa.
“Quidditch” disse semplicemente. “Sapete? Serpeverde-Tassorosso…”
Gli altri annuirono, tranne la piccola Serpeverde.
Ron sospirò. Lo spettro di Malfoy ancora non voleva andarsene. Hermione o non Hermione, la sera prima erano andati via insieme. Ma Malfoy era a lezione, quel giorno. E lei no.
Doveva ancora decidere se era una cosa buona o no.

 

Camille si sentiva svuotata. Seguiva i Grifondoro senza sapere bene perché, ma sembrava che loro potessero trovare Pansy, così non protestò.
“Perché non era a lezione?” chiese. Tutti si voltarono verso di lei. Come se pensassero che lei lo avesse dovuto sapere. Ma lei non lo sapeva. Pansy non glielo aveva detto. Non glielo aveva detto nessuno. Neanche Daphne. Neanche Blaise. Scosse le spalle.
“Non mi dicono mai niente…” Sentì gli occhi inumidirsi.

 

Ginny l’abbracciò di slancio. “Lo so, lo fanno anche con me. Ma non devi preoccuparti. Ci sarà un buon motivo, questa volta”.
Sperò di non sbagliarsi. Appena avessero trovato Pansy le avrebbe detto qualcosa. Sapeva cosa voleva dire essere considerata la più piccola. Cercò di rimanere calma.
Incontrarono Blaise mentre salivano le scale. Lui li vide e cercò di tornare indietro, ma le scale cambiarono direzione e lui si trovò intrappolato. Riuscirono a raggiungerlo.
“Zabini!” lo chiamarono Ginny e suo fratello insieme.
Lui si voltò e sorrise. “Fratelli Weasley! Che bello vedervi!” Il suo tono era un po’ forzato. Anche il suo sorriso, notò Ginny.

 

Harry non fu particolarmente felice di vedere Zabini. Ma neanche lui lo era, si vedeva bene. Appena le scale si fermarono, lui cercò di deviarli per andarsene.
“Zabini, dov’è Pansy?” chiese Ginny.
Il Serpeverde tentennò: aprì la bocca e la richiuse. Non aveva mai visto il moro così in difficoltà. Poi guardò in basso. “Io non lo so…”

 

Perché lui non lo sapeva? Non erano amici? Ron sbuffò nervosamente.
Harry si chinò su di lui. “Vado a prendere la mappa. Tienilo lontano da tua sorella” gli disse indicando con il capo il Serpeverde.
Annuì, mentre Harry allungava il passo.
“Draco sa dov’è?” Sentì chiedere Hermione. Lui scosse le spalle. “La Greengrass?” Lui scosse la testa. Ron si spazientì.
“Ma è possibile che voi non sappiate dov’è?”
Vide Zabini lanciare un’occhiata a Camille e poi sospirare. “Non è tornata. Stamattina è andata a Londra, ma non è ancora tornata”. Londra? Cos’era andata a fare a Londra? Lui sapeva, per vie traverse, che il giovedì successivo avrebbe avuto l’appuntamento per la consegna della casa dei Lemaire, ma non sapeva niente di quel giorno.
Che l’avessero spostato? Non gli sembrava…

 

“Cos’è andata a fare a Londra?” chiese Ginny. Quell’idiota non parlava. Ci sarebbe voluto un veritaserum. Lui borbottò qualcosa ma non si capì bene. “Come?”

 

Blaise si sentiva in trappola. Non voleva dire dove era andata Pansy, non davanti a Camille. La ragazzina aveva una faccina terrorizzata già così. Ma anche lui era preoccupato. E anche la Weasley, effettivamente. Guardò la Granger: lei ricambiò il suo sguardo con uno incuriosito. Ok.
“Zabini?” Il Grifondoro (l’unico maschio rimasto, constatò) fece un passo verso di lui. Si stava arrabbiando.
“È andata al Ministero” disse, sperando che bastasse. Ma quella ciurma di Grifoni non aveva nient’altro da fare?
“Blaise!” Sentì Daphne chiamarlo. Sorrise guardando la bionda avvicinarsi correndo. Magari l’avevano trovata. Sospirò.

 

Daphne non aveva notato gli altri. Per Salazar, avrebbe dovuto. Erano vicini a Blaise. Ma lei era così preoccupata. Quando si avvicinò di più al moro notò i Grifondoro. Notò anche Camille. Santo Merlino. Si bloccò.
Quando lui chiese: “Novità?” Lei sconsolata scosse la testa. Dietro a Blaise vide qualcuno. Potter. Stava arrivando Potter.
Quando lui disse: “La Parkinson non è a scuola”, tutti si girarono verso di lui.

 

“Come non è scuola?” Ginny ora iniziava a preoccuparsi davvero.
“Sulla mappa non c’è” rispose Harry. E quindi?
“La stanza delle necessità? Non compare sulla mappa” propose Ginny.
“Cos’è la stanza delle necessità?” chiesero in coro Daphne e Camille.
“È una stanza segreta. Voi non la conoscete”. Hermione aveva risposto velocemente alle ragazze Serpeverde.
“Ma Pansy la conosce e sa come si apre” disse Ron mentre le sue orecchie arrossivano. Oh, stupendo.
Harry scosse la testa. “Non c’è. La stanza delle necessità si apre, ma è vuota. Ho controllato prima di venire giù”.

 

Hermione guardò il Serpeverde. Lui però guardava Harry. “Che mappa?” chiese incuriosito. Harry scosse le spalle.
“Cos’è andata a fare al Ministero?” Ron sembrava spaesato. Quanto Camille.
“Draco non vuole che…” Ron si avvicinò a Zabini con uno sguardo cattivissimo.
“Non me ne frega niente di Malfoy!” Gli prese il colletto della divisa e lo strattonò. “Dimmi dov’è andata!”
Hermione gli appoggiò una mano sul braccio e cercò di staccarlo dal Serpeverde. “Io forse lo so” disse Harry. Ron si girò verso di lui. Gli lanciò uno sguardo indefinito e Hermione per un attimo ebbe paura che avrebbe messo le mani addosso anche a lui. Harry chiese sottovoce al Serpeverde: “È andata ad Azkaban?” Lui annuì.
“Ad Azkaban? E… tu come lo sapevi?” Ora Ron era spaesato come prima.

 

Harry si sentì male. Odiava avere segreti. Odiava avere segreti con Ron. E ora lui lo guardava in quella maniera... Tradito. Si sentiva tradito. E sapeva benissimo quanto Ron stava male quando si sentiva tradito. E lui odiava esserne la causa.

 

Ron non riusciva a credere alle sue orecchie. Cioè, Pansy era andata ad Azkaban, Harry lo sapeva e non gli aveva detto niente? Ci avrebbe pensato in un momento più lucido, decise.
“Con chi è andata?” Zabini gli lanciò un’occhiata veloce e poi guardò da un’altra parte.
“È andata da sola”. COSA? Era andata da sola? Da sola da sua madre?
Sentì la voce di Ginny, incredula, dire: “L’avete lasciata andare da sola? Da sua madre?”
Zabini annuì con uno sguardo atterrito. “Non l’ha detto a nessuno. A noi l’ha detto Draco oggi pomeriggio. E lui l’ha scoperto ieri sera”.
La Greengrass annuì “Non lo sapevo neanch’io…”
“Ma Malfoy lo sapeva!” esclamò Ron, arrabbiato.
Merlino! Quello stronzo di Malfoy la sera prima aveva fatto tutti quei giochetti ‘fai qualcosa’, ‘allora non fare niente’ e poi, l’unico che poteva fare qualcosa e non aveva fatto niente era proprio lui.
Avrebbe voluto averlo sotto la bacchetta, in quel momento. Sbuffò forte.

 

Nessuno si preoccupava di lei.
Camille non riusciva a credere alle sue orecchie: Pansy era andata a trovare maman. Senza di lei. Senza dirglielo. L’aveva ingannata. C’era andata da sola.
Era lei che ci voleva andare, non Pansy! Perché aveva fatto una cosa del genere? Perché?

 

Un ragazzino arrivò in quel momento correndo. Aveva la divisa dei Grifondoro, ma Harry non sapeva chi fosse. Doveva essere del secondo o primo anno.
“Ehm… prefetto Granger…” Si rivolse a Hermione, imbarazzato dal dover parlare davanti a tutta quella gente. Hermione si girò verso di lui e gli sorrise.
“Sì?” Lui guardò ancora tutti e poi tornò a prestare attenzione solo alla riccia.
“La preside McGranitt ha detto di andare subito nel suo ufficio!” disse, prima di scappare via.
“Ok, grazie” rispose alla sua schiena.

 

Non poteva capitare in un momento peggiore. Ma non poteva ignorare la preside. Guardò gli altri. Ron stava discutendo ancora con Zabini. Ginny parlava con la Greengrass, mentre stringeva ancora la piccola Camille che sembrava veramente in un altro posto; aveva gli occhi sbarrati e guardava lungo il corridoio. Harry continuava a osservare Ron con espressione colpevole. Perfetto. Tutto stupendo.
Fece un cenno agli altri, anche se non seppe dire con precisione se l’avessero vista o meno e si incamminò verso l’ufficio della preside.

 

Quando bussò alla porta, questa si aprì da sola, automaticamente. La McGranitt era seduta alla scrivania con un cipiglio preoccupato in viso.
“Buonasera, preside. Mi ha fatto chiamare?” La preside alzò lo sguardo su di lei e la sua bocca si distese in una linea. Un sorriso nervoso. Hermione aveva imparato a riconoscere le sue espressioni.
“Sì, Signorina Granger, entri pure e chiuda la porta”. Aspettò che lei eseguisse l’ordine e poi continuò: “Ho ricevuto poco fa questa richiesta di lasciarla andare immediatamente al Ministero della magia per un incontro urgente”.
Le passò una pergamena. Era successo qualcosa? Kingsley voleva aggiornamenti prima del tempo? Merlino lei non poteva dargli niente, ancora. Ma cos’era tutta quell’urgenza? Lesse la pergamena. Diceva che doveva presentarsi al livello otto. Non era mai stata al livello otto. Alzò la testa verso la preside.
“Vado subito, allora. Uso il camino?”
“Certo. E mi faccia sapere al più presto!” Lei annuì meccanicamente, ma poi si chiese cosa avrebbe dovuto farle sapere.
Usò la metropolvere per arrivare alla reception del ministero e percorse il corridoio per prendere l’ascensore. Incontrò poche persone. Beh, data l’ora erano pochi gli addetti ancora lì. Molti erano già andati a casa.
Si infilò in un ascensore e premette il tasto otto con un po’ di nervosismo: cosa c’era all’ottavo livello?

 

Quando le porte si aprirono lesse il cartello che galleggiava in alto nel corridoio. Azkaban. Per un attimo si spaventò. Come se potesse veramente essere la prigione, invece del livello otto. Vide una testa rossa conosciuta andarle incontro e fece un mezzo sorriso: Percy. Cosa ci faceva lì? Non doveva essere al livello sei, ai trasporti?
“Ciao, Hermione” la salutò, un pochino trafelato, lui. “Grazie di essere venuta subito”.
“Mi hai fatto chiamare tu?” Era strano. Non aveva riconosciuto la firma sulla pergamena, ma era abbastanza sicura che non fosse ‘Weasley’.
“No, signorina Granger, l’ho chiamata io”. Una ragazza bionda apparve dietro a Percy.
Le sorrise un po’ rigidamente e le porse la mano. “Sono Adams, dell’ufficio per il controllo di Azkaban. Prego mi segua”. Hermione le strinse la mano e guardò la ragazza un po’ incuriosita. E la seguì.
Si voltò a guardare il rosso che disse: “Quando hai finito ti aspetto al livello sei”.
Ma parlava con lei? O con la ragazza del ministero? La bionda si girò e gli fece un cenno con il capo. Ah, parlava con lei. Dovevano conoscersi molto bene, visto la confidenza.
La Adams aprì la porta di un ufficio e la fece entrare. “Posso chiedere perché sono qui?” chiese Hermione mentre entrava.
“Per Salazar, Granger, pensavo non venissi più!”
Hermione si girò verso quella voce familiare: la Parkinson stava fumando mentre era sdraiata su una poltrona: aveva tutte e due le gambe su uno dei braccioli ed era coricata sull’altro. Si sollevò per mettersi seduta quando la vide entrare e, con una mossa poco elegante si alzò per tirarsi in piedi. Con un gesto di stizza spense la sigaretta sotto una scarpa.
Oh, per Godric, che era successo?

 

Per fortuna la Granger era arrivata. Non ne poteva più di quel posto insulso.
Quella mattina aveva fatto una fatica immane a convincersi a venire al Ministero, dove poi l’avevano obbligata a lasciare giù la bacchetta (che non le avevano ancora ridato) e aveva preso la navetta smaterializzante per andare ad Azkaban. Quella era l’unica maniera per andarci, le avevano detto. Già aveva lo stomaco attorcigliato per la nausea, non era riuscita a mangiare niente a colazione e quando si era ritrovata sulla navetta, insieme a tutte quelle altre persone (e molte avevano delle facce veramente impressionanti) si era sentita una stretta allo stomaco stritolante.
Pensava che rivedere la madre le avrebbe creato dei disagi e invece no. Sua madre, che fondamentalmente stava bene, almeno fisicamente, l’aveva guardata con un’occhiata critica e aveva detto qualcosa sul suo abbigliamento. Quindi tutto come al solito. Non stava male e la trattavano con la decenza dovuta al suo rango (disse lei). Quella cosa che i dissennatori avevano perso il posto era stata una gran bella cosa (e sua madre aveva ridacchiato quando l’aveva raccontato) e i nuovi addetti sembravano un po’ inesperti.
Pansy aveva fatto finta di niente quando aveva visto sua madre buttare un occhio alla sua mano sinistra e sospirare sollevata. Aveva fatto fatica a capire perché, poi sua madre aveva iniziato una delle sue tiritere e aveva capito cosa avesse guardato: Abigail era contenta che non si fosse fidanzata. Beh, diciamo che con tutti i problemi che aveva avuto, quello era proprio l’ultimo pensiero di Pansy, ma sempre il primo di sua madre. E lei era preoccupata. Aveva intavolato una filippica sul fatto di non sposarsi per amore perché l’amore in un matrimonio portava solo guai.
La giovane Serpeverde all’inizio aveva annuito meccanicamente senza capire bene il discorso, come faceva tutte le volte. Poi, quando la madre aveva nominato suo padre, aveva ascoltato senza più muoversi o aprire bocca.
Sembrava che sua madre lo avesse sposato per amore. Ah, mamma, non perché era un purosangue da generazioni? Pensò malignamente. Quando aveva finito il discorso sull’amore, sua madre l’aveva messa al corrente del fatto che sarebbe uscita nel giro di breve tempo. Lei, che finalmente aveva iniziato ad ascoltarla le aveva chiesto cosa intendesse e sua madre aveva abbassato la voce e le aveva spiegato tutto: voleva evadere. Per Salazar. Davvero?
Non si vedevano da quasi un anno e invece di farle domande materne tipo come stesse o come stesse Camille, lei aveva pensato di raccontarle il suo piano di evasione? Iniziò a capire come mai le sue idee non avessero mai funzionato in passato: Abigail era fuori di testa. Più l’ascoltava e più si concretizzava in lei questa cosa.
Quando le chiese di tornare da lei a trovarla la prossima volta, portandole una bacchetta usata presa al mercato nero, capì che quel posto aveva peggiorato tutto. Le disse di avere contatti con due persone fuori da Azkaban che l’avrebbero potuta aiutare e avrebbero accolto anche lei, Pansy, e insieme avrebbero iniziato una nuova vita lontano, senza preoccuparsi di niente, in un paese estero su un’isola che aveva un nome indicibile (ed era abbastanza sicura che sua madre lo avesse detto sbagliato, comunque).
Dava per scontato che a lei stesse bene. Ma lei non era più la Pansy di prima. Se c’era una cosa che aveva imparato era questo: non doveva più sottostare a sua madre. Abigail rinchiusa ad Azkaban, per lei era una grande libertà. Ma non voleva dirglielo.
Non voleva, finché sua madre non disse la solita frase: “Alla fine, basta che tu sia un po’ carina con…”
Ma Pansy, questa volta, non la lasciò finire. “No mamma, io non farò più niente del genere”.
Il viso della strega divenne incredulo e bonariamente sorridente “Come, tesoro?”
“Non chiamarmi tesoro. Non farò niente per te. Tantomeno questo. Non mi prostituirò più per te, mi hai capito?”
Il volto di sua madre impallidì. “Ma cosa dici, Pansy, io non ti ho…”
“E scusami, ma Camille, in tutto questo organizzatissimo piano, dove dovrebbe stare?”
“Come dove? A Beauxbatons. Dov’è adesso, no?”
“Camille è a Hogwarts con me”. Sua madre aveva strabuzzato gli occhi e chiesto spiegazioni. “Ci sono state delle incomprensioni con Pascal… Ho preferito portarla qui…” Non aveva voluto dirle di tutto il resto. Non c’era bisogno.
“No! Camille doveva rimanere in Francia. Doveva sposare Dumont la prossima estate!”
Pansy sentì rizzarsi i capelli. “Ma… tu sapevi di Dumont?”
Cioè, sua madre sapeva che Pascal voleva far sposare Camille, che aveva solo quindici anni, con un uomo che aveva il doppio dei suoi anni? Ma… non doveva gestire il patrimonio di famiglia? Oh, forse con il fatto che non c’era più un solo galeone, avevano scelto di mandare al macello anche lei. Stupendo.
“Sì, avevamo organizzato tutto. Lui avrebbe pagato bene. Forse non l’ha più voluta dopo questo piccolo scandalo del signore oscuro?” disse infatti la madre.
Piccolo scandalo? La guerra che aveva scatenato il suo signore oscuro era un piccolo scandalo? E un Ungaro Spinato era un animaletto da compagnia, allora? Pansy non volle sentire altro.
Si alzò. “Mamma è stato bello vederti. Ma non so se tornerò. Avrei accettato quasi tutto, davvero. Un bel ‘mi dispiace di essere stato uno schifo di genitore’ sarebbe stato carino, ma anche un solo ‘mi fa piacere vederti’, mi avrebbe fatto contenta. Ora, però, basta. Buona giornata”. Si girò senza dire nient’altro né dare l’opportunità alla strega di ribattere o di scusarsi. (Scusarsi? Che utopia, non l’avrebbe mai fatto!)
Si era incamminata verso l’uscita e aveva atteso per l’ora seguente la navetta di ritorno. Aveva avuto tempo per pensarci. Sua madre non sarebbe mai stata capace di mettere in atto quello che aveva detto. Non da sola. Le due persone che volevano aiutarla potevano essere un pericolo. Così, dopo aver cambiato idea almeno trecento volte e con la morte nel cuore, al ritorno al Ministero, invece di tornare a Hogwarts aveva bussato all’ufficio della Adams (ma non sapeva ancora che fosse lei la responsabile di quell’ufficio) e aveva raccontato quello che sapeva.
E ora si ritrovava rinchiusa lì da così tanto tempo che aveva perso il conto delle ore. Per fortuna che le era venuta in mente l’idea di far chiamare la Granger.
O Santa Granger!

 

Hermione si avvicinò e, lanciando un’occhiata alla strega bionda, disse alla Parkinson: “Ti stanno cercando tutti. Perché sei qui?”
“Bella domanda!” Il suo sguardo la oltrepassò e si fermò sulla bionda. “Perché sono ancora qui, Adams?” La riccia si voltò verso l’addetta del Ministero, che era un po’ rigida e si toccava continuamente una mano.
“Perché dobbiamo ancora valutare la tua storia, Parkinson. E trovare qualcuno che garantisca per te” rispose, un po’ esasperata.
“Pensavo doveste darmi del lei. Va beh. Dicevamo? Già, giusto, qualcuno che garantisca per me. Ed ecco che arrivi tu, Granger” rispose quindi la Parkinson con un tono che a Hermione ricordava Draco quando veniva fuori il suo lato ‘purosangue’.
“Io?”
“Sì, ho detto che eravamo amiche, scusami, ma non avrei potuto chiamare nessun altro. Giuro che mi sdebiterò!” La Parkinson aveva sussurrato. Hermione sbatté le palpebre. Ok, cosa stava succedendo ancora?
“Ci sediamo a parlarne?” propose la bionda. Adams, giusto? Hermione annuì e la strega, con la bacchetta avvicinò due sedie alla sua scrivania. “Prego sedetevi”
“Come sei carina, adesso…” La Parkinson sbuffò mentre si sedeva. “Ci offrirai anche il tè? Perché non ho intenzione di bere più niente…”
Ma… perché la Serpeverde aveva quel tono? Si conoscevano?

 

Pansy vide la Grifondoro guardarla con curiosità. Poi capì. Non l’aveva riconosciuta. Ghignò un po’. “Oh, Granger, non hai idea di chi sia lei, vero?” disse, indicando la bionda.

 

Hermione guardò la strega e lei divenne un po’ rossa sulle guance e si toccò ancora la mano. Notò che si toccava un dito. Forse aveva un tic. Sapeva che i lavori un po’ stressanti causavano cose di questo genere e sicuramente avere a che fare con Azkaban era un lavoro stressante.
“Io… ho frequentato Hogwarts…” continuò la Adams. Hermione la guardò bene. Quanti anni poteva avere? Ventidue? Ventitrè? Cercò di ricordarsi il cognome, se lo avesse già sentito. Niente.
“Mi spiace non ricordo. In che casa eri?”
“Corvonero” rispose la bionda. La riccia scosse la testa.
“Era dello stesso anno della Light. Dai, che lei te la ricordi, la Light” disse la Parkinson malignamente. La Adams divenne ancora rossa. Light.
“Penelope Light?” Hermione si ricordava di Penelope. Aveva usato il suo nome quando era stata catturata dai mangiamorte. E si ricordava di Penelope perché… perché era un prefetto… faceva la ronda con Percy… e Ginny li aveva beccati a baciarsi in un’aula vuota “Penelope la ragazza di Percy?” chiese quindi, improvvisamente. Ma Percy non si era fidanzato? E non con Penelope… Con chi? La Adams si gonfiò un po’.
“Beh, mi sa che non lo è più, giusto, Adams?” La Parkinson aveva un tono e una faccia da Serpeverde.
“E tu, come lo sai?” La bionda aveva perso un po’ di compostezza.
“Oh, dai, ti tocchi continuamente quel dito! Hai un anello di fidanzamento nel cassetto? Che ti togli quando arrivi e che ti metti quando esci di qui, magari? E da come ti parla quel Weasley, direi proprio che te l’ha regalato lui. Mi meraviglio soltanto che vi diano degli incarichi così importanti, siete maledettamente prevedibili!” Hermione spalancò la bocca
“Ma… Sei Audrey? Audrey la fidanzata di Percy?” Lei sorrise e annuì.
“Bene. Congratulazioni. Ora che ci siamo presentate, possiamo andare avanti? Io non mangio niente da non so quanto tempo, sono in astinenza da bacchetta e non vedo l’ora di riabbracciare mia sorella, quindi… Ci diamo una mossa?” La Parkinson era spazientita. E cattiva. E nervosa. L’aveva sentito dire che si era un po’ incattivita, ma non aveva ancora testato il suo nervosismo. Ok.
“Quindi? Di cosa dobbiamo parlare?” chiese Hermione. Aveva paura che fosse una cosa lunga.
E fu proprio così.

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