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Autore: LysandraBlack    02/10/2018    4 recensioni
Aenor Mahariel, fiera Cacciatrice tra i Dalish.
Geralt Amell, ambizioso mago intrappolato nella Torre del Circolo.
Kallian Tabris, sogna una vita tranquilla nell'Enclave di Denerim.
Elissa Cousland, ansiosa di mettersi alla prova.
Natia Brosca, che non conosce altro che i bassifondi di Orzammar.
Duran Aeducan, comandante dell'esercito e Principe della città dei nani.
Sei eroi, provenienti da ambienti radicalmente diversi, si ritroveranno loro malgrado a fermare il Flagello che si abbatte sul Ferelden. Ce la faranno?
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Alistair Therin, Custode, Leliana, Morrigan, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con
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- Questa storia fa parte della serie 'The unlikely heroes of Thedas'
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CAPITOLO QUARANTUNO:

DENERIM – CITTA' ALTA


 

Si lasciarono l'Enclave alle spalle, correndo a perdifiato su per le strette vie che portavano a Forte Drakon. Aenor sapeva che non avrebbero mai fatto in tempo. Riordan avrebbe dovuto aspettarli proprio sotto la fortezza, ma del Custode più anziano non vi era nemmeno l'ombra.

Un folto gruppo di Genlock cercò di tendere loro un'imboscata, ma furono abbastanza svegli da evitare di farsi circondare: Morrigan e Geralt a proteggere i fianchi pur restando al sicuro, Aenor, Sten e Loghain riuscirono a rompere la linea nemica e disperdere i Prole Oscura, uccidendoli uno ad uno. Quando Falon buttò a terra l'ultimo, permettendole di trapassarlo con la spada, si concesse un attimo per appoggiarsi contro il muro di pietre grezze lì accanto, tirando fiato.

«Manca poco.» Le disse Morrigan, porgendole dell'acqua che l'elfa accettò di buon grado. Ne bevve pochi lunghi sorsi, il liquido magicamente fresco che le scendeva lungo la gola che bruciava.

«Non sento più l'Arcidemone.»

L'altra condivideva la sua apprensione. Il drago si era limitato per tutto quel tempo a volare troppo alto perché chiunque di loro potesse anche solo sperare di raggiungerlo con frecce e incantesimi, soltanto occasionalmente piombando a sorpresa tra le loro linee e distruggendo palizzate e fortificazioni in una pioggia di fiamme, per poi sollevarsi di nuovo oltre la spessa coltre di nubi.

Il piano di Riordan era così semplice da sembrare stupidamente ottimista.

Attirare il drago verso la torre di Forte Drakon, il punto più alto della città. Da lì, i Custodi avrebbero dovuto attaccarlo mirando alle ali, in modo da costringerlo a terra e rendergli impossibile aiutare l'Orda.

Per il momento, i loro tentativi erano stati vani e l'Arcidemone si era tenuto a distanza di sicurezza.

«Dov'è quel cretino di un Orlesiano?» Commentò Loghain tra i denti, guardandosi attorno. «Mi aspettavo almeno qualcuno.» Un rivolo di sangue gli scendeva lungo il braccio sinistro, ma sembrava una ferita troppo superficiale per fermarlo.

«Sai che non è davvero Orlesiano...» Cercò di distrarlo Geralt, ma Aenor lo vide scrutare i cieli, inquieto, mentre si asciugava il sudore dalla fronte recuperando le energie.

«Parla come un Orlesiano, e tanto mi basta.» Ribattè Loghain. «Inoltre, non ho chiesto un tuo parere, mago.»

«Giusto, dimenticavo che per te siamo tutti assassini prezzolati.»

Aenor scoccò loro uno sguardo in tralice. «Non è il momento.»

«La Custode ha ragione.»

Si voltò sorpresa verso Sten. Era raro che il Qunari prendesse posizione durante quegli stupidi battibecchi, soprattutto in un momento del genere. Lo ringraziò con un cenno del capo, ordinando poi agli altri di rimettersi in marcia.

La scalinata verso il Forte era ripida, ma la strada principale era stata bloccata giorni prima per impedire ai Prole Oscura di conquistare la collina con facilità.

Si arrampicarono lentamente, anche troppo, ogni passo, ogni gradino che sembrava durare un'eternità, attorno a loro un silenzio angosciante.

Dov'era l'Arcidemone? Che Riordan ce l'avesse fatta?

Oppure...

No. Non doveva pensarci.

Falon ringhiò sommessamente, scoprendo le zanne affilate, la pelliccia irta sulla schiena.

Tese le orecchie. Un ticchettio metallico, ripetuto, continuo, tutto attorno a loro. Cercò di capirne la provenienza, inutilmente. Fece cenno agli altri di mettersi in ascolto. Qualunque cosa fosse, si faceva sempre più vicino.

«Cosa...?»

Si voltò di scatto, sollevando una mano per zittire Geralt, ma il braccio rimase bloccato a mezz'aria. Uno schiocco familiare, ma molto più forte di quanto avesse mai sentito, risuonò tra le mura, rimbombando tra le pietre levigate.

Sentì un brivido involontario scenderle giù per la spina dorsale.

Falon, ritiratosi contro la sua gamba, teneva la testa incassata tra le spalle, le orecchie basse e all'indietro. Aenor non l'aveva mai visto tremare di fronte a nulla.

Altri schiocchi. Più vicini, sempre più vicini.

Le parve di intravedere delle lunghe zampe calarsi sopra una tettoia, ad una ventina di metri da loro, un fruscio sinistro ad accompagnarle.

Da un vicolo alla loro destra, emerse una figura umana. Si trascinava lentamente, come se fosse ferita, un braccio che penzolava inerte mentre incespicava verso di loro, la testa ciondoloni.

«Non è dell'esercito reale...» sussurrò Morrigan, sollevando il bastone davanti a sé.

A quelle parole, la figura sollevò di scatto il volto, fissandoli con occhi vitrei, la bocca spalancata e sbavante. Per un lungo, lunghissimo attimo, non emise alcun suono.

Un attimo dopo si era lanciato contro di loro, artigli affilati al posto delle unghie che fendevano l'aria, un urlo lancinante che perforava i timpani.

Fu il caos.

Come dal nulla, spuntarono innumerevoli Ghoul, lanciandosi dai tetti alti e piombando a terra con degli schianti secchi, rialzandosi nonostante le ossa rotte e il sangue che spillava da squarci aperti, gettandosi addosso al gruppo come una sola creatura nella loro furia cieca. Come se non bastasse, erano accompagnati da enormi ragni putrescenti, più grossi di qualunque altro avessero mai visto, le zanne ricurve grondanti veleno denso e nero, le lunghe zampe pelose irte di spine.

Aenor non si accorse di stare urlando finchè non rimase senza fiato, la spada tenuta davanti a sé, un cieco terrore ad ottenebrarle la mente, ogni fibra del suo essere che le urlava di scappare da lì il più velocemente possibile. Non riusciva più a vedere i suoi compagni, l'adrenalina che le pulsava dolorosamente nelle vene mentre tranciava di netto il braccio di quella che un tempo era stata una donna, carne in putrefazione che cadeva a terra, zanne che si chiudevano sulla lama della spada, frammenti di ossa che esplodevano, e cervella, mentre il cadavere cadeva a terra e lei passava a difendersi dal successivo, un-

Un elfo. O almeno, quello che ne restava, la testa calva che rendeva ancora più evidenti le orecchie a punta, gli occhi lattiginosi e ciechi dalla Corruzione. Un vallaslin sul viso, così diverso dall'altro, eppure nella sua paura non poté che pensare a lui.

Quello che sarebbe diventato.

Quello che era diventato, e che sarebbe stato anche il proprio futuro, un giorno.

«Tamlen-»

Un'ondata di fuoco le mozzò le parole in gola, mentre tutto attorno a lei si scatenava l'inferno, una barriera cremisi a proteggerla dal calore.

«Aenor, da questa parte!»

Seguì la voce di Geralt, alla cieca, incespicando sui gradini mentre correva a perdifiato su per la collina. Falon comparve al suo fianco, spedendo lontano un altro ghoul e lanciandolo nelle fiamme che divampavano sotto di loro, aiutandola a raggiungere gli altri.

Dietro di lei si scatenò una tempesta elettrica, che andò ad aggiungersi alla pioggia di fuoco scatenata dall'altro mago, ponendo fine all'inseguimento.

Si rese conto di essere caduta a terra soltanto quando una mano entrò nel suo campo visivo, prendendola di peso per le spalle e tirandola in piedi. Incontrò gli occhi viola di Sten.

«Non puoi permetterti di mollare proprio ora.» Le disse il Qunari, stringendo la presa.

Aenor rimase a fissarlo, tremante, finchè lui non la lasciò andare. Le porse la sua spada, che non si era nemmeno accorta di aver lasciato cadere a terra. Riuscì a sussurrare un ringraziamento.

Sten annuì. «Forza. Siamo arrivati fin qui grazie a te. Non dimenticarlo.»

Chiuse gli occhi, inspirando a fondo, sentendo il peso della spada nelle mani. «Andiamo, allora.»

Grazie a Morrigan e Geralt, sembrava che i loro inseguitori avessero desistito o fossero stati uccisi tutti perché, quando le fiamme smisero di infuriare e le scintille si furono dissipate, tra i vicoli era calato nuovamente il silenzio.

Ad un tratto, un ruggito sembrò spaccare il cielo.

Alzarono lo sguardo, oltre i tetti dei palazzi, un'ombra gigantesca che si stagliava contro le nuvole illuminate dai fuochi della città.

Il drago si dimenava furiosamente su sé stesso in un vortice di fiamme e artigli, sferzando l'aria con la coda irta di spunzoni. Con uno schianto, si scagliò contro una delle torri del Forte, distruggendola e facendola accartocciare su sé stessa mentre la creatura tornava a sollevarsi, sempre più in alto.

Quando ormai era un puntino proprio sopra di loro, un lampo illuminò per un attimo il cielo. Ad Aenor sembrò di vedere qualcosa precipitare di sotto, ma era troppo buio per capire di cosa si trattasse. Sentirono però l'Arcidemone stridere di dolore mentre cadeva roteando, sbattendo inutilmente le ali e riuscendo a malapena ad evitare di fracassarsi su una delle torri, aggrappandosi con i lunghi artigli e dilaniando lo scheletro della fortezza, incapace di rialzarsi in volo. Vomitò una cascata di fiamme che distrussero tutto ciò che incontrarono.



 

Le luci di Forte Drakon erano tutte accese, la fortezza sotto attacco resisteva strenuamente.

Si fecero strada a colpi di spade e incantesimi fino alle grandi porte di metallo. Il passaggio secondario era proprio alla loro destra, si arrampicava lungo l'uscita di servizio delle cucine, per poi raggiungere la torre da dove l'Arcidemone ruggiva tutta la sua rabbia, ferito e intrappolato. Le guardie del castello, alla loro vista, parvero illuminarsi.

«Custodi!» Li chiamarono, cercando di attirare la loro attenzione.

Aenor fece qualche passo verso di loro, ma Morrigan la fermò per un braccio, strattonandola. «Non abbiamo tempo, la strada più breve-»

Si morse il labbro inferiore, analizzando la situazione. Un paio di grossi Ogre stavano scardinando le porte a pugni, mentre un folto gruppo di Hurlock e Genlock impedivano al resto delle guardie reali di arrivare ai giganti. Un Hurlock più grosso degli altri, in armatura completa ed elmo con due grandi corna ricurve, comandava l'attacco. La Custode calcolò che non dovevano avere più di qualche minuto, prima che la difesa degli umani crollasse.

Scosse il capo, incrociando lo sguardo di Loghain. Sapeva che anche l'altro era d'accordo, non potevano abbandonarli.

Fece cenno a Falon di seguirla, mentre Morrigan sbuffava maledicendo la perdita di tempo ma cominciava ad evocare un incantesimo di zona per indebolire il grosso della carica nemica. Geralt tagliò gli aiuti dalle retrovie con una muraglia di fiamme, mentre i due Custodi e Sten attaccavano dal lato, sfondando le linee avversarie e causando scompiglio tra la Prole Oscura.

Uno degli Ogre riuscì a scardinare mezzo portone, afferrandolo poi come un fuscello e schiantandolo contro le prime file dell'esercito umano.

Le guardie del palazzo vennero spazzate via come foglie, mentre il mostro ruggiva e sollevava di nuovo l'arma improvvisata, l'altro che caricava con le corna ritorte gli uomini sparpagliatisi.

«Geralt!» Urlò Aenor, indicando l'Ogre armato di portone, sperando che il mago riuscisse a fermarlo.

Lo sentì imprecare qualcosa, mentre tutto attorno a loro l'aria schioccava di elettricità. Una serie di rune comparvero sotto le zampe dei giganti, bloccandoli temporaneamente a terra. Il mago sbattè il bastone contro le pietre, mentre i due mostri ruggivano, impossibilitati a muoversi, dando il tempo ai soldati di attaccare. Una pioggia di frecce si riversò dall'alto delle mura, uno degli Ogre cadde a terra ma l'altro riuscì a rompere l'incantesimo, incornando il guerriero più vicino e sollevandolo da terra urlante, per poi lanciarlo a diversi metri di distanza come un sacco di patate.

Aenor, nel frattempo, aveva raggiunto l'Hurlock al comando.

Schivò il grande maglio ricoperto di lame taglienti, l'aria che sibilava ad un centimetro da sé, buttandosi a lato e incrociando le armi. La spada sembrò riverberare all'impatto, attutendo il colpo e sbalzando via il mostro, che indietreggiò per riprendere l'equilibrio. Loghain, sbucato alle sue spalle, lo colpì alla schiena, penetrando anche se di poco l'armatura.

Ferito, l'Hurlock ruggì di dolore, caricando l'uomo e dando le spalle all'elfa, che sfruttò l'attimo in cui la creatura alzò il maglio sopra la testa per colpire il punto scoperto sotto l'ascella, trapassandolo da parte a parte. Estrasse la lama con uno schizzo di sangue scuro, ma qualcosa la colpì di striscio, stridendo sull'armatura e facendole perdere il vantaggio.

Falon corse in suo aiuto, buttando a terra lo shriek e scattando subito indietro per evitare di essere ferito dagli artigli del mostro, girandogli attorno e distraendolo per permettere ad Aenor di finirlo staccandogli la testa di netto.

Loghain nel frattempo era alle prese con un paio di Genlock, spuntati a difendere il loro generale. Ne azzoppò uno ma non riuscì ad evitare di essere spinto di lato dall'altro, l'Hurlock che cercava di allontanarsi verso il resto dell'esercito ma veniva bloccato da una muraglia di scintille elettriche innalzata da Morrigan.

«Che Fen'harel vi si porti...» ringhiò Aenor, saltando un Genlock che le si parava davanti e raggiungendo di corsa il generale, colpendolo dove era già ferito e facendolo finalmente caracollare in avanti. Sollevò la spada per il colpo di grazia, abbassandola con quanta forza aveva in corpo e inchiodandolo a terra con un ultimo sussulto.

Lo spostamento d'aria successivo la fece ruzzolare sul pavimento, le orecchie che fischiavano dolorosamente.

Non aveva nemmeno sentito l'esplosione, la testa che girava vorticosamente. L'Emissario fluttuava a diversi metri da terra, sotto di lui quattro Ogre in armatura. Una barriera luminescente vorticava attorno ai mostri, permettendogli di attraversare indenni la tempesta elettrica scatenata da Morrigan. Una pioggia di fiamme segnalò che anche Geralt si era accorto del loro arrivo, ma anch'essa si rivelò inutile.

Le guardie reali serrarono i ranghi ma vennero spazzate via con qualche potente colpo degli Ogre. Un nugolo di frecce rimbalzò sulla barriera dell'Emissario, cadendo a terra con un ticchettio.

Aenor si ritrovò ad indietreggiare, spalla contro spalla con Loghain.

«Idee?» Gli chiese allarmata, pronta a vedere cara la pelle.

L'altro scosse la testa, la fronte corrucciata e lo sguardo puntato sull'Emissario.

Quello voltò la testa verso di loro, le orbite vuote e le fauci irte di denti aguzzi che si aprivano in un ghigno di vittoria. Mosse il bastone ed evocò una sfera grande il doppio delle loro teste, un vortice di oscurità che sfrecciò nella loro direzione.

Aenor reagì d'istinto, frapponendo la propria spada tra loro e l'incantesimo. Con un lampo accecante, il metallo si illuminò dall'elsa alla punta, tranciando di netto la sfera magica e neutralizzandola. L'Emissario emise un grido inviperito, mentre l'elfa guardava sorpresa le rune impresse sulla lama, che ora brillavano di luce propria.

Ghignò a sua volta.

«Fatti sotto, razza di-»

Uno degli Ogre alzò un enorme pugno, cercando di schiacciarla sul posto. Rotolò di lato, perdendo per un attimo di vista sia Loghain che l'Emissario mentre cercava di mettersi in salvo. Finì tra le zampe degli enormi mostri, cercando di schivare i colpi e nel frattempo ferirli in modo da buttarli a terra. Una scarica elettrica la sorprese impreparata. Urlò di dolore, il suo grido sommerso dai ruggiti rabbiosi degli Ogre, colpiti anch'essi dall'incantesimo dell'Emissario.

Si ritrovò in ginocchio, paralizzata.

All'improvviso, l'incantesimo venne spezzato. Riuscì di nuovo ad alzarsi, sentendo gli umani gridare qualcosa. Tese le orecchie, mentre risollevava la spada e caricava un potente colpo al ginocchio dell'Ogre più vicino, facendolo caracollare sul terreno.

«Il re, il re!»

“Alistair?”

Con un ringhio, saltò sul gigante caduto e conficcò con forza la lama nell'orbita destra del mostro, evitando per un soffio le fauci che schioccarono a pochi centimetri dalla sua gamba. La creatura sussultò mentre lei liberava l'arma con uno strattone, scendendo giù di nuovo e concentrandosi sul successivo.

«Aenor!»

Si voltò di scatto.

Nella sua nuova armatura dorata, sporco di sangue nemico dalla testa ai piedi ma apparentemente incolume, vi era Alistair. Lo scudo sollevato, stava parando i colpi di un Ogre più piccolo, accorso a difendere l'Emissario che ora giaceva a terra, incapace di lanciare altri incantesimi. La Custode conosceva bene l'aura antimagia che Alistair sapeva lanciare contro i maghi, ed era anche consapevole che non avevano molto tempo.

Sfruttò la rincorsa per scivolare tra lo scudo del re e il fendente dell'Ogre, così come avevano fatto in altri innumerevoli scontri combattuti fianco a fianco, risollevando la spada e calandola verso l'Emissario, che alzò inutilmente un braccio per proteggersi.

La lama tranciò carne, ossa e armatura come fossero burro, troncando in due il mostro dalla clavicola destra al bacino sinistro in una fontana di sangue.

Un ruggito seguito da un tonfo annunciò che anche Alistair si era liberato dell'Ogre.

Si girò verso di lui, le parole che non volevano saperne di uscirle.

Il ragazzo si sollevò per un attimo l'elmo, incontrando il suo sguardo. «Vai. Sali le scale a sinistra, l'Arcidemone è lassù.»

«Alistair...» Voleva dirgli che le dispiaceva. Che era stato l'unico modo per tenerlo al sicuro, che non credeva avrebbe mai accettato di partecipare al rituale di Morrigan, che non avrebbe permesso che si sacrificasse al posto suo. Avrebbe voluto dirgli che, nonostante tutto, sarebbe stato un ottimo re, come era stato un Custode Grigio migliore di lei. Richiuse la bocca, annuendo. Non c'era tempo.

«Grazie.»

«Vedi di tornare.» Le disse lui, accennando uno dei suoi sorrisi sciocchi. «Non ho ancora finito di arrabbiarmi con te.»

Aenor cercò di ricambiare il sorriso, ma Sten era già comparso al suo fianco, trascinandola via dalla battaglia e dentro la fortezza, superando il portone divelto e i cadaveri sul pavimento di pietra reso appiccicoso dal sangue.

Prima di iniziare a salire le scale, lanciò un ultimo sguardo verso di sé, un nodo alla gola, ma Alistair era ormai fuori portata.

Strinse i denti, Falon al suo fianco, Loghain che faceva loro strada su per la torre.



 

Avvertirono l'Arcidemone molto prima di arrivare sul tetto.

Come nei suoi incubi, più si avvicinavano più i bisbigli nella sua testa si trasformavano in urla, canti, una musica che rimbombava nelle sue vene e sulla quale le pareva di muoversi a tempo, una ragnatela da cui era impossibile liberarsi.

Sten sfondò la porta con un calcio e furono finalmente all'aperto.

L'aria era rovente, il drago, voltatosi verso di loro, aveva eruttato una fiammata arrivata a lambire le mura, arrossandole il volto e facendola lacrimare dal calore.

Inviò una preghiera ad Andruil, Dea della Caccia, mentre si sparpagliavano al sicuro dal fuoco.

Un lampo illuminò il cielo, mentre una voce conosciuta urlava loro di mettersi al riparo.

Il Primo Incantatore Irving, affiancato dal Guardiano Zathrian, scatenò una tempesta di fulmini e saette sull'Arcidemone, che si riparò dietro le grandi ali che respinsero l'incantesimo, riuscendo però a distrarlo dai nuovi arrivati.

«Dov'è Riordan?!» Chiese Aenor all'elfo, correndogli incontro.

L'altro scosse la testa, indicando con un cenno l'Arcidemone. «Siamo riusciti ad attirare il drago su una delle torri e a far arrivare il Custode sopra di esso. Gli ha reciso una delle ali, per questo non può andarsene. Tuttavia...» Lo sguardo cadde verso lo strapiombo a pochi metri da loro, le merlature della torre distrutte, assi e pietre che pendevano sul vuoto.

L'elfa si morse il labbro. Erano rimasti solo in due, quindi. “Tre, con Alistair all'ingresso della fortezza.” No, non doveva pensarci. Lei e Loghain sarebbero bastati. Dovevano bastare.

L'Arcidemone lanciò un ruggito assordante, che riuscì a interrompere la tempesta scatenata sulla sua testa. Si scagliò contro i soldati più vicini, azzannandone uno e stritolandolo tra le fauci, lanciando poi il cadavere giù dalla torre. Diresse i suoi occhi fiammeggianti verso di loro, in un chiaro segno di sfida, sollevandosi sulle zampe posteriori e fendendo l'aria con artigli lunghi quanto un uomo adulto. Dalle fauci emerse una vampata incandescente, che costrinse tutti ad indietreggiare di parecchi metri.

«Vi copriamo noi, Custodi.» Assicurò Zathrian e Aenor percepì all'istante una barriera protettiva alzarsi attorno a sé, facendola tornare in forze.

Strinse la spada, studiando i movimenti del drago alla ricerca dei suoi punti deboli.

Zoppicava leggermente, il sangue scuro che scendeva da un lungo squarcio sulla zampa posteriore sinistra. La coda era irta di punte e spazzava via ogni cosa alle sue spalle, ma c'erano almeno un paio di metri liberi tra la zampa ferita e la base della coda.

Sarebbero dovuti bastare, per ora.

Schivò una nuova fiammata, sfruttando la protezione della barriera magica, e scivolò sotto una zampata del drago, trovandosi sotto alla bestia. Quella scalciò all'indietro, costringendola a deviare, la lama che arrivò soltanto a scalfire le squame producendo un suono metallico.

Qualcosa però sembrò distrarlo, perché portò la sua attenzione davanti a sé, cercando di afferrarlo tra gli artigli. Non riuscendoci, si sollevò nuovamente sulle zampe posteriori, ruggendo e schiantandosi a terra con tutto il suo peso.

Sentì Falon abbaiare e schizzarle accanto mentre attirava di nuovo la bestia lontano dalla Custode, dandole l'opportunità di infilzare le piastre più molli sul ventre del drago.

La lama recise il fianco con più facilità di quanto si fosse aspettata, il sangue che zampillava scuro dalla ferita, schizzando a terra e fumando a contatto col freddo della notte.

Rotolò sul pavimento duro, evitando per un soffio un colpo di coda e raggiungendo la zampa ferita. Calò la spada con quanta forza aveva in corpo, conficcandola in profondità e facendo urlare di dolore la creatura.

Non ebbe il tempo di evitare la sferzata che la spedì in aria, mozzandole il respiro mentre precipitava a terra da parecchi metri di altezza.

La barriera magica attutì l'impatto. La vista annebbiata, stordita e disarmata, cercò di mettere a fuoco il mondo tutt'attorno. Uno shriek comparve improvvisamente nel suo campo visivo, ululante, ma venne prontamente decapitato da Sten, corso in suo aiuto. La aiutò a rialzarsi, porgendole una mano e tirandola in piedi.

Si voltarono di nuovo, affrontando fianco a fianco una dozzina di Shriek urlanti che erano riusciti ad arrampicarsi sulle mura, bava e veleno a colare da zanne e artigli ricurvi.

Una palla di fuoco ne sbalzò via almeno la metà, arrostendoli tra terribili gemiti e facendo perdere loro l'equilibrio per un attimo.

Geralt, dall'altra parte della torre, urlò qualcosa che non riuscirono ad afferrare, indicando un punto dietro di loro.

Si voltarono.

Una balista si ergeva ancora intatta ad un centinaio di metri da loro. Aenor incrociò lo sguardo del Qunari. «Sten. Sai utilizzarla?»

L'altro annuì.

L'elfa sapeva che, per una della sua stazza, anche solo attivare il meccanismo che portava all'indietro il dardo le sarebbe costato una fatica immane. «Cerca di mirare a lui e non a noi.» Gli disse, prima di scattare di nuovo verso l'Arcidemone, intenzionata a riprendersi la spada.

Schivò un paio di Shriek che le si pararono davanti, aiutata da Morrigan che li spedì lontano da lei con una serie di saette, uccidendoli sul colpo.

Nel frattempo, Geralt era riuscito ad immobilizzare due zampe del drago con le sue rune, che brillavano luminosissime sul terreno, la creatura che cercava di dimenarsi e distruggerle ad unghiate. Aenor accelerò il passo, evitando le zanne che schioccarono ad un passo dalla sua gamba e riuscendo ad afferrare l'elsa della spada, ancora conficcata saldamente nella carne. Strattonò via con forza la lama, che uscì nel momento stesso in cui una delle rune veniva spezzata. Il drago si impennò su sé stesso, trascinandola con sé e rischiando di colpirla con la coda.

Sentì la barriera magica infrangersi e contemporaneamente una fitta al fianco.

Rotolò via da quell'inferno, appena in tempo per vedere un dardo grosso quanto la sua spada incastrarsi alla base del collo della creatura, che si dimenò inutilmente cercando di toglierselo, riuscendo soltanto a spezzarlo a metà, la punta dentellata che scavava ancora più a fondo nella carne.

L'Arcidemone ruggì di nuovo, sollevandosi e sbattendo tutto il suo peso a terra.

Aenor si appiattì al suolo, la testa che le girava, strisciando verso Loghain che, nascosto dietro allo scudo alzato sopra di sé, le faceva segno di raggiungerlo.

Il drago tentò di schiacciarli entrambi, ma venne fermato nuovamente da una tempesta di neve che ne rallentò i movimenti, impedendogli di eruttare altre fiamme bloccandogli la testa in uno spesso strato di ghiaccio.

Fecero appena in tempo a ritirarsi, che il ghiaccio esplose in uno scoppio di schegge e vapore, il fuoco che tornava ad avvolgere il mostro. Un altro dardo della balista sfrecciò sopra di loro, conficcandosi nel fianco del drago e mozzandogli il fiato.

Quello si voltò furibondo verso la macchina, e al suo comando altri shriek sbucarono dal nulla, piombando su Sten da tutti i lati e costringendolo ad arretrare, abbandonando la balista che fu fatta a pezzi in pochi secondi.

Aenor avvertì un'energia avvolgerla e richiuderle la ferita sul fianco e individuò Zathrian seminascosto dietro una balaustra. Lo ringraziò con un cenno, prima di andare ad occuparsi di un altro paio di shriek.

Loghain nel frattempo stava tornando verso il drago, lo scudo a proteggerlo dai potenti fendenti che stridevano sul metallo levigato, gli artigli che non riuscivano a fare presa.

Ad un certo punto, un incantesimo fece esplodere un punto poco lontano da lui, costringendolo a spostare lo scudo per proteggersi dai detriti. L'Arcidemone ne approfittò per afferrare il metallo con la zampa anteriore, strattonandolo via e lanciandolo nel vuoto.

Il Custode, rimasto senza difesa, rotolò di lato, evitando per pura fortuna di essere colpito in pieno da un secondo incantesimo ma finendo per essere sbalzato via. Cadde impattando sul pavimento di roccia, urtando il ginocchio.

Aenor non esitò a correre in suo aiuto. Sollevò la spada come aveva fatto in precedenza, deviando l'incantesimo dell'Emissario e annullandolo con un lampo di luce, la spada che vibrava. Strinse i denti mentre una pioggia di frecce cadeva sull'Arcidemone, cercando di individuare l'Emissario.

Una sferzata incandescente segnalò che il primo a trovarlo era stato Geralt.

Il mago, il bastone alto sopra la testa, riuscì ad indebolire la barriera difensiva innalzata dalla creatura abbastanza perché l'incantesimo di Irving, poco distante, lo colpisse dritto al petto con una serie di scariche elettriche.

L'Emissario crollò a terra. Geralt scattò in avanti, sollevando la punta di metallo alla base del bastone e piantandogliela nel ventre.

Un'energia dirompente sembrò scuotere la torre dalle fondamenta, mentre innumerevoli tentacoli di magia scarlatta si alzavano tutt'attorno, trapassando ogni Prole Oscura che incontrarono prima di arrivare all'Arcidemone.

Il drago ruggì di dolore, ferito da centinaia di colpi mentre la magia lo avvolgeva in una nube.

Aenor si concesse di tirare fiato, per un attimo sembrò che avessero avuto la meglio, ma il drago emise un boato terribile. A quel suono, ogni Prole Oscura nei paraggi sembrò immobilizzarsi.

L'elfa sgranò gli occhi per l'orrore: lo Shriek che aveva di fronte si contorse per un attimo, la schiena che si spezzava con uno schiocco sinistro, prima di esplodere. Sangue, interiora e ossa si sparsero tutt'attorno, mentre tutti i mostri facevano la stessa fine.

Sentiva ogni fibra del suo corpo bruciarle come fuoco puro, costringendola a rannicchiarsi su sé stessa. Si strappò via l'elmo, portandosi una mano davanti agli occhi, trovandola sporca di sangue. L'orecchio destro era insensibile, l'altro riusciva a percepire delle urla, umane, ma non vedeva niente, la testa che le girava vorticosamente.

Aspettò che passasse, raggomitolata sul pavimento freddo, la vista che piano piano tornava, sfocata. Si rimise faticosamente in ginocchio.

Cercò di individuare Loghain. Era ancora in piedi, a differenza sua, ma sembrava provato. Tutto attorno a loro, i cadaveri dei Prole Oscura e degli uomini che si erano trovati troppo vicini a loro, corrosi dal sangue dei mostri.

Il drago si ergeva al centro dello spiazzo, ferito ma ancora sulle quattro zampe.

Si voltò alla ricerca di Zathrian, sperando in un suo incantesimo curativo, ma l'elfo giaceva in una pozza di sangue, sopraffatto dai Prole Oscura. Irving era accasciato contro la balaustra di pietra, lo sguardo che andava da Geralt all'Arcidemone, senza più forze, un grosso squarcio al ventre. Dei soldati che erano rimasti sulla torre, meno della metà erano sopravvissuti.

Falon zoppicò nella sua direzione, uggiolando, le orecchie basse, gravemente ferito.

«Stai qui.» Gli ordinò, rafforzando le proprie parole con un cenno secco della mano.

Il mabari scosse la testa, mostrando i denti mentre lanciava sguardi verso il drago.

«Falon. Vara

Uggiolò di nuovo, con più forza.

“Va' via, testone.”

Gli accarezzò per un attimo la pelliccia, ripetendo l'ordine, per poi stringere la spada che si era fatta immensamente pesante. Non aveva più la forza di correre, quindi si diresse a passo sostenuto verso il drago, che la guardava con occhi malvagi.

Un'altra ondata di Shriek sbucò dalle mura, ululando e seminando il panico tra i pochi umani rimasti. Vide Loghain, ormai senza scudo, tranciarne uno di slancio, cercando di arrivare all'Arcidemone, ma più ne eliminava altri ne comparivano, accerchiandolo da ogni lato. Sten, alla sua sinistra, reggeva la spada con un braccio solo, l'altro penzolava inutilizzabile, i fendenti sempre meno precisi, il volto contratto dallo sforzo.

Quando un paio di quei mostri le si pararono davanti, venendo spazzati via da un attacco combinato di Morrigan e Geralt, Aenor sospirò di sollievo.

I maghi cercarono di distrarre l'Arcidemone, colpendolo in più punti e accecandolo in modo da darle l'opportunità di avvicinarsi. Raggiunse Loghain, mettendosi dal lato opposto del drago, dove il dardo della balista dava un buon appiglio per arrampicarsi sul dorso del mostro.

Mentre l'altro lo teneva occupato, Aenor si fissò la spada alla schiena. Schivò un altro Shriek, abbattuto poi da una freccia dritta sul muso, e saltò sulla zampa del drago, allungandosi ad afferrare l'estremità del dardo.

Con un ruggito, la bestia cercò di scalciarla via, sollevandosi quel tanto che bastava perché lei riuscisse a puntare i piedi e fare forza sulle braccia. Raggiunse con uno sforzo immenso una delle punte dorsali della creatura, issandosi sulla groppa del drago.

Quello, accortosi di lei, cercò di rotolare su un fianco, ma così facendo finì per farsi trafiggere ancora più in profondità dal dardo già conficcato nel costato. Una pioggia di scintille lo colpì sul muso, mentre tre rune di paralisi comparivano sul terreno, impedendogli di scrollarsi di dosso l'elfa.

Aenor riuscì finalmente a raggiungere metà della schiena. Sollevò la spada, piantandola con forza nel collo della bestia, recidendo le squame e penetrando in profondità.

Un ruggito lancinante fece tremare l'aria, mentre sentiva di nuovo il sangue bruciarle nelle vene, stringendo i denti per impedirsi di mollare la presa. Alla cieca, ruotò l'elsa della spada, il grido del drago sempre più forte.

Con un'esplosione, le rune andarono in pezzi assieme a gran parte del pavimento.

L'Arcidemone si impennò sulle zampe posteriori, la sinistra che finalmente cedeva sotto tutto quel peso, crollando di lato.

Aenor non fece in tempo a spostarsi.

Ancora aggrappata alla spada, si ritrovò in un groviglio di ali e punte aguzze, il peso del drago sopra di sé, un dolore lancinante alla gamba che fece sparire tutto il resto. Senza mollare la presa, si accorse che il drago stava strisciando via, lontano dagli incantesimi, arrampicandosi con le zampe ancora funzionanti sulle pietre della torre accanto. Il terreno si allontanava sempre di più, mentre calcinacci e fiamme roteavano tutto attorno, il drago che si arrampicava sempre più in alto.

Avevano smesso di colpirlo con incantesimi, realizzò dopo qualche istante. Per non colpire anche lei.

Stupidi. Se fosse caduto di sotto...

Gettò uno sguardo nel vuoto, dove la battaglia infuriava a qualche centinaio di metri sotto di loro. Era pieno di Prole Oscura. Se avesse mollato la presa, se l'Arcidemone fosse morto senza un Custode Grigio nei paraggi, la sua essenza corrotta sarebbe semplicemente migrata al Prole Oscura più vicino. Avrebbero perso la battaglia, il paese intero. E se per pura sfortuna fosse caduto vicino ad Alistair...

Strinse i denti, serrando la presa sull'elsa della spada, i piedi puntati sulle punte del dorso, ignorando la gamba destra che aveva smesso di funzionare, i pantaloni zuppi di sangue.

Avanzò lentamente, allungandosi fino alla punta più avanti, verso il collo, tirandosi su e usando l'elsa della spada come appoggio per il piede sinistro. La gamba destra era ormai molle, inutile.

Il drago afferrò un appiglio che cedette sotto il suo peso.

Per un attimo, si ritrovò a penzolare nel vuoto, appesa soltanto per una mano, la spalla che si strappava con uno schiocco straziante.

Incrociò lo sguardo del drago, le fauci aperte attorno a sé. Rimase a fissarlo, impotente. Un altro appiglio crollò di sotto, facendo ribaltare nuovamente le posizioni mentre la bestia cercava in tutti i modi di non cadere di sotto.

Aenor si aggrappò ad uno spunzone di roccia. Il drago era sotto di lei, la spada ancora conficcata alla base del collo.

Puntó il piede sano contro la parete, premendosi sulle rocce e liberando una mano che andò a cercare la daga legata alla cintura.

La lama di Duncan, in acciaio rosso, brillava nella notte.

Sorrise, lasciandosi andare, mentre il drago apriva le fauci in un ultimo, disperato ruggito.

La daga affilata tranciò il muso della bestia, piantandosi a fondo nel cranio. Aenor sfruttò una delle grandi corna del drago per aggrapparsi ed estrarla di nuovo, colpendolo alla base della testa, dove le squame erano più morbide. La creatura strillò di dolore, scuotendo violentemente il capo ma riuscendo soltanto ad ottenere che la lama penetrasse sempre più a fondo.

Mollò la presa.

Precipitarono nel vuoto. Aenor, ancora attaccata alle corna, con un ultimo sforzo ruppe la runa che aveva fatto incidere sull'elsa della daga di Duncan.

L'esplosione si propagò all'interno del cranio del drago, troncandogli il ruggito in una serie di spasmi mentre vorticavano al suolo.

Si schiantarono contro qualcosa, interrompendo la caduta.

Aenor sentì uno schiocco, un violento lampo lampo di luce che l'accecava in un boato spaccatimpani, poi più nulla.



 

Sentiva un rivolo di sangue scenderle a lato della bocca, ma le braccia rifiutavano di muoversi.

Avvertì dei passi avvicinarsi a lei.

Qualcosa di bianco entrò nel suo campo visivo. Realizzò che erano capelli.

La estrassero a braccia da sotto il corpo del drago, con delicatezza. Sten la appoggiò a terra, la testa su qualcosa di morbido. Ricambiò il suo sguardo, confusa.

«Ce l'hai fatta, Kadan.»

«Aenor?!» Gridò qualcuno, una voce maschile. «Aenor! Per un attimo ho pensato-» Geralt si interruppe bruscamente, sgranando gli occhi. «No, non...»

Fu Sten a risvegliarlo dallo shock. «Curala, mago.»

L'altro balbettò qualcosa che l'elfa non riuscì a capire. Si sentiva come in una bolla, distante.

«E allora trova qualcuno che sappia farlo!»

Era davvero preoccupazione quella che sentiva nella voce di Sten? Riportò lo sguardo su di lui. Fissava il mago con odio, come se potesse incenerirlo con gli occhi.

Quello scosse la testa. «Zathrian e Irving... non faremo mai in tempo a...»

«Non è possibile.» Morrigan, comparsa alle loro spalle, teneva le braccia conserte sul petto. «Non riesci più a sentire nulla, vero Aenor?»

Ci penso su. Cercò di muovere un braccio, ma non rispondeva ai comandi. Ricordava un dolore tremendo alla gamba, che ora sembrava svanito. Dov'erano le sue gambe? Abbassò lo sguardo, sembravano ancora lì, Falon appoggiato sul suo grembo. Le leccò la faccia, delicato, uggiolando.

Aveva la gola secca. «No.» Riuscì a dire dopo un paio di tentativi andati a vuoto. Avrebbe voluto coccolarlo, passare le dita sulla pelliccia ispida.

«Nessun guaritore potrebbe farci niente.» Sentenziò Morrigan. «Mi dispiace.»

«No, deve esserci un modo per-»

«Geralt.» Lo zittì la strega, accennando nella sua direzione. «Sai che è così.»

«L'Arcidemone... è morto?» Chiese Aenor, leccandosi le labbra.

«Ce l'hai fatta, Custode...» Conosceva quella voce. Loghain. Le venne da ridere, un gorgoglio basso che la fece quasi strozzare con il suo stesso sangue.

«Senza di te, l'essenza del dio corrotto sarebbe finita in uno di quei Prole Oscura laggiù. Ci hai salvati tutti, Aenor.» Spiegò Morrigan, la voce quasi dolce.

«Oh.» Si sentì sollevata. Avevano sconfitto il Flagello. Non c'era nient'altro da fare. Nessuna battaglia, nessun'altra questione che necessitava il suo intervento. Il cielo sopra di loro era ancora coperto da una spessa coltre di nubi grige. Si ritrovò a sorridere.

«Potremmo fermare l'emorragia. Se trovassimo un modo per stabilizzarla, Wynne e il suo spirito potrebbero riuscire a...»

Puntò gli occhi in quelli blu del mago, che si zittì per la seconda volta. Sbattè le palpebre, cercando le parole giuste. Forse non ce n'erano. «Preferisco così. Non fa male.»

«Ma-»

«Hai sentito quello che ha detto, mago. Rispetteremo la sua decisione.» Le tolse una ciocca di capelli insanguinati dal viso. «Ti fa onore, Kadan.»

Falon le si accoccolò contro, il respiro regolare ad accompagnare i propri, sempre più difficoltosi.



Aenor...

Cercò di voltarsi, riconoscendo la voce, la vista che le si oscurava pian piano.

Galleggiava. Forse stava ancora cadendo.

C'era silenzio, tutto intorno.

Rumore di foglie secche calpestate in una giornata d'autunno. Un lupo ululava in lontananza.

Il cielo era nuvoloso, magari sarebbe scesa persino un po' di neve...

Una folata di aria fresca le fece prudere il naso, mentre si voltava verso il nuovo arrivato, ricambiando il sorriso dell'altro.

Ben ritrovata, Vhenan.





































Note dell'Autrice: lo so. Credetemi, ho avuto il magone per giorni mentre scrivevo i capitoli finali, ma andava fatto. Mi piange il cuore a salutare Aenor, ma in fondo desiderava riunirsi con il suo Tamlen da quando si è risvegliata senza di lui dopo aver trovato l'eluvian corrotto. Ha salvato il mondo, ora si merita un po' di pace. Al prossimo, ed ultimo, capitolo. 
 

"O Falon'Din
Friend to the Dead
Guide my feet, calm my soul,
Lead me to my rest."

  
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