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Autore: Hazel DM    05/04/2011    2 recensioni
Trovi rifugio nelle memorie del nostro passato e ti illudi di essere stato felice.
Questo è il tuo errore, Sirius.
I Malandrini non erano affatto come li ricordi.
Sirius e Remus si ritrovano dopo 12 anni, entrambi cambiati. Ora devono fare i conti con il proprio passato.
Genere: Dark, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, Yaoi | Personaggi: I Malandrini | Coppie: James/Lily, Remus/Sirius
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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INFANZIA

***


Cosa ricordi di James, Sirius?”
Sapevo. Sapevo che prima o poi l'avrebbe fatto.
La domanda di Remus mi piove addosso come un getto d'acqua gelida.
Lo guardo con rabbia, sperando che capisca l'antifona e che mi rivolga una domanda meno scomoda: non ho la minima intenzione di parlare di James ora, e soprattutto non con lui.

Sarebbe proprio un bell'ipocrita se fingesse di non sapere che io so.
James ...
Il ricordo del mio migliore amico si insinua dentro di me come una lama fredda e silenziosa. Lo sguardo è di nuovo catturato dal Pensatoio, che ora fluttua tra me e il mio odioso interlocutore.
Come si può dimenticare il passato?


“Non farlo” ringhio rabbiosamente. “Ricordo tutto di James, ogni singola cosa. Non ho bisogno del tuo aiuto per questo”.
Remus finge di soppesare le mie parole con il solito sorriso senza gioia, ma so che dentro di sé vorrebbe ridurmi a un grumo informe di sangue sul pavimento.

Spiacente, troppo tardi. Se avessi voluto uccidermi avresti dovuto farlo molti anni fa, quando ancora mi fidavo di te.

Remus mi sembra più grigio che mai, una piccola vena gli si pulsa sulla tempia, tradendo il sorriso mellifluo. E' un fascio di nervi.
“Tu ... “ bisbiglia senza scollarsi quel maledetto ghigno tirato dalle labbra “Sei proprio sicuro... di ricordare tutto?”. Si sistema meglio sulla sedia, attendendo la mia risposta e accavallando le gambe con odiosa noncuranza, come se mi avesse appena domandato se i semi di Bubotubero vadano inseriti prima o dopo il sangue di Goblin nella Pozione Rigenerante.
Mi schiarisco la gola e sono pronto a gridargli contro tutto il mio doloroso disappunto, quando la sua voce mi precede .
“Perché non rispondi, il ratto ti ha forse mangiato la lingua?”
Lo guardo con occhi vitrei, la testa leggermente inclinata e sorrido. Che infido bastardo.
Vuole buttarla sull'ironia.


Non rispondo. Quelle parole impregnate d'odio che non ero riuscito ad urlargli contro poco prima mi muoiono nella gola, soffocate da un sentimento ancora più feroce: il disgusto più totale nei confronti di Remus o qualsiasi cosa sia legata alla sua persona, compreso me stesso.
“Sai perché è morto?” domanda implacabile.
“Ma certo!” ribatto, sconvolto dalle sue sterili, ovvie domande. “Quel piccolo traditore di Peter l'ha fatto uccidere, non è chiaro?! Mi credi così idiota da averlo dimenticato?! Cosa credi di ottenere con queste domande?!”
Remus stavolta mi guarda serio; non c'è rabbia o nervosismo nel suo sguardo e il sorriso di serpe è sparito.
E' semplicemente molto serio.
“Voglio che tu sappia la verità, Sirius. Te la meriti”.
Proprio non capisco dove voglia arrivare con i suoi giochetti e le sue mezze frasi.L'ho lasciato mentalmente instabile e lo ritrovo dopo dodici anni ancora più pazzo e deviato di prima. Perfetto.
“Remus, l'ho visto. Ho visto Peter, va bene?! Santo Godric, sono finito ad Azkaban per questo! Ci sono rimasto per dodici anni! Ma insomma guardami!” urlo alzandomi di scatto e allargando le braccia per mostrargli l'interezza delle mie forme patetiche.
“Siediti, per favore. Devi guardare nel Pensatoio”. Il tono di Remus è gentile ed educato come sempre, ma qualcosa nella sua voce non mi convince per niente.
E' solo la curiosità di sapere quale fu esattamente la sua parte di colpa in quel lontano giorno, che mi spinge ad accettare il velato comando, così inspiro profondamente e con un grugnito mi sistemo meglio sulla poltrona scomoda.


“Siamo stati noi a ucciderlo, sai?” dice in tono monocorde.
Subito si fa strada in me l'idea della sua testa ingrigita spaccata a terra come un vaso rotto e mi crogiolo nella poesia di quell'immagine.
“Io posso aiutarti a scoprire tutto, Sirius”.

Dopo sparirai per sempre?”. La mia è una speranza e lui se ne accorge.
“Non voglio che tu dica queste cose. Siamo amici dopotutto”.
Soffoco la risata a stento ma lui non si scompone: è un bravo attore.


Adesso devo solo fare i conti con la mia coscienza. Con la nostra coscienza.
E sperare di rendere degna memoria a James.



***

Agosto 1971,Grimmauld Place


La solitudine rende le persone schive e ritrose.
Per l'undicenne Sirius Black, questa affermazione rappresentava la prova più calzante, dato che nessuno, tra le persone che lo circondavano sin dai tempi della sua nascita, aveva mai mostrato un briciolo di interesse nel farlo crescere come tutti i normali bambini della sua età.
E fu proprio a causa di questo, che la solitudine prese il sopravvento sulla sua anima, fredda e silenziosa come solo le cose subdole sanno essere.
A sei anni, Sirius Black aveva imparato sulla propria pelle cosa significasse l'emarginazione all'interno della propria famiglia, a sette il sapore acido di uno schiaffo ben piazzato, a otto la completa assenza di amici.
Era cattivo, lo dicevano tutti.
Smettila, piccola inutile peste!”.
Che fosse la Signora Black, o una delle sue cuginette a gridargli addosso queste parole, lui aveva sempre la stessa, indifferente reazione che poteva consistere in una scrollata di spalle, o, se proprio era in vena di essere preso a sberle, con un' amara risata di scherno.
Sirius aveva occhi spaventosamente adulti e sapeva bene di essere diverso da tutti i suoi coetanei. Questa dissomiglianza l'aveva reso inconsapevolmente triste, ma consapevolmente orgoglioso, perché le rare volte in cui suo padre lo portava fuori dal freddo fulcro di pietra che era casa Black, lui riusciva a leggere l'ammirazione e il timore negli occhi di tutti quelli che incrociava per la strada. C'era chi scostava lo sguardo, come per paura di fissarlo troppo a lungo, e chi invece lo salutava untuosamente, con mille ossequi e moine.
A lui non è che poi facesse molta differenza, che quelle persone lo temessero, lo odiassero o lo rispettassero.
Sapeva di essere diverso da loro, di essergli superiore in qualche modo.
E si crogiolava in questa granitica convinzione infantile.

L'austero palazzo Black di Grimmauld Place era grosso come una nave passeggeri e conteneva altrettante stanze. L'intonaco passato elegantemente sopra ogni millimetro di quei ruvidi mattoni, era di un grigio piatto, mentre sia le porte che le finestre (solitamente sbarrate) erano dipinte di un nero assoluto e opprimente. Gli unici ornamenti visibili dall'esterno erano il batacchio d'argento a forma di serpente che spiccava sulla porta, e un paio di siepi ben curate tutto intorno alle pareti esterne, che ricordavano tanto uno schizzo di colore sgargiante spiaccicato su una grottesca tela completamente dipinta di nero.
Tutto questo - Sirius lo capiva bene - non era molto accogliente per un ipotetico amico. Spesso persino lui stesso si sentiva soffocare alla vista di quel monumento così tetro, che poteva essere adempiente solo alle esigenze di quell'Oscuro Signore di cui si era iniziato a parlare con tanto interesse.

Un'altra cosa che spiccava nel Sirius undicenne, era la sua totale alienazione in qualsiasi cosa comprendesse i loschi affari della famiglia.
A Sirius non importava nulla della Magia Oscura.
Non perché fosse un ragazzino particolarmente magnanimo, o perché la consapevolezza che suo padre la sera prima avesse fatto sparire misteriosamente qualche Mago o Babbano gli facesse particolarmente impressione. Semplicemente le Arti Oscure non gli erano mai interessate, e non aveva la minima intenzione di dedicarvisi, cosa che lo rendeva agli occhi severi dei genitori come un crudele scherzo della natura, o, se si svegliavano di buonumore, come il figlio frutto di un errore infame.

Per fortuna c'era il piccolo Regulus, che al contrario del fratello maggiore, era assai interessato all'apprendimento di una disciplina tanto importante come quella delle Arti Oscure, nonostante la precoce età.
Qualche volta, era capitato che Sirius, camminando svagatamente per i lunghi corridoi drappeggiati della casa, scorgesse l'amabile consanguineo seduto sui pesanti tappeti rosso scuro mentre si esercitava con la Maledizione Cruciatus su Kreacher, l'Elfo Domestico.
Regulus Black era l'orgoglio e la luce negli occhi dei genitori.

Tu sei il degno erede di questa nobile stirpe. Ricordati sempre, Regulus: tu hai un avvenire. La nostra è una delle più...”
Nobili, antiche e prestigiose casate del mondo magico...” continuava Regulus con un inquietante bagliore eccitato nello sguardo, come se il pronunciare di quell'inconfutabile verità lo rendesse ancora più adorabile agli occhi della madre.
Bravo, è proprio così”, sussurrava fredda la donna, col collo bianco ben eretto e le dita, che a Sirius ricordavano tanto gli artigli di un vecchio rapace decrepito, saldamente incollate alla poltrona.
A volte, il primogenito dei Black si intrometteva volutamente nella discussione, per il semplice gusto di dar fastidio, ma prima ponderava bene le parole per renderle più inappropriate ed importune possibile.
Mamma,ieri sera ho visto Kreacher che appendeva una nuova testa sul soffitto. Di chi si tratta, stavolta, Auror o Babbano?”
La signora Black lo fulminava con lo stesso sguardo riservato a una macchia di sporco sul tappeto.
Non sono affari che ti riguardano, Sirius. E sei pregato di interrompermi mentre insegno a Regulus cosa si conviene per dare lustro al buon nome di questa famiglia, che ti ostini a voler sporcare con le tue disdicevoli insinuazioni.”


Sirius, già a undici anni, nutriva un odio sempiterno per tutta la sua famiglia.
Il suo non era affatto un sentimento infantile, bensì un odio già fin troppo potente e radicato nel suo essere, che sia il padre che la madre, data la poca considerazione che avevano di lui, ignoravano.
Così l'infanzia di Sirius trascorse lentamente, tra corridoi vetusti e solitari, tra luci soffuse di candela e Elfi Domestici appesi al muro come trofei.
Fino al giorno in cui, una civetta arruffata e incredibilmente goffa non comparve davanti alla porta d'ingresso.
Per Sirius era arrivato il momento di andare a scuola.
Mai consapevolezza era stata più gradita da entrambe le parti: i coniugi Black erano infatti semplicemente esaltati alla sola idea di non avere più quel fastidioso zimbello che girava per casa strascicando i piedi e infestando la preziosa abitazione, mentre dal canto suo, Sirius era assai lieto di poter finalmente togliersi di torno e abbandonare per un po' quella scellerata dimora che, corrisposto, odiava.

***

Settembre 1971, King's Cross

James Potter a undici anni bastava a se stesso, e poteva vantare un invidiabile savoir faire.
Era senza dubbio estremamente sveglio per la sua età, e ciò era motivo di vanto da parte di suo padre, che amava il bel parlare e le qualità eroiche.
Ogni volta che il signor Potter osservava il ragazzino trafficare con i calderoni intrisi di pozioni dai colori improbabili nel suo ufficio, estasiato si trovava a pensare quanto fosse intelligente il suo unico figlio. E non si preoccupava certo di tenere nascosti questi suoi continui moti d'orgoglio.

Bravo, bravo il mio figliolo”.

A Hogwarts avrebbe fatto faville, proprio come lui, suo padre e suo nonno tanti anni prima. Ne era certo. E questo era esattamente quello che James voleva sentirsi dire.

Inutile dire che nonostante la giovanissima età, aveva acquisito un' autostima totalmente al di fuori della norma.
Tutto di se stesso lo compiaceva, dalle gambe nodose ai capelli arruffati, e sì, persino gli strani, giganteschi occhiali che era costretto a portare data la miopia congenita che aveva già riscontrato.
“Sono i migliori del loro genere in commercio in tutto il Mondo Magico” diceva fiero ai ragazzini con cui si incontrava nel pomeriggio e che lo idolatravano come una divinità, toccando con le manine sporche di terra l'oggetto di tanto esasperato orgoglio maschile.
E se il più puntiglioso aveva l'ardire di rispondere con l'innocente cattiveria insita nei bambini: “Sì, forse perché sono
gli unici in commercio”, James non si scomponeva mai, poiché aveva molto acume e proprietà di linguaggio, cosa che lo teneva una spanna davanti agli altri.
Piaceva anche a qualche ragazzina, cosa piuttosto insolita per un bamboccio della sua età. Alcune, meno timide o addirittura già sfacciate, spesso tentavano di baciarlo sulla bocca, baci che lui prontamente rifiutava quando la ragazzina in questione non gli andava particolarmente a genio.
“Siamo ancora così giovani” diceva serio guardando l'interlocutrice negli occhi. “Se ti piaccio davvero dovrai aspettare”.
Nonostante il saldo dei Potter alla Gringott non fosse esattamente prosperoso come quello dei Black, James aveva imparato il significato di generosità, e non si faceva scrupoli nel regalare agli amici del viale lo stuolo di Cioccorane acquistate con la paghetta del giovedì. Nessuno pensava che il suo fosse un tentativo di comprare le persone. Era James, sempre disposto a difendere a spada tratta i più deboli, sempre onesto, sempre capace di affetto incondizionato.


***


Sirius, quella fredda mattina di settembre si sentiva emozionato come mai era stato in vita sua. Un nuovo mondo gli si prospettava davanti ed era convinto che nemmeno le persone che lo circondavano avrebbero potuto togliergli il buonumore. Non fece caso neppure agli strattoni della madre, che con una smorfia sibilava tutto il suo disappunto per via della macchia bluastra appena apparsa sul mantello nuovo.
Sirius fece il suo ingresso trionfale a King's Cross seguito dai familiari e da uno stuolo di Elfi Domestici capeggiati da Kreacher, che si erano prontamente ben guardati dal dargli un briciolo di aiuto nel trasporto bagagli. Ma anche se il baule stava per schiacciarlo tanto era rigonfio di cianfrusaglie, e il peso della valigia era in procinto di lussargli una spalla, lui non ci fece nemmeno caso.
Inspirò profondamente, e notò con piacere che persino l'aria era diversa da quella a cui si era abituato in undici anni di vita. E i maghi! Ah, non ne aveva mai visti di simili...
La lucida piattaforma del binario 9 e ¾ pullulava di streghe e stregoni, Purosangue e non.
Molti di loro erano vestiti nei modi più disparati, e Sirius, affascinato, girava la testa per non perdersi alcun dettaglio di quei personaggi tanto atipici quanto affascinanti. Una giovane strega vestita di verde leggeva la Gazzetta del Profeta di settembre... un ansante mago di mezza età con uno strano copricapo rincorreva un rospo piuttosto acciaccato che sembrava ben poco propenso a farsi acchiappare. C' era un lungo faro sottile, e accanto al faro era seduto un vecchio stregone dall'aria stralunata che continuava a comporre canzoncine assurde sui passeggeri e sugli animali.


C' era una colomba, con l'ara un poco pesta,
passa la bufera, e la colomba vola lesta.
Ecco il bel treno, abbiate coraggio,
è sì la realtà, non solo un miraggio .

Ci sono vestiti gialli, rossi, verdi e blu,
lasciate la malinconia alle spalle, sognate un po' di più...


Sirius era estasiato. Non aveva mai visti personaggi simili. E poi... li vide.
I suoi futuri compagni di scuola, un nugolo di bambini, ragazzi e giovani uomini ben vestiti che si affacciavano dai finestrini sbracciandosi per catturare l'attenzione dei parenti e amici sottostanti. L'Espresso di Hogwarts era straordinario. Di un rosso brillante, senza fine, le cui stesse pareti sembravano racchiudere in una morsa affettuosa tutta la Magia che Sirius conosceva, e probabilmente anche quella che non conosceva.
Tra i vapori grigiastri che si levavano sul binario, il ragazzino scorse distintamente un branco di civette candide in volo, alcune delle quali ricadevano frenetiche sui cappelli e sulle teste dei rispettivi padroni, come per spronarli a salire sul treno già in procinto di partire.

“Muoviti, Sirius” disse la signora Black stringendosi nell'elegante cappotto verde scuro per via del freddo insolito che quel mese si era riversato su Londra.
“Cerca di comportarti bene, ragazzo” ringhiò invece il signor Black, dandogli una pacca non troppo amichevole sulla spalla già dolorante. Sirius abbozzò un cenno di assenzo poco convincente e fece per salire su quell'Espresso fantastico che adesso catturava tutto il suo interesse. La voce di suo padre continuava a rimbombargli nella testa come un' eco confusa e solo dopo qualche secondo si accorse che infatti, il detestabile genitore stava ancora parlando con lui.
“Non combinare disastri. E bada bene... ”sbraitò il signor Black stringendogli il braccio in una morsa. “Non ...
provare a finire in una Casa che non sia quella dei Serpeverde. So cosa pensi di fare ...” soffiò poi a un centimetro dalla faccia del figlio impassibile.
Ma non poté finire la frase perché un ragazzino spigoloso con grandi occhiali rotondi gli finì addosso, facendolo quasi cadere a terra.
“Ahio, che male, accidenti!”.
Tornato in piedi, cercava di ripulire alla bell'e meglio la camicia sbattendoci le dita graffiate sopra.
Lanciò un rapido sguardo a Sirius, che lo guardò interrogativamente di rimando e con sommo orrore si accorse di aver appena colpito uno dei maghi più influenti del mondo Purosangue.
“Oh... io... mi dispiace moltissimo signor Black” bisbigliò in tutta fretta, raccogliendo il baule da terra e sperando vivamente che l'austero signore sopra di lui non lo stesse guardando in faccia, altrimenti avrebbe potuto facilmente scorgervi sopra tutte le possibili sfumature del rosso carminio. Non che James si lasciasse mettere in soggezione facilmente da un adulto, ma quell'adulto era diverso. In casa sua non si parlava d'altro. Il casato dei Black era tristemente noto tra gli Auror (e quindi tra i membri della sua famiglia) come la più vicina minaccia di quel Vol-qualcosa delle loro parti. Tutti sapevano bene quanto i coniugi Black fossero vicini a questo nuovo mago considerato pericoloso, e tutti si guardavano bene dall'avere rapporti con loro.
James sperò vivamente che sua madre avesse già girato i tacchi e non si fosse accorta di nulla. Come aveva potuto essere così maldestro e poco intelligente da piombare addosso al capostipite della famiglia come una civetta in stato confusionale?
“Scusi ancora. Sono proprio un cretino.”
“Questo non è opinabile” rispose freddamente l'uomo curvandosi su di lui in modo grottesco.
Sirius osservava la scena trattenendo il respiro. Questo ragazzino rischiava veramente grosso. E sembrava ignorare che quell'uomo avrebbe potuto sterminare tutta la sua famiglia.
Ciononostante il signor Black, più che irritato, sembrava colmo di disgusto.
“Fa attenzione quando cammini, giovane Potter. Non vorrai ... metterti nei guai” disse gelido prima di girare la testa con fare altezzoso e riprendere il discorso col figlio.
James, visibilmente sollevato, si guardò intorno con circospezione e lanciò a Sirius uno sguardo furtivo. Poi, non prima di rivolgergli una sfacciata strizzata d'occhio, si allontanò in direzione della portiera, sfoggiando una camminata quasi oscillante.

Che strano tipo, pensò Sirius prima che la sua attenzione venisse rivolta nuovamente alle parole della madre.
“E cerca di tenerti lontano da lui” sibilò così piano che il figlio dovette sporgersi meglio per sentire le sue parole. “Guarda, lì ci sono le tue cugine. Sta' con loro.”, aggiunse con un cenno elegante della testa.
Sirius volse lo sguardo annoiato verso la porzione di binario che sua madre aveva indicato. Due ragazze più grandi di lui confabulavano animatamente appoggiate alla lucida parete dell' Espresso. La bionda era la minore, Narcissa, una che aveva sempre l'aria di essere stata appena punta da una Manticora. La più grande invece era Bellatrix, una ragazza scura che aveva sempre una luce inquietante nello sguardo.
Sirius avrebbe potuto gradire le loro compagnia solo sotto Maledizione Imperius, ma non era il caso di replicare proprio quando la libertà sembrava così vicina.

Finalmente arrivò l'ora di salire a bordo. Sirius stava quasi per tirare un sospiro di sollievo quando la voce del padre lo raggiunse un'ultima volta.
“Riguardo alla tua Casa di appartenenza... hai sentito ciò che ho detto, vero?”.
Sirius lo guardò inespressivo. “Io non ho mai scelto nulla in vita mia” disse semplicemente prima di lasciare lo sportello e cercare un posto nel vagone.



***


Trovò posto in uno scompartimento completamente vuoto, captando tutti i rumori che potevano segnalare una rapida e indolore partenza. Dal finestrino appannato per il freddo, riuscì a scorgere gli ultimi passeggeri che si affrettavano a salire con i loro bagagli. Il vecchio stregone continuava a canticchiare, seduto vicino al faro, mentre la strega in verde ripiegava accuratamente il giornale e lo riponeva in una borsetta microscopica con estrema facilità.

“Ciao! Posso sedermi?” chiese James mentre il treno iniziava a sferragliare.

Come ti pare” rispose Sirius con finta indifferenza. Lo riconobbe subito. Era il quattrocchi che che aveva quasi steso suo padre pochi minuti prima e gli aveva fatto l'occhiolino.
Coincidenza quasi fatale, proprio quel ragazzino con cui si era incrociato prima ora si toglieva il soprabito, si sistemava meglio la camicia e si gettava mollemente sulla poltroncina rossa di fronte a lui, il grosso sorriso sporco di Cioccorane.
Sirius decise di ignorarlo, ma gli risultava difficile perché lo strano tipo aveva una lunga macchia di gianduia bellamente spalmata sulla camicia immacolata e anche su parte del cravattino, una di quelle macchie che avrebbero fatto svenire sua madre sul colpo e costretto Kreacher a preparare i sali. Al pensiero una risata soffocata gli salì in gola.

Ne vuoi una?” si premurò James mostrandogli il palmo rigonfio di Cioccorane.
No grazie” si limitò a mugugnare Sirius tentando di uccidere quella risata che invece sembrava impossessarsi di ogni fibra del suo essere.
Che hai da ridacchiare?”. Evidentemente non aveva avuto successo.
E' che...hai una macchia enorme...”. Sirius deglutì la risata.
James sgranò gli occhi, seguì il punto della camicia indicato da Sirius e si strinse nelle spalle continuando a mettere i denti impastati di cioccolata in bella mostra.

Sentissi che sapore. Questa è quella fortunata: Cimurro di Fata! Possiamo dividerle, meglio sgranocchiare qualcosa durante il viaggio. Non sembri uno che ha voglia di chiacchierare” disse con semplicità.
Non lo sono infatti” rispose Sirius cercando di non sbilanciarsi. “Ma una caramella fortunata la prendo”
L'altro fece spallucce e si sporse per offrire il goloso bottino a quel finto musone.
Il treno sbuffò rumorosamente e fischiò.

Ai primi sobbalzi Sirius aveva scoperto che quello strano ragazzo non lo temeva né lo stimava particolarmente, ma nemmeno lo trattava come un alieno. E aveva un enorme sorriso che lo incuriosiva perché sembrava stampato sulla sua faccia impertinente in modo indelebile. Si permise di restituirgliene uno più tirato e innaturale, e l'altro sembrò apprezzare comunque lo sforzo perché parlò di nuovo:Tuo padre mi fa paura. Tu invece sei più simpatico, anche se cerchi di imitarlo”.
Sirius non rispose ma lo squadrò torvo, evidentemente offeso dalla similitudine.

Ora hai tutta la cioccolata sul mento” disse poi con tono di sfida.
James lo ignorò. “Ti voglio chiedere una cosa, visto che sei più piazzato di me. Nell'altro vagone un certo Lucius sta dando bella mostra di sé prendendo a calci la vecchia ranocchia di tale Minus che ovviamente non sa come menare le mani. Io vado comunque, ma volevo un alleato e tu sembri fisicamente adatto a pestare qualcuno anche se hai l'aria di un damerino stizzoso”
Sirius non sapeva cosa volesse dire la parola damerino, ma non gli piacque il suono, e si arrabbiò.

Io non sono un damerino. E nemmeno tuo amico”
James non si offese. “Potresti essere il mio alleato”disse lanciandogli al volo un'altra Cioccorana.

No, Sirius non voleva amici, tantomeno alleati.
Ma nel giro di dieci minuti sarebbe diventato, suo malgrado, entrambe le cose.

  
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