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Autore: Sophie Hatter    23/06/2011    5 recensioni
1978-1981: i Malandrini e Lily Evans si uniscono all'Ordine della Fenice. Le conseguenze sono tante: alcuni si sposano, altri si ritrovano invischiati in tresche segrete; alcuni si scontrano con Voldemort in persona, altri passano dalla sua parte; alcuni diventano spie di Silente, altri muoiono troppo presto. Come andrà a finire, già lo si sa.
1993: Remus Lupin, quando si era ormai rassegnato alla realtà dei fatti, si ritrova a fronteggiare strane perdite di memoria. Il metodo migliore per indagare su queste anomalie sembra essere quello di tornare a Hogwarts, accettando l'incarico offertogli da Albus Silente...
*
0) Prologo
1) Iniziazione
2) Questioni irrisolte
3) La prima battaglia
4) Il matrimonio
5) E' così facile capirlo
6) La spada di Grifondoro
7) Amicizia
8) Andare fino in fondo
9) La tomba di Regulus
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Albus Silente, I Malandrini, Severus Piton | Coppie: James/Lily, Remus/Sirius
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Nights Are Cold - Wolfstar'
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Capitolo 7 – Amicizia

 

Il tempo non ruota in cerchio, ma avanza veloce in linea retta. È per questo che l’uomo non può essere felice, perché la felicità è desiderio di ripetizione.

(Milan Kundera, L’insostenibile leggerezza dell’essere)

 

Gennaio 1979

“James, andiamo, convincili tu che le mie condizioni di salute sono ottime. Io voglio andare a casa”, bofonchiò Sirius, sbattendo i pugni sul letto con un infantilismo estremamente consapevole.

Ne aveva abbastanza di restare chiuso nelle quattro mura del San Mungo.

“Non credo di essere nella posizione adatta per oppormi alle decisioni di quelli che comandano qui, spiacente, Pads”, si scusò James in tutta risposta, e Sirius dovette fare uno sforzo molto grande per non mettersi a urlare. Neppure il suo migliore amico muoveva un dito per aiutarlo, dannazione.

“Sei veramente una carogna infame”, sibilò, coprendosi con il lenzuolo fin quasi sopra i capelli. James scoppiò a ridere sonoramente.

“Spiegami, qual è il tuo grande problema? Ci è andato Remus a dare da mangiare al gatto”.

“REMUS?!”

“Sì, si è offerto volontario ieri sera, quando l’ho incrociato qui fuori, così ho lasciato che se ne occupasse lui…”

“...E quando sarebbe stato qui?”

“Sirius, l’ho appena detto. Ieri sera”.

“Impossibile. Io non l’ho visto”.

“È perché stavi già dormendo della grossa. Credo che tu abbia leggermente perso il senso del tempo. È passato a vedere come stava Lily, siamo rimasti nella sua stanza a chiacchierare un po’ e poi l’ho accompagnato qui, ma nemmeno le cannonate ti avrebbero svegliato”.

“Ah. Certo. Capisco”.

Quindi Remus era venuto a trovarlo. Si era vagamente preoccupato della sua salute, dopo che si era preso quell’incantesimo in pieno petto per salvarlo. E non perché fosse stato disarmato o messo alle strette, oh, no. Il signorino si era semplicemente distratto a guardare per aria, nel bel mezzo di una battaglia. Davvero una mossa astuta da parte sua.

Per una fortunata coincidenza in quel momento Sirius aveva gli occhi fissi su di lui, perciò aveva potuto intercettare con precisione l’attacco del Mangiamorte.

Ma come minimo si aspettava dei ringraziamenti per questo.

Non che l’avesse fatto per un tornaconto personale, no di certo. Ma almeno, in quel modo, Remus non avrebbe più potuto evitare di rivolgergli la parola. Era praticamente costretto a farlo, non c’era via di scampo. Così avrebbe risparmiato a lui l’oneroso compito di andare a cercarlo per chiarire una determinata faccenda ancora non risolta.

Aveva aspettato per giorni quell’occasione, che fino a quel momento non era mai arrivata. Non aveva preso in considerazione neppure per un secondo l’idea di essere lui a prendere l’iniziativa, risparmiando così tempo ed energie, perché non appena ci ripensava la vergogna lo faceva sprofondare metri e metri sotto terra. Ripensare a ciò che aveva sentito e provato quel giorno era assolutamente imbarazzante, figuriamoci tirare fuori l’argomento in una conversazione con Remus. Certo, era rischioso continuare su quella strada. Prima o poi James si sarebbe accorto che qualcosa non andava perché, per quanto fosse estremamente assorbito dalla sua nuova vita coniugale, Prongs si guardava sempre attorno. Non gli era mai sfuggito nulla, neppure quando, negli anni di scuola, non faceva altro che nominare Lily. Sembrava sempre essere con la testa fra le nuvole, ma bastava poco per rendersi conto che in realtà non era così; anche i professori avevano dovuto fare i conti con questo errato giudizio. Molti ci avevano messo del tempo per capacitarsi di come quel ragazzino che sembrava perennemente distratto riuscisse a rispondere ogni volta in maniera corretta ad una loro domanda.

Anche quelle volte in cui decidevano che non avevano nessuna voglia di seguire e per passare il tempo si mettevano a raccontare barzellette a Peter o a dare fastidio a Remus, che puntualmente si sforzava il più possibile di ignorarli per non dar loro soddisfazione, ma senza alcun successo.

Indubbiamente James aveva ricevuto una buona istruzione magica fin da piccolo, grazie ai genitori che l’avevano cresciuto come una specie di bambino prodigio. Ma i suoi eccellenti risultati a scuola non erano un semplice vivere di rendita.

Insomma, l’idea che il suo migliore amico si rendesse conto di qualcosa lo terrorizzava. Già l’altra notte, durante la missione, era stato difficile. Un paio di volte era stato inevitabilmente costretto a rivolgere la parola a Remus e aveva dovuto recitare al massimo delle sue capacità per farlo con un tono di voce e un’espressione normale. Lui era stato altrettanto bravo, ma James lo era di più. Un giorno o l’altro, gli avrebbe letto nel pensiero. Ne era certo.

Doveva pensare a cosa dire, a come affrontare Remus. Ormai era certo di avere la vittoria in pugno, non avrebbe potuto fare a meno di fronteggiarlo in maniera diretta senza che fosse lui a doverlo rincorrere. Ma Sirius voleva essere pronto. Non poteva lasciarlo parlare, perché altrimenti Remus l’avrebbe fatto arrabbiare e avrebbero finito per litigare irrimediabilmente. No, stavolta doveva fare la persona matura. Doveva essere lui a gestire il tutto e doveva farlo in maniera rapida e indolore.

“Sirius?”

Si voltò verso James, riaffiorando di colpo dal baratro dei suoi cupi pensieri. L’amico lo guardava con aria interrogativa.

“Sì, scusa, sono ancora un po’ stordito. Dicevi?”

“Dicevo che sto andando a casa a farmi una doccia, è dall’altro ieri notte che non mi schiodo da qui. Mi hanno detto che Lily dovrebbe svegliarsi in mattinata, l’effetto delle pozioni sedative ormai dovrebbe essere terminato. Fai un salto a vedere come sta, magari”.

“Oh, sì… sì, certo, non ti preoccupare. Ci penso io”.

“Grazie, Pads. Torno fra poco”.

Osservò la figura smilza di James dileguarsi in pochi secondi, attraversando l’uscio della sua stanza con una rapida falcata. Doveva fare in fretta, se davvero non voleva che iniziasse a sospettare qualcosa.

 

*

Lily si era svegliata da pochi minuti quando sentì bussare inaspettatamente alla porta.

James le aveva lasciato un biglietto sul comodino per informarla che sarebbe passato fra un paio d’ore, perciò non aveva idea di chi potesse essere.

“Avanti”, disse, in ogni caso.

Rimase piuttosto sorpresa nel trovarsi davanti nientemeno che Sirius Black in persona.

“Che ci fai tu qui?” domandò, aggrottando la fronte. Sirius esibì un’espressione scontenta.

“E va bene, va bene, me ne vado”, borbottò, facendo per uscire.

“Ma che dici? Puoi entrare, ma non capisco…”

“Beh, sono ricoverato qui anch’io. Immagino che James non abbia fatto in tempo a dirtelo, ieri notte, quando ti sei svegliata”.

“No, hai ragione. Credo di aver aperto gli occhi per poco più di trenta secondi”.

“Capisco”.

Si osservarono in silenzio, per qualche secondo. Quale che fosse il motivo, Lily non si sarebbe comunque aspettata che proprio Sirius la venisse a trovare. Tra di loro, quando lei e James avevano cominciato a uscire insieme, non era esattamente nato un rapporto idilliaco. Per una serie di pregiudizi e circostanze non favorenti, si erano trattati con indifferente causticità fino a quando, un giorno, il signorino Black doveva essersi reso conto di aver esagerato con l’astio ingiustificato nei suoi confronti. Non che, ovviamente, fosse venuto a scusarsi in maniera diretta. Però, ad un certo punto, era nata una sottospecie di tregua fra loro, dato che per colpa di quei disaccordi James ci stava rimettendo la sanità mentale. Tuttavia, non si poteva certo dire che fossero poi diventati grandi amici.

“Che ti è successo, dunque?” domandò Lily, per rompere il ghiaccio.

“Ho dovuto salvare la vita ad un cretino”, rispose Sirius, cupo. Lily fu estremamente tentata di scoppiare a ridere, ma cercò di contenersi per non irritare il suo già abbastanza labile umore.

“Mi dispiace. E chi è questo essere degno di tanti insulti?”

“Uno che una volta al mese diventa aggressivo e con zanne appuntite”.

“Oh. Capisco. Beh, immagino che te ne sarà stato grato…”

“Non ne ho la più pallida idea, dato che finora non si è degnato di venirmelo a dire”, sbottò Sirius, palesemente irritato. Lily incrociò le braccia, perplessa. Era da diversi giorni che aveva notato qualcosa di strano. Sirius, peraltro, sembrava evidentemente bisognoso di confidarsi con qualcuno, come denotava la maniera in cui era esploso, apparentemente senza una giustificazione valida. Ma ovviamente era troppo orgoglioso per chiedere una mano a qualcuno in maniera chiara ed esplicita.

“Puoi sederti, se vuoi”, gli disse, in tono cortese. In fondo, passare metà dello scorso anno a lanciarsi frecciatine velenose era stata una gran perdita di tempo e di energie inutilmente sprecate. Se ora Sirius aveva cambiato modo di porsi nei suoi confronti, doveva fare anche lei la sua parte e provare a metterlo a suo agio.

“In ogni caso, l’altra notte non avresti dovuto scappare via in quel modo. James mi ha rotto le scatole per un sacco di tempo, perché si era raccomandato che ti portassimo al sicuro e invece nessuno di noi si è dimostrato all’altezza del compito. Insomma, una vera tortura…”

“Oh, andiamo, Sirius. Sappiamo entrambi che se non ci fossi stata io, saresti corso tu a salvargli la pelle”.

“Beh, certo che sì! Ma con me non avrebbe avuto nulla da obiettare”.

“Tu credi? Avrebbe sbraitato anche con te, invece. Sei il suo migliore amico e gli importa della tua vita tanto quanto della mia”.

“Un po’ troppo protettivo, il ragazzo”.

Lily ridacchiò, dopodiché calò il silenzio. Sirius sembrava totalmente assorbito dai suoi pensieri. Le tornò in mente quelle occhiate fulminanti gettate da Remus al suo indirizzo che aveva intercettato, per puro caso, nei giorni precedenti, alle riunioni dell’Ordine, ogni volta che il giovane Black aveva fatto una delle sue sgargianti battute. Non era una reazione normale, di questo ne era certa. In genere Remus fingeva – pessimamente – di non ridere, o faceva qualche commento composto e lievemente sarcastico, oppure si copriva il volto con le mani e sospirava tra sé, semplicemente. Aveva anche notato che, quando si era trovato a passare per caso vicino a Sirius, entrambi si erano ignorati totalmente, con aria impassibile, se non per un muscolo contratto sulla guancia. Dopodiché, Remus era rimasto quasi sempre in silenzio. Non che di solito parlasse molto, ma sembrava avere quasi paura di aprir bocca, come se si sentisse in imbarazzo. Vedendo ora che anche Sirius  si comportava in maniera simile, non poteva fare a meno di lambiccarsi il cervello a riguardo.

“Vedo che stai meglio. James può stare tranquillo”.

“Sì, è stata solo una brutta caduta, niente di più”.

“Già”.

Oh, al diavolo, non poteva starsene lì zitta e buona e far finta di niente.

“Comunque, se vuoi un consiglio spassionato, smettila di fare quella faccia da funerale. Vedrai che Remus tornerà presto, così potrete parlare dei vostri problemi sentimentali e risolverli da persone adulte e mature”.

Sirius sgranò gli occhi e sbiancò di colpo, sconvolto, e in quella manciata di secondi che precedettero la sua esplosione Lily capì di averci azzeccato.

“COM’E’ POSSIBILE CHE TU LO SAPPIA?!”

L’ex-Caposcuola lo fissò perplessa, la fronte corrugata, in attesa che il suo stato di shock si attenuasse quel tanto che bastava da condurre una conversazione su toni di voce che non andassero oltre l’udibile dall’orecchio umano. Erano pur sempre in un ospedale, dopotutto, e non era certo il luogo adatto per fare tutto quel casino.

“TE L’HA DETTO LUI, VERO? IO LO AMMAZZO!”

“Sirius, per l’amor del cielo, piantala! Remus non mi ha detto proprio un bel niente, smettila di prendertela con lui”.

Il pallore sul volto del primogenito Black sembrò attenuarsi lievemente. Dopo un paio di secondi tornò verso la sedia, che aveva quasi rovesciato alzandosi di scatto in quel modo, e si aggrappò allo schienale, rimanendo a fissare Lily con occhi sgranati.

“Spiegami come diamine hai fatto a…”

“Oh, avanti, sono una donna. Non potresti capire come ci sono arrivata”.

Omise attentamente il fatto che, fino a poco prima, le sue erano soltanto congetture, altrimenti avrebbe finito per scatenare un putiferio ancora più grande, perché Sirius si sarebbe reso conto di essersi irrimediabilmente tradito con le sue stesse mani.

Il giovane strinse le labbra, come se stesse ponderando se doveva sentirsi offeso da quel commento. Lily scosse impercettibilmente la testa, persa nei suoi pensieri. Che ci fosse qualcosa che non andava fra quei due era evidente, a meno di non essere ciechi o privi di spirito d’osservazione. Sul fattore sentimentale, forse, era già più difficile indovinare. Ma nei giorni scorsi aveva colto certi sguardi da parte di entrambi, nei momenti in cui pensavano di non essere osservati, che lasciavano intuire qualcosa del genere.

Non era stato difficile arrivare a formulare determinate congetture, per quanto potessero sembrare astruse e campate in aria.

“Beh? Che hai intenzione di fare?”

“In che senso?!”

“Oh, andiamo, Sirius… non si tratta di una ragazzina qualunque. Si tratta di Remus”.

Lui la fulminò con lo sguardo, incrociando le braccia.

“Lo so benissimo, ma appunto per questo tu ed io faremo finta che non sia mai successo nulla”.

Lily strinse la bocca in una smorfia scettica, una di quelle che le riusciva meglio.

“E di lui che mi dici? È d’accordo su questa strategia?” domandò, praticamente certa del fatto che non fosse così.

“Oh, ci puoi giurare. È da non so quanto che fa qualsiasi cosa per ignorarmi”.

Il che era decisamente un comportamento non da Remus.

“Ma se non gli hai parlato direttamente, forse non dovresti saltare a conclusioni affrettate…”

Si fermò, poi si lasciò sfuggire un mezzo sorriso. Forse, qualche anno prima, seguire questo suo stesso consiglio le avrebbe risparmiato un sacco di dolorosi battibecchi con James.

“Lily, dai, non c’è bisogno di scriverselo in fronte a caratteri cubitali. Se i suoi intenti fossero stati diversi, sarebbe venuto a parlarmi. Ma non l’ha fatto, perciò basta, chiuso, non voglio più sentir parlare di questa storia. È stato un errore, un mio errore, d’accordo, ma non si ripeterà”.

Lily sgranò gli occhi, guardando sorpresa il bel giovane afflitto. Non poteva crederci. Se c’era una cosa su cui non avrebbe mai scommesso, era che fosse stato Sirius a cominciare.

“Che hai da fissarmi così?” brontolò Sirius, accorgendosi di essere diventato improvvisamente oggetto di tanto stupore. Lily rise, incredula.

“Niente, ma… complimenti”, gli disse, facendolo incupire di colpo.

“Ti avverto, se dici qualcosa a James di tutta questa faccenda correrò da lui e lo obbligherò a raccontarmi tutti i più sordidi dettagli della vostra prima notte di nozze”.

Lily strinse le labbra, gettandogli un’occhiataccia.

“Sei ancora convinto che io sia una spiona?”

“No, non è questo, è che… non voglio che James lo sappia, tutto qui”, ammise lui, con voce mesta. La ragazza si strinse nelle spalle.

“Wow, sarà forse la prima volta in tutti i tuoi diciotto anni che non gli confesserai ogni dettaglio della tua vita”.

Sirius chinò lo sguardo, contrariato.

“Beh, stavolta non posso… è troppo… nemmeno lui capirebbe. È stato uno sbaglio”.

Si ostinava a ripeterlo, come per convincersene lui stesso. Dopotutto, probabilmente, era normale cercare di pensarla così, al suo posto. Verosimilmente si era trattato di una situazione inaspettata, in cui, a prescindere da cosa fosse successo, sia Remus che Sirius si erano ritrovati catapultati di colpo, senza alcun preavviso. Non era sicura del fatto che James ne sarebbe rimasto scioccato – forse all’inizio, ma James era la tipica persona che non si faceva condizionare da alcun pregiudizio nel momento in cui si trattava dei suoi amici. Di questo Lily era certa. Non si era mai posto alcun problema nel simpatizzare con uno come Sirius, che proveniva da una nobile famiglia Purosangue con la puzza sotto il naso e palesi simpatie per i maghi oscuri, né con Remus, che era di origini umili e per giunta un licantropo, e neppure con Peter, che scolasticamente non era mai stato brillante come lui e non possedeva la sua indole esuberante. Probabilmente sarebbe caduto dalle nuvole dato che, per quanto ne sapeva lei, non c’era mai stata alcuna avvisaglia di una possibile tresca fra quei due. Si erano sempre comportati da amici, come chiunque si aspettava da loro. Eppure, c’era qualcosa che a Lily faceva sorridere. L’imbarazzo di Sirius, il suo senso di colpevolezza, le occhiatacce che Remus gli aveva gettato sotto il suo naso in un paio di occasioni, il fatto che Sirius si fosse preso un incantesimo in pieno petto per salvare Remus… si sforzò di rimanere seria, altrimenti il giovane Black l’avrebbe probabilmente uccisa. Ma personalmente lei non lo trovava così snaturato. Da persona estranea al loro gruppetto intimamente chiuso, aveva sempre visto quei due beccarsi per ogni minima bazzecola, domandandosi più e più volte come Remus fosse in grado di sopportare i tormenti che Sirius gli dava, per puro divertimento, senza lasciargli mai un attimo di tregua, per poi vederli comunque perennemente insieme, pronti a difendersi l’un l’altro o a ridere e scherzare come se nulla fosse, senza che nessuno dei due si facesse problemi a riguardo. Era diverso dal rapporto che condividevano Sirius e James – mancava solo che quei due si completassero le frasi a vicenda per sembrare più simili l’uno all’altro – o di quello che aveva Peter con ciascuno di loro. Peter adorava talmente tanto James e Sirius che molto raramente osava anche solo contraddirli. Si sarebbe buttato dalla Torre di Grifondoro per loro, era evidente. Ma Remus… avrebbe fatto lo stesso per Sirius, questo era certo. Tuttavia, almeno in apparenza, spesso sembrava voler dimostrare l’esatto contrario. Era complicato da spiegare, ma allo stesso tempo così chiaro ed evidente.

“Cosa devo fare, Lily?”

Alzò la testa, sorpresa, interrompendo il corso dei suoi pensieri. Sirius era chino in avanti, il volto nascosto fra le mani. Sembrava davvero disperato.

“Beh, forse… innanzitutto dovresti cercare di capire perché è successo”.

“PER ERRORE!”

“Sirius, che diamine, non c’è bisogno di urlare!” protestò lei, vivamente. Sirius chinò di nuovo il capo.

“Scusa”, mormorò. “Comunque, quante volte te lo devo ripetere? È stato un errore, un grosso, grossissimo errore, niente di più”.

“Oh, Merlino… è una risposta troppo sbrigativa”, sbottò Lily, spazientita. “Anch’io, quando ho baciato James per la prima volta, subito dopo ho creduto di aver fatto un errore”.

“Mi duole contraddire la tua infinita saggezza da mondo delle favole, ma che tu abbia baciato James, in un’ottica esterna, è una cosa assolutamente ed innegabilmente normale”.

“Non è così tanto normale gettarsi fra le braccia di una persona che fino a poco tempo prima affermavi di odiare…”

“Lo è ancora meno fare una cosa del genere con uno del tuo stesso sesso, scusa ma in questo caso vinco io!” esclamò Sirius, piccato. Lily sospirò, arrendendosi.

“Oh, quindi è questo che ti preoccupa? Che tu abbia baciato un uomo?”

“Beh, che diamine, certo che mi preoccupa! Ma non solo: aggiungici anche che l’uomo in questione è un mio amico, uno dei miei migliori amici. E che facendo questa cosa, con cui probabilmente pensavo di rimediare alla spaccatura che c’è fra noi, non ho fatto altro che creare un pretesto definitivo per far allontanare Remus da me senza alcuna speranza di tornare indietro. Ora capisci? È un disastro! Un completo, completo disastro”.

Lily rimase ad osservarlo crogiolarsi nella sua disperazione per qualche secondo. Era indubbiamente una situazione complicata, per di più non aveva idea di cosa fosse quella spaccatura a cui Sirius aveva accennato. James non le aveva mai raccontato nulla a proposito, di conseguenza poteva dedurre che non ne sapesse niente neppure lui. E quindi, probabilmente, Sirius non aveva intenzione di parlarne. Meglio restare concentrati sui fatti recenti.

“Sirius, sei tu che vuoi vederlo come un disastro”, gli disse, convinta. “Forse potrebbe non esserlo. Forse dovresti solo andare da Remus e parlargli, in maniera chiara e concisa”.

Sirius sospirò, distogliendo lo sguardo.

“Lui… non vuole parlarmi”, disse, in un soffio.

“Io non credo proprio”, rispose Lily, decisa a non lasciarlo desistere.

“Te l’ha detto lui?”

“No, ma …”

“…E allora come fai a saperlo?”

“Andiamo, Sirius, Remus non è il tipo da lasciare volutamente in sospeso questioni come queste. Siete adulti, per Godric, dovete fronteggiare la cosa. È una faccenda che riguarda voi due soltanto, perciò nessun altro si intrometterà, te lo garantisco. Ma se non vuoi che James ti faccia domande, non puoi continuare così. Prima o poi si accorgerà che non vi parlate, o che lo fate solo davanti a lui, per far sì che non sospetti niente. Ma ti prego, smettila di pensare soltanto a come ti giudicherebbero gli altri, o l’unica cosa che ci andrà di mezzo sarà la tua amicizia con Remus. E non mi sembra il caso di gettarla via”.

Sostenne il suo sguardo con decisione, sperando con tutta se stessa che capitolasse e le desse finalmente ragione, per il bene suo e per quello di Remus.

Alla fine, lo osservò sospirare con rassegnazione ed annuire, e si concedette di esultare mentalmente.

“E va bene, lo farò…”

“Ottimo”.

“Ma lui mi riderà in faccia, sappilo, e allora io darò la colpa a te”.

“Ritieniti autorizzato”, rispose, con noncuranza. L’importante era che quei due si parlassero e basta.

“Non ci credi, eh? Vedrai, te lo dimostrerò!”

“Oh, piantala, Sirius, non devi dimostrare nulla a nessuno! Smettila di fare il bambino troppo cresciuto…”

In quel momento, la porta si spalancò di botto. James entrò, veloce come un fulmine, pallido in volto.

“Ehi”, lo salutò Lily, sorridendo. Lui non emise fiato. Rimase serio, poi le si avvicinò, lentamente. Sirius si fece da parte, osservandolo con aria preoccupata. Sembrava che tutta la voglia di vivere gli fosse defluita via di colpo, lasciando posto ad un corpo ambulante.

Lily alzò lo sguardo, ma James non la guardò negli occhi. Senza ancora aver aperto bocca si cavò di tasca una busta spiegazzata, la rimirò per un attimo con sguardo vacuo e poi gliela consegnò. Solo in quel momento lei notò il luccichio che offuscava le sue iridi nocciola.

“Non so come dirtelo… l’ho trovato a casa stamattina”, mormorò, con un filo di voce. Lily estrasse il contenuto della busta. Era un biglietto di Petunia, scritto con una grafia un po’ più tremolante del solito.

Lo lesse, dopodiché desiderò di potersi svegliare da quel brutto sogno.

 

*

Ne era venuto a conoscenza per puro caso ed era altrettanto per caso se adesso si trovava lì, esattamente quando anche lei si era recata in quel luogo.

Non credeva di trovarcela, non se l’aspettava nella maniera più assoluta.

Il necrologio datava la loro morte ad un paio di giorni prima, quindi forse era dal funerale che veniva lì a far loro visita.

Poteva immaginare il dolore che provava.

Fu un colpo al cuore intravederla lì; avrebbe desiderato ardentemente essersi sbagliato, ma era impossibile non riconoscere il suo corpo esile e i suoi capelli color cremisi anche da centinaia di metri di distanza. Era dalla fine della scuola che non si incrociavano più, ma non aveva smesso di pensarle un solo giorno.

Povero sciocco.

Sapeva che si era sposata. Con quell’insulso pallone gonfiato, per giunta. Era una delle cose che non le avrebbe mai perdonato: fra tutti quanti, tutti quelli che la volevano e che avrebbero pagato oro per trascorrere almeno un’ora soli con lei, proprio lui aveva dovuto scegliere? Si era tormentato segretamente per mesi cercando di capire il perché. Certe volte, lasciandosi sopraffare dall’ira, pensava che di sicuro l’aveva fatto apposta, per ferirlo. Aveva scelto Potter con il preciso scopo di osservare compiaciuta mentre lui si dilaniava nella sofferenza più atroce. E questo pensiero, in realtà, lo consolava. Perché se fosse stato così significava che, in realtà, non provava niente per quell’arrogante bastardo.

Tuttavia, era ingiusto attribuirle una tale cattiveria. Lily non era capace di un gesto simile, anche se ora lo detestava.

Perciò, forse, prima o poi avrebbe accettato la realtà.

In fondo, era solo l’ennesimo inganno in cui per anni si era crogiolato, quello di credere veramente alle parole di Lily quando affermava con sicurezza di detestare James Potter. Così come si era illuso fino alla fine che, standole vicino ogni giorno, prima o poi lei lo avrebbe guardato con occhi diversi da quelli di semplice amica. Migliori amici, come diceva sempre lei.

Ma era stato sufficiente un po’ di forzato idealismo per mettere fine alla loro amicizia. Forse anche su quella aveva preso un abbaglio.

Fece per avvicinarsi di qualche passo, ma poi si fermò, scoraggiato. Cosa pensava di fare? Andare a consolarla? L’avrebbe respinto. Perché lui ora stava dall’altra parte. E lei lo sapeva.

Con la sua intelligenza e le capacità di cui era dotata avrebbe potuto fare cose molto più eclatanti ed ammirevoli che servire nell’ombra uno come Silente. Uno che aveva tenuto per sette anni a Hogwarts un Lupo Mannaro, facendo correre un rischio incredibile a quegli studenti di cui tanto affermava di preoccuparsi.

Lei continuava a dargli le spalle. Chissà se era cambiata, se il suo viso si era fatto più dolce, più stanco. Non assomigliava per nulla a quella strega di sua sorella; Lily aveva preso tutto dal padre. Si sforzò di non pensare ai pomeriggi trascorsi a casa sua, a finire i temi delle vacanze estive. Sua madre, forse, aveva capito. Ogni tanto gli aveva fatto qualche battuta. Ma lei no, non si era mai sforzata di vedere cosa ci fosse sotto.

E non era di sicuro intenzionato ad andarglielo a dire, non ora che era sposata con James Potter.

Aveva portato dei fiori comprati in un negozio di maghi. Di quelli che non appassivano se non dopo anni. Voleva lasciare agli Evans qualcosa che fosse degno di loro, non un mazzo dozzinale che dopo qualche giorno sarebbe già stato da buttare. Erano stati sempre molto buoni con lui, non l’avevano mai giudicato per il posto in cui viveva, per come si vestiva o per il fatto che sua madre non fosse mai passata a ringraziarli quando lo facevano restare a cena. Lily aveva indubbiamente preso da loro. Poi, però, un giorno qualcosa dentro di lei era cambiato. E non c’era stato più nulla da fare.

Si domandò perché fosse lì da sola. Suo marito era così attento e premuroso da non averla neppure accompagnata sulla tomba dei suoi genitori. Strinse i pugni, con rabbia. Se fosse toccato a lui, non si sarebbe comportato così. Non l’avrebbe mai lasciata sola. Mai.

Soltanto perché per una volta si era lasciato travolgere dalla rabbia e dall’umiliazione. Aveva sbagliato, certo, prendendosela con lei. Ma avrebbe fatto qualsiasi cosa per rimediare, si sarebbe perfino tagliato un braccio.

E invece aveva passato i restanti due anni a Hogwarts ad osservarla da lontano, reprimendo qualsiasi sentimento con forza brutale. L’estate non era andato a trovarla a casa. Quando si era sparsa la voce che si vedeva con Potter, si era impegnato ancora di più per non lasciar trasparire la sua ira cocente agli occhi dei suoi compagni, perché altrimenti avrebbe disonorato ciò di cui faceva ormai parte. Ma non gliel’aveva mai perdonato.

Ora, però, che motivo c’era di portare ancora rancore? Lily stava vivendo un lutto, probabilmente il peggiore della sua vita. Lui, in passato, era stato suo amico. Aveva conosciuto i suoi genitori. Era un suo diritto andare su quella tomba a lasciare loro i suoi fiori, qualunque cosa ne pensasse lei.

Non aveva il potere di impedirglielo.

Si avvicinava lentamente, guardando a terra, contando i passi che li separavano. Il cuore gli batteva all’impazzata nel petto. Che doveva fare? Ignorarla? Salutarla? E se poi lei avesse fatto finta di non vederlo? Sarebbe stato ancora più umiliante…

Alzò gli occhi e vide che lei si era voltata e lo stava fissando.

Ormai era troppo tardi per ripensarci.

“Che ci fai qui?” gli domandò, gelida. Lui si fermò. I suoi occhi brillavano ancora intensamente, come un tempo.

“Ho mancato il funerale, non lo sapevo”, spiegò, mostrandosi impassibile. Era diventato abile, ormai nulla traspariva dal suo volto. Dedicarsi all’approfondimento degli studi in Occlumanzia durante quei mesi trascorsi dalla fine della scuola gli aveva giovato molto in questo senso.

“Se è per quello, anch’io non c’ero. Ma sono sicura che tu sappia il perché. Porta i miei ringraziamenti al tuo signore per questo”, gli rispose, sprezzante. Severus ebbe un tuffo al cuore. La battaglia della notte precedente… doveva essere rimasta ferita. Non era venuto a conoscenza dei dettagli, si stava occupando di altre faccende in quella circostanza.

“Non avresti dovuto unirti a quella banda di sciocchi…”

“Oh, e da quando sei tu a dirmi cosa devo fare della mia vita?”

“Non ho mai voluto che la rischiassi, a differenza di qualcun altro”.

“Io credo che ti convenga limitarti a sperare che un giorno non ci troveremo faccia a faccia in una situazione come quella dell’altra notte. O sei con Voldemort, o sei contro di lui”.

Severus non reagì a quella frase sferzante. La guardò semplicemente negli occhi, poi chinò il capo.

“Mi dispiace per la tua perdita”, le disse, in tono compunto.

“Ti ringrazio”.

Con quella nota di sarcasmo che ancora aleggiava nell’aria, Lily lo superò e se ne andò a passo spedito. Severus non si voltò indietro per guardarla andare via, per quanto lo desiderasse; si limitò ad espirare, lasciando fuoriuscire dai polmoni tutto il fiato che finora aveva inconsapevolmente trattenuto.

Avanzò lentamente verso la tomba dei suoi genitori. Non avendo potuto seppellirli, il suo dolore doveva essere ancora più grande. Non poteva certo sperare di consolarla, ormai. Ma avrebbe voluto farlo. Ci sarebbe stato sempre, per lei, se solo Lily lo avesse voluto.

Ma Lily non voleva. L’aveva rifiutato già da tempo e lui ne era ben consapevole. Avrebbe dato la vita per poter tornare indietro nel tempo e mutare il corso degli avvenimenti di quel giorno maledetto, uccidendosi piuttosto, se proprio non poteva fare altro, ma neppure la più potente delle magie poteva aiutarlo.

Depose i fiori a fianco della lapide della signora Evans, mentre una lacrima silenziosa gli scendeva lungo la guancia.

 

*

Quando Remus passò a trovarlo, quella sera, Sirius era perfettamente sveglio. Il giorno dopo l’avrebbero finalmente lasciato andare a casa. James aveva accompagnato via Lily, che aveva chiesto di essere dimessa prima del tempo, mormorandogli soltanto un breve saluto. Ma non c’era ragione di offendersi. In quel momento, dopo un recente scontro ravvicinato con Voldemort e dopo aver dovuto dare alla propria moglie la notizia che i suoi genitori erano morti, sepolti da un’improvvisa valanga durante una passeggiata in montagna, James era sicuramente in stato di shock. Avrebbe voluto fare qualcosa per lui, ma finché era bloccato lì non c’era che da rassegnarsi e aspettare. Gli dispiaceva per Lily, gli dispiaceva un sacco. Quello non era sicuramente il momento più adatto per ricevere una notizia del genere. Il fatto che poi fosse rimasta un paio di giorni in ospedale sotto sedativi le aveva fatto perdere il funerale organizzato dalla sorella, dato che James era rimasto tutto il tempo insieme a lei e aveva trovato il biglietto recapitato a casa loro soltanto quella mattina. La sfortuna aveva colpito duramente, quella volta. Ma per il momento lui non era nella posizione di poter fare alcunché.

Aveva comunque un problema piuttosto urgente da risolvere e aveva trascorso l’intera giornata lambiccandosi il cervello per cercare le parole giuste da pronunciare, una volta che Remus gli fosse comparso davanti. E adesso era pronto. L’aveva accolto con un saluto cortese, neutrale, aveva perfino fatto un paio di battute nel tentativo di farlo ridere quando lui gli aveva chiesto scusa per ciò che era successo e l’aveva ringraziato per essersi messo in mezzo durante la battaglia. Tuttavia, ciò che aspettava con ansia era il momento in cui avrebbe pronunciato il suo perfetto discorso. Lily aveva ragione, quella faccenda andava risolta. Ma c’era un solo modo di risolverla che non contemplasse il dare inizio a litigi e rancori eterni ed irreparabili.

“Senti, io ci ho riflettuto su attentamente… guardati intorno, guarda dove siamo. Rischiamo le nostre vite tutti i giorni, Lily e James sono sfuggiti a Voldemort in persona per miracolo, ma per quello che ne sappiamo potremmo lasciarci la pelle domani, o dopodomani. E io non voglio che questo succeda mentre noi due abbiamo smesso di parlarci per una sciocchezza. Dimentichiamo tutto, lasciamocelo alle spalle e restiamo amici. Ti prego, Moony”.

Remus lo osservò in silenzio per molti, lunghissimi secondi. Aveva lo sguardo vacuo, perso nel nulla. Sirius aspettò, trattenendo il fiato. Aveva seriamente paura che di lì a poco esplodesse e si mettesse a prenderlo a pugni. Perché in teoria ne avrebbe avuti tutti i diritti. Quello che gli aveva appena chiesto era di ignorare totalmente un problema, fare finta che non fosse mai successo e continuare come se niente fosse ad essere amici, amici. Dopo quello che avevano fatto, era semplicemente ridicolo. Lo sapeva, l’aveva sempre saputo che c’era qualcosa, un tarlo che gli rodeva la mente, un’inquietudine che aveva sempre covato dentro fin dagli anni della scuola. Ma non aveva mai capito. Non aveva mai collegato nulla, forse perché c’era James che faceva in modo di impiegare quasi tutte le sue energie. E perché c’era Peter, sempre insieme a loro. Non c’erano mai stati lui e Remus e basta. Non fino a qualche settimana prima. Eppure, quello che voleva era davvero dimenticare tutto. Era una cosa troppo grande da affrontare, checché ne dicesse Lily, e lui non ne era capace. Non poteva condurre una conversazione sui loro istinti sessuali deviati, era al di fuori di ogni umana concezione. E non ne avrebbero cavato nulla, anche se ci avessero provato. Sarebbero solo finiti a darsi la colpa l’un l’altro nel tentativo di stabilire chi avesse iniziato a fare cosa.

I secondi passavano e Sirius non faceva altro che pregare che Remus accettasse.

“Va bene”, disse infine. Sirius corrugò la fronte, incerto, e lo osservò per cercare di capire se fosse serio. Non si aspettava che capitolasse così facilmente. Remus non si comportava così, di solito. Preferiva risolvere le cose, metterle bene in chiaro.

“Sei sicuro?” gli domandò. Moony stirò le labbra in un sorriso lieve.

“Sì, certamente. Va bene così, Sirius. Siamo amici. È tutto a posto”.

Ora avrebbe dovuto tirare un sospiro di sollievo, in teoria. Ma per qualche assurda, inspiegabile ed irritante ragione si sentiva ancora più inquieto di prima.

“Ora, scusami ma sto morendo di fame. Ti devo lasciare. Vado a chiedere che portino da mangiare anche a te, se vuoi”.

“Oh, sì, ti ringrazio”.

Era finto. Tutto tremendamente finto. Ma doveva sforzarsi al massimo per essere convincente, di modo che quella faccenda finisse morta e sepolta nelle loro coscienze, perché sarebbe bastato un niente a farla riaffiorare.

Quando Remus uscì dalla sua stanza, Sirius si accorse che sentiva come una specie di enorme macigno pesargli sul petto.

 

 

 

And I die, when you mention his name.

And I lied, I should have kissed you when we were runnin’ in the rain.

What am I, darlin’?

A whisper in your ear? A piece of your cake?

What am I, darlin’?

A boy you can fear or your biggest mistake?

 

(Damien Rice, Cheers, Darlin’)

 

 

 

Nota di fine capitolo: c’è un motivo per cui ho fatto sì che Lily sappia di Remus e Sirius. Prima di tutto perché Lily e Sirius dovevano essere, secondo le idee della Rowling, molto amici (il tono con cui lei gli scrive quella lettera che Harry ritrova a Grimmauld Place non è certo quello di una persona indifferente, o di una semplice conoscente), e se in questa fanfiction siamo già al punto in cui i rapporti fra loro sono cordiali, sentivo che ci fosse bisogno di arrivare ad un gradino di confidenza maggiore. Per cui, ho pensato che nulla potesse farli avvicinare tanto quanto la condivisione da parte di Lily della loro storia. È una sorta di segreto che resta fra loro, che farà sì che Sirius si confidi con lei. Invece, per quanto riguarda Remus, so che la Rowling aveva espresso pensieri favorevoli per quella scena del terzo film in cui il suo personaggio dice a Harry che lui era molto legato a Lily perché lei gli era rimasta vicino in momenti in cui nessun altro c’era. Beh, quei momenti a cui si riferisce non possono che essere quelli in cui tutti sospetteranno erroneamente di Remus come spia e lo estrometteranno dal gruppo al punto tale che non sarà nemmeno messo al corrente dello scambio tra Sirius e Peter. Nella mia idea, dunque, Lily non crederà mai che lui sia la spia. E questo anche perché sa di come Remus è coinvolto con Sirius. Ma è inutile dilungarsi troppo per ora, ci arriverò prima o poi (più poi che prima, visto che per ora siamo ancora agli eventi del ’79 XD).

Altra cosa: il motivo per cui ho fatto sì che Lily mancasse il funerale dei genitori è che viene detto da qualche parte (non ricordo se in uno dei libri o in un’intervista a JK Rowling) che Lily e Petunia dopo la scuola non si vedono più, ma mantengono semplicemente qualche scarso contatto.

Ultimissima cosa: è la prima volta che scrivo dando voce a Piton, è uno degli esperimenti che da tempo volevo fare. Pareri spassionati sulla resa del personaggio mi sarebbero molto, molto utili. Ringrazio ancora una volta tutti coloro che mi lasciano bellissime recensioni, non so davvero come farei senza di voi ♥

A presto!

   
 
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