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Autore: guimug    01/12/2019    3 recensioni
Sullo scenario della seconda guerra mondiale Terence si ritrova a dover sottostare ad un ricatto governativo e nello stesso tempo a dover gestire i turbamenti amorosi della figlia Angie, in ansia per la sorte del suo John.
Nel frattempo un mistero aleggia su una tomba vuota e su qualcuno che chiama da un lontano passato...
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Candice White Andrew (Candy), Terrence Granchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Candy saga'
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Capitolo 10

 
Ci vollero un paio di giorni perché il recupero delle salme dalla chiesa di Amiens fosse portato a termine ma alla fine un autocarro arrivò su una banchina del porto di Calais vicino all’imponente mole della corazzata Indianapolis. La nave era già pronta a salpare, il suo comandante aveva ricevuto l’ordine di riunirla al più presto alla flotta del Pacifico visto che laggiù le operazioni navali si erano intensificate. Sarebbe stato per la corazzata un lungo viaggio attraverso il canale di Panama ma il contrammiraglio Morrison era felice di doverne cedere il comando una volta arrivati a New York, aveva fatto degli strani sogni e come tutti gli uomini di mare credeva nei presagi. Vedeva un triste destino per quella nave, sarebbe stata uno degli strumenti più importanti per la vittoria americana sul Giappone ma ne avrebbe pagato duramente il prezzo assieme a tutto il suo equipaggio.

Ora però lo aspettava una navigazione tutto sommato tranquilla non appena avessero imbarcato quel triste carico, guardò dalla cabina di comando e vide quattro soldati che scaricavano un feretro avvolto in un sacco di tela e fra loro c’era anche il suo amico attore. Vide Terence avvicinarsi al corpo che era stato posto su una barella e cercare di ripulire il rozzo tessuto dalla polvere per leggere le parole dipinte sopra, lo vide raddrizzarsi di scatto e poi chinarsi di nuovo, quindi lo vide barcollare tanto che due marinai dovettero sorreggerlo. I due militari lo accompagnarono sulla scaletta fino al suo alloggio e corsero a chiamare il medico di bordo mentre la salma veniva imbarcata sulla nave e posta nella stiva. Morrison diede ordine al vice comandante di provvedere a tutte le operazioni di partenza e si precipitò negli alloggi ufficiali.

Sdraiato sulla sua branda Terence era assistito dal medico di bordo che dopo avergli sentito il polso aveva sentenziato che si era trattato solo di un piccolo mancamento, causato probabilmente dalla stanchezza. Si limitò quindi a consigliargli un po’ di riposo ed uscì dalla cabina mentre Morrison faceva il suo ingresso.


“Granchester, ma cosa le è successo?” chiese l’ufficiale sinceramente preoccupato

“Ah Morrison, è lei. Non si preoccupi, ora sto bene” rispose Terence facendo per alzarsi

“Non si agiti, il medico ha detto che deve riposare. Non c’è ragione perché si alzi, lei qui è un ospite. La nave è salpata e siamo in navigazione, spero sarà un viaggio tranquillo fino a New York. Se lo desidera può anche stare a letto fino all’arrivo!”

“Stia tranquillo Morrison” rispose Terence scherzando di rimando “Noi inglesi siamo di fibra forte! Piuttosto mi dica, dove hanno portato la salma del pilota americano?”

“Già, il nostro triste carico. Ho notato che è stato male proprio quando si è chinato su quel corpo, non è che magari c’erano delle sostanze tossiche o qualcosa di simile?”

Terence guardò il contrammiraglio non riuscendo a celare un attimo di commozione, dai suoi occhi azzurri una lacrima scese lungo il suo viso

“Morrison, io conosco quello sfortunato pilota. Eravamo amici da ragazzi e poi lui rinunciò alla sua comoda vita in America per venire a combattere in Francia, era un parente di mia moglie e quando morì lei soffrì moltissimo!”

In effetti Terence non era riuscito quasi a credere ai suoi occhi quando sulla banchina, chinandosi su quel corpo, era riuscito a leggere le parole tracciate sulla juta

“Amerikanischer pilot Lt. Alistear Cornwell 11 – 06 – 1916”

La piastrina di riconoscimento cucita in una piega del tessuto non lasciava dubbi, era proprio il corpo di Stear! Quel corpo che non era mai tornato a casa costringendo la sua famiglia ad inscenare un funerale con una bara vuota, ed ora toccava proprio al lui riaccompagnarlo nel suo ultimo viaggio.
Morrison ascoltò il racconto di Terence a bocca aperta poi disse

“Beh Granchester, sembra quasi che questo viaggio non sia stato del tutto inutile. Forse il suo amico aveva bisogno di lei per tornare a casa ed in qualche maniera l’ha chiamata. Si, lo so che sembrano fantasticherie romantiche da ragazzino, ma un marinaio vive di sogni anche se è un militare”

Terence non rispose subito, pensava a cosa avrebbe detto a Candy, a come avrebbe reagito sua moglie alla notizia che stava riportando a casa qualcuno che lei credeva perso per sempre. Si alzò dalla branda e chiese

“Morrison, è possibile inviare un cablo a New York?”
 
Cimitero di Chicago – 30 Aprile 1945
 
Erano tutti lì nella cappella di famiglia del mausoleo degli Andrew, il sacerdote aveva appena terminato la mesta cerimonia ed ora gli inservienti avevano collocato la bara nel loculo a muro. A terra, in attesa di essere posizionata, c’era una lapide di marmo su cui in lettere bronzee si leggeva


ALISTEAR CORNWELL
25 MAGGIO 1896 – 11 GIUGNO 1916


 
Quando aveva ricevuto il cablogramma spedito da Terence a Candy era mancata la terra sotto i piedi, Stear stava tornando a casa ed era proprio il suo grande amico Terence ad accompagnarlo!
Aveva inzuppato di lacrime quel foglio, ora quello sfortunato ragazzo avrebbe potuto riposare accanto a chi gli aveva voluto bene! C’era voluto un po’ di tempo per il disbrigo delle pratiche ma ora tutto era compiuto. Candy si guardò intorno, nella cappella del mausoleo della famiglia Andrew non c’era molta gente ma chi aveva davvero amato Stear era lì.

Patty era inginocchiata accanto alla lapide che finalmente era stata murata ed a Candy sembrò un tristissimo deja vu ma stavolta, pur fra le lacrime, la ragazza non esprimeva quella disperazione che l’aveva travolta in occasione del primo funerale. Piuttosto il suo era un triste saluto ad una parte importante della sua vita, qualcosa che sarebbe stato per lei un caro ricordo che non l’avrebbe mai abbandonata.

“Ciao Stear, ora sei a casa. Riposa in pace fra chi ti ha amato e guardami da lassù. Oggi io sono felice ma non ti dimenticherò mai, fai buon viaggio mio primo amore!”

Archie si avvicinò a Terence, i due uomini si guardarono negli occhi e poi si strinsero in un abbraccio che andava oltre la semplice amicizia, era l’abbraccio di due fratelli.


“Grazie per averlo riportato a casa!”, poi non riuscì ad aggiungere altro ma Terence capiva e non aveva bisogno di tante parole.

Candy era abbracciata ad Annie ed entrambe guardavano la scena, anche se era un momento triste stranamente non c’erano lacrime sui loro volti, solo una mesta serenità. Guardavano la parete del mausoleo dove i nomi della zia Elroy, di Anthony ed Albert sovrastavano quello di Stear quasi a volerlo proteggere dall’alto, riaccogliendolo in seno alla sua famiglia.
In un angolo della cappella Angie stava un po’ in disparte, pur partecipando sentitamente alla cerimonia i suoi pensieri erano lontani e vagavano sul mare fino ad una nave e ad un marinaio che ormai non avrebbe più tardato a ritornare.
Anche lei era rimasta senza parole quando aveva ricevuto il biglietto di John ed addirittura aveva provato un leggero senso di colpa nell’essere così felice quando il suo papà aveva invece dovuto assolvere ad un triste compito. Ma Candy l’aveva abbracciata scacciando quelle ombre dalla sua mente dicendole

“Non preoccuparti piccola, questa è solo la dimostrazione che la vita continua come è giusto che sia. Stear sarebbe felice di vederti sorridere per quel che il tuo John prova per te… come lo era quando vedeva quel che nasceva fra me e tuo padre laggiù in Scozia”

Angie aveva asciugato le lacrime, che finalmente erano di sollievo, ed aveva cominciato a fantasticare su ciò che sarebbe stata la sua vita mentre i suoi genitori la osservavano commossi rimandando la memoria a tanti anni prima.
 
New York – Times Square 14 agosto 1945 – ore 17:51
 
La folla si accalcava ovunque nella grande piazza, militari e semplici cittadini sciamavano felici per la strada. L’avvenimento era di quelli da celebrare, dopo la caduta della Germania anche il Giappone si era arreso e la guerra era finita! Fra le centinaia di persone una ragazza, una giovane infermiera in uniforme bianca, tentava faticosamente di avanzare.

Quel che cercava di fare era quasi impossibile ma lei era caparbia, cercava fra tutti un marinaio in particolare, un giovane sottufficiale di nome John Cavendish che era finalmente rientrato a New York tre giorni prima ed ora aveva avuto il permesso di lasciare la sua nave. Si erano dati appuntamento a Times Square ma quando lui le aveva fatto avere il messaggio non si immaginava certo uno scenario simile! Angie camminava fra la folla chiamando il suo ragazzo a gran voce ma le parole si perdevano nel vociare della folla, nei “We win!” e “USA! USA! USA!” continuamente ripetuti.

Ormai sconsolata Angie stava per rinunciare quando si sentì afferrare da dietro, due forti braccia la fecero voltare e la strinsero in un abbraccio vigoroso. Il suo corpo si inarcò all’indietro mentre un giovane marinaio attirava a sé il suo viso e la travolgeva nel più selvaggio e dolce bacio che mai ragazza avesse ricevuto! Quando si riebbe davanti ai suoi occhi c’era un raggiante John che la guardava estasiato, come se non ci fosse al mondo cosa più bella!

Per la coppia improvvisamente la festa per la fine della guerra non contava più nulla, l’unica cosa che importava era potersi stringere. Angie baciò ancora il suo ragazzo, invero in maniera meno impetuosa, e poi senza parlare si avviò abbracciata a lui via dalla folla perché ora era il momento di chiudere il mondo fuori e ritrovare sé stessi.

Al centro della piazza un giovane fotografo di nome Alfred Eisenstaedt era rimasto impietrito con la sua Leica III A ancora in mano. Un suo amico lì vicino gli chiese se per caso avesse visto un fantasma

“Per la verità ne ho appena visto morire uno” rispose il fotografo “Ho visto morire il fantasma della guerra nella più bella scena d’amore che un fotografo potrebbe immortalare. Credo che agli amici di Life Magazine dovrebbe piacere”

Sorrise ancora guardando in lontananza un giovane marinaio e la sua bella infermiera che si allontanavano felici verso il loro futuro.

 
 
 

 
  
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