Capitolo
7 – Amicizia
Il
tempo non ruota in cerchio, ma avanza veloce
in linea retta. È per questo che l’uomo non
può essere felice, perché la
felicità è desiderio di ripetizione.
(Milan Kundera, L’insostenibile
leggerezza dell’essere)
Gennaio 1979
“James,
andiamo, convincili tu
che le mie condizioni di salute sono ottime. Io voglio andare a
casa”,
bofonchiò Sirius, sbattendo i pugni sul letto con un
infantilismo estremamente
consapevole.
Ne
aveva abbastanza di restare
chiuso nelle quattro mura del San Mungo.
“Non
credo di essere nella
posizione adatta per oppormi alle decisioni di quelli che comandano
qui,
spiacente, Pads”, si scusò James in tutta
risposta, e Sirius dovette fare uno
sforzo molto grande per non mettersi a urlare. Neppure il suo migliore
amico
muoveva un dito per aiutarlo, dannazione.
“Sei
veramente una carogna
infame”, sibilò, coprendosi con il lenzuolo fin
quasi sopra i capelli. James
scoppiò a ridere sonoramente.
“Spiegami,
qual è il tuo grande
problema? Ci è andato Remus a dare da mangiare al
gatto”.
“REMUS?!”
“Sì,
si è offerto volontario ieri
sera, quando l’ho incrociato qui fuori, così ho
lasciato che se ne occupasse
lui…”
“...E quando sarebbe stato qui?”
“Sirius,
l’ho appena detto. Ieri
sera”.
“Impossibile.
Io non l’ho visto”.
“È
perché stavi già dormendo
della grossa. Credo che tu abbia leggermente perso il senso del tempo.
È
passato a vedere come stava Lily, siamo rimasti nella sua stanza a
chiacchierare un po’ e poi l’ho accompagnato qui,
ma nemmeno le cannonate ti
avrebbero svegliato”.
“Ah.
Certo. Capisco”.
Quindi
Remus era venuto a
trovarlo. Si era vagamente preoccupato della sua salute, dopo che si
era preso
quell’incantesimo in pieno petto per salvarlo. E non
perché fosse stato
disarmato o messo alle strette, oh, no. Il signorino si era
semplicemente
distratto a guardare per aria, nel bel mezzo di una battaglia. Davvero
una
mossa astuta da parte sua.
Per
una fortunata coincidenza in
quel momento Sirius aveva gli occhi fissi su di lui, perciò
aveva potuto
intercettare con precisione l’attacco del Mangiamorte.
Ma
come minimo si aspettava dei
ringraziamenti per questo.
Non
che l’avesse fatto per un
tornaconto personale, no di certo. Ma almeno, in quel modo, Remus non
avrebbe
più potuto evitare di rivolgergli la parola. Era
praticamente costretto a
farlo, non c’era via di scampo. Così avrebbe
risparmiato a lui l’oneroso
compito di andare a cercarlo per chiarire una determinata faccenda
ancora non
risolta.
Aveva
aspettato per giorni
quell’occasione, che fino a quel momento non era mai
arrivata. Non aveva preso
in considerazione neppure per un secondo l’idea di essere lui
a prendere
l’iniziativa, risparmiando così tempo ed energie,
perché non appena ci
ripensava la vergogna lo faceva sprofondare metri e metri sotto terra.
Ripensare
a ciò che aveva sentito e provato quel giorno era
assolutamente imbarazzante,
figuriamoci tirare fuori l’argomento in una conversazione con
Remus. Certo, era
rischioso continuare su quella strada. Prima o poi James si sarebbe
accorto che
qualcosa non andava perché, per quanto fosse estremamente
assorbito dalla sua
nuova vita coniugale, Prongs si guardava sempre attorno. Non gli era
mai
sfuggito nulla, neppure quando, negli anni di scuola, non faceva altro
che
nominare Lily. Sembrava sempre essere con la testa fra le nuvole, ma
bastava
poco per rendersi conto che in realtà non era
così; anche i professori avevano
dovuto fare i conti con questo errato giudizio. Molti ci avevano messo
del
tempo per capacitarsi di come quel ragazzino che sembrava perennemente
distratto riuscisse a rispondere ogni volta in maniera corretta ad una
loro
domanda.
Anche
quelle volte in cui
decidevano che non avevano nessuna voglia di seguire e per passare il
tempo si
mettevano a raccontare barzellette a Peter o a dare fastidio a Remus,
che
puntualmente si sforzava il più possibile di ignorarli per
non dar loro
soddisfazione, ma senza alcun successo.
Indubbiamente
James aveva
ricevuto una buona istruzione magica fin da piccolo, grazie ai genitori
che
l’avevano cresciuto come una specie di bambino prodigio. Ma i
suoi eccellenti
risultati a scuola non erano un semplice vivere di rendita.
Insomma,
l’idea che il suo
migliore amico si rendesse conto di qualcosa lo terrorizzava.
Già l’altra
notte, durante la missione, era stato difficile. Un paio di volte era
stato
inevitabilmente costretto a rivolgere la parola a Remus e aveva dovuto
recitare al massimo delle sue capacità per farlo con un tono
di voce e
un’espressione normale. Lui era stato altrettanto bravo, ma
James lo era di
più. Un giorno o l’altro, gli avrebbe letto nel
pensiero. Ne era certo.
Doveva
pensare a cosa dire, a
come affrontare Remus. Ormai era certo di avere la vittoria in pugno,
non
avrebbe potuto fare a meno di fronteggiarlo in maniera diretta senza
che fosse
lui a doverlo rincorrere. Ma Sirius voleva essere pronto. Non poteva
lasciarlo
parlare, perché altrimenti Remus l’avrebbe fatto
arrabbiare e avrebbero finito
per litigare irrimediabilmente. No, stavolta doveva fare la persona
matura.
Doveva essere lui a gestire il tutto e doveva farlo in maniera rapida
e
indolore.
“Sirius?”
Si
voltò verso James,
riaffiorando di colpo dal baratro dei suoi cupi pensieri.
L’amico lo guardava
con aria interrogativa.
“Sì,
scusa, sono ancora un po’
stordito. Dicevi?”
“Dicevo
che sto andando a casa a
farmi una doccia, è dall’altro ieri notte che non
mi schiodo da qui. Mi hanno
detto che Lily dovrebbe svegliarsi in mattinata, l’effetto
delle pozioni
sedative ormai dovrebbe essere terminato. Fai un salto a vedere come
sta,
magari”.
“Oh,
sì… sì, certo, non ti
preoccupare. Ci penso io”.
“Grazie,
Pads. Torno fra poco”.
Osservò
la figura smilza di James
dileguarsi in pochi secondi, attraversando l’uscio della sua
stanza con una
rapida falcata. Doveva fare in fretta, se davvero non voleva che
iniziasse a
sospettare qualcosa.
*
Lily
si era svegliata da pochi
minuti quando sentì bussare inaspettatamente alla porta.
James
le aveva lasciato un
biglietto sul comodino per informarla che sarebbe passato fra un paio
d’ore,
perciò non aveva idea di chi potesse essere.
“Avanti”,
disse, in ogni caso.
Rimase
piuttosto sorpresa nel trovarsi
davanti nientemeno che Sirius Black in persona.
“Che
ci fai tu qui?” domandò,
aggrottando la fronte. Sirius esibì un’espressione
scontenta.
“E
va bene, va bene, me ne vado”,
borbottò, facendo per uscire.
“Ma
che dici? Puoi entrare, ma
non capisco…”
“Beh,
sono ricoverato qui
anch’io. Immagino che James non abbia fatto in tempo a
dirtelo, ieri notte,
quando ti sei svegliata”.
“No,
hai ragione. Credo di aver
aperto gli occhi per poco più di trenta secondi”.
“Capisco”.
Si
osservarono in silenzio, per qualche
secondo. Quale che fosse il motivo, Lily non si sarebbe comunque
aspettata che
proprio Sirius la venisse a trovare. Tra di loro, quando lei e James
avevano
cominciato a uscire insieme, non era esattamente nato un rapporto
idilliaco.
Per una serie di pregiudizi e circostanze non favorenti, si erano
trattati con
indifferente causticità fino a quando, un giorno, il
signorino Black doveva
essersi reso conto di aver esagerato con l’astio
ingiustificato nei suoi
confronti. Non che, ovviamente, fosse venuto a scusarsi in maniera
diretta. Però,
ad un certo punto, era nata una sottospecie di tregua fra loro, dato
che per
colpa di quei disaccordi James ci stava rimettendo la sanità
mentale. Tuttavia,
non si poteva certo dire che fossero poi diventati grandi amici.
“Che
ti è successo, dunque?”
domandò Lily, per rompere il ghiaccio.
“Ho
dovuto salvare la vita ad un
cretino”, rispose Sirius, cupo. Lily fu estremamente tentata
di scoppiare a
ridere, ma cercò di contenersi per non irritare il suo
già abbastanza labile
umore.
“Mi
dispiace. E chi è questo
essere degno di tanti insulti?”
“Uno
che una volta al mese
diventa aggressivo e con zanne appuntite”.
“Oh.
Capisco. Beh, immagino che
te ne sarà stato grato…”
“Non
ne ho la più pallida idea,
dato che finora non si è degnato di venirmelo a
dire”, sbottò Sirius,
palesemente irritato. Lily incrociò le braccia, perplessa.
Era da diversi
giorni che aveva notato qualcosa di strano. Sirius, peraltro, sembrava
evidentemente bisognoso di confidarsi con qualcuno, come denotava la
maniera in
cui era esploso, apparentemente senza una giustificazione valida. Ma
ovviamente
era troppo orgoglioso per chiedere una mano a qualcuno in maniera chiara ed esplicita.
“Puoi
sederti, se vuoi”, gli
disse, in tono cortese. In fondo, passare metà dello scorso
anno a lanciarsi
frecciatine velenose era stata una gran perdita di tempo e di energie
inutilmente sprecate. Se ora Sirius aveva cambiato modo di porsi nei
suoi
confronti, doveva fare anche lei la sua parte e provare a metterlo a
suo agio.
“In
ogni caso, l’altra notte non
avresti dovuto scappare via in quel modo. James mi ha rotto le scatole
per un
sacco di tempo, perché si era raccomandato che ti portassimo
al sicuro e invece
nessuno di noi si è dimostrato all’altezza del
compito. Insomma, una vera
tortura…”
“Oh,
andiamo, Sirius. Sappiamo
entrambi che se non ci fossi stata io, saresti corso tu a salvargli la
pelle”.
“Beh,
certo che sì! Ma con me non
avrebbe avuto nulla da obiettare”.
“Tu
credi? Avrebbe sbraitato
anche con te, invece. Sei il suo migliore amico e gli importa della tua
vita
tanto quanto della mia”.
“Un
po’ troppo protettivo, il
ragazzo”.
Lily
ridacchiò, dopodiché calò il
silenzio. Sirius sembrava totalmente assorbito dai suoi pensieri. Le
tornò in
mente quelle occhiate fulminanti gettate da Remus al suo indirizzo che
aveva
intercettato, per puro caso, nei giorni precedenti, alle riunioni
dell’Ordine,
ogni volta che il giovane Black aveva fatto una delle sue sgargianti
battute.
Non era una reazione normale, di questo ne era certa. In genere Remus
fingeva –
pessimamente – di non ridere, o faceva qualche commento
composto e lievemente
sarcastico, oppure si copriva il volto con le mani e sospirava tra
sé,
semplicemente. Aveva anche notato che, quando si era trovato a passare
per caso
vicino a Sirius, entrambi si erano ignorati totalmente, con aria
impassibile,
se non per un muscolo contratto sulla guancia. Dopodiché,
Remus era rimasto
quasi sempre in silenzio. Non che di solito parlasse molto, ma sembrava
avere
quasi paura di aprir bocca, come se si sentisse in imbarazzo. Vedendo
ora che
anche Sirius si
comportava in maniera
simile, non poteva fare a meno di lambiccarsi il cervello a riguardo.
“Vedo
che stai meglio. James può
stare tranquillo”.
“Sì,
è stata solo una brutta
caduta, niente di più”.
“Già”.
Oh,
al diavolo, non poteva
starsene lì zitta e buona e far finta di niente.
“Comunque,
se vuoi un consiglio
spassionato, smettila di fare quella faccia da funerale. Vedrai che
Remus
tornerà presto, così potrete parlare dei vostri
problemi sentimentali e risolverli
da persone adulte e mature”.
Sirius
sgranò gli occhi e sbiancò
di colpo, sconvolto, e in quella manciata di secondi che precedettero
la sua
esplosione Lily capì di averci azzeccato.
“COM’E’
POSSIBILE CHE TU LO
SAPPIA?!”
L’ex-Caposcuola
lo fissò perplessa,
la fronte corrugata, in attesa che il suo stato di shock si attenuasse
quel
tanto che bastava da condurre una conversazione su toni di voce che non
andassero oltre l’udibile dall’orecchio umano.
Erano pur sempre in un ospedale,
dopotutto, e non era certo il luogo adatto per fare tutto quel casino.
“TE
L’HA DETTO LUI, VERO? IO LO
AMMAZZO!”
“Sirius,
per l’amor del cielo, piantala!
Remus non mi ha detto proprio
un bel niente, smettila di prendertela con lui”.
Il
pallore sul volto del
primogenito Black sembrò attenuarsi lievemente. Dopo un paio
di secondi tornò
verso la sedia, che aveva quasi rovesciato alzandosi di scatto in quel
modo, e
si aggrappò allo schienale, rimanendo a fissare Lily con
occhi sgranati.
“Spiegami
come diamine hai fatto
a…”
“Oh,
avanti, sono una donna. Non
potresti capire come ci sono arrivata”.
Omise
attentamente il fatto che,
fino a poco prima, le sue erano soltanto congetture, altrimenti avrebbe
finito
per scatenare un putiferio ancora più grande,
perché Sirius si sarebbe reso
conto di essersi irrimediabilmente tradito con le sue stesse mani.
Il
giovane strinse le labbra,
come se stesse ponderando se doveva sentirsi offeso da quel commento.
Lily
scosse impercettibilmente la testa, persa nei suoi pensieri. Che ci
fosse
qualcosa che non andava fra quei due era evidente, a meno di non essere
ciechi
o privi di spirito d’osservazione. Sul fattore sentimentale,
forse, era già più
difficile indovinare. Ma nei giorni scorsi aveva colto certi sguardi da
parte
di entrambi, nei momenti in cui pensavano di non essere osservati, che
lasciavano intuire qualcosa del genere.
Non
era stato difficile arrivare
a formulare determinate congetture, per quanto potessero sembrare
astruse e
campate in aria.
“Beh?
Che hai intenzione di
fare?”
“In
che senso?!”
“Oh,
andiamo, Sirius… non si
tratta di una ragazzina qualunque. Si tratta di Remus”.
Lui
la fulminò con lo sguardo,
incrociando le braccia.
“Lo
so benissimo, ma appunto per
questo tu ed io faremo finta che non sia mai successo nulla”.
Lily
strinse la bocca in una
smorfia scettica, una di quelle che le riusciva meglio.
“E
di lui che mi dici? È
d’accordo su questa strategia?” domandò,
praticamente certa del fatto che non
fosse così.
“Oh,
ci puoi giurare. È da non so
quanto che fa qualsiasi cosa per ignorarmi”.
Il che era decisamente un comportamento non
da Remus.
“Ma
se non gli hai parlato
direttamente, forse non dovresti saltare a conclusioni affrettate…”
Si
fermò, poi si lasciò sfuggire
un mezzo sorriso. Forse, qualche anno prima, seguire questo suo stesso
consiglio le avrebbe risparmiato un sacco di dolorosi battibecchi con
James.
“Lily,
dai, non c’è bisogno di
scriverselo in fronte a caratteri cubitali. Se i suoi intenti fossero
stati
diversi, sarebbe venuto a parlarmi. Ma non l’ha fatto,
perciò basta, chiuso,
non voglio più sentir parlare di questa storia. È
stato un errore, un mio errore,
d’accordo, ma non si
ripeterà”.
Lily
sgranò gli occhi, guardando
sorpresa il bel giovane afflitto. Non poteva crederci. Se
c’era una cosa su cui
non avrebbe mai scommesso, era che fosse stato Sirius a cominciare.
“Che
hai da fissarmi così?”
brontolò Sirius, accorgendosi di essere diventato
improvvisamente oggetto di
tanto stupore. Lily rise, incredula.
“Niente,
ma… complimenti”, gli
disse, facendolo incupire di colpo.
“Ti
avverto, se dici qualcosa a
James di tutta questa faccenda correrò da lui e lo
obbligherò a raccontarmi
tutti i più sordidi dettagli della vostra prima notte di
nozze”.
Lily
strinse le labbra,
gettandogli un’occhiataccia.
“Sei
ancora convinto che io sia
una spiona?”
“No,
non è questo, è che… non
voglio che James lo sappia, tutto qui”, ammise lui, con voce
mesta. La ragazza
si strinse nelle spalle.
“Wow,
sarà forse la prima volta
in tutti i tuoi diciotto anni che non gli confesserai ogni dettaglio
della tua
vita”.
Sirius
chinò lo sguardo,
contrariato.
“Beh,
stavolta non posso… è
troppo… nemmeno lui capirebbe. È stato uno
sbaglio”.
Si
ostinava a ripeterlo, come per
convincersene lui stesso. Dopotutto, probabilmente, era normale cercare
di
pensarla così, al suo posto. Verosimilmente si era trattato
di una situazione
inaspettata, in cui, a prescindere da cosa fosse successo, sia Remus
che Sirius
si erano ritrovati catapultati di colpo, senza alcun preavviso. Non era
sicura
del fatto che James ne sarebbe rimasto scioccato – forse
all’inizio, ma James
era la tipica persona che non si faceva condizionare da alcun
pregiudizio nel
momento in cui si trattava dei suoi amici. Di questo Lily era certa.
Non si era
mai posto alcun problema nel simpatizzare con uno come Sirius, che
proveniva da
una nobile famiglia Purosangue con la puzza sotto il naso e palesi
simpatie per
i maghi oscuri, né con Remus, che era di origini umili e per
giunta un
licantropo, e neppure con Peter, che scolasticamente non era mai stato
brillante
come lui e non possedeva la sua indole esuberante. Probabilmente
sarebbe caduto
dalle nuvole dato che, per quanto ne sapeva lei, non c’era
mai stata alcuna
avvisaglia di una possibile tresca fra quei due. Si erano sempre
comportati da
amici, come chiunque si aspettava da loro. Eppure, c’era
qualcosa che a Lily
faceva sorridere. L’imbarazzo di Sirius, il suo senso di
colpevolezza, le
occhiatacce che Remus gli aveva gettato sotto il suo naso in un paio di
occasioni,
il fatto che Sirius si fosse preso un incantesimo in pieno petto per
salvare
Remus… si sforzò di rimanere seria, altrimenti
il giovane Black l’avrebbe
probabilmente uccisa. Ma personalmente lei non lo trovava
così snaturato. Da
persona estranea al loro gruppetto intimamente chiuso, aveva sempre
visto quei
due beccarsi per ogni minima bazzecola, domandandosi più e
più volte come Remus
fosse in grado di sopportare i tormenti che Sirius gli dava, per puro
divertimento, senza lasciargli mai un attimo di tregua, per poi vederli
comunque perennemente insieme, pronti a difendersi l’un
l’altro o a ridere e
scherzare come se nulla fosse, senza che nessuno dei due si facesse
problemi a
riguardo. Era diverso dal rapporto che condividevano Sirius e James
– mancava
solo che quei due si completassero le frasi a vicenda per sembrare
più simili
l’uno all’altro – o di quello che aveva
Peter con ciascuno di loro. Peter
adorava talmente tanto James e Sirius che molto raramente osava anche
solo
contraddirli. Si sarebbe buttato dalla Torre di Grifondoro per loro,
era
evidente. Ma Remus… avrebbe fatto lo stesso per Sirius,
questo era certo.
Tuttavia, almeno in apparenza, spesso sembrava voler dimostrare
l’esatto
contrario. Era complicato da spiegare, ma allo stesso tempo
così chiaro ed
evidente.
“Cosa
devo fare, Lily?”
Alzò
la testa, sorpresa,
interrompendo il corso dei suoi pensieri. Sirius era chino in avanti,
il volto
nascosto fra le mani. Sembrava davvero disperato.
“Beh,
forse… innanzitutto
dovresti cercare di capire perché è
successo”.
“PER
ERRORE!”
“Sirius,
che diamine, non c’è
bisogno di urlare!” protestò lei, vivamente.
Sirius chinò di nuovo il capo.
“Scusa”,
mormorò. “Comunque,
quante volte te lo devo ripetere? È stato un errore, un
grosso, grossissimo
errore, niente di più”.
“Oh,
Merlino… è una risposta
troppo sbrigativa”, sbottò Lily, spazientita.
“Anch’io, quando ho baciato James
per la prima volta, subito dopo ho creduto di aver fatto un
errore”.
“Mi
duole contraddire la tua
infinita saggezza da mondo delle favole, ma che tu abbia baciato James,
in un’ottica
esterna, è una cosa assolutamente ed innegabilmente normale”.
“Non
è così tanto normale
gettarsi fra le braccia di una persona che fino a poco tempo prima
affermavi di
odiare…”
“Lo
è ancora meno fare una cosa
del genere con uno del tuo stesso sesso, scusa ma in questo caso vinco
io!”
esclamò Sirius, piccato. Lily sospirò,
arrendendosi.
“Oh,
quindi è questo che ti
preoccupa? Che tu abbia baciato un uomo?”
“Beh,
che diamine, certo che mi
preoccupa! Ma non solo: aggiungici anche che l’uomo in
questione è un mio
amico, uno dei miei migliori amici. E che facendo questa cosa, con cui
probabilmente pensavo di rimediare alla spaccatura che
c’è fra noi, non ho
fatto altro che creare un pretesto definitivo per far allontanare Remus
da me
senza alcuna speranza di tornare indietro. Ora capisci? È un
disastro! Un
completo, completo disastro”.
Lily
rimase ad osservarlo
crogiolarsi nella sua disperazione per qualche secondo. Era
indubbiamente una
situazione complicata, per di più non aveva idea di cosa
fosse quella
spaccatura a cui Sirius aveva accennato. James non le aveva mai
raccontato
nulla a proposito, di conseguenza poteva dedurre che non ne sapesse
niente
neppure lui. E quindi, probabilmente, Sirius non aveva intenzione di
parlarne.
Meglio restare concentrati sui fatti recenti.
“Sirius,
sei tu che vuoi vederlo
come un disastro”, gli disse, convinta. “Forse
potrebbe non esserlo. Forse
dovresti solo andare da Remus e parlargli, in maniera chiara e
concisa”.
Sirius
sospirò, distogliendo lo
sguardo.
“Lui… non vuole parlarmi”,
disse, in un soffio.
“Io
non credo proprio”, rispose
Lily, decisa a non lasciarlo desistere.
“Te
l’ha detto lui?”
“No,
ma …”
“…E allora come fai a saperlo?”
“Andiamo,
Sirius, Remus non è il
tipo da lasciare volutamente in sospeso questioni come queste. Siete
adulti,
per Godric, dovete fronteggiare la cosa. È una faccenda che
riguarda voi due
soltanto, perciò nessun altro si intrometterà, te
lo garantisco. Ma se non vuoi
che James ti faccia domande, non puoi continuare così. Prima
o poi si accorgerà
che non vi parlate, o che lo fate solo davanti a lui, per far
sì che non
sospetti niente. Ma ti prego, smettila di pensare soltanto a come ti
giudicherebbero gli altri, o l’unica cosa che ci
andrà di mezzo sarà la tua
amicizia con Remus. E non mi sembra il caso di gettarla via”.
Sostenne
il suo sguardo con
decisione, sperando con tutta se stessa che capitolasse e le desse
finalmente
ragione, per il bene suo e per quello di Remus.
Alla
fine, lo osservò sospirare
con rassegnazione ed annuire, e si concedette di esultare mentalmente.
“E
va bene, lo farò…”
“Ottimo”.
“Ma
lui mi riderà in faccia,
sappilo, e allora io darò la colpa a te”.
“Ritieniti
autorizzato”, rispose,
con noncuranza. L’importante era che quei due si parlassero e
basta.
“Non
ci credi, eh? Vedrai, te lo
dimostrerò!”
“Oh,
piantala, Sirius, non devi
dimostrare nulla a nessuno! Smettila di fare il bambino troppo
cresciuto…”
In
quel momento, la porta si
spalancò di botto. James entrò, veloce come un
fulmine, pallido in volto.
“Ehi”,
lo salutò Lily,
sorridendo. Lui non emise fiato. Rimase serio, poi le si
avvicinò, lentamente.
Sirius si fece da parte, osservandolo con aria preoccupata. Sembrava
che tutta
la voglia di vivere gli fosse defluita via di colpo, lasciando posto ad
un
corpo ambulante.
Lily
alzò lo sguardo, ma James
non la guardò negli occhi. Senza ancora aver aperto bocca si
cavò di tasca una
busta spiegazzata, la rimirò per un attimo con sguardo vacuo
e poi gliela
consegnò. Solo in quel momento lei notò il
luccichio che offuscava le sue iridi
nocciola.
“Non
so come dirtelo… l’ho
trovato a casa stamattina”, mormorò, con un filo
di voce. Lily estrasse il
contenuto della busta. Era un biglietto di Petunia, scritto con una
grafia un
po’ più tremolante del solito.
Lo
lesse, dopodiché desiderò di
potersi svegliare da quel brutto sogno.
*
Ne
era venuto a conoscenza per
puro caso ed era altrettanto per caso se adesso si trovava
lì, esattamente
quando anche lei si era recata in quel luogo.
Non
credeva di trovarcela, non se
l’aspettava nella maniera più assoluta.
Il
necrologio datava la loro
morte ad un paio di giorni prima, quindi forse era dal funerale che
veniva lì a
far loro visita.
Poteva
immaginare il dolore che
provava.
Fu
un colpo al cuore intravederla
lì; avrebbe desiderato ardentemente essersi sbagliato, ma
era impossibile non
riconoscere il suo corpo esile e i suoi capelli color cremisi anche da
centinaia di metri di distanza. Era dalla fine della scuola che non si
incrociavano più, ma non aveva smesso di pensarle un solo
giorno.
Povero
sciocco.
Sapeva
che si era sposata. Con
quell’insulso pallone gonfiato, per giunta. Era una delle
cose che non le
avrebbe mai perdonato: fra tutti quanti, tutti quelli che la volevano e
che
avrebbero pagato oro per trascorrere almeno un’ora soli con
lei, proprio lui
aveva dovuto scegliere? Si era tormentato segretamente per mesi
cercando di
capire il perché. Certe volte, lasciandosi sopraffare
dall’ira, pensava che di
sicuro l’aveva fatto apposta, per ferirlo. Aveva scelto
Potter con il preciso
scopo di osservare compiaciuta mentre lui si dilaniava nella sofferenza
più
atroce. E questo pensiero, in realtà, lo consolava.
Perché se fosse stato così
significava che, in realtà, non provava niente per
quell’arrogante bastardo.
Tuttavia,
era ingiusto attribuirle
una tale cattiveria. Lily non era capace di un gesto simile, anche se
ora lo
detestava.
Perciò,
forse, prima o poi
avrebbe accettato la realtà.
In
fondo, era solo l’ennesimo
inganno in cui per anni si era crogiolato, quello di credere veramente
alle parole
di Lily quando affermava con sicurezza di detestare James Potter.
Così come si
era illuso fino alla fine che, standole vicino ogni giorno, prima o poi
lei lo
avrebbe guardato con occhi diversi da quelli di semplice amica. Migliori amici, come diceva sempre lei.
Ma
era stato sufficiente un po’
di forzato idealismo per mettere fine alla loro amicizia. Forse anche
su quella
aveva preso un abbaglio.
Fece
per avvicinarsi di qualche
passo, ma poi si fermò, scoraggiato. Cosa pensava di fare?
Andare a consolarla?
L’avrebbe respinto. Perché lui ora stava dall’altra
parte. E lei lo sapeva.
Con
la sua intelligenza e le
capacità di cui era dotata avrebbe potuto fare cose molto
più eclatanti ed
ammirevoli che servire nell’ombra uno come Silente. Uno che
aveva tenuto per
sette anni a Hogwarts un Lupo Mannaro, facendo correre un rischio
incredibile a
quegli studenti di cui tanto affermava di preoccuparsi.
Lei
continuava a dargli le
spalle. Chissà se era cambiata, se il suo viso si era fatto
più dolce, più
stanco. Non assomigliava per nulla a quella strega di sua sorella; Lily
aveva
preso tutto dal padre. Si sforzò di non pensare ai pomeriggi
trascorsi a casa
sua, a finire i temi delle vacanze estive. Sua madre, forse, aveva
capito. Ogni
tanto gli aveva fatto qualche battuta. Ma lei no, non si era mai
sforzata di
vedere cosa ci fosse sotto.
E
non era di sicuro intenzionato
ad andarglielo a dire, non ora che era sposata con James Potter.
Aveva
portato dei fiori comprati
in un negozio di maghi. Di quelli che non appassivano se non dopo anni.
Voleva
lasciare agli Evans qualcosa che fosse degno di loro, non un mazzo
dozzinale
che dopo qualche giorno sarebbe già stato da buttare. Erano
stati sempre molto
buoni con lui, non l’avevano mai giudicato per il posto in
cui viveva, per come
si vestiva o per il fatto che sua madre non fosse mai passata a
ringraziarli
quando lo facevano restare a cena. Lily aveva indubbiamente preso da
loro. Poi,
però, un giorno qualcosa dentro di lei era cambiato. E non
c’era stato più
nulla da fare.
Si
domandò perché fosse lì da
sola. Suo marito era così attento e premuroso da non averla
neppure
accompagnata sulla tomba dei suoi genitori. Strinse i pugni, con
rabbia. Se
fosse toccato a lui, non si sarebbe comportato così. Non
l’avrebbe mai lasciata
sola. Mai.
Soltanto
perché per una volta si
era lasciato travolgere dalla rabbia e dall’umiliazione.
Aveva sbagliato,
certo, prendendosela con lei. Ma avrebbe fatto qualsiasi cosa per
rimediare, si
sarebbe perfino tagliato un braccio.
E
invece aveva passato i restanti
due anni a Hogwarts ad osservarla da lontano, reprimendo qualsiasi
sentimento
con forza brutale. L’estate non era andato a trovarla a casa.
Quando si era
sparsa la voce che si vedeva con Potter, si era impegnato ancora di
più per non
lasciar trasparire la sua ira cocente agli occhi dei suoi compagni,
perché
altrimenti avrebbe disonorato ciò di cui faceva ormai parte.
Ma non gliel’aveva
mai perdonato.
Ora,
però, che motivo c’era di
portare ancora rancore? Lily stava vivendo un lutto, probabilmente il
peggiore
della sua vita. Lui, in passato, era stato suo amico. Aveva conosciuto
i suoi
genitori. Era un suo diritto andare su quella tomba a lasciare loro i
suoi
fiori, qualunque cosa ne pensasse lei.
Non
aveva il potere di
impedirglielo.
Si
avvicinava lentamente,
guardando a terra, contando i passi che li separavano. Il cuore gli
batteva
all’impazzata nel petto. Che doveva fare? Ignorarla?
Salutarla? E se poi lei
avesse fatto finta di non vederlo? Sarebbe stato ancora più
umiliante…
Alzò
gli occhi e vide che lei si
era voltata e lo stava fissando.
Ormai
era troppo tardi per
ripensarci.
“Che
ci fai qui?” gli domandò,
gelida. Lui si fermò. I suoi occhi brillavano ancora
intensamente, come un
tempo.
“Ho
mancato il funerale, non lo
sapevo”, spiegò, mostrandosi impassibile. Era
diventato abile, ormai nulla
traspariva dal suo volto. Dedicarsi all’approfondimento degli
studi in
Occlumanzia durante quei mesi trascorsi dalla fine della scuola gli
aveva
giovato molto in questo senso.
“Se
è per quello, anch’io non c’ero.
Ma sono sicura che tu sappia il perché. Porta i miei
ringraziamenti al tuo
signore per questo”, gli rispose, sprezzante. Severus ebbe un
tuffo al cuore.
La battaglia della notte precedente… doveva essere rimasta
ferita. Non era
venuto a conoscenza dei dettagli, si stava occupando di altre faccende
in
quella circostanza.
“Non
avresti dovuto unirti a
quella banda di sciocchi…”
“Oh,
e da quando sei tu a dirmi
cosa devo fare della mia vita?”
“Non
ho mai voluto che la
rischiassi, a differenza di qualcun altro”.
“Io
credo che ti convenga
limitarti a sperare che un giorno non ci troveremo faccia a faccia in
una
situazione come quella dell’altra notte. O sei con Voldemort,
o sei contro di
lui”.
Severus
non reagì a quella frase
sferzante. La guardò semplicemente negli occhi, poi
chinò il capo.
“Mi
dispiace per la tua perdita”,
le disse, in tono compunto.
“Ti
ringrazio”.
Con
quella nota di sarcasmo che
ancora aleggiava nell’aria, Lily lo superò e se ne
andò a passo spedito.
Severus non si voltò indietro per guardarla andare via, per
quanto lo
desiderasse; si limitò ad espirare, lasciando fuoriuscire
dai polmoni tutto il
fiato che finora aveva inconsapevolmente trattenuto.
Avanzò
lentamente verso la tomba
dei suoi genitori. Non avendo potuto seppellirli, il suo dolore doveva
essere
ancora più grande. Non poteva certo sperare di consolarla,
ormai. Ma avrebbe
voluto farlo. Ci sarebbe stato sempre, per lei, se solo Lily lo avesse
voluto.
Ma
Lily non voleva. L’aveva
rifiutato già da tempo e lui ne era ben consapevole.
Avrebbe dato la vita per
poter tornare indietro nel tempo e mutare il corso degli avvenimenti di
quel
giorno maledetto, uccidendosi piuttosto, se proprio non poteva fare
altro, ma
neppure la più potente delle magie poteva aiutarlo.
Depose
i fiori a fianco della
lapide della signora Evans, mentre una lacrima silenziosa gli scendeva
lungo la
guancia.
*
Quando
Remus passò a trovarlo,
quella sera, Sirius era perfettamente sveglio. Il giorno dopo
l’avrebbero
finalmente lasciato andare a casa. James aveva accompagnato via Lily,
che aveva
chiesto di essere dimessa prima del tempo, mormorandogli soltanto un
breve
saluto. Ma non c’era ragione di offendersi. In quel momento,
dopo un recente
scontro ravvicinato con Voldemort e dopo aver dovuto dare alla propria
moglie
la notizia che i suoi genitori erano morti, sepolti da
un’improvvisa valanga
durante una passeggiata in montagna, James era sicuramente in stato di
shock. Avrebbe
voluto fare qualcosa per lui, ma finché era bloccato
lì non c’era che da
rassegnarsi e aspettare. Gli dispiaceva per Lily, gli dispiaceva un
sacco. Quello
non era sicuramente il momento più adatto per ricevere una
notizia del genere. Il
fatto che poi fosse rimasta un paio di giorni in ospedale sotto
sedativi le
aveva fatto perdere il funerale organizzato dalla sorella, dato che
James era
rimasto tutto il tempo insieme a lei e aveva trovato il biglietto
recapitato a
casa loro soltanto quella mattina. La sfortuna aveva colpito duramente,
quella
volta. Ma per il momento lui non era nella posizione di poter fare
alcunché.
Aveva
comunque un problema
piuttosto urgente da risolvere e aveva trascorso l’intera
giornata
lambiccandosi il cervello per cercare le parole giuste da pronunciare,
una volta
che Remus gli fosse comparso davanti. E adesso era pronto.
L’aveva accolto con
un saluto cortese, neutrale, aveva perfino fatto un paio di battute nel
tentativo di farlo ridere quando lui gli aveva chiesto scusa per
ciò che era
successo e l’aveva ringraziato per essersi messo in mezzo
durante la battaglia.
Tuttavia, ciò che aspettava con ansia era il momento in cui
avrebbe pronunciato
il suo perfetto discorso. Lily aveva ragione, quella faccenda andava
risolta. Ma
c’era un solo modo di risolverla che non contemplasse il dare
inizio a litigi e
rancori eterni ed irreparabili.
“Senti,
io ci ho riflettuto su
attentamente… guardati intorno, guarda dove siamo.
Rischiamo le nostre vite
tutti i giorni, Lily e James sono sfuggiti a Voldemort in persona per
miracolo,
ma per quello che ne sappiamo potremmo lasciarci la pelle domani, o
dopodomani.
E io non voglio che questo succeda mentre noi due abbiamo smesso di
parlarci
per una sciocchezza. Dimentichiamo tutto, lasciamocelo alle spalle e
restiamo
amici. Ti prego, Moony”.
Remus
lo osservò in silenzio per
molti, lunghissimi secondi. Aveva lo sguardo vacuo, perso nel nulla.
Sirius aspettò,
trattenendo il fiato. Aveva seriamente paura che di lì a
poco esplodesse e si
mettesse a prenderlo a pugni. Perché in teoria ne avrebbe
avuti tutti i
diritti. Quello che gli aveva appena chiesto era di ignorare totalmente
un problema,
fare finta che non fosse mai successo e continuare come se niente fosse
ad
essere amici, amici. Dopo quello
che
avevano fatto, era semplicemente ridicolo. Lo sapeva, l’aveva
sempre saputo che
c’era qualcosa, un tarlo che gli rodeva la mente,
un’inquietudine che aveva
sempre covato dentro fin dagli anni della scuola. Ma non aveva mai
capito. Non
aveva mai collegato nulla, forse perché c’era
James che faceva in modo di
impiegare quasi tutte le sue energie. E perché
c’era Peter, sempre insieme a
loro. Non c’erano mai stati lui e Remus e basta. Non fino a
qualche settimana
prima. Eppure, quello che voleva era davvero dimenticare tutto. Era una
cosa
troppo grande da affrontare, checché ne dicesse Lily, e lui
non ne era capace.
Non poteva condurre una conversazione sui loro istinti sessuali
deviati, era al
di fuori di ogni umana concezione. E non ne avrebbero cavato nulla,
anche se ci
avessero provato. Sarebbero solo finiti a darsi la colpa l’un
l’altro nel
tentativo di stabilire chi avesse iniziato a fare cosa.
I secondi passavano e Sirius non
faceva altro che pregare che Remus accettasse.
“Va
bene”, disse infine. Sirius
corrugò la fronte, incerto, e lo osservò per
cercare di capire se fosse serio.
Non si aspettava che capitolasse così facilmente. Remus non
si comportava così,
di solito. Preferiva risolvere le cose, metterle bene in chiaro.
“Sei
sicuro?” gli domandò. Moony
stirò le labbra in un sorriso lieve.
“Sì,
certamente. Va bene così,
Sirius. Siamo amici. È tutto a posto”.
Ora
avrebbe dovuto tirare un
sospiro di sollievo, in teoria. Ma per qualche assurda, inspiegabile ed
irritante ragione si sentiva ancora più inquieto di prima.
“Ora,
scusami ma sto morendo di
fame. Ti devo lasciare. Vado a chiedere che portino da mangiare anche a
te, se
vuoi”.
“Oh,
sì, ti ringrazio”.
Era
finto. Tutto tremendamente
finto. Ma doveva sforzarsi al massimo per essere convincente, di modo
che
quella faccenda finisse morta e sepolta nelle loro coscienze,
perché sarebbe
bastato un niente a farla riaffiorare.
Quando
Remus uscì dalla sua
stanza, Sirius si accorse che sentiva come una specie di enorme macigno
pesargli sul petto.
And I die, when you mention his name.
And I lied, I should have kissed you when we were
runnin’ in the rain.
What am I, darlin’?
A whisper in your ear? A piece of your cake?
What am I, darlin’?
A boy you can fear or your biggest mistake?
(Damien Rice, Cheers, Darlin’)
Nota di fine
capitolo: c’è un motivo per cui ho fatto
sì che Lily sappia di Remus e Sirius. Prima di tutto
perché Lily e Sirius
dovevano essere, secondo le idee della Rowling, molto amici (il tono
con cui
lei gli scrive quella lettera che Harry ritrova a Grimmauld Place non
è certo
quello di una persona indifferente, o di una semplice conoscente), e se
in
questa fanfiction siamo già al punto in cui i rapporti fra
loro sono cordiali,
sentivo che ci fosse bisogno di arrivare ad un gradino di confidenza
maggiore.
Per cui, ho pensato che nulla potesse farli avvicinare tanto quanto la
condivisione da parte di Lily della loro storia. È una sorta
di segreto che
resta fra loro, che farà sì che Sirius si confidi
con lei. Invece, per quanto
riguarda Remus, so che la Rowling aveva espresso pensieri favorevoli
per quella
scena del terzo film in cui il suo personaggio dice a Harry che lui era
molto
legato a Lily perché lei gli era rimasta vicino in momenti
in cui nessun altro
c’era. Beh, quei momenti a cui si riferisce non possono che
essere quelli in
cui tutti sospetteranno erroneamente di Remus come spia e lo
estrometteranno
dal gruppo al punto tale che non sarà nemmeno messo al
corrente dello scambio
tra Sirius e Peter. Nella mia idea, dunque, Lily non crederà
mai che lui sia la
spia. E questo anche perché sa di come Remus è
coinvolto con Sirius. Ma è
inutile dilungarsi troppo per ora, ci arriverò prima o poi
(più poi che prima,
visto che per ora siamo ancora agli eventi del ’79 XD).
Altra
cosa: il motivo per cui ho fatto sì che
Lily mancasse il funerale dei genitori è che viene detto da
qualche parte (non
ricordo se in uno dei libri o in un’intervista a JK Rowling)
che Lily e Petunia
dopo la scuola non si vedono più, ma mantengono
semplicemente qualche scarso
contatto.
Ultimissima
cosa: è la prima volta che scrivo
dando voce a Piton, è uno degli esperimenti che da tempo
volevo fare. Pareri spassionati
sulla resa del personaggio mi sarebbero molto, molto utili. Ringrazio
ancora
una volta tutti coloro che mi lasciano bellissime recensioni, non so
davvero
come farei senza di voi ♥
A
presto!