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Autore: Ariadirose    19/12/2023    0 recensioni
Oscar stette in silenzio, con gli occhi chiusi, perché così si lasciava andare quando non era lei al galoppo, e si faceva condurre in carrozza. Assorta, come cogliendo il pretesto per potersi distendere o rifugiare in qualcosa, almeno in quei momenti. E ripensava a quanto avvenuto tempo addietro, rievocato dalla frase di André. Lei non sapeva nulla dell’amore provato da lui... e chissà se allora già lo nutriva. Ad ogni modo non si rendeva conto del perché erano legati: però era vero, avrebbe preferito farsi uccidere piuttosto che lasciar morire il suo attendente.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le mani sul cuore

 

Dopo aver riavuto il suo fucile, e aggiornato il comandante sui non molti sviluppi della sera prima, a Saint Antoine, il soldato Lasalle veniva accompagnato all’ingresso dai suoi due compagni:

“Gerard, comincia pure ad avviarti in caserma: io devo trattenermi un momento con André”, gli disse Alain, con l’intenzione di fermarsi ancora a Palazzo Jarjayes.

“Va bene ragazzi, ci vediamo in caserma”.

“Ciao Gerard, torno tra pochi giorni, il tempo di ristabilirmi; e grazie di tutto”, lo salutò cordialmente André.

Rimasti soli, i due amici si andarono ad appartare, seduti a un angolo della sala, per poter parlare più liberamente:

“Allora André, come è andata poi ieri, sulla strada di casa?”, domandò Alain morendo dalla curiosità.

“Oscar è stata serena, nonostante l’accaduto. Silenziosa, ma piuttosto serena. La cosa bella è che l’ho sentita così vicina, anche se taciturna, e poi mi è rimasta abbracciata per tutto il tempo”.

“Che sentimentalone che sei… e grazie, era a cavallo: ti cingeva il torace! E certo, pure lei, poteva tastarti un po’ più altrove”.

“E dai, Alain!”.

“E che avrò detto mai. In definitiva, seduta dietro di te, non arrivava alle briglie, e doveva pur attaccarsi a qualcosa. Comunque io l’avrei fatta sedere davanti...”.

“Non essere così grezzo, lo sai che non mi va quando parliamo di lei. E poi Oscar non cavalca mica all’amazzone...”.

“… E tu te la saresti trovata tra le cosce, certo, non si fa: non sta bene”. Prendendo fiato, fece un sospiro: “È che anche te, svegliati un po’ con lei, datti una mossa, su… ma quando ci concludi qualcosa altrimenti. Bella è bella, per carità: acida, sì, ma buona come il pane, lo riconosco. Però non è che potete passare le giornate così: tu la difendi, lei ti comanda… tu che la guardi, lei che ti guarda”.

“… Dici che mi guarda?”, si affrettò subito nel chiedere conferma.

“Ma certo che ti guarda! E poi ieri, secondo me, va bene le botte, eravate tutti sporchi, acciaccati: però mi pareva cotta quasi a puntino. Ecco perché dovresti prendere un po’ più di iniziativa… va bene è nobile di famiglia: e fregatene…”.

“Tu la fai facile, Alain”.

“Eh ho capito, vecchio mio, ma se non te la vuoi levare dalla testa, non c’è altra maniera, allora devi trovare il modo di fart… va bene, va bene, scusa, non si può dire. Ma lo vedi: piantala di venerarla come fosse la Madonna!”.

“Ma quale Madonna, Alain… Sapessi a sentirla così vicino, la scorsa notte, che le avrei fatto nonostante le legnate. Che mani che ha… e quella sua riposta dolcezza, i suoi sguardi: mi hanno punto più i suoi occhi, in questi anni, che la lama della sua spada. E poi era così eccitante il contatto con lei ieri sera… L’avrei presa in braccio, scendendo da cavallo, e me la sarei portata di filato in camera, da me, chiusi tutta la notte”.

“Oh, questo è parlare: è così che dovresti fare… e allora perché non osi un po’ di più”.

“Perché: perché tu non sai quello che è successo, quello che le ho fatto prima che diventasse comandante di noialtri soldati”.

“Tu? E che mai le avrai potuto fare, al massimo ti sarai scordato di strigliare il suo cavallo, una mezza volta”.

André faceva cenno di no con la testa. Proseguì secco:

“L’ho buttata sul letto”.

“Oh-oh!”.

“Dopo averla baciata con la forza, fermandola per i polsi… l’ho spaventata”.

“Non ci credo”.

“L’ho sopraffatta spingendola sul letto e le ho strappato la camicia di dosso”.

“Che cosa? ma che sei, una bestia: e poi quello grezzo sarei io?!”.

“È così”, rispose mortificato, ammettendo i suoi sbagli.

“Scusa, amico mio, ma anche te, lasciatelo dire, con lei non ne azzecchi una. Ma invece di passare da un estremo all’altro, una salutare via di mezzo? Che so, quelle cose da gentiluomini del tipo: la faccio un po’ ridere... un po’ faccio l’idiota; un po’ la faccio scaldare...”.

“È che ero furente... Lei mi aveva dato il bel servito, mettendomi alla porta come un estraneo qualsiasi, quando noi abbiamo condiviso non sai quanto, abbiamo fatto sempre tutto insieme: non ero il suo servitore e basta. Però all’improvviso mi ha detto che non voleva più il mio aiuto, e mi ha trattato come una scarpa vecchia”.

“… Lo dicevo io che di fondo resta un po’ stronza”.

“No ma che dici: non lo è affatto. E lo sai anche tu! È che era ferita, molto ferita. C’era rimasta male non sai quanto, a causa di Fersen...”.

“Ah, già il conte: si era innamorata”.

“Sì, ma cerca di capire, lei non è come le altre...”.

“La solita storia: e tu ti affanni tanto a difenderla”.

“No, non la difendo. E infatti si era comportata malissimo con me quella volta, mi aveva alzato le mani, e per istinto l’ho bloccata. Magari lei si aspettava che la schiaffeggiassi anch’io, invece… Però di fatto lei non ha avuto una vita semplice, sempre a reprimere le sue emozioni, gli slanci, e contenere la sua vera natura di donna… e hai visto, poi, che donna”.

“...E quindi voleva liquidarti, allontanarti”.

“Sì, e già mi era caduto il mondo addosso per questo. Poi mi ha provocato dicendo che lei era come un uomo, un uomo, non ha fatto che ripetermelo dopo avermi afferrato con una tale forza e portato vicino al suo viso… e avevo quegli occhi di fuoco davanti a me, la sua bocca accesa… In quel momento non ci ho visto più… ed è andata come ti ho detto. Mi sono sentito un essere spregevole”, imprecava contro se stesso. “Le ho giurato che non le avrei più fatto una cosa del genere, confessandole i miei sentimenti… lei piangeva. E io pure”.

“Per la miseria André”, deglutì Alain: “certo su voi due si potrebbe scrivere un romanzo! Che storia che siete, diamine! Lei poi, secondo me... sì, è tanto inflessibile, riottosa, però... però chiede quasi di essere domata: trovare chi arresti questa sua fuga irriducibile”, e con il pollice oscillante, indicava verso la direzione dell’amico. “E tu che sembri tanto per benino, cavolo, e invece sei un assatanato!”, e le dita di Alain stavolta si aprivano ciondolando come a sventolare la sua mano scottata: “E pensare che io ti volevo far uscire con mia sorella, ma per l’amor di Dio!”.

“Sono stato spregevole, lo so...”.

“Dai su, ora non esagerare, stavo scherzando... E poi non mi sembra che lei ce l’abbia tanto con te”.

“È ciò che mi aveva detto”.

“Lo vedi? Se no mica potrebbe guardarti così, o volerti sempre intorno. Evidentemente questo non ha intaccato mica la considerazione che ha di te. E poi il comandante non è una stupida, si sarà resa conto anche lei di avere esagerato”.

“Sì, ma le ho fatto una cosa terribile… Mi raccomando, ora non fare le tue solite battutine su questo, davanti a lei”.

“Ma stai scherzando, così mi offendi Grandier!”.

Restarono un istante a riflettere in silenzio. Poi Alain riprese a parlare aggiungendo:

“Però credo di capirti. Ti misuri sempre col fatto che le hai mancato di rispetto: e non te lo perdoni. Tu sei molto nobile, André, altro che bestia”, gli diede un gancio sull’unico punto che non presentava fasciature.“Da molto tempo, sai, ho capito quanto tieni a quella donna. E non mi stupisce, in fin dei conti. Per come è lei, e per come sei fatto tu”.

André abbassò lo sguardo, sorridendo tra sé e Alain. Il quale restando sorprendentemente serio, proseguì ancora dicendo: “Per quel che conta, da uno come me, lo vuoi sentire un consiglio che non passa mai di moda?”.

“Lo so cosa stai per dirmi: dimenticala”.

“No, stavolta non dicevo questo. So che tanto non te la levi dalla testa. Però ignorala ogni tanto, dammi retta. Quanto ti sta intorno, o si aspetta che lo faccia tu, sul più bello non darle corda. So che in fin dei conti questo ti succederà già: non sei certo un cagnolino da compagnia, né lei potrebbe rispettarti come ti rispetta se tu lo fossi. Io lo so che vuoi essere presente, vigilare su di lei, proteggerla. Però su certe cose di poco conto, che non faresti niente di strano a farle con lei, ecco tu lasciala perdere. Io credo che questo aiuti, di tanto in tanto: falla cuocere un po’ di più nel proprio brodo”.

André annuiva, facendo intendere di meditare sulle parole del suo compagno, e di prenderle come un buon consiglio: “Sai essere anche saggio, dunque, Soissons”.

“Ma basta che non lo dici troppo in giro. Bene”, si alzò dalla sedia della sala, “adesso è meglio che vada anch’io. Ah, prima ho dimenticato di dire al comandante che Fersen ha portato tranquillamente le chiappe a casa, ieri sera. Diglielo tu: certo sta sempre in mezzo, quel pennellone svedese, ma una volta tanto almeno si è rivelato utile a qualcosa”.

“Sì, certo”, sorrise André, divertito dall’amico rientrato nel solito ruolo di giullare.

“Ci vediamo tra qualche giorno, stammi bene”.

“Grazie Alain. E ancora tante congratulazioni per Diane”.

Così André si congedò dal compagno con un abbraccio appena fuori dal portone.

Poi sospirò dirigendosi verso la loggia, per riferire ad Oscar il messaggio riportato da Alain, mentre la sentiva ridere di gusto con sua nonna.

“Ho appena saputo che il conte di Fersen ieri sera è tornato sano e salvo nei suoi alloggi”.

“Mi fa piacere”, rispose lei, interessata molto di più a proporgli: “Vuoi un po’ di cioccolato, André?”.

“No, ti ringrazio Oscar”. E si ritirò senza aggiungere altro, con l’impronta delle sue mani ancora sul petto. E, indelebili, sul proprio cuore.

 

 

   
 
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