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Autore: Duir    11/02/2006    4 recensioni
...può un uomo costringere un suo simile a fargli da schiavo? Indubbiamente si......ma può un uomo costringere un mutante a fargli da schiavo? Indubbiamente no.....e se si trattasse di una donna? ps. volevo dire che non ho mai letto i fumetti e che mi baso su quanto ho appreso dai due film.....perdonate se ogni tanto faccio di testa mia :P
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Ich liebe dich……..- -I don’t understand you....- -Ich liebe dich!- -I’m sorry but I have to go now! I’ll come back tomorrow!- -Nein! Aspetta! Ich liebe dich!!!!!-. Queste le uniche parole rimaste sulle sue labbra, mentre dopo una notte tormentata ecco arrivare il nuovo giorno, freddo del sospiro di un vento insensibile, livido di luci invernali, vuoto, privo di tenerezza, di compassione. Tutto ciò gli era da subito entrato nella mente, nemmeno dandogli il tempo di capire, di chiedersi ancora una volta il perché egli fosse ora lì, in catene, pronto ad essere ancora il servo di quell’uomo che fingeva approvazione, fingeva amicizia e dietro una falsa gloria lo aveva intrappolato in una orrenda schiavitù. Da lontano, provenivano già i tonfi del bastone che il guardiano usava per svegliare le bestie; avanzava sordo, come un cuore vuoto, il cuore della mano che lo brandiva e lo rovesciava colmo di disprezzo sulle sbarre di ferro. In quel mentre si rese conto della sua vita, fulgido come l’aurora il pensiero di come da lì non sarebbe mai più fuggito, la disperazione per la solitudine in cui quel suo Dio lo aveva costretto…..Mentre i passi si avvicinavano il suo cuore batteva di terrore sapendo cosa sarebbe avvenuto dopo; tonfo dopo tonfo il bastone si avvicinava e presto sarebbe approdato come un colpo d’uragano sulla sua cella, anticipando nella sua mente l’angoscia delle frustate, l’umiliazione degli insulti e dei calci, il dolore per non avere una libertà di vita. Ormai il guardiano era a pochi passi dalla sua gabbia e già si udiva la sua rauca voce da fumatore incallito di sigari urlare sguaiatamente il suo nome. Come un colpo d’ascia, il bastone di ferro si schiantò sulle sbarre arrugginite facendolo sussultare. Seguì una grassa risata di disprezzo e un –Alzati bestia! Cosa vuoi? La colazione a letto?- mentre la cella veniva scoperta dal suo telo sudicio. Egli non rispose, ma rimase accoccolato in un angolo, troppo addolorato per reagire, troppo triste per domandare ancora a quel suo Dio che cosa fare. Un’ondata d’acqua gelata lo colse improvvisamente come una morsa, facendolo tremare da capo a piedi. Strinse i denti, mentre gli occhi gli bruciavano dallo sforzo di non piangere. –Non devo…..non devo…..Fluch! Non devo!!- si ripeteva, mentre alle sue spalle gli insulti dell’uomo si facevano sempre più prepotenti. Una seconda secchiata d’acqua, questa volta ancor più gelata e sudicia lo investì nuovamente, seguita dal rumore della grata che si apriva. Udì l’uomo imprecare ancora contro di lui, contro il suo lavoro, contro tutti gli esseri disgraziati come lui, che potevano far altro che crepare e lasciare lo spazio a chi lavora onestamente e paga le tasse, poi qualcosa lo afferrò per il collo: un filo tagliente gli stringeva la carotide, impedendogli di respirare, mentre due paia di braccia forzute lo trascinavano fuori dalla gabbia e lo sbattevano sul terreno fangoso e gelato. Un calcio ben assestato allo stomaco gli tolse anche la poca energia che aveva per dibattersi. Sporco di fango e soffocante non potè schivare il ceffone che dall’alto gli piombò pesantemente per ben due volte sul magro viso; poi, riconobbe in quella colossale presenza il volto e le fattezze di chi,diciannove anni prima, lo aveva salvato dalla strada, con la promessa di una sfolgorante carriera al Magnifico Circo di Monaco. Due labbra carnose si storsero in uno sprezzante sorriso, mentre una voce odiosamente melliflua si faceva udire. –Allora…..è così che ci comportiamo dopo gli aiuti ricevuti?-. La mastodontica figura si chinò su di lui tanto che egli potè sentirne lo sgradevole lezzo di dopobarba di seconda scelta, misto a tabacco e alcol. Storse il naso, voltando il capo di poco e questo gli rimediò un terzo ceffone che calò sulla sua testa come una bastonata. Irato della sua riluttanza il padrone del circo ora era paonazzo nella sua divisa da giorno, mentre urlava sputacchiando saliva dappertutto e imprecando. Mentre si apprestava a togliersi la stretta giacca di broccato e ad agguantare la frusta, qualcosa accadde…..non qualcosa di tangibile o di osservabile, qualcosa che solo una mente aperta a molte miglia di distanza poteva comprendere. -Aspetta…..aspetta…- gli ripeteva la voce che ora si era svegliata nella sua mente. I due uomini lo liberarono dal cappio, ma lo tennero ugualmente stretto per impedirgli movimento alcuno; da quella posizione poteva solo vedere gli enormi stivali lucidi del padrone del circo muoversi freneticamente, mentre provava alcuni colpi di gatto a nove code. –Aspetta…..- gli disse nuovamente la voce interiore. La stretta si fece più serrata mentre i due individui lo costringevano a porsi di schiena. Deglutì mentre i grossi piedi gli si avvicinavano inesorabilmente e la frusta fendeva l’aria, minacciosa. –Aspetta……non ancora….- ripetè la voce. Chiuse gli occhi. Poi, mentre le strisce di cuoio calavano sul suo corpo, una forza straordinaria scaturì dalle sue membra apparentemente inermi. Ci fu un clamore di lotta; più volte i suoi denti affondarono nelle carni, le sue unghie lacerarono pelle e vestiti, la sua coda arrestò i battiti dei loro cuori avvizziti, mentre le sue labbra assaporavano per la prima volta il gusto amaro del sangue. Ansimante e ferito, rimase a guardare per un attimo quanto rimaneva ora sul terreno di quelli che solo pochi minuti prima erano stati i suoi aguzzini. Pochi istanti dopo, una figura coperta da un lungo pastrano nero si allontanava dal Magnifico Circo di Monaco.
  
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