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Autore: CowgirlSara    26/12/2003    11 recensioni
Un'amicizia che sembrava finita, una ferita che la fa ripartire, e un viaggio che la trasformerà in qualcos'altro. Seguito de "La finestra sul cortile".
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Orlando Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come promesso ecco il seguito del mio primo racconto su Orlando Bloom; la storia dell’altra ff si evolve

Come promesso ecco il seguito del mio primo racconto su Orlando Bloom; la storia dell’altra ff si evolve. Spero che vi piaccia come l’altra e che la commentiate con altrettanto entusiasmo!

Approfitto per salutare e ringraziare tutte le lettrici e commentatrici delle mie storie, un bacione a tutte!

 

Naturalmente, tutto quello che leggerete è scritto con il massimo rispetto per Orlando Bloom, il suo lavoro e la sua vita privata. Questa è un opera di pura fantasia, che serve solo per avvicinare ognuna di noi all'oggetto dei nostri sogni. Chiedo scusa a tutti coloro che non la pensassero così.

 

Divertitevi

Sara

 

1. Tagli e suture

 

Lo squillo del telefono era insistente e diabolico, penetrava i timpani in modo insopportabile; dalle tende accostate filtrava, timida, la luce del primo mattino. La ragazza allungò una mano fuori della trapunta, afferrando il ricevitore, ma l'unica cosa che avrebbe voluto fare era far volare l'apparecchio giù dalla finestra, come in quel film di Almodovar...

"Pronto..." Biascicò con voce impastata e stanca, tenendo ancora la testa sotto la coperta.

"Vieni alla finestra." Le ordinò una voce calma.

"Orlando?"

Improvviso, come un pugno inaspettato, le tornò alla mente il ricordo della discussione del giorno prima. Dopo quasi due mesi di assidua frequentazione e amicizia, si era decisa a confessargli di averlo "osservato" a lungo, tramite le sue finestre che si trovavano proprio di fronte a quelle della casa di lui, giovane, bellissimo e famoso attore; Orlando l'aveva presa malissimo, si era offeso, poi incazzato, aveva urlato e poi se n'era andato sbattendo la porta. E lei aveva creduto che la loro amicizia fosse finita lì; ma ora era al telefono...

"Vieni alla finestra." Ripeté il ragazzo.

Evie si alzò dal letto barcollante, reggendo il cordless con la destra, poi si avvicinò alla finestra e scostò le tende. Lo vide subito, in piedi dietro ai vetri di casa sua, col telefono appoggiato all'orecchio. Si guardarono.

"Che vuoi?" Gli chiese la ragazza, con tono supplicante. 

"Hai i capelli dritti da un lato..." Le disse, indicandola; lei, con un gesto sofferto, si schiacciò i capelli. "Dall'altro lato..." Evie roteò gli occhi, poi li abbassò su di lui.

"Ascolta." Gli disse. "Ieri è stata una giornata veramente di merda, prima quell’orribile discussione con te, al lavoro andava tutto storto, alla fine mi sono tagliata una mano, ho passato tre ore al pronto soccorso e mi hanno messo quattro punti, perciò tu puoi buttarmi giù la casa a cannonate, uccidermi i canarini, spaccarmi la testa con un maglio se vuoi, ma ti prego, fallo domani..." Affermò, tutto d'un fiato, con tono rassegnato, supplichevole e stanco, poi riagganciò il telefono e chiuse velocemente la tenda.

Orlando rimase immobile, allibito, con il braccio alzato e la cornetta appoggiata all'orecchio; non ritentò di chiamarla.

 

L'orologio da muro della famiglia Addams suonò le dieci; Evie era in cucina, cercando di prepararsi la colazione, ma con una mano sola non era facile. Suonò il campanello; lei roteò gli occhi, sistemandosi sui fianchi la troppo grande felpa di Topolino, poi si avvicinò alla porta.

Aprì e spalancò gli occhi; Orlando era di fronte a lei, con espressione vagamente colpevole, le braccia rilasciate lungo i fianchi.

"Che fai qui?" Gli domandò sorpresa la ragazza; lui abbassò gli occhi sulla sua mano fasciata.

"Allora ti sei fatta male davvero." Disse poi.

"Hm, sì." Rispose Evie, annuendo e abbassando gli occhi. "Cosa vuoi?" Gli chiese poi. Lui alzò il braccio destro, mostrando una busta di carta bianca. "Che cos'è?"

"Croissant, freschi, caldi, alla marmellata..." Confessò il ragazzo.

"Di cianuro?" Ribatté sarcastica lei, aggrottando le sopracciglia; Orlando fece un mezzo sorriso beffardo.

"Di albicocche, sono rimasto sul classico." Replicò poi.

"Entra." Lo invitò allora lei, scostandosi per farlo passare; lo seguì con gli occhi, mentre, tenendo i bordi della busta coi denti, si toglieva la giacca. "Hai forse deciso di perdonarmi?" Domandò la ragazza, con lieve timore; lui la guardò indeciso.

"Beh... non lo so, ancora... però, mi dispiaceva per stamattina..." Rispose titubante.

"Ti va un cappuccino?" Lo interruppe lei; era meglio se cambiava discorso, e il sorriso che le fece Orlando le fece capire che la pensava allo stesso modo.

"Sì." Annuì il ragazzo. "Ti do una mano?" Aggiunse poi, seguendola in cucina.

Pochi minuti dopo erano seduti sul divano, coi loro cappuccini ed i croissant; era bello fare colazione con lui, temeva che non sarebbe più successo. Orlando riusciva puntualmente a sorprenderla...

La luce di una bella mattina di sole arrivava sui suoi capelli, facendogli prendere dei riflessi dorati, e i suoi occhi sembravano più chiari, illuminati a quel modo; non riusciva a non meravigliarsi, di come la sua bellezza spuntava nei momenti più imprevisti. Orlando l'imprevedibile, in ogni senso.

Lui le lanciò un'occhiata fintamente distratta; era proprio bella, seduta con le gambe incrociate sul divano e quella buffa felpa di Topolino e i pantaloni del pigiama. I capelli chiari, lunghi e lisci, le scendevano sulle spalle, la frangetta era un po' spettinata; il suo viso dolce era un po' pallido, stanco, ma delizioso, con quelle fossette che le venivano sorridendo.

"Allora..." Orlando interruppe il silenzio, posando la sua tazza e pulendosi il labbro superiore con la lingua. "Com'è successo?" Le chiese, indicando col capo la sua mano sinistra fasciata.

"Toglievo la spina ad un branzino e mi è sfuggito il coltello..." Spiegò Evie. "Imprevisti del mestiere..."

"Prendi qualcosa?" Continuò lui, spostando continuamente gli occhi dal suo viso alla mano ferita; sembrava un po' preoccupato, e questo le fece piacere.

"Certo." Annuì Evie. "L'antibiotico e gli antidolorifici, ma non insieme, sennò entro in coma." Gli spiegò; Orlando sorrise, divertito dal suo tono.

Si guardarono per un po'; cioè, lui la guardava, mentre lei preferiva evitare i suoi occhi, vagando sulla fasciatura, sulla decorazione del cuscino, sul bordo della sua felpa.

"Hai qualche impegno, domani sera?" Le chiese infine, fissandola.

"Perché? Hai in mente un piano per punirmi del mio peccato?" Replicò lei; Orlando fece un sorriso acido e retorico.

"Volevo solo che venissi in un posto con me." Ribatté poi.

"Beh, normalmente ti direi che lavoro, ma il mio capo mi ha dato un paio di giorni, per i punti..." Rispose infine la ragazza. "Dove mi vuoi portare?"

"Ad un vernissage." Disse lui.

"Chi espone?" S'informò Evie, incuriosita.

"Un mio amico..." Rispose Orlando, con un gesto vago, spostando gli occhi.

Non era mai stata ad un evento simile; lei lavorava in un ristorante di lusso, le sue entrate le permettevano un'esistenza agiata, ma non era una che amava la bella vita, perciò non aveva mai frequentato posti chic come le inaugurazioni di mostre di pittura. Si figurò in mezzo ad un sacco di persone con vestiti firmati, che bevevano champagne, atteggiandosi a intellettuali; sembrava una scena di Sex and the City...

"Devo vestirmi elegante?" Domandò al ragazzo; lui tornò a guardarla.

"Beh, un po'..." Le rispose, sfiorandole una spalla con la mano, che teneva allungata sulla spalliera del divano. Evie adorava quei gesti, che lui faceva sembrare sempre così casuali, ma aveva la sensazione non lo fossero per niente; gli sorrise.

"Va bene, vengo." Accettò infine; Orlando si sporse verso di lei e le diede un leggero bacio sulla guancia, poi si alzò.

"Ora devo andare." Le disse, riprendendo la giacca. "Passo a prenderti io, domani sera alle sette, ok?" Aggiunse poi; attese che Evie gli annuisse con le sopracciglia aggrottate, poi sorrise e se ne andò, salutandola con la mano.

Imprevedibile Orlando, si diceva. Solo il giorno prima l'aveva trattata, con ragione, a pesci in faccia, e ora era il più tenero, dolce e premuroso dei ragazzi. Un giorno avrebbe rinunciato a capirci qualcosa, con lui.

 

Il trillo del campanello la sorprese, mentre si sistemava l'elastico delle autoreggenti; corse in soggiorno scalza, per aprire la porta. Era lui.

"Ciao, vieni!" Ma Orlando rimase nel vano della porta. "Mi metto le scarpe..."

Il ragazzo la seguì con gli occhi, mentre si dirigeva di nuovo in camera; chiuse distrattamente la porta, perché, anche se lei era sparita dalla sua vista, non riusciva a guardare altro che dalla sua parte, in trepida attesa che la visione si ripresentasse.

Evie tornò quasi subito, sorridente e splendida. Indossava un tubino con scollo quadrato e spalline sottili che, come colore, cangiava dal rosa al grigio; sopra aveva un corto golfino grigio perla con pagliette argentate. I capelli raccolti semplicemente in uno chignon basso, fermato da una mollettina brillante. Completavano il tutto un paio di orecchini con piccolo brillantino pendente ed i decolté argentati, aperti dietro, che aveva ai piedi. Semplice, elegante, favolosa; Orlando era senza parole.

"Cosa c'è?" Gli domandò lei, accorgendosi della sua espressione leggermente assente.

"Sei bellissima..." Riuscì a dire lui, dopo essersi riscosso; la ragazza gongolò per un attimo: che soddisfazione sentirselo dire da uno come lui...

"Ma la fasciatura..." Commentò infine, sollevando la mano ferita.

"Non si nota per niente, tranquilla." La rassicurò Orlando con un dolce sorriso, che Evie corrispose. "Ti prendo il cappotto?" Le chiese poi; lei annuì.

Erano in macchina, un’elegante berlina con autista, e si dirigevano velocemente verso il luogo dell'evento. Evie lo aveva rimproverato di aver preso l'autista, adducendo che potevano benissimo andare con la metro; Orlando aveva replicato che, in certi posti, non si arriva a piedi, ne guidando. Lei aveva sbuffato, lamentandosi del suo atteggiamento da star.

"Ci siamo." Annunciò garbatamente l'autista, interrompendo la discussione via interfono; Evie diede un'occhiata fuori.

Era assiepata un sacco di gente, fotografi e teleoperatori, giornalisti; la ragazza sgranò gli occhi, poi guardò Orlando con espressione sorpresa.

"Cos'è tutta questa gente? Giornalisti per un semplice vernissage?" Gli domandò preoccupata.

"Non è proprio un semplice vernissage..." Rispose lui, alzando le sopracciglia e indicandole un cartellone fuori; Evie lo guardò, sotto il titolo della mostra c'era scritto, a chiare lettere: espone Viggo Mortensen.

"Che significa?!" Sbottò la ragazza, reggendosi la mano fasciata.

"Ti ho detto che esponeva un mio amico." Affermò noncurante Orlando.

"Che vuol dire? E' la tua vendetta per averti spiato, sbattermi sui tabloid, additata come la tua nuova conquista?!" Replicò offesa Evie.

"Dai, tranquilla..." La rassicurò lui, prendendole la mano sana. "Togliti il cappotto, attraverserai la fossa dei leoni con me, e voglio che vedano quanto sei bella." Aggiunse con un sorriso malizioso; lei si arrese, davanti a quella adorabile faccia da schiaffi.

Scesero dalla macchina sotto un diluvio di flash; Evie si sentiva tremendamente in imbarazzo, inadeguata, non sapeva dove guardare, sperava solo di non inciampare. Sentì la mano di Orlando posarsi delicatamente sulla sua schiena e spingerla piano in avanti; cominciò a camminare, girando il capo verso di lui.

Il ragazzo sembrava completamente suo agio, sorrideva, salutava, era favoloso; indossava camicia bianca, giacca nera da smoking e jeans sdruciti, un insieme al limite dell'azzardato, ma che su di lui faceva la sua gran bella figura. La sua naturalezza la rassicurò un po'.

"Signor Bloom, questa è la sua nuova fidanzata?" Chiese un tizio, indicando la ragazza e parlandone come se fosse un paio di scarpe.

Per tutta risposta, Orlando sorrise maliziosamente al reporter, poi si abbassò e baciò con tenerezza la guancia di Evie, lei spalancò gli occhi sbalordita; i flash si attivarono violenti.

"Si può sapere che ti è saltato in testa?!" Esclamò la ragazza, una volta entrati nel locale. "Domani sarò sulle copertine dei giornali scandalistici di mezzo mondo!"

"Guarda che ci sono ragazze che pagherebbero per essere al tuo posto, e a te dispiace?" Replicò lui, divertito.

"Sì!" Rispose secca Evie. "Sei un infame..."

"E tu una spiona." Ribatté Orlando con un sorrisetto compiaciuto.

"In casa mia, almeno, non c'è mai stata la fila per vedere il tuo culo dalla finestra, se lo vuoi sapere." Affermò la ragazza indispettita, ma abbassando la voce.

"Oh, dai..."

"Ciao Orlando!" Una voce di donna l'interruppe; si girarono verso l'elegante bionda che gli andava incontro. (non ho idea se la moglie di Viggo sia bionda, né come si chiami, o se attualmente ne abbia una, perdonate. N.d.Sara).

"Ciao!" Rispose Orlando tranquillamente affabile; si abbracciarono. "La mia amica Evie..." Le presentò la ragazza. "La moglie dell'artista." Fece altrettanto con la bionda.

"Piacere." Disse Evie, porgendole la mano.

"Piacere mio." Rispose l'altra, stringendogliela con un sorriso, poi si rivolse al ragazzo. "Viggo ti aspetta dentro, io ricevo gli altri ospiti." Orlando annuì, prendendo Evie per mano e entrando nella mostra.

La ragazza si diede un'occhiata intorno, c'era già diversa gente. Vide subito un paio di cose interessanti; non poteva definirsi una vera esperta, ma la pittura le era sempre piaciuta, trovava che aveva molto in comune con l'alta cucina.

Un uomo biondo dai penetranti occhi azzurri si staccò da un gruppetto di persone, per accoglierli sorridendo; Orlando si avvicinò a lui con un grosso sorriso, si abbracciarono.

"Come stai?" Gli chiese allegramente il ragazzo.

"Bene, e tu?" Rispose l'uomo, con voce pacata e tranquilla.

Evie lo trovò un po' diverso, al naturale, rispetto a come lo aveva visto nel film, mai avrebbe detto che sotto il moro e tenebroso cavaliere ci fosse un biondo nordico di quel tipo; però, doveva ammettere che, comunque, era un gran bell'uomo.

"La mia amica Evie." Gli presentò la ragazza, lei gli sorrise.

"Salve, amica Evie." Le disse in modo pacato, stringendole la mano. "Io sono l'amico Viggo." Lei rise sommessamente.

"Sembra proprio bella questa mostra, non vedo l'ora di dare un'occhiata." Affermò poi la ragazza.

"Prego." La invitò lui con un gesto elegante; lei gli sorrise e fece per allontanarsi.

"Ti prendo qualcosa da bere?" Le domandò Orlando, prima che fosse troppo lontana.

"Hm, sì, ma niente di alcolico, sai con le medicine." Rispose Evie, ricordandogli la sua mano ferita; lui annuì, accennando un 'ok'.

"Evie?" Gli fece Viggo, quando la ragazza fu sparita tra la gente; Orlando lo guardò con espressione interrogativa. "Che fine a fatto Greta?" Aggiunse con un sorrisino allusivo.

"Grethel." Precisò acido il ragazzo, avvicinandosi al bancone del bar. "E' tornata in Olanda, tra i tulipani, a mangiare il formaggio con la buccia rossa..." Viggo lo osservò, con sguardo retorico.

"Edamer." Mormorò poi.

"Sì, quello..." Confermò noncurante Orlando, sventolando la mano. "Comunque..." Si girò verso l'amico. "Evie è solo un'amica."

"Ho perso il conto delle volte in cui me lo hai detto..." Commentò l'altro, senza perdere il tono calmo e sommesso della sua voce. "Devi cambiare frase..." Se lo avesse detto un'altro, si sarebbe offeso, ma Viggo riusciva a dire certe cose senza sarcasmo, e questo smontava Orlando da qualsiasi reazione.

 

Più tardi, quando Evie si fu complimentata con l'artista, sia per i quadri che per le fotografie, decisero di andare a cena insieme; la ragazza riuscì a strappare un tavolo per quattro a Bruno, il maitre del Lounge, ristorante chic dove la ragazza lavorava come chef, sempre pieno come un uovo.

Durante la cena, per altro ottima come sempre, Orlando ebbe modo di stupirsi della cultura sfoggiata da Evie; non era da tutti sostenere una conversazione con Viggo, lui era capace di partire dalla forma di un bicchiere e arrivare alla Bibbia, passando per i filosofi greci e la mitologia celtica. E lei gli andava dietro. Per la prima volta quella sera, il ragazzo si accorse di non avere il controllo della situazione, e si sentì a disagio. Scoprì, però, poco dopo, il grande sogno della ragazza: aprire un ristorante suo. Viggo si offrì subito come socio, e apprendista cuoco. "Per allargare i miei orizzonti." Aveva commentato; sì, come se ne avesse bisogno, più larghi di così?

Fu una bella serata, tutto considerato; più di una volta, Orlando si era ritrovato a fissare il viso di Evie, mentre lei parlava con l'amico, e sorrideva, annuiva. Era bellissima, e lui non poteva fare a meno di guardarla. Sì, avrebbe dovuto essere ancora arrabbiato con lei, ma si era accorto di non riuscirci, si era reso conto che, in fondo, non gli dispiaceva poi così tanto che lei lo avesse spiato. Ma, soprattutto, non gli dispiaceva di essere diventato suo amico... Amico, beh, almeno per ora...

Quando si lasciarono, davanti all'albergo di Viggo, l'amico trattenne Orlando, mentre Evie risaliva in macchina.

"Dammi retta..." Gli sussurrò, indicando la ragazza con un cenno del capo. "Tienitela stretta." Gli consigliò poi, allontanandosi con un sorriso bonario; poi strinse alla vita la moglie ed entrò nell'hotel, salutandolo con la mano.

Orlando passò il viaggio a rimuginare su quelle parole, lanciando ogni tanto un'occhiata alla bella ragazza col cappotto nero seduta al suo fianco, che gli rispondeva con un sorriso.

 

CONTINUA...

   
 
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