Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: _Dubhe    14/05/2011    11 recensioni
«Non mi piacciono gli indovinelli, mezzosangue, e neppure le conversazioni abbozzate tra un balletto e l’altro.. – sorrise, vedendola arrossire - ..mi piacerebbe proseguire questa conversazione in privato, vuoi? Domani sera alle nove, a Malfoy Manor. Non dovresti avere difficoltà nel trovarla, no?»
«Cosa ti fa credere che accetterò un tuo invito, Malfoy? – sputò velenosa lei – Il tuo fascino o la tua spudorata e immotivata arroganza?»
«Il ricatto, Granger. – rispose semplicemente lui..
***
Un ricatto, 8 Metalli, i tranelli di un Malfoy e la fierezza di una paladina della II Guerra Magica, costretta a vivere come una babbana dalle nuove leggi della Corte. Cosa nasconde Malfoy dietro il mistero delle Fiale e dei Metalli? A cosa porterà la sua ricerca? E lei, riuscirà a resistere al suo ricatto? E lui, riuscirà a resistere a Hermione Granger?
Una storia ricca di colpi di scena, sorprese e misteri ancora da svelare. Draco/Herm la ship principale. Buona lettura!
Genere: Mistero, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Image and video hosting by TinyPic 
Your blackmail, My downfall. Vol 1
***
 Capitolo XII:

Nukter & Liliat

 

Per l’ennesima volta, si trovava dove non voleva essere, dove non avrebbe dovuto essere. Non erano di certo in un posto conosciuto, Malfoy Manor non aveva segrete – a meno che Draco non avesse un perverso senso dell’umorismo – da quando la Guerra era finita, e se proprio ne avesse avute, di certo non sarebbero state illuminate da fiaccole medievali. Quello fu il suo primo pensiero, il secondo lo riservò alla boccetta che il biondo stringeva ancora in una mano: ce l’avevano fatta. Come, tuttavia, era ancora da vedere: non era logico o pensabile che un Guardiano, per quanto strano e facile a innamorarsi della prima bella ragazza di passaggio, potesse lasciare una fiala tanto importante nelle loro mani. C’era qualcosa sotto ma, al momento, non riusciva davvero a capire cosa.

Infine, poco prima di ricordarsi di avere la faccia fatta a brandelli dalla pietra ruvida, si ricordò di Daphne. Per tutto il tempo in cui aveva focalizzato la sua attenzione sul metallo, sul nuovo metallo, la morte della ragazza non l’aveva sfiorata ma adesso che era tutto – relativamente – finito, quel pensiero tornò a colpirla con forza al petto. Inspirò forte, ricordandosi del corpo della giovane accasciato con grazia eterna sul pavimento. Spaventata dalla sua stessa reazione, guardò Draco, sperando che non se ne fosse accorto: ma lui se n’era accorto e come, i suoi occhi tradivano lo stesso pensiero, ma era più bravo di lei a dissimulare indifferenza. Gli bastò un battito di ciglia per ritornare alla normalità: era stato vulnerabile, la sera precedente, davanti a quel fuoco, e quella delicatezza di spirito lo faceva sentire a disagio, tanto da impedirgli di ripetere presto una simile scena.

Notò la faccia della Gryffindor e si affrettò ad esaminarla con sguardo indagatore. «Come hai fatto a ridurti così?»

La strega si limitò a sbuffare, una volta sedutasi in posizione eretta, e quindi estrarre un piccolo kit di pronto soccorso, rimpicciolito da un incantesimo ovviamente, che per ogni evenienza aveva infilato nella tasca del pantalone prima di lasciare la Manor: ancora una volta la sua previdenza era stata giustificata. «Se qualche idiota non mi avesse spinto in un corso d’acqua impetuoso, che terminava con un muro di roccia.. beh, forse, adesso, non sarei in queste condizioni, non credi?»
«Non volevi muoverti e dovevamo fare in fretta.. non posso portarti sempre in giro come un mulo da soma, Granger! – allargò le braccia esasperato – Siamo vivi, non ti basta?»

«Lascia perdere.. – lo liquidò lei, tornando ad occuparsi, senza molto successo, della sua guancia – Pensa ad uscire da qui piuttosto..»

Non ricevendo risposta, alzò lo sguardo sul biondo per vedere un’espressione ilare illuminare il suo volto: la stava prendendo in giro? Con un cenno del capo il biondo le indicò un corridoio, proprio davanti a dove era seduti adesso. Voleva prenderla per stupida, adesso? Alzò gli occhi al cielo, tentando di nuovo di pulirsi la ferita, senza successo.. Vide Draco agitare la bacchetta, come un bambino che ancora non sa usare la magia, quindi voltarsi confuso intorno, verificando qualcosa. La agitò di nuovo, spegnendo una delle torce con un getto d’acqua.

«La luce ci serve.. – gli fece notare lei – Potresti evitarmi la seccatura di accendere quelle fiaccole, spegnendole senza motivo?»

«Nulla di quello che faccio è “senza motivo”, Granger. – proclamò stoico lui, avvinandosi alla mora e prendendo il kit in mano, mentre aveva già provveduto a sbarazzarsi della camicia bagnata, restando soltanto in canotta – Ho provato ad evocare delle bende, ma non ci sono riuscito. Pensavo che, come per Gonos, non potessimo usare la magia ma, come hai visto, ho potuto spegnere la fiamma. Possiamo usare la magia qui dentro ma non per comunicare con l’esterno o andarcene.. lascia, faccio io..»

L’aveva vista fare troppi futili tentativi di curarsi la guancia e, finalmente, aveva deciso di non poterne più di sentirla sbuffare d’impazienza davanti ai suoi mancati tentativi. Le strappò il flacone e il tampone di mano, cominciando a premere con cura sulla parte lesionata: si era proprio ridotta uno straccio, ma nulla che una pozione Cicatrizzante non potesse guarire in quattro e quattr’otto. La mora, dopo essersi sottratta ad un primo contatto, suo malgrado, fu costretta ad ammettere di non avere molta di scelta, conciata com’era, e lasciò che le dita di Draco le pulissero la ferita sul volto. Lo vide ficcare la mano nella borsetta e estrarne, quindi, un flacone di Pozione Cicatrizzante: ci sapeva fare, dopotutto. Il pizzicore sulla guancia e la fronte fu momentaneo ma fastidioso, tanto che dovette storcere la bocca come una bambina per non emettere neppure un verso. Draco, mentre lei non poteva vederlo, sorrise di quel suo broncio.

«Bene, adesso stai decisamente meglio. La ferita non è ancora scomparsa, hai ancora dei graffi ma, per ora, non dovrebbero sanguinare. Altrimenti ci fermeremo e potrò medicartela di nuovo..»

«..gr..grazie.. – mormorò a stento lei, per niente convinta di volerlo dire, prima di riprendere con la sua solita voce imperiosa e decisa – Adesso andiamo a prenderci quest’altro metallo e torniamo a casa.»

Quando era arrivata a chiamare la Manor “casa sua”? Non riusciva neppure a ricordarlo, quell’istante. Era tutto cambiato così velocemente e così radicalmente, negli ultimi mesi, da lasciarla ancora stordita qualche volta nel vedere, accanto a sé, Draco Malfoy o Blaise Zabini, certe volte muniti solo di pantalone e vestaglia – per il moro nemmeno quello, dato che per mettere in mostra il suo fisico da palestrato, spesso, girava per caso con null’altro che boxer e pantofole. Il biondo l’aiutò ad alzarsi, quindi si mise lo zaino in spalla, pronto a proseguire.

«Dove l’hai presto quello? – chiese confusa lei – Non mi pare di avertelo visto, dopo che abbia lasciato la Manor.»

Ecco una cosa che, reduce da tante catastrofi e da un incontro per niente simpatico con un Guardiano/Draco, aveva imparato bene: mai fidarsi delle apparenze, dubitare di qualsivoglia minimo particolare e indagare, senza paura e pudore, fino ad avere scoperto per intero la verità. «In verità l’ho sempre avuto con me.. – le fece notare il biondo, spiazzato dalla domanda – Solo che quando ci siamo materializzati in acqua mi era parso scomodo portarmelo in spalla e me lo sono messo in tasca, rimpicciolito con Reduco. Insomma.. perché ti interessa tanto?»

«Perché..- chiarì lei, gli occhi stretti a due fessure – l’ultima volta che non mi sono soffermata sui dettagli, ho passato una simpatica mezz’ora in compagnia di te/Gonos, e se fossi stato al mio posto sono certa che non vorresti ripetere l’esperienza!»

«Già.. non mi hai ancora detto cosa è successo in quella mezz’ora..»

«E non ho intenzione di farlo! – balbettò lei, arrossendo lievemente – Comunque credo che sia giusto stabilire un modo per riconoscerci, perché non voglio altri scherzetti del genere.. idee?»

Il biondo parve pensarci intensamente, prima di esclamare, con un sorriso divertito sulla faccia «Puffo!»

Lei lo guardò scandalizzata, credendo di aver capito male «Come, scusa? Puffo?»

«Esatto, Granger, puffo! Nessuno penserebbe che abbiamo stabilito una parola d’ordine tanto stupida il che, in pratica, la rende impossibile da indovinare o copiare.. e poi è blu.»

«E cosa c’entra il blu? – chiese l’altra, che aveva seguito annuendo il resto del discorso, colpita di nuovo dalla capacità del giovane di trovare simili stratagemmi – E come fai tu, purosangue incallito, a conoscere cos’è un puffo?»

«Oh, mi piace guardare, qualche volta, anche i cartoni babbani. Sono talmente futili che riescono a distrarmi.»

La strega, sempre più sconvolta, decise di non indagare oltre: certe volte si sorprendeva di scoprire verità talmente strane sul giovane Slytherin che, fino al giorno prima, le sarebbero apparse assurde se non inverosimili. Eppure le piaceva, e odiava ammetterlo, questa sorta di molteplicità del carattere del mago che aveva accanto, imprevedibile e mai lo stesso, sempre diverso e mai uguale, non solo con lei ma innanzitutto, con se stesso. Non si era mai soffermata ad osservarne il carattere, l’aveva liquidato superficialmente fin dai primi anni di Hogwarts e, prima di qualche settimana fa, non aveva avuto né voglia né occasione di rimettere in discussione quel che già conosceva. Ma ora era diverso. Stare con una persona più vicino di chiunque altro, affrontare sfide e prove durissime, combattere per la propria vita, preoccuparsi per lui oltre che per se stessa, non erano solo dettagli, erano fattori significanti, eccome. E adesso che vedeva quel ragazzo, quell’uomo, con occhi diversi, occhi nuovi e per nulla velati dai segreti di casate diverse o pregiudizi di sangue, lo vedeva per la prima volta. Come poteva essere che riuscisse a cogliere in Draco Malfoy un briciolo quell’umanità e quella delicatezza della cui mancanza l’aveva sempre accusato? Era mai possibile?

Le sfuggì un sorriso, anche nell’attimo in cui capì che lo stesso discorso avrebbe potuto applicarlo alla perfezione anche a Daphne. Certo, lei l’aveva conosciuta per un tempo esiguo e affatto sufficiente a farsi un’idea precisa di com’era in realtà, ma quel poco che aveva visto di lei le aveva già mostrato, in parte, che certi giudizi, con tempo, finiscono con il mutare irrimediabilmente. Non ci sono cose incise nella pietra, nessun odio o amore, per quanto profondo e immutabile, potrà durare in eterno. Alcun giudizio, negativo o positivo, può condizionare la vita di qualcuno per sempre. Così lei, dall’alto del suo piedistallo di cristallo, quella vetta irraggiungibile, dove nessuno mai era riuscito a raggiungerla, si era spogliata di tutto il suo orgoglio e si era abbassata a comprendere la natura mutevole di Malfoy, la sua natura e il suo spirito.

E anche il suo corpo, in verità. Due erano state le volte che il tatto fra di loro era diventato sinonimo di passione e desiderio e, in entrambi i casi, lei era riuscita a frenare quel non so che, quella scintilla che la spingeva verso le mani del diavolo tentatore, verso le sue mani. Per quanto tempo avrebbe ancora negato, davanti a lui e a se stessa, che c’era qualcosa di più di semplice collaborazione, che proteggerlo non stava diventando un compito ma quasi un dovere, verso la sua morale e il suo benessere. In certi sentimenti ci sentiamo sempre di essere egoisti, pretendiamo di avere il controllo di una situazione e di non ferire in primo luogo noi stessi, in seconda posizione, se il nostro egoismo può salvare gli altri dal crollare a picco, bene, altrimenti andiamo avanti spediti, senza curarcene. Eppure lei non riusciva ad essere egoista, non riusciva a convincersi che stare senza di lui, respingerlo, potesse essere la scelta migliore, la più giusta.

Non essere sciocca, Hermione. Tu, respingerlo? Fino a prova contraria è lui che non ti vorrà.. ma ti sei vista?

Già. Nessuno mai si era premurato di esprimerle un qualche apprezzamento, una qualche parola dolce era si stata spesa per il suo aspetto, ma sempre limitata a qualche serata mondana o altro. Per Ron era sempre stata quella dai capelli crespi e dai denti da castoro, per Harry l’amica gentile, in cui l’aspetto non solo non era rilevante come fattore ma non era addirittura considerato, mentre per Ginny – ai tempi in cui non desideravano staccarsi la testa a vicenda – il suo aspetto era sempre stato “graziato” dalle parole di un’amica. Per il resto, come nessuno si era premurato di smentire, restava un’inetta. Lui, a differenza sua, era bello. Non quel genere di bellezza statuaria greca o romana, neppure un angelo del Rinascimento italiano, era piuttosto quel genere di fascino che, una volta osservato, difficilmente si riesce a dimenticare. Non aveva un fisico muscoloso, non che la sua forza già sufficiente lo richiedesse, ma in compenso era dotato di larghe spalle, e bicipiti ferrei, anche se non pompati. Il torace, che si intravedeva soltanto grazie alla canotta bianca bagnata, era scolpito di muscoli appena visibili, mentre un po’ di peluria bionda si intravedeva dallo scollo superiore. Non c’era bisogno, infine, di fare commenti su quello che aveva al di sotto della cintura: non aveva mai visto personalmente la “mercanzia” ma dopo aver passato tanti anni alla mercè di Ron “pistolino-ino” Weasley.. insomma, tutto era una valida alternativa, al confronto. E non lo diceva in quanto maniaca ma in quanto donna, fisica e fatta di carne, con suoi bisogni e sue necessità.

Per questo si era rifiutata di ricambiare il bacio, per questo l’aveva fatto una volta ancora, perché finchè Malfoy si fosse ostinato a guardarla come un oggetto da possedere, da monopolizzare ed utilizzare, non gli avrebbe mai permesso di sfiorarla. Non aveva di certo abbandonato una prigione per finirne in una peggiore! Solo quando e se si fosse, finalmente, deciso a vederla per quello che era, forse solo in quel caso si sarebbe risolta a rivelargli i suoi veri.. sentimenti? Possibile che si trattasse di questo?

«Stai bene? – le chiese il biondo, vedendola assorta, scuotendola per un braccio – Dobbiamo muoverci.»

Quel movimento aveva messo in luce il suo braccio nudo. «Sei ferito.. – esclamò lei, afferrandolo prima che potesse sottrarsi – Aspetta, non possiamo andare avanti così.. dobbiamo fasciarla..»

«Sto bene, Granger – protestò lui, tentando di sottrarsi a quel tocco – Non c’è tempo..»

«Di morire però lo trovi, il tempo..» - replicò lei, tornando ad aprire il kit, che stava già per riporre in tasca. Lui, mansueto, decise di non contestare. Semplicemente rimase seduto, le gambe stese davanti a sé, lo sguardo fisso sul volto di lei mentre, concentrata, gli curava la ferita. I capelli erano tutti bagnati, reduci da una lunga nuotata, le rughe d’espressione, altrimenti invisibili, erano tese per la tensione e la concentrazione, mentre i denti mordevano il labbro inferiore. Si scoprì di capire che, in quella posizione, in quella piccola occupazione, era bella. Non bella come lo era.. stata Daphne, non un genere di bellezza provocante e certe volte sconveniente come quello si Ginny, ma molto vicino a quello di Narcissa, prima che la Guerra e il dolore del male le avesse avvelenato l’esistenza.

Si pentì di non essersene mai accorto. E, come in una sorta di illuminazione, capì il perché lei l’avesse respinto, in quella sala da ballo, perché il suo orgoglio fosse riuscito a prevalere sul fascino impareggiabile di lui: lei voleva qualcuno di diverso da un mero seduttore, lei voleva qualcuno che potesse capire lei per com’era e non per come appariva agli altri. Forse questo passaggio, molto spesso, gli era sfuggito, doveva ammetterlo, ma adesso capiva alla perfezione ogni sua parola, ogni suo gesto. Non era un secchiona acida, era semplicemente insicura di un mondo che non sapeva se poteva o voleva accettarla. E quell’insicurezza che, per la prima volta, vedeva in lei, gli fece pena. Quasi senza rendersene conto, senza che i suoi muscoli potessero controllarsi, mentre i suoi occhi di ghiaccio erano fissi sulla sua figura, con la punta delle dita scostò una ciocca di capelli dal suo volto, accarezzandolo appena.

Quel piccolo pezzettino di pelle, così caldo, al suo tocco arrossì, mentre la ragazza sussultò, alzando di scatto gli occhi verso di lui. Il calore dei suoi occhi caramello si fuse al freddo del ghiaccio dei suoi. Tutto parve bloccarsi, anche i loro stessi respiri..
Lui si avvicinò per primo, ormai incapace di gestire le proprie mosse ma, al contempo, frenato dalla paura di un suo rifiuto: da quando un Malfoy aveva paura? Da quando una ragazzina, che fino a due mesi prima non faceva parte della sua vita, adesso poteva spingerlo a limiti così lontani? Cosa aveva nel corpo, lei? Un demonio o un angelo?

Hermione, d’altra parte, non osò muoversi, non si avvicinò a lui ma neppure si scostò, in quel misto di trepidazione e desiderio ma al contempo timore e dubbio: cosa avrebbe fatto, stavolta? L’avrebbe respinto o avrebbe lasciato che il desiderio si impadronisse di lei. Il braccio del giovane era poggiato sul suo, mentre la mano di lei gli sfiorava la gamba: lo stava medicando, non pensava che quella posa avrebbe potuto essere così compromettente eppure, lo fu.

Chiuse gli occhi, dicendo a se stessa che era per paura ma, in verità, per non guardare Draco e scoprire nel suo sguardo qualcosa che non desiderava vedere, qualcosa che non desiderava conoscere: la sua morale – la sua altissima morale – andò al diavolo. Le labbra del giovane, che aveva assaporato già due volte, erano però diverse da come le ricordava. La prima volta aveva oppresso con la mente quella che era la realtà, nel secondo caso l’alcool le aveva annebbiato la mente più del necessario. Adesso, invece, non c’era alcuna barriera in quella connessione, solo loro due. Il suo corpo si inarcò, per una reazione involontaria, stringendosi a lui, mentre le sue mani forti – pur ferite – la intrappolavano nella gabbia di un delicato abbraccio. Percepì il suo respiro caldo, suadente, rassicurante invaderle le membra e quando, ormai prima di timore, dischiuse le sue labbra ancora di più, permettendogli di entrare, capì di essere perduta per sempre.

La sua lingua si impadronì di quella di lei, i suoi capelli che gli sfioravano le mani e le braccia, il suo corpo che si inarcava alla sua stretta, al suo tocco, e quel sapore così ammaliante, quasi come una droga. La baciò con ancora più ardore, senza temere di poterla spaventare o di invadere troppo quel limite che sentiva, ancora, di non poter varcare: la teneva così stretta che nemmeno volendo lei avrebbe potuto liberarsi. E lui, di sicuro, non glielo avrebbe concesso. Solo nello stringerla a se si era reso conto di quanto l’avesse voluto, di quanto quel doppio rifiuto fosse stato quasi un incentivo a provare, a non demordere e a perseguire quell’obbiettivo. Sentì le mani della giovane sul proprio volto e, quasi senza pensarci, porto le proprie a quello di lei, sentendola gemere e sottrarsi alla sua stretta, quasi di riflesso.

Aveva completamente dimenticato che fosse ferita, anzi non l’aveva proprio vista “ferita”, aveva altro per la mente. Si sentì sciocco, anche perché adesso fronteggiava sicuro lo sguardo della strega, che lo fissava con occhi increduli ma anche impauriti. «Cosa c’è? – chiese infatti, quasi come un bambino – Non vorrai dirmi che..»

«No! – si affrettò a borbottare lei, intuendo al volo la sua insinuazione – Non mi hai costretto.. non direi mai.. no, insomma.. però.. io e te.. non.. non..»

«Non cosa, Granger? – mugulò piano, avvicinandosi ancora, stavolta le mani che la tiravano per i fianchi – Stai correndo il rischio per una volta e ti freni? Perché?»

«Perché.. perché..» Le sue proteste diventavano più lievi ad ogni centimetro diminuiva la distanza fra i loro volti, finchè con un gemito non decise di lasciar stare le scuse e fu lei ad avventarsi sul volto del biondo, prendendo il suo viso fra le mani. Si, aveva ragione lui, del resto. Nel momento esatto in cui le loro labbra si erano sfiorate aveva sentito che qualsiasi dubbio o preoccupazione, tutto quello che l’aveva assillata fino a qualche istante prima, era svanito nel nulla, sostituito dalla certezza di avere, per una volta, una colonna solida a cui appoggiare il tetto della propria casa, una catena ferrea con cui legare la nave al porto. Si era sentita apprezzata, addirittura amata, anche se era ben consapevole che un sentimento come l’amore andava ben oltre i limiti del possibile, in quella situazione e in una simile circostanza. Ma lui l’aveva baciata, e finalmente l’aveva guardata con quegli occhi, esattamente quegli occhi che lei bramava, quegli occhi di accettazione e comprensione che non avrebbe mai pensato di cogliere nel suo sguardo. Lo sguardo di un Malfoy.

Se anche avesse voluto bloccare l’istintivo calore che le stava crescendo nel petto, non lo fece, ma neppure ci sarebbe riuscita altrimenti. Non aveva mai provato nulla di così travolgente, così passionale nello stare vicina ad un uomo. Con Ron era stato bello, certo, innegabilmente bello, eppure era stata qualcosa di strano, dettato dalla conoscenza dell’altro oltre i limiti, dagli undici anni di età, in cui ai giochi e ai cani a tre teste si erano, mano mano, sostituiti giochi tra adulti e cose più intime e private. Non sempre però questo passaggio risulta indolore come lo si descrive. Essere la fidanzata del tuo migliore amico, dopo 7 anni di litigi e battibecchi, non è qualcosa che passa inosservato.

La mano di Draco corse rapida fino alla sua coscia, stringendola, quasi in un impeto involontario, che ancora le fece emettere un mugolio e lanciare la testa all’indietro: ad essere scorticata potrà essere stata anche solo la sua faccia ma, nel complesso, di lividi ne aveva un po’ dappertutto. Eppure non si scostò, lasciando che le labbra esperte del giovane scorressero sulla sua guancia, fino ad arrivare al suo collo e all’incavo del suo seno. Solo lì, quando quel tocco così piacevole divenne anche incredibilmente intimo, si rese conto di non essere pronta, non tanto fisicamente quanto moralmente. Fece pressione con le mani, tentando di allontanarlo, ma lui non parve accorgersene, almeno non finchè lei, ormai del tutto passiva, non lo chiamò per nome. Con rammarico, il giovane alzò gli occhi su di lei, alzando in contemporanea le mani e liberandola, in segno di resa.

Lei, ancora rossa tentò di sistemare il top grigio e il pantalone, sgualciti e bagnati, e quindi lo guardò di sottecchi, ansante dal recente contatto. Lui ne parve quasi divertito: non solo capiva il perché lo avesse respinto ma addirittura gli veniva spontaneo sorridere di quella motivazione. Lo stava respingendo perché lo desideravaardentemente. Oh, mente contorta di una giovane Hermione Granger, Gryffindor fino al midollo! Non avrebbe venduto neppure un briciolo della sua morale!!

«Dobbiamo.. ehm, dobbiamo proseguire – tentò lei, con voce bassa – Altrimenti..»

«Si. Certo.. – mormorò scettico lui – Dobbiamo andare, capito.» Alzatosi le tese la mano, aiutandola ad alzarsi a sua volta, senza smettere mai di guardarla. Quando la vide rendersi conto di quello sguardo indagatore e arrossirne, si concesse un ultimo sorriso: era sua. Avrebbe avuto migliaia di ragioni per trattenerla, per impedirle di alzarsi ma, come un galantuomo, si decise a non usarne nessuna: non che non potesse o non volesse, semplicemente il pensiero della sua confusione e del lungo tempo che avrebbero avuto per stare soli, a casa, una volta tornati, lo raddolcì nel non insistere.

La ragazza, dal canto suo, preferì non indagare e fingere come se niente fosse, come se non fosse successo nulla: comodo, anche utile alla concentrazione, per certi versi. Draco fece qualche passo avanti, deciso a vedere cosa ci fosse dietro l’angolo, dato che la sola uscita dalla sottospecie di stanza in cui si trovavano era quella. Avrebbe voluto, sì, ma nel preciso istante in cui tentò di guardare oltre, una barriera lo respinse all’indietro, mandandogli una sorta di scossa elettrica, nemmeno tanto potente ma decisamente fastidiosa. Imprecò, guardando corrugato la barriera, fino a poco prima invisibile, che diventava azzurrina, quindi veniva percorsa da piccole scariche giallognole e bianche e, di nuovo, scompariva come se nulla fosse. Era una trappola. Il guaio era che, come aveva dimostrato già prima, non potevano usare la magia per andarsene e quella era l’unica via di fuga. Hermione osservò basita Draco saltare all’indietro e quindi imprecare contro la barriera azzurrina che, dopo qualche istante, scomparve di nuovo senza lasciare traccia. Ecco, ci voleva proprio questo: un nuovo mistero da risolvere che le tenesse la mente occupata e le impedisse di pensare.. no, non adesso. Ok, barriera. Come si distrugge una barriera di energia?

«Bombarda!» Gridò, utilizzando l’incantesimo più logico che le venisse in mente. Non accadde nulla, anche se potevano esserne sicuri soltanto in un modo: la mora avrebbe voluto sporgersi e protrarre la mano nel vuoto, verificando così se il suo incantesimo avesse avuto effetto, ma il biondo la precedette, ricevendo una scarica non dissimile da quella precedente. La guardò, quasi con sguardo spazientito: non sapeva fare di meglio?

«Stupeficium! Abruptum ostaculum! Destruo!» Offesa nell’orgoglio, quasi ferita dallo sguardo che il giovane le aveva rivolto, si era insuperbita nel lanciare incantesimi a raffica, uno più potente dell’altro, uno più micidiale dell’altro. Conosceva tanti tipi di barriera, alcune anche segnate da un Elemento naturale, fuoco o aria per esempio, ma l’elettricità non rispondeva esattamente alla categoria elementi e, stranamente, non era tanto facile da abbattere. Era qualcosa che, suo malgrado, non aveva mai affrontato, e peggio ancora non sapeva come affrontare nemmeno ora. Con il petto che si alzava irregolare, il fiato corto, alzò di nuovo la bacchetta, ma una mano tanto candida quanto forte la bloccò, mentre la figura di Draco le si parò davanti.

«Ok, adesso basta. Sferrando incantesimi senza senso non riuscirai a risolvere il problema. Calma, adesso ci sediamo e ne parliamo.. vuoi?»

«NO! – gridò lei, divincolandosi e scansandolo di lato -  Consumptum planum! Destruo

La barriera, quasi a divertirsi di quegli sforzi inutili, brillò ancora una volta della sua luce azzurrina e, come se niente fosse, scomparve. La voce infuriata della Gryffindor risuonò in tutta la caverna. Era proprio testarda, dovette ammettere il giovane che, nel frattempo, dimostrando molto più buon senso e autocontrollo, si era seduto per terra, giocherellando con la bacchetta. La mora, suo malgrado, si costrinse a seguire il suo esempio, incrociando furiosa le gambe e le braccia al petto, lo sguardo fisso davanti a sé.

«Non è colpa tua.. prima o poi troveremo il modo di..»

«Non.. – lo interruppe lei, prendendo un sassolino e scaraventandolo contro l’invisibile barriera – dirmi che troveremo un modo di farcela. Se i miei incantesimi non funzionano ci sono soltanto due ragioni. Uno: questo incantesimo è tanto potente da non aver mai visto un contro-incantesimo. Due: le mie conoscenze non arrivano a superare questa magia.»

Allora era di questo che si trattava? Capì di essere stato superficiale nel valutare la sua reazione: non era semplicemente arrabbiata per non essere riuscita a superare quel confine, era arrabbiata molto di più con se stessa perché pensava di non esserne all’altezza. Con molta delicatezza tentò di posarle una mano sulla spalla, consolandola: da quando aveva questi istinti protettivi, poi? Fu, comunque, un tentativo vano, dato che la giovane si sottrasse a quel tocco come ad un calderone bollente e si rifugio dall’altra parte della stanza, contro il muro opposto. Lui sospirò, seguendo il suo esempio e prendendo a sua volta a lanciare sassolini contro il nulla. Si era esaltato tanto nel rendersi conto che la ragazza provava nei suoi confronti lo stesso desiderio e lo stesso sentimento che anche lui percepiva, ma la portata di quel sentimento e di tutto quello che implicava ancora, doveva ammetterlo, non l’aveva valutata.

Certo, la Granger restava di fatto una ragazza molto bella, era innegabile, con un corpo magro e asciutto, un volto da incorniciare e una pelle vellutata. Ma poteva gestire anche quello che quel corpo nascondeva? Poteva farcela a sopportare e a gestire la vera Hermione Granger? Il silenzio che dopo un po’ era l’unico rumore rimasto in quell’angusto buco cominciò a deprimerlo, così come le pietruzze rimandate indietro dalla barriera, che illuminava per qualche attimo col suo bagliore azzurrognolo l’anticamera. Si decise che, dopotutto, dire qualcosa non sarebbe poi stato tanto grave.

«Ascolta. Forse..» «Silenzio, Malfoy, sto pensando..»

«E non potrei essere reso partecipe di quello che stai pensando? – chiese spazientito lui – O adesso non mi dirai nulla a causa di quello che è successo?»

«Quello che è successo – sibilò lei, tanto da fare quasi paura – adesso c’entra meno di niente.. ma grazie per avermelo ricordato, dico davvero. Adesso si che posso pensare a mente lucida!»

Si decise a lasciar cadere il discorso, dato che era evidente che non sarebbe arrivato a farle dire nulla e lui, a sua volta, non avrebbe proferito parola che non rischiasse di farla scattare come una molla. Continuò a lanciare sassi, lo sguardo perso nel vuoto, finchè non la sentì esclamare qualcosa e saltare in piedi come una Puffola Pigmea. «Come hai fatto?»

«Fatto.. fatto cosa? – chiese, stordito – Di che cosa stai parlando?»

Lei, un sorriso a trentadue denti a illuminarle il volto, tese la mano nel vuoto, contro la barriera, prima che lui potesse bloccarla. Non accadde nulla. Con lo stesso sorriso, la mora fece un passo avanti e toccò il muro che avevano di fronte, lo stesso che fino a qualche istante prima sembrava irraggiungibile. Incredulo, la seguì.. non accadde nulla nemmeno a lui, tanto che per sicurezza si toccò il torace e la faccia, giusto per assicurarsi di non essere un fantasma o di non stare sognando. «Come hai…?»
«Le pietre.. mentre tu non te ne sei accorto hanno smesso di rimbalzare e hanno cominciato ad attraversare lo spazio come se fosse vuoto. La barriera è come.. come se fosse sparita..»

«E non ti pare strano – indagò circospetto lui, guardando il corridoio che adesso avevano davanti, illuminato da altrettante torce – che sia scomparsa all’improvviso?»

«Non essere ridicolo. Non può essere scomparsa tutto d’un tratto! Il Guardiano ha semplicemente deciso di toglierla..»

«..e perché..?»

«Oh, tu e le tue domande! Parla di meno e cammina di più. Bacchetta alla mano e seguimi.»

Senza perdersi in ulteriori chiacchiere, la mora assunse il ruolo di “lucciola guida”. Scattando in avanti, mossa in parte dall’impazienza e in parte dall’adrenalina. Certo, non era merito suo se la barriera era scomparsa, come per magia – anche se non era propriamente l’espressione giusta da usare – ma era come se lo fosse eDraco, dal canto suo, pensò bene di non contraddirla in questo minimo particolare, dato che da quando si erano baciati si stava dimostrando più irascibile del solito. Come c’era da aspettarsi, nemmeno stavolta il percorso fu facile e privo di ostacoli: seguendo Hermione, che incedeva a passo di marcia, di trovarono ben presto ad un bivio.

«Sinistra.» - esclamò convinta lei, girando all’istante.

«Perché scusa? – intervenne lui, indicando il cammino che si snodava dritto – Non sarebbe più facile andare avanti?»

Lei lo guardò per qualche istante, l’espressione corrugata, quindi fece semplicemente spallucce e proseguì sul cammino che aveva deciso. Naturalmente era una decisione che non ammetteva repliche: se lui voleva dissentire, lei non l’avrebbe di certo fermato, questo no, ma nemmeno avrebbe seguito il suo stesso percorso. Del resto, era inevitabile che dovesse dimostrare di avere ragione, in un modo o in un altro. Se lui si ostinava ad opporsi, buon per lui, non solo avrebbe dovuto seguire il cammino da solo ma senza neanche la sua protezione, che in più di un’occasione gli aveva salvato la vita. Sospirò, arrendendosi. Non era da lui arrendersi, certo, anche perché difficilmente dava spazio a qualcuno di mettergli i piedi in testa, ma non era quello il caso. Adesso, da abile calcolatore che era, riteneva che il modo migliore per rimanere vivo non era solo seguire Hermione Granger ma, ancora più importante, evitare di contraddirla: due bolidi con una mazza, come si suol dire.

Non fu tuttavia il primo ostacolo: dopo un paio di creaturine non particolarmente amichevoli, che non aveva per altro mai visto, neutralizzate prontamente da un incantesimo non verbale di Hermione, si trovarono ad un nuovo bivio, dove ancora una volta la decisione spettò alla ragazza – come avrebbe potuto essere altrimenti – e quindi imboccarono la strada di destra: era una sorta di curva infinita, tutta in salita, stretta e per questo terribilmente afosa. Dopo un paio di minuti, che diventarono ore, si chiese se avrebbe mai avuto fine. Si fermarono per qualche istante e per tutta la sosta la mora rimase seduta rigida contro il muro, la bacchetta in mano e l’espressione dura sul volto. Certo che, se l’avesse previsto, avrebbe evitato di baciarla prima di tornare a casa. Ma ormai era fatta.

Una volta raggiunta l’uscita di quel corridoio lunghissimo, non c’era nulla di sorprendente nel ritrovare l’ennesimo bivio. La mora ci pensò un po’ di più, questa volta, mentre le sue sopracciglia assumevano un’angolazione piuttosto buffa; ma anche questa volta, niente di più niente di meno, prese la scelta a modo suo: Draco o la sua opinione erano irrilevanti. Certo, anche la sua di sopportazione era al limite, ma riteneva molto più saggio non iniziare discussioni che, almeno nelle attuali circostanze, non sarebbe stato in grado di portare a termine in maniera civile. La Granger, in fondo, era una donna e anche se quel genere di donna lui non era abituato a trattarlo, si stava dimostrando una sfida molto più divertente e difficile del previsto: stranamente, invece di scoraggiarlo, come una scopa montata male e bizzarra, che si abbandona dopo la prima cavalcata, tale sfida lo eccitava e lo spronava ad andare avanti; del resto una buona scopa sarà sempre ottima, ma una domata sarà impareggiabile.

«Vicolo cielo, dovevamo andare a sinistra.»

I suoi pensieri l’avevano distratto tanto che non si era reso neppure conto del vicolo cieco. Incrociò le braccia sul petto, guardando la strega. Lei, in tutta risposta, ostinatamente chiusa nel suo silenzio, lo ignorò, passando oltre, o per lo meno provandoci: il corpo del giovane, per quanto poco muscoloso e non eccezionalmente massiccio, in quell’angusto spazio era sufficientemente grande da bloccare il passaggio. La strega inarcò un sopracciglio. «Dobbiamo restare qui?»

«No, solo se ti scusi per il modo.. pazzo in cui ti stai comportando e mi prometti di consultarmi prima di prendere una decisione.»

«Mi stai ricattando? Ti ricordo che..»

Se voleva proprio metterla in questi termini: era galantuomo e quant’altro ma anche la sua, di pazienza, arrivava fino ad un certo limite, ed adesso l’aveva oltrepassato. Doveva capire che solo perché pensava di avere un qualche potere su di lui per quello che era successo non necessariamente lo aveva, doveva capire che erano in due, come in quella missione così in un’ipotetica relazione. Con questo non intendeva porre le “grate da troll iniziali”, come le chiamava sua madre, quelle che bloccavano una relazione nell’eterna subalternità di un individuo rispetto all’altro, soltanto riteneva giusto chiarire quel punto. «..e io, Granger, ti ricordo che qui ci siamo io e te, Hermione Granger e Draco Malfoy. Si, proprio io. Puoi impazzire quanto ti pare e fare la svitata, non me la bevo, e non intendo andare oltre e tollerare questo comportamento se non ti calmi e mi prometti di lasciare i sentimenti fuori da questo.. posto! Sei sempre stata la prima a ribadire che questo era un lavoro, e com’è che si dice? Tenere separata la vita privata da quella professionale? Bene. Adesso siamo nell’ambito di quest’ultima e io, tanto per cambiare, sono il tuo capo, non un burattino che può e deve seguirti dovunque tu voglia. Non pensare di avere un qualche diritto su di me, Hermione. Non ti si addice e sbaglieresti in partenza. Chiaro?»

La ragazza, il mento alto e gli occhi luccicanti di lacrime di rabbia, annuì con un cenno brusco del capo, quindi gli indicò la strada con gli occhi e lui, facendo un passo indietro, le diede modo di passare. Si, va bene, aveva ragione lui, ma non l’aveva fatto deliberatamente! Insomma si sa che l’orgoglio di una donna è l’ultima cosa che va ferita e lei, oltre all’orgoglio, aveva anche un forte senso della morale e della distinzione tra giusto e sbagliato: adesso non ce l’aveva con lui per quello che era successo, era con sé stessa ad avercela. Come aveva potuto cedere così facilmente? Per Merlino! Tutte le sue inibizioni erano saltate in aria, ogni buon senso era andato a farsi benedire mentre il calore del tocco di Malfoy la accendeva come una pietra focaia? Non ce l’aveva con lui e si rendeva solo adesso conto che lui, da uomo qual’era, non era arrivato a capirlo: lei ce l’aveva solo ed unicamente con se stessa, per non essersi fermata e per aver ceduto ad un istinto irragionevole e ingannevole, oh lo era eccome! Ogni sua mossa, sempre, era stata calcolata sulla base di prove precise, era sempre stata progettata o almeno valutata, ma con lui no. Il pensiero dei due baci precedenti era stato talmente difficile da gestire che aveva deciso semplicemente di non pensarci, sperando di non ricapitare più in una simile situazione. La prima volta era stato lui a volerlo, la seconda anche lei ci aveva messo del proprio, ma stavolta.. oh, stavolta avevano fatto le cose in grande! Due su due, entrambi con le loro mani e le loro bocce e la lingua.. ah, doveva smetterla di pensarci. Come aveva tentato di fare, senza che Draco ovviamente arrivasse a capirlo, doveva concentrarsi sulla missione e su null’altro, focalizzare la meta davanti a sé ed inseguirla, lasciando che la preoccupazione e al contempo il ragionamento le invadessero la mente.

In men che non si dica tornarono all’ultimo bivio e svoltarono nella strada precedentemente scartata. Era più larga, stavolta, e decisamente più comoda, tanto da poterci camminare in due, l’uno al fianco dell’altra, come stavano facendo anche loro.

«Perché pensi che Nukter sia scomparso a quel modo? – chiese il ragazzo, interrompendo il silenzio, quando era evidente che la strada non sarebbe stata meno breve di quella precedente – Insomma.. è strano..»

«Ci ho pensato, e parecchio anche..» Non avevo dubbi che l’avresti fatto. «..e sono giunta ad una conclusione. TI ricordi quando la barriera non svaniva sotto alcun incantesimo e poi è semplicemente evaporata, senza un motivo? Ti sei chiesto il perché?»

«L’hai detto tu.. – ricordò confuso lui - ..era stato il Guardiano a volerlo.»

«Esatto. E non ti sei chiesto come mai ci siamo materializzati qui? Insomma, sono certa che quando ci hai portati via di lì non pensavi a questa caverna..»

Non le aveva detto questo dettaglio, aveva preferito ignorarlo e poi non ne aveva avuto nemmeno il tempo, dato che le spiegazioni erano state soffocate dai loro baci. Però era vero: quando l’aveva portata via da Nukter e dalla sua dimora non pensava ad un’altra caverna, pensava a casa e il non arrivarci l’aveva parecchio disorientato, all’inizio. Il suo sguardo sorpreso fu per Hermione una conferma che la spronò a proseguire.

«Beh, quindi in sostanza ci siamo materializzati qui perché.. ho due teorie a riguardo. Sai, mi piace avere un’alternativa. Così, o Nukter sapeva che saremmo finiti qui, e ci ha indirizzati lui a questo posto, o più semplicemente c’è una sorta di passaggio obbligatorio da lì a qui. Mi ha accennato ad una sorella… mezza svitata? E se questo fosse il loro giochetto? Una promozione speciale.. prendi due paghi uno..»

«Non ti seguo..» «Sono collegati! E’ così evidente! Ci ha lasciati andare perché sapeva che l’avremmo rincontrato proprio qui, in questo luogo. Altrimenti non sarebbe stato tanto sprovveduto.. no?»

Non faceva una piega. «Dici?»

«Si, Malfoy, dico, quindi andiamo avanti e finiamola con le chiacchiere.» Il fatto che avesse preso coscienza del fatto che doveva essere meno aggressiva nei suoi confronti non significava di certo che dovevano rammollirsi, nel frattempo: la produttività e la velocità erano ancora il requisito essenziale per la buona riuscita di una missione, quindi dovevano fare tutto tranne che fermarsi o perdere tempo.

Procedettero avanti ancora per qualche ora, ormai stanchi e sempre meno convinti della speranza che quel percorso potesse portare, effettivamente, da qualche parte. Ma dovevano andar avanti, glielo imponeva il senso di colpa da una parte e la voglia di ritornare a casa dall’altro: a pensarci bene, dopotutto, erano concetti antitetici, ma inevitabilmente l’uno presupponeva l’altro. Dovevano trovare il metallo per uscire fuori di lì, ed era vero, ma una volta tornati il pensiero di Daphne li avrebbe oppressi, di nuovo, senza una missione suicida e pericolosa a fare da salvagente. Che situazione schifosa era quella, dopotutto.

Tra la gioia e il rammarico fu proprio così che trovarono l’uscita di quella lunga e tortuosa galleria. Arrivarono in una sorta di stanza irregolare, con pareti più piccole e più grandi, ma non scolpite naturalmente ma modellate dall’uomo – o da qualcos’altro – in forme piane, conferendo alla stanza quel vago sentore di sospetto ma anche affascinante. Il luogo in cui dovevano arrivare, tuttavia, non era quello. Il centro della stanza, infatti, si trovava molto più in basso rispetto a loro: le pareti, dal livello dei loro piedi fino a qualche metro più in basso, erano costituite da scale scoscese che, presumibilmente, dovevano essere percorse per arrivare fino alla “botola”, anche se era riduttivo chiamarla così. Il piedistallo al centro esatto di quella complessa struttura, ravvivata dalle medesime fiaccole che avevano accompagnato il loro intero cammino, era a forma di stella, con al centro un forziere non dissimile da quello da cui Draco aveva sottratto il metallo sotto il naso di Nukter. Solo che, stavolta, non era acqua quella che lo avvolgeva, si trattava di fuoco, a prima vista: ok, primo punto da considerare per non perdere l’uso di una mano, ricordare la differenza nitida tra acqua e fuoco, tanto per cominciare.

Non notarono subito di essere in compagnia, anche perché Liliat emerse con calma glaciale dai loro piedi, o meglio dalla parete ai loro piedi. Si trovarono davanti una fanciulla, bellissima, quasi una dea per l’aspetto, con un sorriso talmente gentile e premuroso da far dimenticare per una frazione di secondo il suo ruolo lì. Era vestita con un vestito semplice, fatto di strati e strati di tulle, lilla e nero, con perline sparse qua e là e un lungo pendente al collo – che Hermione notò subito per una familiarità impressionante con uno dei suoi gioielli, rinchiusi al sicuro in un cofanetto di Malfoy Manor. I capelli, ondulati e castali, erano posati con gentilezza sulle spalle, mentre le mani erano incrociate ad angolo retto dietro la schiena.

Non guardava loro, tuttavia, ma una figura che emerse a poco a poco dall’ombra alla loro sinistra: Hermione scattò subito in difesa e Draco fece altrettanto, si trattava di Nukter. Non avevano sbagliato a giudicare sospetta la facilità con cui erano fuggiti dalla precedente caverna, visto soprattutto che adesso dovevano affrontare non più uno ma ben due Guardiani, tutti e due in una volta. Il fratellino si era dimostrato un grandissimo idiota e particolarmente sensibile al fascino di Hermione ma, a meno che anche Liliat non avesse inclinazioni verso il suo stesso sesso, non c’era speranza nel confidare in un comportamento simile. I due si prepararono a combattere.

«Ma insomma, fratellino! Mi avevi fatto capire che sarebbero arrivati due guerrieri forti e valorosi e tu mi chiami valorosi questi? Non ho nemmeno bisogno di posare il mio sguardo su di loro per rendermi conto della loro inferiorità.. e non mi dire che la bellezza della strega giustifica la tua infatuazione.. mi hai tradito! Ma avremo tempo per discuterne..»

Da quelle poche parole era già evidente chi fra i due teneva le redini, in quel rapporto.

«Forse però, sorella, dovresti guardarli. Altrimenti come valuterai..»

«Oh, va bene, va bene!» Puntò i suoi occhi verdi su di loro, lasciando che il suo sorriso si illuminasse di più, e il calore della stanza parve aumentare a dismisura.
 





Spazio autrice ù.u

Ma salve. Vedo di avervi mandato in tilt con il finale del capitolo precedente – almeno suppongo sia così per via delle email minatorie/disperate che alcuni di voi mi hanno mandato. Beh, ne sono lusingata, vedo di aver toccato la vostra fantasia, e mi fa davvero piacere. Questo capitolo, a differenza del prossimo, è davvero il mio orgoglio: mi piace come è strutturato, com’è scritto e, soprattutto, quello che vi succede, suppongo capiate a cosa mi riferisco.

Naturalmente la scena di Draco e Hermione che, dopo essersi fatti da crocerossina a vicenda, finalmente, direi io, capiscono che se vanno avanti così si faranno saltare i nervi a vicenda, quindi finiscono con il concedersi quel meritato momento che, suppongo, tutti voi steste aspettando. Come mi pare già di aver detto, non c’è due senza tre: naturalmente c’è un chiaro ed evidente paragone con quei due baci precedenti, suppongo non sia difficile da vedere e capire. Entrambi lo vogliono, lo desiderano ardentemente. E finalmente si concedono anche il lusso di dimostrare all’altro ciò che provano davvero. Non è fantastico?
Vi avevo promesso, e lo ricordo bene, una spiegazione su Liliat e Nukter, naturalmente è giusto darvela. Come avete potuto notare dalle brevissime battute della giovane, è lei quella che comanda, è lei che è quella che tiene le redini del rapporto. Ancora, dite voi, non è chiaro quale sia il loro “modo di essere”, dato che risulta essere pressoché ambiguo, ma tenterò di spiegarvi. Questi due guardiani non sono come gli altri: sono fratelli, si amano fra di loro, in modo ambiguo e sinistro, e quasi nulla al di fuori di loro può interessarli. Un’eccezione è costituita dalle infatuazioni, come è già accaduto e come accadrà anche con Draco, ma non è altro che una spinta per il loro rapporto, in modo da potersi punire, giocando così al gatto e al topo, e ritornare al solito stato di cose. Naturalmente sorprende subito che non siano assassini e pronti a dare la vita per i Metalli: è vero, a loro non interessa praticamente nulla dei metalli. A differenza di Gonos, e ancor più di Syfil, vedono il loro ruolo come un peso, un qualcosa da cui evadere, motivo per il quale hanno intrapreso questa incestuosa relazione. E’ inoltre evidente che non costituiscono “materialmente” una minaccia, ma anche questo è vero solo in parte: potranno non voler uccidere i due compagni in maniera brusca e diretta, ma possono comunque ostacolarli. Inoltre, punto che vi lascio su cui riflettere, decisamente sono succubi di Gonos, nel senso che è una sorta di loro “capo” o meglio supervisore: al posto di Syfil io non lascerei due tizi del genere a fare la guardia per conto loro, voi si?

E so anche che adesso mi starete lanciando maledizioni per via del finale brusco e interrotto: non potete perdonarmi per la scena Draco/Herm? No? Beh, vi rassicuro su un punto, anche se potreste non capire le mie parole, adesso: non vi dico quello che succede dopo perché, per i protagonisti, effettivamente, non succede. So che non state capendo, ma potete presupporre sempre qualcosa.. provateci ;)
Per il resto grazie ancora a chiunque segua la mia storia, a tutti coloro che trovano il tempo di recensire – perché fa davvero piacere leggere i vostri suggerimenti/commenti/apprezzamenti – e vi lascio al vostro sabato, sperando che sarà migliore del mio.
Un bacio a tutti, K =)

 

   
 
Leggi le 11 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: _Dubhe