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Autore: Atharaxis    31/08/2010    2 recensioni
Un bacio sporco, proibito, può far nascere qualcosa che è sempre stato sopito? Possono due anime inquiete, insieme, trovare la loro pace?
Alla ShinRa, esiste ancora l'amore?
Genere: Erotico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Rufus Shinra, Tseng
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: FFVII
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Ci hai messo un po’, Tseng” fu l’unica cosa che seppi dirgli: rimproverare le persone è il modo migliore per distogliere i loro pensieri da chi gli sta di fronte, soprattutto se si è in qualche modo superiori a loro. Sono talmente prese dai loro sciocchi sensi di colpa che non si curano di pensare che ciò che gli è stato detto abbia davvero fondamento o se sia solo la mia arma di difesa. Com’è che diceva mio padre? “Se li riprendi non sbagli mai”. Ammetto che aveva ragione: ognuno qui dentro ha il suo vizietto, la sua debolezza, la sua tentazione che finirà prima o poi per fargli commettere qualche negligenza ed è quanto mai divertente alle volte osservare l’incertezza che guizza nei loro occhi quando sono io ad osservarli.

Ma in lui avevo sempre visto una sicurezza fuori dal comune, datagli oltre che da un operato impeccabile anche da una certa cieca autostima che spesso non tolleravo perché troppo simile alla mia. Eppure so per certo che era questo di lui che mi attraeva: la sua fermezza, i suoi occhi scuri che non avevano paura di perdersi nei miei… Come avrei voluto farlo vacillare davanti a me, in ginocchio, implorante ai miei piedi come un bambino sperduto… Sapevo che non avrebbe strisciato come tutti gli altri, sapevo che non sarebbe stato una preda facile ma soprattutto sapevo che il mio divertimento non si sarebbe concluso così in fretta: volevo soggiogarlo, e poi lasciarlo sfuggire volutamente, e di nuovo riprenderlo e farlo mio, ancora, e ancora, e ancora. All’infinito.

 

Ero in camera, credevo che il mio servizio fosse terminato, Sir”.

Lo è infatti, pensai, quello che voglio da te non rientra nelle tue mansioni professionali. O forse sì? Del resto, sono il tuo presidente: devi darmi ciò che esigo da te, mio caro Tseng. Solo ti prego, non troppo in fretta.

Diciamo che si è trattato di un emergenza e ho pensato che tu fossi il più qualificato per risolverla”. Avanzavo apparentemente senza un obiettivo ben preciso, girando per la stanza. Soppesavo le parole, facendo attenzione a non utilizzare alcun inflessione particolare, volutamente ambiguo. Attendevo il momento in cui avrei visto guizzare nei suoi occhi qualcosa che l’avrebbe tradito: curiosità, timore, disappunto… Una qualsiasi emozione era ciò che volevo, mi bastava che fossi io a provocargliela. Ma lui rimase immobile e compito nella sua uniforme ed era questo che mi faceva impazzire. Era questo che mi faceva desiderare di possederlo più di qualsiasi altra cosa.

 

Farò tutto ciò che è in mio potere per risolverla, Sir”. Mi voltai: cercava il mio sguardo, tentando di capire cos’avevo in mente. “Allora te lo dirò senza mezzi termini”.

 

Sorrisi: volevo essere il suo vizio.

 

Volevo essere la debolezza dell’impiegato modello della Shinra, la variabile che avrebbe potuto sconvolgere l’operato del migliore dei Turks. Volevo semplicemente essere voluto.

 

Io voglio te, Tseng”

 

Sebbene l’avessi posta così direttamente, si tratteneva ancora, bravo quasi quanto me a nascondere i moti dell’animo. Ero furioso: come osava essere così tranquillo? Ostentava una calma così trascendentale da farmi dubitare persino di me stesso. Impossibile, non poteva essere così, non volevo, e meno mostrava il suo interesse nei miei confronti più io lo bramavo solo per me.

 

Io… Non capisco, Sir”. Abbassò lo sguardo.

 

Mi morsi il labbro. Non aspettavo altro: fu da quel preciso istante che seppi che potevo, anzi, che dovevo. In fondo lo volevamo entrambi, anche se ancora non lo avevamo realizzato.

 

Voglio che tu sia mio stasera”.

Sfiorai con la mano la parete della stanza: non era un caso che fossi lì, catturare lui non era affare da principianti. Aspettavo il momento giusto, nient’altro. Ormai era irrequieto, stupito, smanioso mentre seguiva con lo sguardo i miei spostamenti. Era in trappola.

 

Sir, io non posso”

Risi sommessamente, sfiorando l’interruttore.

 

Non puoi… O non vuoi?”

Bastò un tocco, e la stanza divenne un’oscura e palpitante prigione dalla quale non l’avrei mai fatto fuggire.

 

 

  
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