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Autore: Sophie Hatter    28/04/2011    8 recensioni
Devo ammettere che un po’ è strano, comportarci in modo cordiale.
Implica una rivoluzione dei nostri rapporti interpersonali su scala mondiale.
Un po’ di tempo fa io ero quella con cui litigava, ora sono quella con cui trascorre diversi minuti del suo tempo libero a parlare di bagni intasati, di Pix a piede libero, di quadri che si rifiutano di fare il loro dovere, di insegnanti che non hanno mai tempo per ascoltare le nostre esigenze e di Silente che, tutte le volte che ci vede, ci offre da bere una bibita al caramello.
Insomma, chi se l’aspettava?

*
“Sai, in certi momenti riesci perfino a farmi dimenticare quanto tu riesca ad essere insopportabile”, mi dice, nel momento in cui io ho appena finito di imbottirmi dappertutto. All’inizio rimango a fissarla sbalordito, poi ritorno in me e scrollo la testa, esasperato.
“Suppongo che questi momenti in genere corrispondano alle mie pause di silenzio”, borbotto, e sento che lei scoppia a ridere di gusto. Ispiro proprio ilarità, non c’è che dire.
“Oh, no, per una volta ti giuro che non volevo essere cattiva …”
Io sbarro gli occhi senza ritegno, stupefatto. Non riesco a credere alle mie orecchie, è impossibile che abbia davvero detto una cosa del genere. Una frase simile non può realmente essere uscita dalla sua bocca.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio | Coppie: James/Lily
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Love is... (the only weapon which I got to fight)'
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Capitolo 16
Capitolo 16 – Un abbraccio e un incanto Patronus


 
Non si è mai abbastanza attenti nella scelta dei propri nemici.

(Oscar Wilde, Il ritratto di Dorian Gray)



24 febbraio 1978
 
Il signor James Potter è pregato di concentrarsi sulla sua pozione.
E va bene, va bene. Ora mi concentro, giuro. Il mio cervello può benissimo starsene tranquillo e smetterla di inviarmi questi ridicoli messaggi di servizio.
Mi concentro.
Mi sto concentrando.
“James. Ripetimi quello che ti ho appena detto”.
Alzo lo sguardo su Lily, che mi tiene d’occhio con espressione dura. È la prima volta in sette anni che lavoro in coppia con lei a Pozioni. È stato Slughorn a stabilirlo, dopo averci visti scambiarci un innocentissimo bacio sulla porta, mentre passavamo il tempo in sua attesa. Era tutto fiero del fatto che la sua alunna migliore continuasse a mantenere dei voti così stratosfericamente alti pur avendo recentemente impegnato parte del suo tempo in una relazione amorosa (non l’aveva detto esplicitamente, ma sapevo benissimo che, in realtà, intendeva dire che perdeva tempo con uno scansafatiche indolente come me eppure, nonostante ciò, continuava ad essere straordinariamente brillante. Non che questo potesse fargli pensare che, forse, dopotutto anch’io non ero uno studente così poco incline all’impegno). Insomma, si era messo a sbandierare allegramente la faccenda ai quattro venti, incurante del fatto che non importasse un fico secco a nessuno, se non forse a Snivellus, il quale, però, non sembrò gradire molto la cosa.  Anzi, in tutta risposta mi degnò di un gelido sguardo probabilmente volto, secondo lui, ad incutermi timore. Per quanto la tentazione di andargli a chiedere che diamine avesse da guardare fosse estremamente forte, mi imposi di resistere; era dall’inizio dell’anno che non attaccavo briga con lui di fronte a Lily e non volevo cedere proprio ora che tra noi le cose stavano definitivamente andando per il verso giusto. Non so perché non trovassi più divertente attaccar briga con lui; non l’avevo fatto per far colpo sulla mia donna, in tutta sincerità. Avevo smesso di divertirmi in quel modo già l’anno scorso, suscitando lo sconcerto di Sirius, la sorpresa di Peter e l’approvazione di Remus, e per quanto trovassimo comunque molto divertente giocare i nostri tiri ai Serpeverde, scagliare incantesimi su Snivellus quando mi annoiavo aveva smesso di avere il suo fascino. Molto probabilmente perché avevo scoperto che Lily mi odiava proprio per questo. Anche per questo. Insomma, credo si trattasse di una delle ragioni principali.
“James”.
Oh, cacchio. Mi ero completamente dimenticato del fatto che mi avesse fatto una domanda.
“Sì, ehm, vuoi il mestolo? Il contagocce? Il barattolo della pelle di Avvincino?”
Osservo Lily roteare gli occhi, e capisco di non averci azzeccato per nulla.
“No, ti stavo semplicemente chiedendo come hai fatto produrre subito il Patronus. A me è uscita soltanto una nuvoletta di fumo per tutta la lezione, è stato veramente frustrante. E non osare metterti a fare i salti di gioia perché per una volta ti sto chiedendo un consiglio, questa cosa non si ripeterà mai più … aspetta, quanti secondi sono passati da quando ha iniziato a bollire?”
“Ehm … una trentina?”
“Oh, accidenti …”
“Attento, Potter … si avvicina la vostra ‘T’ in Pozioni”.
Senza volerlo mi ritrovo a ringhiare contro Mulciber. È da quando è iniziata la lezione che mi ridacchia alle spalle insieme al suo amichetto Snivellus. Oggi potrò anche essere un po’ nervoso e distratto, ma loro stanno decisamente superando il mio limite di sopportazione. E la cosa paradossale è che so che lo fanno apposta a provocarmi. Perché domani c’è la partita, e se vince Tassorosso noi siamo tagliati fuori.
Non-devo-rispondere.
“Vuoi che ti affetti le code di ratto?” chiedo a Lily.
“Sì, grazie”.
“Che dire, qui c’è qualcosa che non va, si sono ribaltati i ruoli … come mai sei tu che la servi, Potter?”
Vorrei tanto che la sua faccia fosse uno di questi semi di Manticora che adesso schiaccerò, riducendoli in polvere. Forse, se mi impegnassi, potrei farcela. Sono un asso in Trasfigurazione, dopotutto.
“Senti, Potter, qui ce lo stiamo chiedendo tutti. È così divertente sbattersi una Sanguesporco? Magari almeno in quelle cose sono brave
No, questo non lo tollero, nemmeno per sogno.
Mi sollevo di scatto dalla sedia voltandomi verso Mulciber, e senza che lui abbia il tempo di reagire gli punto la bacchetta diritta in faccia. Ora voglio proprio sentire che altro ha da dire, questo lurido figlio di puttana.
“Signor Potter, vuole per favore tornare a sedersi o deve costringermi a toglierle dei punti per convincerla?”
“Impari a sturarsi le orecchie, così la prossima volta sentirà senza problemi che genere di frase mi ha spinto ad alzarmi in piedi”.
Sposto lo sguardo su Slughorn solo dopo aver pronunciato a raffica quella fantastica frase ad effetto, girandomi lentamente.
Non so da dove mi sia uscita, in effetti. Sono piuttosto sorpreso di me stesso. Di solito è Sirius quello che si diletta a formulare risposte di questo calibro, o quantomeno a pronunciarle ad alta voce. Solo che, sorpreso o no, non ho tenuto in conto il fatto che mi sono rivolto in tono estremamente irriverente a un professore, e che l’ho fatto senza pensarci due volte.
Infatti, ora, il suddetto professore mi sta fissando con gli occhi ridotti a due fessure, tentando di sbrindellarmi con lo sguardo.
“Lei è in punizione, signor Potter. Si presenti alle cinque nel mio ufficio”, mi dice, con voce tremolante d’ira. Ho quasi paura che scoppi, e a giudicare da come è diventato rosso, direi che ci è molto vicino.
“Complimenti, James”, mi sussurra Sirius, in tono sarcastico, passandomi a fianco con la scusa di andare a prendere qualcosa nell’armadio. “Oh, tu … considerati morto”, ringhia poi,  voltandosi verso Mulciber con aria quasi distratta e casuale. Lentamente rilasso i muscoli, smettendo di stringere convulsamente i pugni, e poco dopo sono tornato a sedermi con la testa incassata fra le spalle, senza guardare in faccia nessuno. Sento i bastardi ridacchiare gongolanti, perfettamente consci di avermela fatta. Alla fine, sono riusciti ad ottenere quello che volevano: mettermi nei guai, in guai seri, prima della partita di domani contro Tassorosso.
Evito di perdere tempo a cercare con lo sguardo il sostegno di Lily. So perfettamente che detesta essere difesa, ma io non sono davvero stato in grado di trattenermi. Vorrei soltanto poter spaccare la faccia ad un paio di loro a mani nude, così, giusto per dare loro una dimostrazione di che cosa significa dare della Sanguesporco alla mia ragazza solo per tentare di coinvolgermi in una rissa e farmi finire in infermeria per un tempo sufficiente a perdere la partita di Quidditch … che cosa ho fatto, Merlino santissimo, per vedermi imprigionare nel ruolo del bravo ragazzo che deve dimostrarsi superiore e non reagire alle provocazioni? Non solo non ne sono capace, ma nemmeno ci tengo particolarmente. Ho un disperato bisogno di prenderli a calci, perché più mi sforzo di non pensarci, più la frustrazione mi riempie il cervello senza darmi tregua.
Ma la realtà è semplice da riconoscere, stavolta l’ho fatta grossa.
Lo riconosco da solo, senza che qualche persona responsabile debba intervenire a farmelo notare.
Rischio di saltare la partita per colpa di Slughorn, di litigare furiosamente con la mia ragazza e di trascorrere un’interminabile punizione lontano da Sirius. Che esempio di fulgida furbizia che sono. Ma ora, dato che la cosa mi incuriosisce, alzi la mano chi, al mio posto, sarebbe stato in grado di mantenere la padronanza di sé.
 
 
25 febbraio 1978
 
Credo di aver appena trascorso la peggiore settimana del mio settimo anno di scuola. O forse, allargando il discorso, sarebbe meglio dire il peggior inizio di secondo semestre di tutto il mio ciclo di studi. No, suona meglio il peggior periodo della mia vita. Non sono drastico, è la verità. Con che razza di coraggio riuscirò a scendere in campo fra un paio d’ore, davvero non ne ho idea.
Il pane con la marmellata mi balla dentro lo stomaco. Remus, in uno dei suoi slanci materni, ha ben pensato di farmi ingoiare la colazione a forza, perché io non ne volevo sapere di toccare cibo prima della partita. Probabilmente è stato il mio aspetto orribile che l’ha spinto a ricorrere alle maniere forti. In effetti, mi sono davvero svegliato con una faccia in grado di spaventare un Troll. Sono rimasto a fissarmi allo specchio per circa un quarto d’ora stamattina, appena mi è stato possibile l’accesso al bagno, chiedendomi quante persone sarebbero fuggite a gambe levate incrociandomi in Sala Grande una volta che mi sarei degnato di metterci piede. Dire che sono pallido e ho le occhiaie è un semplice eufemismo. Senza contare che i miei capelli hanno assunto una piega mostruosamente verticale, in quanto ho passato tutta la notte a cercare di dormire stando sdraiato a pancia in giù e schiacciando la faccia contro il cuscino. Questo mi ha anche provocato dei problemi respiratori, ma si tratta di un aspetto del tutto secondario.
Nascondo la faccia tra le mani, in preda alla disperazione.
Solo adesso mi accorgo che sto sudando freddo.
Magnifico, davvero. Non vedevo l’ora. A quando le convulsioni e gli attacchi di panico?
Mi sento pesare il silenzio sulle spalle. Sono chiuso in un ripostiglio per le scope e non ho nessuna intenzione di uscirvi, so che voglio restare da solo. Ma questo mi fa paura. Non sono mai stato così solo prima di una stramaledetta partita di Quidditch.
Dannazione, il Quidditch dovrebbe essere divertente. Soprattutto per uno come me che ce l’ha nel sangue, che sperava di essere ammesso in squadra prima ancora di mettere piede a Hogwarts. E invece, ora si è trasformato in una specie di guerra, in un gioco di sabotaggio, in un tiro al bersaglio in cui io sono l’obiettivo principale, in quanto capitano e acerrimo nemico dei maledetti Serpeverde.
Dovrei evitare di navigare nel pessimismo, se voglio scendere in campo con l’umore adatto a sostenere la tensione che mi peserà addosso, ma la caterva di disgrazie che mi pesa sulle spalle continua a tormentarmi in svariati modi senza che io riesca ad imporvi un freno. Mi sento il classico disadattato che non riesce a fare a meno di odiare il mondo intero, non so se mi spiego. Forse dovrei prendere in considerazione l’idea di farmi ricoverare al San Mungo.
Il punto è che la cosa che mi ha fatto infuriare più di tutte, forse anche più delle offese che Mulciber si è permesso di lasciarsi uscire di bocca, è stato quel viscido, meschino ed odioso essere che risponde al nome di Snivellus. Perché se fino a un paio d’anni fa era sempre appiccicato alla gonna di Lily, ora quantomeno, in rispetto dell’amicizia che condividevano, avrebbe dovuto prodigarsi di fermare quellimbecille che se la stava prendendo con lei sotto il suo orrido naso, perché non c’entrava assolutamente niente in tutta questa storia. Oltre al fatto che colpire una persona che mi sta a cuore per danneggiare me, e quindi il risultato della partita, è la mossa più subdola e deplorevole che io abbia mai visto fare, e per quanto sia probabile che un Serpeverde a questo non riesca ad arrivarci, beh, lui avrebbe dovuto. Perché fino a un po’ di tempo fa l’avrebbe difesa, forse. Ora, invece, se ne lava le mani. D’accordo, potrà anche essere stata lei a decidere che non gli avrebbe più rivolto la parola, se è andata come Lily stessa mi ha raccontato. Ma l’ha fatto per dei motivi più che validi. Anzi, avrebbe dovuto farlo fin da subito, perché era chiaro dove sarebbe andato a finire Snivellus. Già per il semplice fatto che bramava con tutto se stesso di essere Smistato a Serpeverde fin da quando non era che un lurido nanerottolo con l’unto che gli colava dai capelli. Ma in fondo può capitare a chiunque di sbagliarsi sul conto di una persona, e l’importante è che Lily alla fine se ne sia resa conto. Doverla dividere con lui sarebbe stato insopportabile, quindi tanto meglio per me se non sono più amici, ma prima di tutto è un bene per lei. Se non fosse successo quel giorno dei G.U.F.O. vicino al lago, sarebbe saltato fuori un’altra volta che lui la consideri soltanto una Sanguesporco, ne sono sicuro. Non poteva essere altrimenti, considerate le idee che abbracciava fin da allora. Tuttavia, se già mi faceva abbastanza schifo perché aveva osato rivolgersi a lei con un simile appellativo in quell’occasione, continua a farmi schifo tuttora perché, evidentemente, la cosa che mirava ad ottenere comportandosi da amico intimo di Lily era solo una. Voleva avere lei. Era evidente, l’ho sempre sospettato. Le stava costantemente attaccato, la guardava in quel modo, le si rivolgeva con quel tono di voce così mellifluo … e le parlava costantemente male di me perché sapeva benissimo che miravo al suo stesso obiettivo. Ma ora ha reso il tutto ancora più ovvio comportandosi in quel modo, ieri. Perché adesso che ha capito che non ha più alcuna speranza, neppure la più piccola ed insignificante, di conquistare il cuore di Lily, allora se ne frega se i suoi amici la insultano. Dubito che non l’avesse già capito, ma Slughorn ieri ha praticamente messo in piazza la cosa, mettendosi a parlare a Lily ad alta voce fuori dall’aula di quanto fosse lodevole da parte sua essere una studentessa modello pur non concentrando tutta la sua esistenza sullo studio. Magari quell’imbecille di Snivellus pensa anche che lei se lo meriti, dato che non solo di lui non ne vuole più sapere, ma che oltretutto ha cominciato ad uscire con il suo peggiore ed acerrimo nemico, ovvero me. Beh, in ogni caso è davvero ridicolo. Se non ci fosse andata di mezzo Lily sono sicuro che avrei ignorato sia il suo amichetto che lui – sì, forse non risulta del tutto credibile detto da me, ma da quando sto con lei non mi interessa più un fico secco di rivaleggiare con Snivellus. A lui, invece, è evidente che rode. Eccome se rode.
Nonostante ciò, purtroppo, devo riconoscere che non è solo colpa dei Serpeverde se in questi giorni ho raggiunto l’apice del nervosismo. Il problema è che alle già innumerevoli responsabilità che mi pesano sulle spalle quest’anno se n’è aggiunta un’altra, ovvero quella delle rivelazioni che abbiamo fatto a Lily durante le vacanze di Natale. A dire la verità io mi sento molto meglio ora, all’idea che lei sappia tutto e che io non sia più costretto ad inventarmi bugie di dimensioni colossali per giustificare le mie sparizioni mensili, ma Sirius continua a non essere convinto e a lanciare frecciatine in proposito, perché secondo lui, quando io e Lily ci lasceremo, questa faccenda diventerà un problema molto serio, di cui al momento non ci stiamo occupando abbastanza. Io, francamente, non ho nessuna intenzione di pensare a quando Lily mi lascerà, semplicemente perché non voglio che accada, perciò sentirmi tirare in ballo la questione ogni giorno da Sirius non mi mette per nulla di buonumore; resta il fatto che, almeno in parte, il mio migliore amico ha ragione quando dice che non ho nessuna garanzia della durata eterna della nostra relazione. Voglio dire, lei non mi ha nemmeno mai detto che mi ama. Non che fosse obbligata, no di certo, in fondo ci frequentiamo da cinque mesi e per lei potrebbe essere passato troppo poco tempo. È stato Sirius che mi ha creato delle paranoie su questa cosa; io, a dirla tutta, nemmeno ci pensavo. Mi bastava sfiorarle la mano sotto il banco con aria fintamente casuale durante un’ora di Trasfigurazione, passare di fianco a un’aula vuota e vederla sorridermi con aria complice prima di chiuderci dentro, baciarla mentre si distrae a fissare il fuoco in sala comune mentre studiamo, e altre bazzecole del genere. E invece no, a quanto pare non basta per dimostrare che facciamo sul serio. Da che pulpito, poi … proprio Sirius che non si è mai impegnato seriamente con una ragazza. E nonostante i continui tentativi di mediazione di Remus e Peter, questa cosa ci ha messo un po’ in crisi.
Oh, lo so benissimo che in realtà dovrei ritenermi baciato dalla fortuna.
Perché il maledetto Slughorn, con una mossa così pateticamente prevedibile, aveva già in programma di piazzarmi la sua punizione proprio questa mattina. Solo che la McGranitt è insorta con una serie di urla selvagge a gridare che era un’ingiustizia, qualcosa che non avrebbe danneggiato tanto me quanto l’intera Casa di Grifondoro, e che pertanto era assurdo ricorrere ad una misura di quel genere, in quanto il colpevole, in questo caso, ero soltanto io. Siamo finiti davanti a Silente, perché i miei due adorabili professori non riuscivano a raggiungere un accordo. E Silente, quel Silente che tutti credono tanto buono ma di cui io conosco alla perfezione la portata sadica, in cambio del permesso di giocare la partita mi ha obbligato a sottoscrivere una punizione di un intero mese. In pratica, per un’ora al giorno sarò costretto a starmene chiuso nell’ufficio di Slughorn a fissarlo nelle palle degli occhi. Sì, perché la sua opinione è che la peggiore punizione per uno con un’indole come la mia sia essere costretti ad una frustrante inattività. E per quanto mi scocci ammetterlo, ci ha preso in pieno.
Forse, a questo punto, avrei fatto meglio a gettare la spugna qualche giorno fa. Quando sono iniziate le battutine velenose, le insinuazioni, le risate di scherno. Tutte cose che sono sempre stato in grado di fronteggiare senza problemi. Erano ridicoli, a tentare di sabotarmi soltanto perché, se oggi perdessimo contro Tassorosso, loro avrebbero praticamente già vinto il campionato di Quidditch. Ma poi hanno tirato in mezzo Lily, e io non ci ho visto più. Perché lei non c’entrava niente, e nessuno si deve permettere di toccarmela. Sarò anche stato un persecutore della pratica dell’insulto gratuito in passato, ma prima di tutto non ne vado fiero, e secondo detesto con tutto il cuore queste disgustose offese razziali. Lasciamo perdere, io non ce la faccio a giocare, oggi. Se anche sarò in grado di scendere in campo, credo che mi limiterò a puntare dritto contro Piton e la sua banda per prenderli a calci dall’alto della mia scopa. O magari il manico di scopa potrei ficcarglielo direttamente su per il …
“James, apri immediatamente questa dannatissima porta”.
Sobbalzo violentemente, risvegliandomi di colpo da quella specie di trance. Sto per chiedermi come abbia fatto a trovarmi, ma mi rendo conto che sarebbe inutile. Non riuscirei mai a comprendere tutti i suoi complicati meccanismi d’azione, anche restando insieme a lei cent’anni. Anche se – forse – ho il sospetto che possa esserci lo zampino di Sirius, stavolta. Mi ha cercato poco fa con lo specchio dicendo che doveva assolutamente rifugiarsi tra le mie braccia per evitare una punizione con frustate da parte di Gazza, ma ancora non l’ho visto nei paraggi.
“No, preferisco lasciarti l’onore di mettere alla prova le tue brillanti capacità di strega”, rispondo, in tono da ironia amara. Diciamo che non ho molta voglia di scherzare in questo momento, e in più non saprei nemmeno come comportarmi, se me la trovassi di fronte. Dopo l’episodio di ieri abbiamo accuratamente evitato di rivolgerci la parola per non metterci a litigare nel momento sbagliato, cosa che non mi rende affatto contento del modo in cui sto portando avanti la mia relazione con lei.
Solo che poi mi sembra di sentirla pronunciare un incantesimo.
“Lily, no, aspetta, stavo scherzando. Sono in uno stato pietoso. Lily … Lily! Possibile che tu non voglia mai darmi retta?”
Mi sta di fronte e mi fissa, con lo sguardo duro di chi vorrebbe farmi a pezzi.
“Sì, lo so, avrei almeno potuto tentare di pettinarmi. Ma tanto lo sapevo che era una causa persa”, le dico, nel pallido tentativo di sdrammatizzare la situazione. Lei sembra non avermi nemmeno sentito. Rimane lì ferma per un attimo a torcersi le mani, dopodiché mi si avvicina e mi getta le braccia al collo. Io sono pietrificato. Non riesco ad emettere un solo suono, e sono sicuro che tra poco scoprirò che l’ha fatto perché in realtà era il modo migliore per pugnalarmi ad un fianco senza che me ne accorgessi, o per attaccarmi un cartello denigratorio dietro la schiena …
Insomma, dai.
Non può essere un gesto d’affetto.
Non ci credo. Non me la fa. Sono diventato fin troppo furbo per farmi prendere per il naso in questo campo, ormai.
Fisso un punto imprecisato del muro che mi sta di fronte con uno sguardo che avverto farsi sempre più vacuo, mentre mi sento avvolgere dal silenzio più impenetrabile.
E alla fine, lo faccio. Cedo. Mi arrendo. Sarà anche uno scherzo, ma io non ce la faccio più. Era esattamente quello di cui avevo bisogno in questo momento, anche se fino a un attimo fa non lo sapevo nemmeno io. Non c’è bisogno di dire niente. Non ci rimarrò male se c’è sotto qualcosa, la prenderò alla leggera, come sempre. La mia versatilità non ha limiti. Ma ora, voglio soltanto stare così per un po’. È sempre tutto così concitato e frenetico intorno a me, che non ho neanche il tempo di soffermarmi ad assaporare la dolcezza di un contatto fisico. Ora invece posso permettermelo, senza distrazioni o imprevisti.
Sento che ho disteso il viso in un’espressione che probabilmente non è d’altro che di serenità, o forse ho semplicemente la solita immancabile faccia da ebete.
Chi se ne frega.
Le stringo le braccia intorno al corpo, lentamente, intrecciandole sulla sua schiena. Salgo con una mano ad accarezzarle la testa, perché so che le piace, anche se non me l’ha mai detto. E figurarsi se me lo dirà mai. Mi rilasso gradualmente, sentendomi sciogliere i muscoli. Un torpore formicolante mi percorre da capo a piedi, mentre mi godo la sensazione di quell’abbraccio. È una banalità, ma io adoro questo tipo di banalità. Perché da parte sua è tutt’altro che banale. È una dimostrazione d’affetto bella e buona. Potrei addirittura ricattarla, per una cosa del genere …
Sorrido tra me e me. Appoggio meglio il mento sulla sua testa. Non la vedo in faccia, ma non mi serve. La sento respirare piano contro di me. Riesco a percepire le sue labbra che mi sfiorano la clavicola.
Chi se ne frega se perdo. Davvero. Mi basta questo, averla vicino in un momento simile, quando ero talmente perso nei miei pensieri cupi che credevo di non riuscire più a venirne fuori. Fosse per me, penso che potrei rimanerle attaccato in modo così viscerale fino a notte inoltrata … come una Piovra Gigante.
“Che c’è da ridere?”
“Come?”
“Hai riso”.
“Oh. Sì, beh, stavo pensando, e mi è scappato da ridere”.
“Questo perché non hai filtro tra il cervello e la bocca”.
“Sì, lo so”.
Le poso le mani sui fianchi, mentre lei si scosta dalla mia spalla per guardarmi dritto negli occhi.
“Perché non la smetti di fare l’asociale recluso e vai a giocare quell’accidenti di partita?”
Un ghigno malefico mi attraversa il volto, mentre sento di nuovo scorrere dentro di me il mio spirito di Malandrino.
“Solo se mi improvvisi un balletto propiziatorio”.
“Va bene, forse in un’altra vita ci farò un pensierino. Ora muoviti”.
“Nemmeno se mi accontento di un balletto piccolo piccolo?”
“Ho detto muoviti, Potter”.
“Uff, come sei fiscale”.
“Non sono io che sono fiscale, sei tu che sei in ritardo pauroso”.
“Oh, andiamo, lo dici solo per farmi paura”.
“Ti assicuro che invece la mia osservazione è del tutto gratuita e spassionata”.
Il sorriso mi sparisce all’istante dalla faccia. Scosto la manica per guardare l’orologio, e mi rendo conto che per l’ennesima volta è lei ad avere ragione.
“Oh, cacchio”.
Mi fiondo fuori dal ripostiglio, cominciando a correre come un pazzo. Se non che, dopo una decina di metri, per poco non mi scontro con tre persone.
“Ciao, Prongs”.
Mi blocco, immobilizzandomi seduta stante. Di fronte a me ci sono nientemeno che Moony, Wormtail e Padfoot.
Li fisso, a bocca aperta. Possibile che stiano venendo a vedere me …?
“Che ci fate qui?” chiedo loro, boccheggiando.
“Oh, sai, vanno tutti alla partita, pensavamo di conformarci alla massa … ma pensavamo anche di essere in ritardo pauroso”.
“Non rinfrancatevi troppo, è proprio così”.
“Oh. Allora, James, tu sei un po’…”
“… in ritardo, sì. Grazie per avermelo ricordato, Wormtail”.
“Ehi, aspetta, dove corri?”
“A picchiare Snivellus!”
“Come, senza di me?!”
“Ma … James!”
“Potter, non ti azzardare!”
“E dai, Lily, stavo scherzando! Vado a cambiarmi, posso o devi rilasciarmi un permesso scritto?”
“Sparisci, idiota!”
“Grazie, amore!”
“Non c’è di che!”
“Come siete dolci e gentili tra voi”.
Sorrido come un ebete, mentre mi lancio in una folle corsa verso il campo di Quidditch.
Forse non sta andando tutto così male, in fin dei conti.

***

24 febbraio 1978

Se non ci fosse stata la pausa pranzo dopo questa interminabile lezione di Pozioni, ora non potrei essere corsa qui. E forse, dato che James ha pensato bene di seguirmi, avrei fatto meglio a non farlo affatto, e a tener fede all’accordo preso con le ragazze di trovarci in sala comune per darci una mano con il tema di Incantesimi. Volevo semplicemente stare un po’ sola a tentare di controllare la mia rabbia e cercare di riflettere, e invece, maledizione, lui sa sempre dove trovarmi quando sparisco. Ormai però quest’aula, la stessa in cui abbiamo animatamente discusso una lontana sera di settembre, ha assunto per me i connotati del rifugio.
“Senti, lo so che ce l’hai a morte con me, ma non potevo fare finta di niente”, mi dice James, trafelato, affacciandosi alla porta dell’aula. Io sollevo lo sguardo dalla crepa nel pavimento che stavo fissando ostinatamente, con aria decisamente poco incline alla diplomazia.
“Se sai che ce l’ho a morte con te, allora sai anche che non è il momento buono per parlare”, rispondo, seccamente.
“Beh, per te non è mai il momento buono per parlare”, replica lui, tentando una specie di risatina ironica, ma la mia occhiataccia riesce a spegnerla immediatamente. E sono troppo arrabbiata per farmi impietosire dall’aria mesta con cui china il capo.
“Perché te la prendi tanto?”
“Perché me la prendo … ti sembra una domanda sensata, dopo che per la tua mania di non darmi mai ascolto ti sei appena fatto mettere in punizione?”
“Magari non sarà poi così grave”.
Okay, ho capito. Sta giocando a mettere alla prova la mia pazienza. È l’unica spiegazione sensata per il fatto che continui ad insistere.
“Ne riparliamo dopo che Slughorn avrà decretato la tua sorte”, gli rispondo, con astio. Mi domando perché, Merlino, perché deve essere così ottuso e così bambino alle volte? È chiaro come il sole che reagendo alle provocazioni dei Serpeverde ha soltanto fatto il loro gioco. Possibile che debba proprio spiegargli tutto, a diciassette anni suonati?
“Fino ad allora mi terrai il broncio?”
“Sì, sperando che nel frattempo un’illuminazione divina ti apra gli occhi una volta per tutte”.
“Io volevo solo difenderti”.
“James, a me non serviva essere difesa! Possono dire quello che vogliono di me, non me ne importa un accidenti di niente!” esclamo, stringendo forte le mani intorno al bordo del banco su cui sono seduta.
“Ma io …”
“… tu devi sempre fare l’avvocato delle cause perse!”
“Spiacente, su questo ti sbagli. L’avvocato delle cause perse qui sei tu”.
Lo squadro, furiosa, come se volessi inchiodarlo sul posto. Oh, certo, ora la colpa sarebbe mia perché gli ho dato il cattivo esempio.
“Io non ho reagito di fronte ad una provocazione che era evidentemente volta a farmi cascare in una trappola come un pesce che abbocca all’amo”, replico, tagliente.
“No, ma mi pare di ricordare che nemmeno Snivellus volesse essere difeso, in quell’occasione”.
Qualcosa mi si spezza dentro, inevitabilmente. Il dolore è improvviso e fortissimo. I ricordi mi invadono la mente senza che io sia in grado di fermarli, e mi ritrovo a fissare James furente e con le lacrime agli occhi.
“Non ne hai il diritto”, mormoro, con voce rotta. Lui ha un’esitazione, sul momento, ma poi è il suo orgoglio maschile che lo fa reagire.
“Ho detto soltanto la verità”, mi risponde, secco, stringendosi nelle spalle con aria forzatamente indifferente. Io mi porto una mano alla bocca per nascondere una smorfia di pianto.
“Lasciami stare, per favore”, gli dico, senza guardarlo in faccia. Quando si decide ad uscire, sbattendo rumorosamente la porta, mi sento la mente annebbiata e gli occhi umidi. L’attimo dopo sto piangendo, disgustata di me stessa per la mia debolezza.
Non so che cosa pensavo. Forse che saremmo riusciti a non dover mai affrontare direttamente l’argomento, anche se stava sospeso sulle nostre teste come una tagliente spada di Damocle. Ora invece quel momento è arrivato e non l’abbiamo saputo affrontare, e tutto l’affanno che ho represso dentro per mesi e mesi mi sta sfuggendo di mano, senza che io sia in grado di fermarmi.
La gente che amo finisce inevitabilmente per allontanarsi da me, senza che io l’abbia voluto. È successo con Petunia, poi con Severus. E adesso succederà anche con James. Perché dovrebbe andare diversamente?
Non volevo che finisse così. Quando sono arrivata a Hogwarts, ero convinta che sarebbe stato tutto bellissimo e che avrei vissuto degli anni eccezionali, i migliori della mia vita. E invece, ho perso mia sorella, ho perso il mio migliore amico e ora rischio di perdere anche l’unica persona che io sia mai riuscita ad accettare come parte integrante della mia vita sentimentale.
Non ha senso restare qui. Mi sforzo di asciugarmi la faccia nel miglior modo possibile e poi prendo i libri sottobraccio, raccolgo il calderone con dentro tutti gli strumenti di Pozioni e mi trascino verso il dormitorio di Grifondoro.

 
25 febbraio 1978
 

 È il giorno di un’importante partita di Quidditch, oggi. A me non importerebbe un fico secco, come al solito, se non fosse per il fatto che James giocherà comunque, a dispetto della punizione affibbiatagli da Slughorn. Ovviamente, ne sono al corrente soltanto perché mi sono giunte le voci che la McGranitt sia andata a sbraitare perfino davanti a Silente in persona per impedire che James fosse costretto a non giocare. Figurarsi se gli allievi di Hogwarts potevano perdersi un pettegolezzo del genere.
Non ho idea di come l’abbia presa James. È da ieri a pranzo che non ci rivolgiamo più la parola. L’ho visto da lontano in sala comune, mentre rientravo dalla Biblioteca: stava correndo in dormitorio a cambiarsi in vista di un probabile allenamento serale, dato che l’intera squadra si trovava riunita lì ad attenderlo. Ho fermato Delia e le ho chiesto di riferire al signor capitano Potter che quella sera mi sarei occupata della ronda insieme ai Prefetti, e che pertanto non doveva disturbarsi a raggiungermi. Sapevo che sarebbe stato distrutto di ritorno dal campo di Quidditch, perciò usai un tono secco e perentorio, di modo da lasciare intendere che non doveva passargli neppure per l’anticamera del cervello di venire con me. Volevo che andasse a letto e si riposasse, senza dover portare altri fardelli, ed ero disposta a lasciargli credere che fossi ancora arrabbiata con lui e non desiderassi averlo fra i piedi piuttosto che non riuscire nel mio intento.
Ora, all’alba delle dieci di mattina, non ho ancora preso una decisione, mentre tutte le mie amiche si sono già recate sugli spalti, pronte a fare il tifo per Grifondoro. Per giunta, non ho neppure fatto colazione. I libri non mi distraggono, in questo momento, e ho già tergiversato abbastanza passando circa un’ora sotto il getto caldo della doccia.
Sospiro, rassegnata; lo stomaco ha iniziato a brontolarmi furiosamente, quindi, forse, è meglio andare a raccattare qualche avanzo in Sala Grande per evitare di affrontare una giornata in ipoglicemia severa. Quando avrò finito, se il destino mi guiderà all’uscita del castello, forse andrò a vedere quella stramaledetta partita.
Mi avvio di corsa verso la mia destinazione, scendendo i gradini della Torre di Grifondoro a due a due e pregando di non essere fermata da nessuno che conosco – non sono dell’umore migliore, in questo momento, per affrontare conversazioni spinose – se non che, giunta ai piedi della rampa di scale, incrocio uno stranito Sirius Black che sembra avere l’aria di vagare alla cieca per i corridoi di Hogwarts.
Lo squadro con aria sospetta, finché lui non si accorge della mia presenza, circa una decina di centimetri al di sotto del suo naso.
Certe volte mi piacerebbe essere alta come Margaret, lo confesso. Così la gente come lui non potrebbe pensare di intimidirmi semplicemente torreggiando su di me con aria arrogante, cosa che, inutile dirlo, non sortisce nessun effetto sulla sottoscritta.
“Oh, ecco, stavo giusto cercando te …”
La mia espressione si fa perplessa. Che significa che stava cercando me? Vuole fare a botte?
“Devi riferirmi qualcosa di urgente? Scusa, ma avrei una certa fame …” rispondo, cercando di mantenermi il più possibile su un tono freddo e cordiale. Potrei scommetterci la bacchetta che mi ritiene responsabile per la punizione di James e che perciò, in questo momento, mi detesta ancor più del solito. Ma non voglio dargli modo di attaccarmi, quindi decido di rimanere neutrale, almeno per ora.
“Ah, certo, che te ne importa se c’era gente che si stava chiedendo se tu fossi ancora viva”, replica lui, in un tono sarcastico che mi fa immediatamente girare le scatole.
“E tu non avevi nulla di meglio da fare che essere spedito in perlustrazione? Perfetto, puoi riferire che sto bene e non mi sono gettata dalla Torre di Astronomia. Buona giornata”.
Faccio per superarlo, ma Sirius mi si para davanti di colpo. Sospira, rassegnato, scuotendo la testa, poi abbassa lo sguardo e mi punta addosso i suoi occhi grigi e sprezzanti.
“E va bene, Evans, sono qui soltanto per porgerti le mie scuse perché è solo a causa mia – beh, non soltanto mia, diciamo principalmente mia – che James ultimamente è più nervoso del solito, e mi dispiace se avete litigato. Addio”.
Fa per andarsene, ma io mi riscuoto in fretta dall’incredulità destata in me dal fatto di averlo sul serio sentito pronunciare delle scuse.
“Com’è riuscito Remus a costringerti sul serio ad umiliarti con un simile teatrino?” gli domando, in tono provocatorio. Lui si ferma e si volta a guardarmi con aria indignata.
“Non … che diamine, Evans, non sono il cagnolino di Remus, mettitelo in testa! Anche se potresti pensarlo dato che … beh, non lo sono!”
“Come vuoi, Sirius, ma la questione non ti riguarda”, gli faccio presente. Non capisco proprio perché ci tiene tanto a mettersi in mezzo. Chi diavolo gliel’ha fatto fare, allora, di scendere dal trono per venire a degnarmi della sua parola?
“Mi riguarda eccome invece!” replica lui, stizzito.
In quel momento, mi coglie l’illuminazione. Già, certo, perché non ci ho pensato prima?
“Oh, capisco, hai ancora paura che corra a dire in giro certe cose? Perché non fai quel Voto Infrangibile come ti avevo suggerito, allora?”
Una smorfia di disgusto compare istantaneamente sul suo volto, contorcendogli i lineamenti.
“Io non uso la Magia Oscura, te l’ho già detto”, mi risponde, sprezzante. Io alzo le spalle.
“Sarebbe a fin di bene, però, visto che ci tieni tanto”.
Lui mi fulmina con lo sguardo. Per quanto ci tenga a sottolineare in ogni suo gesto il disprezzo nei confronti dei suoi legami di sangue, in questo momento ha tutta l’aria di un aristocratico in collera, non c’è nulla da fare.
“Io non sono come loro, per Merlino! Non lo sono e non lo diventerò mai! Mi fanno schifo dal primo all’ultimo, con le loro smanie del sangue puro e le loro espressioni felici quando gira la notizia che Voldemort ha compiuto l’ennesima atrocità nei confronti dei figli di Babbani, e ora staranno gongolando all’idea che anche mio fratello sia stato accolto in mezzo a quella feccia, a quell’orda di fanatici … ma non potranno mai avere me! Non mi abbasserò mai al loro livello! Perciò scordati quel Voto Infrangibile, toglitelo dalla testa”.
Lo osservo attentamente, inarcando le sopracciglia con espressione scettica. Si è infervorato non poco nel pronunciare quell’enfatico discorso. Il piccolo dettaglio è che io non gli avevo assolutamente richiesto una simile apologia della sua posizione. Probabilmente per chi vive immerso nel mondo delle famiglie di maghi il suo nome fa un effetto non indifferente, ma per me che sono figlia di Babbani non ha mai significato nulla, e di sicuro non è mai stato il mio metro di giudizio nei suoi confronti. Che James e i suoi amici fossero dichiaratamente schierati contro le Arti Oscure non l’ho mai negato, anzi. Lo facevo notare spesso a Severus, quando si lanciava in una delle sue ardenti filippiche dirette contro di loro. Perciò non era assolutamente necessario che Sirius mi manifestasse la sua presa di distanza nei confronti di quella gentaglia, avevo già ben chiaro il fatto che lui appartenesse a tutt’altro schieramento.
“Non c’era bisogno di scaldarsi tanto”, gli faccio presente, in tono pacato.
“E invece io mi scaldo, io … pensi che sia come loro perché ho rischiato di far uccidere il tuo amico Snivellus, eh? Ma sai che ti dico? Se lo meritava. Non voglio che ti passi neppure per l’anticamera del cervello che Remus possa mai essere stato d’accordo con quella faccenda, lui non sapeva niente ed è toccato a me dirglielo, a me è toccato sentirmi il verme della situazione quando la realtà è che la colpa era tutta di quel dannato ficcanaso. Lui aveva cattive intenzioni, non io!”
La mia espressione si fa ancora più perplessa. Così oggi è la giornata delle rivelazioni e nessuno si è prodigato di avvertirmi?
Che cavolo significa che ha rischiato di far uccidere Severus? Che tutto quel misterioso macello fu merito suo? Merlino, non pensavo che potesse arrivare a tanto.
“A dire la verità non avevo assolutamente idea del fatto che fossi stato tu l’artefice di quello spiacevole incidente”, gli faccio presente, stringendo le labbra.
Lui mi fissa in silenzio per qualche secondo. Sembra quasi pentito di essersi scucito troppo la bocca, per una volta nella sua vita.
“Ah, sì? Beh, infatti non avresti dovuto saperlo”.
“Sei stato tu ad avermelo appena rivelato, razza d’idiota!”
È incredibile, con che razza di educazione è stato cresciuto? Chi diavolo è stato ad insegnargli che ha sempre ragione lui?
“Ehi, abbassa il tono con me, non m’interessa un fico secco se sei Caposcuola”, replica lui, azzardando un tono arrogante che mi dà immediatamente sui nervi.
“E tu allora smettila di rigirare le frittate! Stavolta io non mi sono impicciata di nulla, credevo fosse stato un caso e che Severus avesse scoperto dove si nascondeva Remus, che fosse successo perché l’aveva semplicemente seguito”, sbotto, guardandolo con ira. Sirius mi rivolge un sorriso beffardo, facendo scomparire per qualche secondo quell’espressione contrita che fino a poco tempo fa aveva solo tentato di nascondere malamente.
“Mi duole informarti che il tuo amico non è così furbo e neppure così coraggioso. Non si è mai spinto a tal punto, ma continuava a darci fastidio, a starci perennemente alle costole. Un giorno se l’era presa con Remus davanti a tutti, l’aveva umiliato soltanto perché era arrivato tardi a una lezione della Sprite e secondo lui significava chissà che cosa, e io non ci ho più visto. La sera ci sarebbe stata la luna piena e gli ho detto come fare per entrare nel Platano Picchiatore. A dire il vero non pensavo nemmeno che potesse essere così imbecille da seguire alla lettera le mie parole, e invece lo fu … incredibile. Tutto per la sua meschina e lurida smania di farci cacciare dalla scuola”.
Non so davvero che pensare. Sirius Black è un totale imbecille, questo è certo. Cerca di difendersi con foga, come a voler dimostrare che la colpa non è stata soltanto sua. Ma gli ho creduto nel momento in cui ha difeso a spada tratta Remus. Era sincero.
“Avresti dovuto prevedere le conseguenze delle tue azioni”, gli dico infine, semplicemente.
“Togliercelo dai piedi sarebbe stato solo un bene”, obietta lui, ancora ostinato a voler dimostrare di aver agito per una buona causa. Ma stavolta, mi dispiace, ha completamente toppato.
“E non hai pensato a Remus? A come si sarebbe sentito?” gli faccio presente, e per un attimo nei suoi occhi lampeggia un’espressione ferita, come se si fosse sentito toccare improvvisamente nel punto più delicato della faccenda.
Per un attimo smette di guardarmi e fissa un punto imprecisato sulla parete di mattoni; poi sospira, prima di rispondermi.
“No, o meglio, pensavo che in fondo sarebbe stato contento di non avere più quell’essere odioso alle calcagna, pensavo che sapere di averlo spaventato lo avrebbe fatto ridere e basta, pensavo che … pensavo male. E doverglielo dire, doverlo guardare in faccia e raccontargli tutto quello che era successo e sentirmi addosso tutto il suo disprezzo è stata la cosa più brutta che io abbia mai dovuto affrontare in tutta la mia vita. Quindi non pensare nemmeno per mezzo secondo che lui fosse complice di tutta questa faccenda, cosa che Snivellus potrebbe fin troppo facilmente averti detto”.
Non è possibile. Ma allora è veramente imbecille.
“Ti vuoi far entrare in quel cervello pieno di Vermicoli il fatto che io e Snivellus non ci rivolgiamo più la parola?! Dovresti essere abbastanza intelligente da essertene già accorto da solo, ma mi sembra evidente che tu non ci riesca, perciò te lo dico chiaro e tondo: non ho intenzione di avere mai più avere nulla a che fare con lui. Non siamo più amici. Lui ha scelto le Arti Oscure, io ho scelto di stare dalla parte opposta. Non ho nessun rimpianto per aver preso questa decisione. E dato che ci tieni tanto a precisare che non sei uguale ai membri della tua famiglia nonostante il vostro legame di parentela, tieni presente questo: io non sono come Severus, anche se un tempo eravamo amici. Ostinandoti a credere il contrario ti dimostri soltanto una persona piena di pregiudizi, proprio come lo sono quelli che giudicano te per il tuo cognome e il tuo sangue puro. Non ti dà onore predicare bene e razzolare male. E soprattutto, ogni tanto, essere un po’ meno ottuso ti farebbe bene”.
A questo punto, Sirius Black fa una cosa che assolutamente non avevo previsto o considerato: scoppia sonoramente a ridere, di gusto, con quella risata così simile a un latrato che solo ora, dopo anni, collego alla sua forma di Animagus. Resto a fissarlo con aria perplessa mentre getta indietro la testa e si porta un braccio attorno allo stomaco, in quell’esplosione di ilarità. Non capisco. Che ci sarà di tanto divertente in quello che ho detto?
“Hai ragione, Evans, forse dovrei darti una possibilità”.
Oh, che gentile concessione da parte sua.
“Ma se pensi di non amare sul serio James, ti consiglio di lasciar perdere in partenza. Ho dovuto sorbirmi per anni le sue crisi depressive causate dai tuoi persistenti rifiuti, perciò ora non ti conviene illuderlo”.
Perché questo improvviso ed inopportuno cambio di discorso, ora?
“Oh, stammi a sentire … piantala di fare l’avvocato difensore di James, non ce n’è bisogno. Lo so che ti senti realizzato in questo ruolo, ma …”
“Lo ami?”
Sgrano gli occhi, fissandolo con aria allibita. La sua sfacciataggine non ha davvero alcun limite.
“Io … sì, ma non sono affari tuoi!” replico, piccata. Lui in tutta risposta si dipinge sul volto un ghigno sardonicamente soddisfatto, di fronte al quale non riesco a non arrossire. Ho appena ammesso di amare James Potter, e non di fronte a lui stesso o ad un mio confidente, bensì davanti a uno che mi detesta con tutto il cuore e probabilmente, se potesse, mi farebbe sparire con un distratto colpo di bacchetta. Ma per quanto sia assurdo, mi rendo conto che è vero. Non potevo raccontargli una frottola, sarebbe stato come dire che Silente è un incompetente mago da quattro soldi. Non mi ero mai posta il problema di doverlo ammettere, perché James non me l’ha mai chiesto. Sembra felice così, al settimo cielo soltanto perché, finalmente, esco con lui. E nonostante i mesi siano ormai volati, ancora fatico a rendermene conto. Però i tremori continui alle gambe quando si limita anche solo a sfiorarmi, il cuore che accelera i battiti, il sentirmi andare in frantumi quando mi bacia o quando, dal nulla, si presenta con una sorpresa per me dopo aver litigato furiosamente … non può essere altrimenti. Non ho mai provato un sentimento del genere in vita mia.
“Hai detto di sì, bada bene”, mi dice Sirius, come a voler sincerarsi della veridicità della mia affermazione. Io sospiro e mi metto le mani nei capelli, totalmente esasperata.
“Sì, Sirius, ho detto di sì! Ti prego, ora possiamo finirla con questo teatrino? È ammirevole che tu voglia preservare James da sofferenze future, ma noi due non siamo in competizione per il primo posto. L’amicizia e l’amore sono due cose totalmente differenti”.
Sul suo volto affiora un sorrisetto criptico, che non riesco ad interpretare.
“Non necessariamente lo sono”, afferma enigmaticamente, “ma in questo caso non ti devi preoccupare, non vorrei assolutamente essere nei tuoi panni. Abbiamo due ruoli diversi, e mi sta bene”.
Annuisco vigorosamente, constatando con piacere che almeno su una cosa siamo d’accordo. Ma allora, quale diamine è il problema?
“Magnifico. A questo punto la domanda sorge spontanea: cos’è che non ti sta bene?”
Lui si stringe nelle spalle con un’espressione dubbiosa, forse preparandosi a sciorinare un elenco infinito di motivi per cui mi staccherebbe la testa dal collo. Ma la sua risposta, al contrario, mi sorprende totalmente.
“Non saprei. Credo niente”.
Ora sì che vorrei strozzarlo, lo vorrei davvero.
“Merlino, sei … impossibile. Non ho mai fatto fatica a capire perché tu e James siate così amici”.
“Sapessi invece quante cose non sai …” commenta lui, divertito, sempre con quel tono fastidiosamente ermetico.
“Oh, non penso di volerne essere messa al corrente tanto quanto immagini tu”, ribatto, scuotendomi i capelli sulle spalle con un gesto di stizza. E meno male che James vorrebbe che diventassimo amici. Sembra un’impresa piuttosto impossibile, nonostante abbia appena affermato di non avere nient’altro contro di me.
“Comunque, non credo che per te vada bene pensare al momento in cui hai ricevuto la lettera da Hogwarts, come ricordo felice per il Patronus”, mi dice improvvisamente, scompigliandosi i riccioli neri con apparente noncuranza.
“Come, scusa?” gli domando, interdetta. Sicuramente devo aver sentito male. Come fa a sapere che non mi riesce bene quell’incantesimo? D’accordo, era anche lui a lezione quando ci siamo esercitati, ma non avevo certo contemplato la possibilità che Sirius Black si fosse accorto di qualcosa che riguardava me.
“Sì, Flanders è un idiota, non ha molta fantasia”, risponde lui, scrollando le spalle. “Puoi pensare a qualsiasi altro momento felice, ma quello … per te non credo che funzioni. Sai, la storia di tua sorella. E poi lo ricolleghi inconsciamente ad un’amicizia che hai perso, e che in quel momento per te era importante. Sul momento potrà anche essere stato eccitante e divertente, ma non puoi impedirti di ricollegare quel preciso ricordo con altri più spiacevoli, quindi non funziona”.
Sirius Black mi sta dando dei consigli, provando a comportarsi in modo civile. Probabilmente in questo momento mi trovo su un altro pianeta.
“E tu come sai di mia sorella?” gli domando, ancora incerta su quanto possa essere sincero quel suo tentativo di venirmi incontro.
“Oh, beh … James parla troppo”, risponde lui, alzando le spalle.
“Certo, capisco”.
Rimaniamo in silenzio per qualche secondo, mentre ancora mi domando cos’è che l’ha fatto smuovere oggi. Autoaccusarsi di essere stato l’indiretto responsabile della mia lite con James, ammettere quanto gli sia pesato confessare quello scherzo a Remus, darmi consigli su un incantesimo che non riesco ad eseguire … davvero non riesco a capire che diavolo gli è preso. Nessuno di noi due ha mai avuto una grande opinione dell’altro, questo è certo. Ma è il migliore amico di James e, in fondo, non ho mai pensato che sia davvero una persona così spregevole come voglia far credere di essere, comportandosi in questo modo così idiota solo per fare scena. Posso anche capire che mi tema come una minaccia dal momento in cui sono entrata nella vita di James, dato tutto ciò che rappresenta per lui. Ma per aprire le ostilità contro di me non si è basato su come sono e su come mi comporto, bensì meramente sul ruolo che ricopro in quanto fidanzata del suo migliore amico, il che non significa necessariamente che io sia una persona possessiva che mira ad allontanare James dai suoi amici per avere il pieno comando della sua vita e dei suoi affetti.
Forse si è reso conto di essere partito con il piede sbagliato, dopotutto.
“Guarda che neanche per me funziona quel ricordo, se ti ci fissi non ci riuscirai mai”, mi dice, camminando avanti e indietro lentamente, con le braccia dietro la schiena. Io mi lascio sfuggire un sorrisetto.
“Già, non dev’essere piacevole l’associazione di quell’episodio con la Strillettera di tua madre che ti è arrivata via gufo il giorno dopo essere stato Smistato a Grifondoro”.
Lui si ferma a guardarmi negli occhi ed ammutolisce, diventando serio di colpo. Io mi stringo nelle spalle, con apparente nonchalance.
“James parla troppo. L’hai detto tu”.
“Già”.
Per un attimo, che forse non si ripeterà mai più, non c’è ostilità fra noi. Sembra quasi incredibile. Dopodiché, Sirius sfoggia un sorrisetto compiaciuto.
“Beh, credo che potresti guadagnarti il tuo ricordo felice per il Patronus andando a cercarlo e facendo pace con lui”.
“Che vuoi dire? Non dovrebbe essere alla partita?!”
“No, si è fatto prendere dal panico e si è nascosto chissà dove. Perciò, forse, faresti meglio ad andare a cercarlo. Potreste anche prendervi per mano e ballare, perché no. Ma penso che sarà sufficiente un commovente abbraccio e, che ne so, un bacio con un po’ di lingua …”
“Ok, Sirius, grazie ho afferrato il concetto!”
Lui scoppia a ridere sonoramente, divertito dalla sua stessa impudenza.
“Beh, che aspetti? Vai a cercarlo”, mi dice poi.
“Ma non ho idea di dove sia!” obietto io. Non posso certo perlustrare l’intera Hogwarts, che diamine.
“E va bene, aspetta solo un secondo …”
Lo osservo frugarsi nella tasca della divisa alla ricerca di qualcosa; dopo qualche secondo ne estrae un piccolo specchio rettangolare e un po’ consunto, esattamente identico a quello che ho già visto diverse volte in mano a James.
Oh, sì, sono davvero teneri.
“Prongs … Prongs, rispondimi! È urgente, sono nei guai, sto rischiando la vita e se non mi rispondi immediatamente mi avrai sulla coscienza per il resto dei tuoi giorni!”
“Che vuoi, Pads?”
“Senti, l’ho combinata grossa, Gazza mi sta alle costole! Dove sei? Devo correre a nascondermi da te, dato che sei Caposcuola gli dirai di non mettermi in punizione”.
“A dire il vero l’ultima volta che ho tentato di discutere con Gazza mettendo in campo la mia autorità di Caposcuola non è servito a non farmi restituire la Mappa del Malandrino, se ti ricordi …”
“Beh, stavolta dovrai essere convincente, ha minacciato di frustarmi!”
“Oh, e va bene, grandissimo rompiscatole, sono nel ripostiglio per le scope del sesto piano …”
“Perfetto! Dammi un minuto e sono da te!”
Sirius si rimette in fretta e furia lo specchietto in tasca, poi si volge verso di me.
“Hai sentito? Vallo a recuperare e, già che ci sei, convincilo ad alzare il culo e ad andare alla partita, altrimenti siamo rovinati. Io intanto vado a chiamare Remus e Peter”.
“Ai tuoi ordini”.
Lo saluto con un sorrisetto, poi mi dirigo a passo spedito verso il sesto piano.

 “James, apri immediatamente questa dannatissima porta”.
È incredibile che a pochi minuti dall’inizio della partita questo idiota se ne stia chiuso qui dentro. Tutti si aspettano una lotta all’ultimo sangue, l’intera Hogwarts è già allo stadio a gremire le tribune, e il Capitano della nostra squadra dov’è? In un ripostiglio per le scope.
“No, preferisco lasciarti l’onore di mettere alla prova le tue brillanti capacità di strega”, mi sento rispondere, dall’interno. È da ieri che non ci parliamo, e questo è tutto quello che ha da dire. Davvero carino da parte sua.
“E va bene, l’hai voluto tu”.
Estraggo la bacchetta dalla tasca della divisa e mi piazzo a gambe leggermente divaricate davanti alla porta, agitando il polso per riscaldarmi.
“Lily, no, aspetta, stavo scherzando. Sono in uno stato pietoso. Lily …”
Con un gesto solenne ed un perfetto incantesimo non verbale, faccio scattare la serratura della porta.
“Lily! Possibile che tu non voglia mai darmi retta?”
Compio il mio teatrale ingresso nel ripostiglio, e mi trovo davanti il James Potter con l’aspetto più sciupato che mi sia mai capitato di vedere. Non solo è mortalmente pallido, ha gli occhi segnati da cerchi profondi e l’espressione di chi sta per andare al patibolo, ma ha anche, non so come, i capelli ridotti in uno stato ancora più pietoso del solito.
Nonostante questo, quando incrocio il suo sguardo sento un nodo alla gola e mi sembra sempre bellissimo. Ripenso a quello che Sirius mi ha costretto a confessare, e per quanto possa sembrare assurdo, incoerente o esagerato, non posso negare che sia vero. Forse dovrò dirlo anche a lui, un giorno o l’altro.
“Sì, lo so, avrei almeno potuto tentare di pettinarmi. Ma tanto lo sapevo che era una causa persa”, tenta di giustificarsi, con il suo solito maledetto vizio di fare dell’ironia in ogni momento. Rimango lì a fissarlo, incapace di muovermi, senza sapere che accidenti dire. È da ieri che ci evitiamo, da ieri che nessuno dei due ha il coraggio di fare un passo avanti e chiedere scusa. È stato un arco di tempo infernale. Non credo di farcela a restargli lontana ancora per molto. Trattengo il fiato, muovo quel dannato passo in avanti, lo raggiungo e faccio quello che avrei voluto fare da due giorni: abbracciarlo.
Lo so che ho sbagliato, che l’ho attaccato per qualcosa che tempo addietro avevo fatto anch’io, accecata dal bene che volevo a un’altra persona. So che è stata la stessa motivazione a smuoverlo, che sono io che mi comporto sempre come se ogni cosa fosse la fine del mondo. Fosse stato per me, l’intero universo avrebbe dovuto autodistruggersi il giorno in cui, rivoltandomi contro ogni regola della logica, ero tornata sui miei passi e l’avevo baciato. Quello era qualcosa di sconvolgente. Ma non me ne sono affatto pentita, lo so e l’ho sempre saputo, lo sapevo anche mentre lo facevo, inconsciamente; posso anche essere stata io a mettere in moto tutto questo, posso anche essere stata io a perdere Severus, anche se lui comunque aveva già scelto e sarebbe stata solo questione di tempo prima che passasse definitivamente dalla loro parte, e può anche darsi che questo continuerà a farmi male finché avrò vita, ma poi quello che è successo mi ha portato ad avere James, e non tornerei mai indietro se dovessi rinunciare a lui. Non potrei. Mi sono sforzata con tutta me stessa di stargli lontana in queste ore, perché altrimenti sapevo che avrei finito per attaccarlo con rabbia soltanto per il fatto che mi stava lontano. E non potevo rischiare di ripetere di nuovo lo stesso errore.
Potrei stare così per ore, per giorni interi. Mi basta questo: stringerlo forte senza il timore di fargli male, avvertire prima la sua sorpresa e poi il suo abbandono, sentire il suo respiro sui capelli. Fargli capire che è un idiota quando si comporta così. Insinuare sottilmente che mi dispiace.
A un certo punto, lo sento ridacchiare tra sé.
“Che c’è da ridere?” gli domando, divertita.
“Come?” mi chiede lui.
“Hai riso”, gli faccio notare.
“Oh. Sì, beh, stavo pensando, e mi è scappato da ridere”, mi risponde, e io curvo le labbra in un ghigno ironico.
“Questo perché non hai filtro tra il cervello e la bocca”, commento.
“Sì, lo so”, mi risponde lui, rassegnato a riconoscere la verità. È un piacere sentire che mi dà ragione senza cercare una scusa per ribattere. Dev’essere proprio a pezzi. Chissà quali acrobatici salti di gioia farebbe se sapesse che ho ammesso di amarlo … ma ora non c’è più tempo da perdere. Mi stacco dalla sua spalla per cercare il suo sguardo, e quando lo trovo non sono più dolce né divertita, sono semplicemente dura.
“Perché non la smetti di fare l’asociale recluso e vai a giocare quell’accidenti di partita?” gli chiedo, in tono di sfida. Lui risponde con una smorfia perfida.
“Solo se mi improvvisi un balletto propiziatorio”, afferma, deciso.
“Va bene, forse in un’altra vita ci farò un pensierino”, gli concedo, roteando gli occhi. “Ora muoviti”.
“Nemmeno se mi accontento di un balletto piccolo piccolo?” mi domanda, implorante.
“Ho detto muoviti, Potter”, replico, seccamente.
“Uff, come sei fiscale”, si lamenta lui.
“Non sono io che sono fiscale, sei tu che sei in ritardo pauroso”, gli faccio notare, inarcando un sopracciglio. Lui in tutta risposta scoppia a ridere, divertito.
“Oh, andiamo, lo dici solo per farmi paura”, ribatte.
“Ti assicuro che invece la mia osservazione è del tutto gratuita e spassionata”, ribadisco io, non sapendo se ridere o piangere per il modo in cui è rimbambito. Fortunatamente, quando capisce che non sto scherzando, smette di sorridere come un idiota e pensa bene di guardare l’orologio per verificare; l’espressione di panico che gli compare istantaneamente sulla faccia mi fa capire che ha finalmente riconosciuto chi tra noi due ha ragione – di nuovo.
“Oh, cacchio”, commenta, prima di lasciarmi e correre a gambe levate fuori dal ripostiglio.
Rimango ferma lì per qualche secondo, scuotendo la testa con aria rassegnata. È incorreggibile, ma se così non fosse non sarebbe più lui, e non lo troverei altrettanto divertente ed imbranato e adorabile.
Mi decido ad uscire dal ripostiglio anch’io, con un grosso sorriso stampato in faccia che manifesta chiaramente il mio attuale stato d’animo; dopo oggi sarà tutto sistemato, fra noi, non ci sarà bisogno di noiosi chiarimenti e di scuse forzate, ma ogni cosa tornerà come prima alla sua naturalezza abituale. Stare con lui è bello anche per questo: i problemi si risolvono, ma in maniera niente affatto tradizionale.
Avviandomi lungo il corridoio, mi giungono le voci di Remus, Sirius e Peter; evidentemente ci siamo incontrati tutti al momento giusto. Quando li raggiungo, il signor Capitano si sta velocemente congedando da loro.
“Ehi, aspetta, dove corri?” grida Peter a James.
“A picchiare Snivellus!” risponde lui, di rimando.
“Come, senza di me?!” si lamenta Sirius.
“Ma … James!” gli fa eco Remus.
“Potter, non ti azzardare!” lo minaccio io.
“E dai, Lily, stavo scherzando! Vado a cambiarmi, posso o devi rilasciarmi un permesso scritto?” mi dice lui, fermandosi in fondo al corridoio per rivolgermi un sorriso smagliante da finto seduttore incallito.
“Sparisci, idiota!” gli ordino, in tono perentorio.
“Grazie, amore!” mi risponde lui, ridendo.
“Non c’è di che!” gli grido io, mentre si allontana di corsa. Lo osservo sparire con il sorriso sulle labbra, sentendo che tutta l’angoscia è finalmente sparita.
“Come siete dolci e gentili tra voi”, osserva Sirius, sarcastico, incrociando il mio sguardo dopo che James si è definitivamente dileguato. Ma, per quanto si sforzi di nasconderlo, non c’è malignità nel suo tono di voce, soltanto divertimento. Forse, finalmente, anche con lui le ostilità sono cessate. Per quanto sia probabile che l’abbia fatto solo per il bene di James, non posso fare a meno di tirare un grosso sospiro di sollievo. Anche se ho il sospetto che mi chiederà qualcosa in cambio per quel suggerimento sul Patronus. A tal proposito, ora potrebbe essere il momento giusto per provare e vedere se funziona.
“Vi raggiungo subito”, dico a Peter, che si è voltato con aria interrogativa verso di me, domandandosi probabilmente perché non li stavo seguendo.
Aspetto che si siano allontanati a sufficienza prima di concentrarmi profondamente sul ricordo più felice che riesco a far riaffiorare alla mente.
Quel giorno che più di tutti ha cambiato la mia vita, il giorno in cui ho scoperto di essere una persona totalmente diversa da ciò che avevo sempre creduto. Il giorno in cui, molto probabilmente, sono andata molto vicino al collasso cardiaco. E non per colpa di qualcun altro, no. Ho fatto tutto completamente da sola, quella volta.
Si tratta del giorno in cui ho baciato James Potter, al di là di ogni umana comprensione.
Sorrido. Ricordo tutto. La sua espressione allibita nel momento in cui gli posavo una mano sulla spalla e lo costringevo a voltarsi verso di me. Il contatto con le sue labbra, la voglia che avevo di sentirmi stringere e, allo stesso tempo, di fargli del male. La sensazione che stessi cadendo in una voragine senza fine – eppure era così piacevole, così liberatorio. Per una volta, avevo assecondato il giusto impulso, pur sentendomi schiacciare dalla consapevolezza improvvisamente acquisita del fatto che lui non riuscisse ad essermi indifferente.
Sospiro, buttando fuori tutta l’aria che ho nei polmoni. Chiudo gli occhi e alzo la bacchetta. Sento una lunga serie di brividi scorrermi lungo le braccia, arrivare fino alla punta delle dita. Questa volta posso farcela.
Expecto Patronum!”
Apro gli occhi bruscamente. L’onda d’urto mi ha scagliato indietro, per poco non sono finita a sbattere contro il muro. La bacchetta mi è sfuggita di mano ed è caduta a terra. È lì, riesco a vederla. Alzo gli occhi e davanti a me c’è una grossa nuvola bianco-argentea, eterea ed indefinita, che a poco a poco si dirada per lasciar emergere una figura sottile, che si allontana al ritmo di una corsa elegante.
La guardo bene, incredula, finché non svanisce in un soffio di polvere, infrangendosi contro il vetro della finestra. Decisamente non me l’aspettavo, ma la sorpresa mi strappa un sorriso.
Il mio Patronus è una cerva.

 


And I know I make you cry,
And I know sometimes you want to die,
But do you really feel alive without me?

(Damien Rice, Accidental Babies)




Nota di fine capitolo: chiedo venia per il mostruoso ritardo, ma se da una parte avevo l’ansia di un esame imminente a portarmi via tempo, dall’altra ho anche dovuto revisionare quasi completamente anche questo capitolo per esigenze di trama. Non odio affatto il personaggio di Piton, anzi, lo trovo davvero interessante sotto molti punti di vista, ma è chiaro che dalla prospettiva di James non ci possa essere che odio nei suoi confronti, soprattutto dato che, stando a dichiarazioni della Rowling, Prongs sospettava che Piton provasse qualcosa per Lily, e quindi questo alimentasse ancora di più la rivalità tra i due. Da quando ho letto questa cosa mi sono domandata se non lo sospettassero anche gli altri Malandrini; sono piuttosto sicura che Remus lo sapesse, data la convinzione in cui afferma di fidarsi di Piton in HP6, prima che uccida Silente. Probabilmente era a conoscenza del fatto che lo facesse per Lily, e per questo non dubitava di lui. Se invece anche Sirius aveva qualche sospetto a riguardo, beh, allora per una volta ha dimostrato maturità da adulto, dato che non l’ha mai usata come argomentazione per offendere o istigare Piton nei momenti in cui ha avuto a che fare con lui nel post-Azkaban XD
Qui chiudo gli sproloqui, al prossimo capitolo, sperando di riuscire a completarlo presto – e come sempre grazie davvero, davvero tanto per le bellissime recensioni. A presto!
Jane

   
 
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