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Autore: koopafreak    28/04/2019    3 recensioni
Troppa curiosità spinge l'uccellino nella rete. Se è stato un boo con un paio di scheletri nell'armadio a tesserla, sarà premura dello spettro accertarsi che non voli tanto lontano.
[Seguito de "Danse Macabre"]
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Luigi, Nuovo personaggio, Re Boo
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Personaggi: Re Boo, OC, Ludwig von Koopa (menzionato), Bowser Jr. (menzionato), Luigi (menzionato), Altri personaggi (menzionati).
Genere: Dark, Introspettivo, Sentimentale.
Pairing: Het (unilaterale).
Note: Tematiche delicate.

 

 

Groovy

 

 

« Partiamo dalla camminata: mai scoordinata, stazione eretta e sguardo orizzontale; le braccia devono essere “attaccate” alle spalle e non sventolare con vita autonoma. Nell'incedere si eviti di ancheggiare e soprattutto di battere rumorosamente i tacchi: non siamo a una parata. Al momento di sedersi, mai abbandonarsi a peso morto neanche si avesse trainato un aratro, né allargare o stendere le gambe o accavallare la caviglia sul ginocchio: non è signorile. Mantenere sempre la schiena dritta; a nessuno piace la vista di un miserabile rattrappito su se stesso.

A smascherare il livello di autostima non è meno importante come si dà la mano, giacché questo gesto è la prima, indelebile impressione in un incontro: non sia la mano protesa un mollusco flaccido e nemmeno una tenaglia. Giammai sia essa umidiccia o appiccicosa! Nulla è più ripugnante. In tal caso è bene dimenticare ogni chance di salvezza e tentare la fortuna col prossimo interlocutore. Corrispondere categoricamente una stretta offerta, rifiutarsi è un gesto di imperdonabile villaneria. Se si indossano i guanti, rammentarsi di sfilarli prima del saluto; soltanto nella circostanza in cui gli arti siano impegnati col bottino dell'assalto al buffet possono sufficere un sorriso e un cenno del capo.

Sorridere sempre quando si viene presentati o, evento tutt'altro che raro in un gran gala, ci si presenta da soli. Il sorriso è un atteggiamento fondamentale, a prescindere dal malumore: chi ci sta di fronte non ha ragione di trovarsi un broncio puntato contro, né gli interessa conoscerla. Il sorriso deve apparire naturale e spontaneo, ma anche moderato, senza esagerare: tenere l’intera arcata dentale costantemente in vista non gioverà a un’apparenza più socievole, nonché rassicurante, agli occhi degli altri ospiti.

E, cortesia non meno gradita, non sia mai che si sbadigli mentre qualcuno ci sta rivolgendo la parola. »

Lucilla arrossì copiosamente, colta in flagrante. « Mi dispiace. »

Il fantasma riconobbe tra sé di aver ucciso per molto meno, ma sorvolò magnanimo sull'incidente di percorso, arrestando il ripetitivo incedere di fronte al focolare vuoto per studiare il faccino stanco e ostinato. « Non è certo questa l'ora più consona per le lezioni di etichetta. » I boo non avevano bisogno di dormire, ma, nella loro emulazione della quotidianità terrena, avevano conservato l'abitudine di destinare una parte della giornata al riposo, o meglio, a uno stato di torpore più affine al dormiveglia che al sonno vero e proprio: un esercizio utile al ristoro mentale, oltre che al mantenimento dell’ordine nei ritmi giornalieri. Gli spettri, tuttavia, riposavano nelle ore di luce e al momento era notte fonda: Re Boo aveva già messo in conto la resistenza fallace della giovane respirante.

La suddetta ospite si ricompose, raddrizzando la schiena contro la sedia e ricacciando indietro un secondo sbadiglio. « Non mi è rimasto molto tempo per recuperare e chi meglio di te, il più raffinato tra morituri e perpetui, può salvarmi dal fare la figura della neandertaliana a corte? » Non le era servito uno sforzo mentale per prendere atto sin dall’inizio della sensibilità del fantasma alle lusinghe.

Lungi dallo spettro deludere le aspettative in lui riposte, accettando golosamente l’ennesima carezza al suo ego senza fine. « Giammai permetterei un’onta simile, ma petite luciole. Che l’adorata nipote di Luigi corra il rischio di precipitare nel ridicolo dinnanzi mezza nobiltà mondiale? »

La timida Lucilla avvertì lo stomaco torcersi alla terrificante prospettiva. Le parve addirittura di percepire le risatine maligne e i mormorii di disprezzo malcelati dietro i ventagli di pizzo.

« Morirei due volte, piuttosto » sospirò con espressione agonizzante il monarca, schermandosi gli occhi col polso.

La ragazzina condivise il medesimo stato d’animo.

« Tua sorella è in altrettanta soggezione per il grande evento? »

Lucilla volse lo sguardo di lato. L’argomento Gloria era tra quelli che la giovane preferiva accantonare, sebbene lo zio si premurasse di ricevere regolari aggiornamenti sulle condizioni di salute della gemella, sulla sua media scolastica e, in generale, su come se la passasse. Questa era la prima volta tuttavia che Re Boo manifestava interesse per la seconda erede Mario. « Non esiste niente che possa metterla in soggezione » si limitò a rispondere, forse un po’ troppo freddamente.

A differenza della gemella, Gloria non vedeva l’ora di partecipare alla serata esclusiva, pronta al suo debutto in società nell’abito che loro madre aveva fatto appositamente confezionare per ciascuna. Quest’ultima già si immaginava la scena dei nobili impegnati ad alternare ossessivamente la lente di ingrandimento tra la signora Mario, Gloria e infine lei. E si chiederanno che cosa sia andato storto. Pauline era incantevole, sua sorella stava sbocciando nella primavera della femminilità e lei, al contrario, era un manico di scopa angoloso e costretto a puntare sulle buone maniere per tentare di riscattarsi.

Gloria era simpatica, estroversa, capace di far breccia nei cuori altrui senza il minimo sforzo e non aveva queste sciocche preoccupazioni, perché tutti quanti alla fine non potevano fare a meno di adorarla. Inoltre, il dono del bell’aspetto le garantiva altri punti a suo favore: inutile negarlo. Lucilla, l’anatroccolo iellato senza qualità e fascino, aveva soltanto il cognome paterno da sfoggiare; su tutto il resto preferiva calare un velo, no, un sipario, anzi, una saracinesca pietosa.

Ciononostante, le barriere erette intorno al cuore di Lucilla non costituivano alcun ostacolo per gli occhi diabolici del fantasma che sapevano trapassare anche il cemento armato: un tale impegno nel fare buona impressione non era certo tutto da imputare agli snob di corte. « C’è qualcuno impaziente di vederti? »

« Chiunque lì si aspetterà di vedere la famiglia Mario al completo. Non posso mancare, o metterei mio padre in cattiva luce. » E questa era la seconda ragione in ordine di importanza.

« Allora c’è qualcuno che tu sei impaziente di vedere. »

Lucilla arrossì di nuovo, abbassando lo sguardo.

Le labbra cadaveriche del fantasma si incurvarono in un ghigno volpino.

Un piccolo, tenace desiderio motivava effettivamente la ragazzina dall’andare contro la sua natura e affrontare a testa alta l’umiliazione: moriva infatti dalla voglia di rivedere il principe Ludwig, di parlargli, addirittura di chiedergli un ballo, ma in maniera scherzosa, come un pensiero buffo balenato alla mente per caso...

Chissà in quale aspetto lo avrebbe incontrato?

Re Bowser e la regina Peach avevano stabilito la regola secondo cui i Toadstool Koopa che presenziavano al medesimo evento dovevano mostrarsi o tutti draghi o tutti umani. La tradizione aveva avuto inizio dal giorno del matrimonio tra i due sovrani, quando i Koopa avevano partecipato in forma umana. Durante gli incontri politici seguenti, la regina aveva fatto sfoggio della sua maestosità draconica a fianco del consorte affinché il mondo potesse abituarsi alla duplice novità.

Per Lucilla in fin dei conti era indifferente: drago o umano, Ludwig restava l’individuo più affascinante sulla faccia dell’universo, brillante, misterioso, imprevedibile. Ogni parola che gli scivolava dalle labbra era scelta e ponderata. Lo sguardo penetrante e fiero rivelava una personalità che da sola sapeva tenere a bada gli altri sette cicloni della famiglia Toadstool Koopa e, quando eri chiamato a corrisponderlo, potevi sentirlo scorrerti dentro ad analizzare la tua essenza. Il sorriso, con un incisivo lievemente sovrapposto (la perfezione era talmente noiosa), non era mai regalato, ma custodito gelosamente per pochi fortunati; la chiostra di denti bianchi non si spalancava alle risate tonanti e tipiche del padre e dei fratelli, ma ne sgorgava un riso roco, basso e profondo.

Sarebbe stato felice di rivederla? Glielo avrebbe detto? No, perché non era da Ludwig concedersi smancerie ma, forse, le avrebbe fatto dono di un complimento per il vestito. Sul volto solitamente austero sarebbe affiorato quel sorriso morbido e affettuoso, da fratellone protettivo, che era riuscito a far breccia nella corazza della fragile Lucilla.

« C’è qualcuno che vorrei… salutare » balbettò intimidita la ragazzina.

« Un principe? » Re Boo parve genuinamente intrigato, incrociando le braccia e spostando il peso su una gamba. Gli occhi terribili l’avevano agganciata e le impedivano di indirizzare lo sguardo altrove.

Lucilla mostrò qualche tentennamento a rivelare il suo segreto più grande, ma, alla fine, lusingata dall’interesse dell’immortale, cedette e annuì.

« Ma luciole, non sarà quello scapestrato del più giovane rampollo Toadstool Koopa? » Le arcate sopraccigliari sul volto diafano si avvicinarono in un’espressione di comico disappunto.

« Junior? » Lucilla ridacchiò e scosse la testa. « Lui è solo un amico. » Il koopa dai tratti sorprendentemente simili a quelli paterni era infatti uno dei componenti della famiglia reale più legati ai Mario. Le pacifiche irruzioni nella loro dimora da parte del principe in cerca di ristoro dagli impegni reali, per scroccare una merenda e raccontare qualche storia divertente sulla vita al castello, avvenivano con cadenza settimanale. L’influenza positiva della regina Peach era evidente in particolar modo su Junior che si dimostrava sempre volenteroso di dare una mano con qualche faccenda domestica o trastullare le gemelline.

Tuttavia, senza togliere che il principino fosse relativamente delicato per gli standard koopa, la prudente Pauline era sempre stata restia a permettergli di giocare con Lucilla senza la sua supervisione, o prenderla in braccio, o toccarla. Tali precauzioni non erano state necessarie per Gloria che era perfettamente capace di tenere testa all’impetuosità dei fratelli koopa più grandi, mentre la sorella era considerata la bambolina di porcellana da maneggiare con cura, ancora meglio da guardare soltanto. « Ludwig » confessò infine quest’ultima in un sussurro tremulo, percependo le farfalle nello stomaco agitarsi al suono del nome tanto caro.

Lo spettro simulò una manifestazione di discreto stupore, in quanto già al corrente di ogni singolo dettaglio che aveva minuziosamente estorto alla succube Ombretta con cui la fanciulletta amava confidarsi. Nessuna parola veniva pronunciata dentro quella casa senza che arrivasse alle orecchie del sovrano, nessun movimento delle pedine sulla sua scacchiera poteva sfuggirgli. Se tra l’ultimo erede Toadstool Koopa e le gemelle Mario correvano soltanto quattro anni di differenza, il primogenito era ormai in età adulta e pronto per rimediarsi una consorte. Si trattava dunque di un’infatuazione sterile, destinata a rimanere sepolta nelle fantasie di un'adolescente.

« Non mi illudo certo di chissà cosa » garantì Lucilla con un sorriso appena accennato che non bastò a mitigare l’ombra soffusa della malinconia sul visino fanciullesco. « Mi piacerebbe poterlo vedere di più, ecco. Stare con lui mi fa sentire bene e mi aiuta a dimenticare per un po’ tutto il resto. » Purtroppo ciò non accadeva tanto spesso quanto la giovane desiderava. Dovevano combinarsi tre vitali condizioni affinché l’occasione si concretizzasse:

  1. La salute le consentiva di mettere piede fuori di casa;
  2. La sua famiglia aveva ricevuto l’invito al castello da parte della regina Peach, amica intima di sua madre e quel giorno libera da impegni reali;
  3. Ludwig era in visita nel Regno dei Funghi.

Il maggiore dei bowserotti non prendeva mai parte alle nostalgiche rimpatriate, limitandosi a farsi vivo il tempo necessario per porgere un saluto garbato prima di tornarsene alle sue faccende. Così, mentre gli adulti erano distratti a cianciare allegramente e Gloria dedita a fare il diavolo a quattro insieme a Junior in giro per il palazzo, Lucilla poteva sgattaiolare via per dare inizio all’inseguimento.

Ludwig prediligeva i luoghi quieti e appartati e la bambina aveva memorizzato tutti i suoi angolini favoriti nella dimora reale, dalle terrazze alla biblioteca dove la regina aveva fatto sistemare un pianoforte apposta per lui. Le discrete intrusioni di Lucilla non parevano arrecare fastidio al principe che, dopo aver badato a ben sei fratellini e una sorellina, era avvezzo alle attenzioni dei più piccoli, indipendentemente se koopa o umani. Se si stava dedicando alla lettura di qualche documento o per svago, riponeva provvisoriamente testo e occhiali per accogliere una conversazione. Se in quel momento si presentava nel suo aspetto biologico, aveva l’accortezza di assumere forma umana affinché non le si indolenzisse il collo per essere costretta a stare tutto il tempo col mento in su.

Generalmente un dialogo con Ludwig comportava un intervento minimo da parte dell’altro interlocutore, ma a Lucilla stava più che bene considerando che lei si riteneva un’ottima ascoltatrice e che con il bowserotto si poteva spaziare dagli argomenti più svariati. Senza dubbio la disponibilità del koopa nei confronti della ragazzina, oltre che da una eventuale simpatia, era motivata dall’istinto di fratello maggiore che ancora aveva il sopravvento sull’inclinazione all’isolamento. C’erano volte invece in cui le parole tra loro due non occorrevano.

Se Ludwig si era ritirato in biblioteca per dare sfogo alla sua anima musicale, Lucilla si intrufolava in punta di piedi per accomodarsi su uno dei divanetti e restava lì, zitta e felice, con un libro tra le mani e le melodie del principe ad avvolgerla. Ludwig si scioglieva della durezza esteriore che il peso dei doveri reali e familiari avevano forgiato e lasciava che la parte più profonda del suo essere, una sensibilità eccezionalmente spiccata, si sprigionasse in composizioni multiformi: infuocate, solenni, struggenti. I tasti di avorio sotto le abili dita si trasformavano in voci cantanti e infuse di affetti, desideri e impressioni che la sognante Lucilla adorava ascoltare ancora e ancora, lasciandosi trasportare in uno stato di pace, sospesa tra le note del pianoforte.

La prima volta che la ragazzina aveva sorpreso il principe a suonare, questi era stato talmente immerso nell’esecuzione che, solo al termine, ristabilito il contatto con la realtà, i sensi affilati lo allertarono infine della presenza del suo pubblico estasiato. Da allora Lucilla godeva del permesso speciale di assistere alle esibizioni future nella tranquillità della biblioteca, generosamente concesso dall'artista in persona. Se Ludwig era particolarmente di buon umore, acconsentiva su richiesta a interpretare qualche pezzo famoso o uno composto da lui stesso che più le piaceva.

Lucilla avvertì gli occhi pizzicarle per la nostalgia, considerato che fossero trascorse diverse settimane dal loro ultimo incontro, ma represse l’impulso di sfilarsi gli occhiali per stropicciarseli. « È gentile con me, e non mi ha mai fatto sentire sbagliata. »

Sarai dunque pronta a soffrire quando il principe si troverà la sua principessa, bambina mia? Mentre osservava la piccola ospite e prendeva atto compiaciuto che la maledizione d’amore dei fratelli Mario fosse stata tramandata alla generazione successiva, lo spettro re fu colto da una sensazione di déjà-vu. Più la guardava e più la somiglianza con lo zio gli diveniva innegabile, una similarità intima sotto i tratti somatici addolciti dai lineamenti materni: negli occhi di lei vedeva distintamente lo stesso struggimento, gli stessi demoni che aveva letto un tempo in quelli di Luigi. Stavano proprio lì, onnipresenti, in fondo allo sguardo di chi soffriva troppi paragoni a proprio discapito, espressi e autoinflitti.

I demoni avevano nomi: la paura di non essere amati, la gelosia perché altri sembrano più amati e la vergogna di covare gelosia.

I demoni non dormivano mai.

I demoni erano inconfessabili.

Il buon Luigi se li era portati con sé nella tomba.

E anche sulla nipotina aleggiava un’aura di morte, un profumo tenue, prossimo a estinguersi ormai, che l’accompagnava dal primo giorno di vita nei capricci di uno stato fisico precario. Il fantasma conosceva molto bene quel profumo: lo aveva assorbito con avidità al massimo della fragranza quando il suo idraulico aveva perso definitivamente la speranza nel deserto di Sarasaland.

L’esistenza di Lucilla aveva avuto inizio in salita, con grosse difficoltà respiratorie che l’avevano costretta a rimbalzare tra bronchiti e polmoniti, saltellando più volte vicino all’orlo del baratro. Metà della sua infanzia l’aveva trascorsa chiusa in casa, collezionando tante di quelle assenze da rischiare di ripetere l’anno scolastico in un paio di occasioni. Tuttavia, senza che lei nemmeno se rendesse conto, accecata dai complessi che la tormentavano, le sue condizioni stavano effettivamente migliorando. Nel giro di pochi anni avrebbe acquistato una salute di ferro, con pazienza e metodicità, grazie ai geni strabilianti della famiglia Mario che certamente l’avevano salvata. Re Boo visualizzava il futuro promettente della giovane come se gli avessero puntato un proiettore contro la parete che aveva di fronte.

« Sono pronta per continuare la lezione, mon mentor! » lo esortò quest’ultima con il quadernino in grembo e la penna sull'attenti, decisa a non perdere tempo sulla tabella di marcia per autocommiserarsi.                                                                                              

Il fantasma acconsentì paziente, riprendendo l’incedere lento e misurato da dove aveva interrotto. « Accertarsi di avere sempre l'alito a prova di dialogo ravvicinato, armandosi di mentine di cui approfittare con discrezione di tanto in tanto. »

 

Nota d’autrice:

Avevo iniziato questo capitolo con l’intenzione di approfondire le dinamiche del rapporto tra il tenero Weegee e quell’adorabile canaglia manipolatrice di Re Boo, ma, andando avanti con la stesura, la lente si è spostata di prepotenza su un certo bowserotto... Sarà per la prossima :]

Besos

 

  
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