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Autore: eleanor89    22/09/2011    34 recensioni
Questa storia racconta dei Malandrini e di tutte le persone venute a contatto con loro a Hogwarts e negli anni successivi; tanti pezzi di vita che possono avere un significato importante nelle loro esistenze o essere episodi di normale quotidianità.
Avanti e indietro nel tempo, momenti di gioia e di dolore: ecco a voi una lunatica e pessimista Lily Evans, Un Frank Longbottom calmo e che non si lascia influenzare dai suoi pazzi amici, una Alice sportiva e dura, una Mary McDonald civettuola e allegra, e naturalmente Severus Snape, Regulus Black, i Lovegood, tutto l'Ordine della Fenice, compresi i magnifici Prewett, la spaventosa Dorcas, e tanti altri ancora.
Ultimo capitolo: Come Alice soprannominò James "Capitano": "James individua Alice da sola il giorno dopo Natale e pensa che avrebbe preferito non aver stampato sulla fronte il segno di una delle pantofole pelose di Remus, che Sirius gli ha lanciato quando ha ripreso a cantare. Le pantofole sono state trasfigurate da lui – ed è abbastanza sicuro che Remus le preferisca così – ed è ingiusto che siano state usate per tentare di stroncare la sua futura carriera."
Genere: Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Severus Piton | Coppie: James/Lily
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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- Questa storia fa parte della serie '70's students.'
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Note importanti: questa NON è la fine della storia. Essendo il capitolo 100 è una sorta di bonus/extra. Potete considerarlo anche un sogno a un passo dalla morte se volete, ma per me è tutto vero. A vostra scelta.

 

Il Lethifold è il nome di un animale dall’aspetto di un velo che emette suoni di richiamo verso le sue vittime e le ingoia intere, in particolare prende di mira animali e turisti nel cuore della notte, mentre dormono e non possono difendersi, muovendosi molto silenziosamente. Vive nelle foreste tropicali e ha cinque stelle di pericolosità. Un velo che emette strani mormorii… Metteteci un arco attorno. Familiare, sì?

 

Inoltre mentre scrivevo ho ascoltato Gintama soundtrack 2)36, ve lo consiglio anche a voi perché è molto “pacifico”. Comunque, allegria!

 

E questo è anche e soprattutto per chi ancora sta male per la morte del quinto libro e per le tante altre precedenti e successive.

 

 

100 Epilogo [senza tempo]

 

 

«Avanti, puoi fare di meglio!» le gridò, la voce echeggiante nella vastissima sala. Il secondo getto luminoso lo colpì in pieno petto.

 

Sirius aprì gli occhi e vide tutto bianco. Il che era in qualche modo meglio e peggio del rosso precedente.

Si mise a sedere, scoprendo di essere nudo e in un posto molto simile alla Stazione Nove e Tre Quarti, solo più luminoso e deserto.

Per prima cosa desiderò dei vestiti e poi, nello stesso momento in cui scopriva di averli addosso, si chiese cosa ne fosse stato del Ministero e capì di colpo e senza ragione di essere morto, colpito prima da Bellatrix e poi inghiottito da un Lethifold che se l’era mangiato vivo.

Mangiato da una specie di tenda: la morte più stupida di sempre.

Non voleva ricordare il dolore e questo non tornò a galla, ma mettendosi in piedi notò che le sue mani erano diverse e pensò che gli sarebbe piaciuto avere uno specchio.

Un istante dopo uno specchio comparve dal nulla, o per meglio dire si era sempre trovato lì, e lui fu in grado di vedersi: non era più quell’uomo vecchio e rovinato che aveva imparato a conoscere ma mai ad amare: era il ragazzo che era stato quando James era ancora con lui, coi capelli di nuovo corti, il viso meno pallido, gli occhi brillanti, gli abiti da motociclista…

«No! Sei vestito? Speravo di beccarti prima!» cinguettò una voce allegra.

Sirius si voltò così velocemente che rischiò di cadere e trovò alle sue spalle Mary, che sorrideva radiosamente, coi capelli in parte sciolti e in parte trattenuti da due codini alti ai lati della testa, due fiocchetti viola legati intorno ad essi. Era appena più adulta di come la ricordava, come se avesse scelto di adattarsi all’età che lui dimostrava e sentiva come propria, e stava indossando una veste da strega celeste che era certo di averle sognato addosso almeno una volta. «Ciao, stella».

Le labbra di Sirius si piegarono in un sorriso nello stesso momento in cui i suoi occhi si velavano, e lei chinò leggermente la testa di lato.

«Sono venuta a prenderti, mi sei mancato così tanto, anche se potevo sentirti con me! Gli altri ci aspettano dall’altra parte, stanno tenendo d’occhio l’altro mondo, è un po’ come avere la televisione» spiegò lei, parlando molto velocemente e con lo stesso tono acuto e allegro che lui ricordava.

«Tu…» mormorò, prima di lanciarsi verso di lei e stringerla tra le sue braccia, baciandola con trasporto.

«Oh beh…» sussurrò lei quando l’ebbe finalmente lasciata andare. «Mi è sicuramente mancato anche questo».

«Ti amo, lo sai? Ti avrei davvero sposata e ti ho amata per tutto questo tempo» ribatté lui, serio nonostante l’espressione di lei lo invitasse a fare soltanto l’idiota e divertirsi.

Mary si addolcì, «Vale anche per me. Ma prima di cominciare con questi discorsi, non hai alcuna domanda?»

Sirius annuì, poi si guardò attorno: «Dove siamo?»

«Tu dove pensi di essere?»

«Non lo so!» esclamò lui, sorpreso. «King Cross?»

Mary ridacchiò, «Certo, avrei dovuto immaginarlo. Da qui sei finalmente arrivato a casa tua per la prima volta. No, siamo in una specie di limbo. Ormai avrai capito che sei morto, vero?»

Lui annuì di nuovo, poi assottigliò lo sguardo: «Non dovresti essere un po’ più delicata con un neo-deceduto?»

«Perché, cosa senti? Paura?»

Sirius ci pensò un momento: non era preoccupato per Harry, il suo primo pensiero, perché sapeva che sarebbe stato bene. Non aveva paura, né alcuna preoccupazione o dolore.

«No. Non sento altro che tranquillità».

«Questo perché queste sensazioni o sentimenti o come li vuoi chiamare hanno a che fare con le ghiandole, e tu non ne hai più. Quindi non puoi sentire niente» spiegò lei, mettendo le mani dietro la schiena. «Io comunque vedevo il tuo appartamento, prima che me lo domandi».

«Aspetta…» mormorò lui, perplesso. «Ma io sento gioia e sento di amarti. Questo non ha a che fare con le ghiandole?»

«Beh, sì, in teoria. Forse l’amore e la gioia vengono dalle ghiandole dell’anima» suggerì lei, sollevando un dito, «Gli altri sentimenti arrivano dal corpo invece».

Sirius spalancò gli occhi, non capacitandosi di ciò che aveva sentito: «Quello che hai appena detto non ha senso!»

Lei rise di nuovo, «Avevo molto più senso prima, da viva?»

«No» ammise Sirius, «Ma mi stai confondendo parecchio».

«Bene» ridacchiò lei. «È il mio lavoro. No, non è vero, sono solo venuta ad accoglierti per sbaciucchiarti prima che il tuo vero amore ti portasse via da me. A proposito di lui, i Potter stanno tenendo d’occhio Harry, se non l’avessi capito, per questo non sono qui».

«Lo immaginavo. Ma so già che starà bene, per questo non ho chiesto di lui e sto aspettando che mi porti via» disse lui, fiducioso, prima di aggrottare la fronte: «Come lo so?»

«Oh, sono cose che arrivano da sole nella nostra testa. Testa che non c’è. Comunque di solito ci vuole un po’ di più perché succeda, a meno che non si tratti di persone che amiamo incredibilmente tanto e quindi siamo legati a loro abbastanza da sapere che se la caveranno e goderci la nostra pace. Tu sentivi Harry come un figlio, ecco perché sai già che se la caverà».

«Ha senso» disse lui e i due cominciarono a camminare verso i treni.

«Cosa vedi ora? Dammi una mano…» cinguettò lei. «Io sono ancora a casa tua».

«L’Hogwarts Express» indicò lui. Il treno che lo aveva sempre portato nella sua vera casa felice, la prima.

«Allora saliamoci. Tra qualche anno dovrai prenderlo di nuovo, Harry vi chiamerà a sé.»

«Come sarebbe, ci chiamerà a sé?»

«Te lo spiego dopo. Non preoccuparti, andrà tutto bene, lo sai. Comunque ogni tanto possiamo far visita ai vivi, non ricordi i tuoi sogni?» domandò lei, davanti alla portiera del treno. Sirius l’aprì, capendo di vederla solo lui, e le fece strada per poi andarsi a sedere in uno scompartimento.

«Quando ti sognavo era vero?» domandò dopo qualche secondo e Mary lo guardò con aria confusa.

«Mh? Oh, sì. Cioè, dipende».

«Ti eri già scordata che-»

«Hai presente quando uno, diciamo tu, ami tanto una persona e questa muore e ogni tanto, ma solo ogni tanto, fai sogni in cui quella persona passa di lì a dirti che sta bene, oppure è semplicemente nei dintorni e tu la vedi tutta felice e che ti saluta? Beh, quello è sempre vero, siamo davvero noi che passiamo a dire “ciao”. Non si può fare sempre, ma ogni tanto c’è qualche piccolo… passaggio aperto, diciamo».

Sirius pensò che era davvero una cosa bellissima e avrebbe tanto voluto farla sapere a Harry e agli altri, ma un altro pensiero, molto meno felice, lo colse.

«Ma allora è vero anche quando sogni che quelle persone soffrono?»

Mary scosse la testa: «No, stella. Se qualcuno è in un posto peggiore non ha certo modo di venire a salutare, no? Quelli sono incubi, io parlavo di sogni. Certo, la maggior parte di quelli con noi morti vengono dimenticati e uno si sveglia semplicemente felice senza sapere il perché, ma qualche volta si fanno sogni che si ha la sensazione siano veri. Non tutti i sogni, naturalmente, ma quelli di quando ti svegli e ti stai chiedendo se magari non era tutto vero, perché ti sembra proprio che qualcuno ti stesse lasciando un vero messaggio dall’altro mondo. Quelli lì sono veri. È un vero “ciao”.»

Sirius annuì di nuovo, sembrava non essere più in grado di fare altro, e poi le sfiorò i capelli con una mano. «Sei sempre bellissima».

«Non invecchio. Il mio sogno» sghignazzò lei, guardandolo con occhi innamorati. «Il mio Tartufo. Adoro che tu abbia usato il mio nomignolo per Harry.»

«Non ne ho mai dimenticato uno».

«Lo so».

Il treno si fermò e Sirius spostò la mano davanti a lei istintivamente per frenarne una eventuale caduta.

«Fermati?» domandò lei e poi sorrise raggiante e si alzò in piedi di scatto. «Guarda qui chi c’è… seguimi!»

«Sei il più bel traghettatore dell’aldilà che abbia mai visto…» commentò lui, in tono appena più malizioso. «Se non ho il mio corpo, come mai ti apprezzo tanto?»

«Dev’essere il tuo testosterone spirituale».

«Non hai senso!» protestò lui, ridendo mentre si alzava e la seguiva verso il corridoio.

Mary camminava saltellando, e si voltò per dire: «E poi non sono per niente la più bella, avresti dovuto vedere Peter quando accompagnava i bambini…»

«Chi?»

«Peter Pan, una fiaba babbana. Lo sai che tutte le fiabe, babbane e magiche, sono reali? Sono memorie, magari un po’ diverse perché uno non ricorda mai le cose oggettivamente, ma pur sempre memorie. C’è davvero un bambino che si prende cura dei bambini persi e c’è davvero il coniglio che si scontra col verme gigantesco, anche se in realtà sotto sotto sono amici. Babbity Rabbity o come si chiama. È tutto vero. Solo che sono tutti felici perché sono da questa parte e aiutano la gente che sta dall’altra, o l’aiutavano e ora vengono ricordati come favole da gente che ha conosciuto qualcuno legato a loro o ha avuto esperienze pre-morte».

Sirius la fissò per qualche secondo e poi commentò: «Mi prendi in giro».

Lei sorrise furbescamente, indicandogli l’uscita: «Forse».

La sua risposta fu ridere e scendere i gradini, ritrovandosi di nuovo immerso nel bianco per qualche secondo, prima che casa dei Potter comparisse davanti ai suoi occhi; qualche passo più avanti c’era anche lui, con occhiali storti sul naso, maglietta larga, capelli inguardabili ed espressione emozionata. Sirius, a dispetto di non avere un vero cuore, ghiandole e tutto quello che Mary si era probabilmente inventata sul momento essendo la pestifera ragazza che era sempre stata, sentì un enorme calore al petto e tutta la voglia di ridere e piangere del mondo. Fece un passo avanti e James allargò le braccia.

«TU! Sei stato mangiato da una TENDA!» gli urlò.

Sirius gelò.

«La morte più ridicola del mondo!» continuò James, scoppiando a ridere.

«Vaffanculo! Non posso credere che questa sia la prima cosa che tu mi abbia detto!» ruggì Sirius, e un attimo dopo lui e James si stavano abbracciando stretti, e l’amico mugugnava un «Grazie per Harry e per tutto» con voce rotta.

«Ti voglio bene, lo sai?» sussurrò Sirius e lo sentì annuire.

«Anche io, non ne hai idea» mormorò James. «Ma evitiamo scene così d’ora in poi, che so già che Lily avrà l’eternità davanti per sfottere».

Sirius lo lasciò andare e si voltò verso di lei, che se ne stava in piedi accanto alla porta col gatto in braccio e un sorriso caloroso che le faceva brillare gli occhi verdi.

«Lo sai che non ti abbiamo mai odiato o biasimato, non è vero? Erano solo incubi e allucinazioni, noi non abbiamo mai smesso di amarti, di esserti grati per tutto quello che stavi facendo e avevi fatto» lo informò lei con voce alterata dall’emozione, mettendo giù Pluffa.

«Lily…» fiatò appena lui, muovendosi verso di lei. Lily gli corse incontro e lui l’afferrò fra le braccia, facendola roteare per aria. «Voi due maledetti! Mi siete mancati così tanto!»

«Non ce ne andremo più» promise James con un gran sorriso e Sirius ghignò in risposta, mettendo Lily giù.

Si squadrarono per bene prima che lui si chinasse a salutare Pluffa grattandole la testa.

«Quindi non sei andato a letto con nessuna dopo la mia morte, eh?» domandò Mary distrattamente. «Sei praticamente un quasi vergine».

«MARY!»

«Cosa ti aspetti da uno che è morto per via della tappezzeria?» domandò Lily serenamente, con la stessa espressione adorabile e sorridente di prima. «Non è che avesse tutta questa scelta, evidentemente le donne fiutavano la sua fine…»

«ERA UN LETHIFOLD! MI HA MANGIATO

«Sei morto mangiato da una specie di pianta, quindi, capisco…» annuì James tra sé e sé.

«Un animale, pezzo d’imbecille…»

«Dicono tutti così…» commentò una voce fredda.

Sirius chiuse gli occhi per un istante e poi andò lentamente verso la porta della cucina: alla finestra stava seduta Dorcas,fumando ed era avvolta nel tipico mantello grigio. «Ciao, cane».

«Così sei morto per salvare il cerbiatto, eh? Bel lavoro» approvò Fabian, appoggiato al frigo. Accanto a lui c’era Marlene, seduta sul marmo accanto ai fornelli, con le gambe che dondolavano appena coperte dalle calze arancioni.

«Stiamo tutti aspettando che dia a Vold quello che si merita» lo informò lei, scuotendo leggermente i corti capelli rossi.

Gideon, sedendosi accanto a Dorcas e poggiando una mano sulla gamba della donna, annuì, «Sei stato bravo, sai? Non sappiamo mai i dettagli, solo le cose alla lontana, e Dor pensava che saresti impazzito prima».

«Non dovresti dirglielo!» si lamentò Edgar, affacciandosi alla finestra, mentre Dorcas quasi bruciava la mano di Gideon con la sua sigaretta per averla chiamata in quel modo. 

«Si può bruciare». rispose Elphias alla tacita domanda di Sirius. «Se entrambi pensano che possa farlo. E la conosci, lo pensano entrambi».

«Siete tutti qui…» disse lui, trovando Mary di nuovo accanto a sé e prendendola per mano.

«Certo, siamo passati a salutarti» disse Regulus, passandogli davanti e spostando Fabian dal frigo per aprirlo. «Non c’è tacchino? Mi piace il tacchino, perché non ne hanno mai?»

Sirius sobbalzò e seppe cosa Regulus aveva fatto, il modo in cui era morto.

«Reg…»

«Risparmia i piagnistei» tagliò corto lui, tranquillo. «Questo frigo è sempre vuoto».

«Vuoto? Perché non te ne vai a casa tua a mangiare?» ribatté Caradoc, che era a tavola e stava tagliandosi una bistecca. Benjy annuì, seduto accanto a lui che giocava a carte con la moglie di Caradoc e una ragazza che Sirius ricordò chiamarsi Cordelia ed essere una vecchia amica di Mary.

Sirius si appoggiò del tutto alla ragazza e la guardò: «Mary?»

«Sì?»

«Perché i morti mangiano? Perché hanno una casa, anzi?»

«Mangiano perché vogliono sentire i sapori e hanno case perché questo è come tutti finiscono per immaginare le cose qui. Credo che ognuno abbia il suo posto personale, ma dato che tutti finiscono sempre per cercare le persone che conoscevano, finiscono col vedere anche i posti degli altri. Come se io fossi di continuo nel limbo e imparassi a vedere King Cross quando sono con te».

«Hai visto King Cross?» domandò Lily, porgendo un piatto con tacchino a Regulus e spalancando gli occhi. «Anche io!»

«Io ho visto il campo da Quidditch, mi deludi» commentò James allegramente.

«È da pazzi…» sussurrò Sirius e poi si riscosse: «Ma tutto questo è reale o me lo sto immaginando da qualche parte?»

«Entrambi, probabilmente».

«Mary, non inquietarlo!» rise Lily. «Mi spiace, Sirius, ma sei davvero morto. Neanche noi sappiamo tutto di qui, ma siamo felici e in pace, suppongo sia questo quello che conta. Lo capirai vivendolo… oddio, posso usare questo verbo?»

«Lo capirai esistendolo» offrì James brillantemente.

«Esatto. No, no, per niente. Comunque, lo capirai da solo. Ora devi solo abituarti, sei appena morto dopotutto» lo rassicurò lei, dando una pacca a James.

«Dobbiamo aspettare gli altri, anche. Il resto dell’Ordine e poi Harry e tutti quanti»

«Harry tra molto tempo» precisò James severamente e Sirius sorrise d’istinto.

«Sposerà Ginny, vero?»

«Sembrerebbe. Mi piace» disse Lily. «Lo spero».

«E Remus, oh, il mio occhi d’oro…» cominciò Mary con voce ancora più acuta.

Il sorriso di Sirius divenne un ghigno e lui incrociò lo sguardo di James.

«Oh, bene».

«Tonks.»

«Già».

«La cuginetta».

«Già già».

«Lo sfotteremo per sempre» annunciò James, trovando finalmente la sua vendetta per i milioni di prese in giro nei suoi confronti.

«Ci puoi giurare».

Lily sospirò un po’ troppo profondamente per essere credibile e Mary iniziò a ridere di nuovo. A Sirius era mancato incredibilmente quel suono e l’abbracciò, aspettandosi di sentirne il profumo e trovandolo subito.

«Prendete una stanza…» finse di tossire Fabian e tutti risero. 

«Perché tu e Marlene siete così delicati da farlo, vero?» commentò Harry Sanders, il ragazzo che Sirius ricordò essere il primo a morire quando frequentava Hogwarts. «Lily, prendo in prestito Pluffa, voglio farlo conoscere al nuovo gatto di mio fratello».

«Certo, fa pure!»

«Tra due anni dovremo andare» disse improvvisamente Sirius e Lily e James annuirono.

«Il mio Harry avrà finalmente una vita normale, dopo…» sospirò lei, portandosi una mano al petto.

«Già, ormai il nostro bambino è grande…» commentò James con affetto.

Sirius annuì, tenendo ancora le braccia attorno a Mary e lanciando un’occhiata a Regulus, che ricambiò con un pigro sorriso.

Era da pazzi, ma erano i suoi pazzi, quindi tutto andava bene.

 

Si era abituato davvero, alla fine, scoprendo anche come tenere d’occhio Harry e gli altri e cercando di farsi sentire vicino a lui per quanto fosse difficile. Aveva riso tantissimo ai tentativi del suo figlioccio di piacere a Ginny, e quasi pianto, e imprecato e scommesso su chi avrebbe fatto la prima mossa, al disastro del corteggiamento e matrimonio tra Remus e Tonks e alla nascita di Teddy.

Non lasciò mai andare nessuno dei vivi, perché continuava a credere al fatto che tutti loro morti fossero sempre nel cuore di chi ancora viveva e il fatto che ne fosse convinto lo rendeva vero.

Quando arrivò la battaglia di Hogwarts tutti loro andarono verso quella che per lui restava King Cross per incontrare Remus, Tonks e salutare chiunque conoscessero. Non erano gli unici, molti di coloro legati al mondo magico inglese andarono a prendere i loro cari.

Sirius riconobbe Cedric Diggory, ne aveva visto foto sui giornali dopo il quarto anno di Harry e otteneva le informazioni automaticamente appena pensava alle domande; il ragazzo andò subito ad abbracciare i suoi amici con entusiasmo. Vide Fabian e Gideon avviluppare in un enorme abbraccio Fred, e anche lui deviò un momento per salutarlo con una pacca sulla spalla a cui Fred rispose con un sorriso scintillante e un: «Bel posticino qui, vero? George mi ucciderà quando lo verrò a prendere».

«Ci puoi scommettere». rise lui, contagiato dalla sua positività e poi chiamato da un gesto del braccio di James; l’amico con l’altra mano faceva il segno dell’okay a un ragazzino biondo, che gli scattò una foto, per quanto questo fosse in teoria impossibile post-morte.

«Harry mi sta aspettando ora…» sentì dire a Lily e per un momento vide Snape, sorridente come non mai, salutarla con un cenno. «A dopo, Sev!»

Sirius cercò di capire cosa provasse per lui, ma ogni rancore era sparito. Anzi, era felice di vederlo, dopo che aveva contribuito alla loro vittoria e alla salvezza di Harry mostrandogli le sue memorie. Aveva capito tutto ormai, tutto quello che riguardava Severus, e sapeva che anche lui si sarebbe sentito soddisfatto, amato e felice come tutti, e che non sarebbe stato un problema incontrarlo.

E poi vide Remus guardarsi attorno con aria sperduta e Tonks, accanto a lui, salutare qualcuno come se fosse appena tornata dalle vacanze, stessa disinvoltura di sempre.

«Moony, cugina!» salutò. «Chi aveva ragione a dire che sareste stati una bella coppia?» esclamò a voce ben alta e Remus lo guardò sbalordito. 

«Tonks! Incantato di incontrarti da adulta, finalmente. Ehi, ma ora è come se lei fosse più vecchia di me o io resto...?» cominciò James, perplesso. 

«Fate silenzio voi! Remus, mi dispiace ma devi aspettare. È inutile spostarci ora, stiamo per andare a incontrare Harry... Dobbiamo accompagnarlo nella foresta» disse Lily, portando l’ordine come sempre.

«Nella foresta?» ripeté Remus, basito. Poi si rese conto di con chi stesse parlando e spalancò la bocca in una smorfia comica che fece sghignazzare James, prima di lanciarsi ad abbracciare Lily e loro uno dopo l’altro.

«Quindi vinciamo noi, vero? So che Ted sarà adulto, ma…» cominciò Tonks.

«Ma ovvio che vinciamo!» la interruppe Sirius.

«Teddy è adorabile!» esclamò Lily, prendendole la mano. «Grazie per aver chiesto ad Harry di farne il padrino! Se ne prenderà cura lui, ti prometto che tuo figlio starà benissimo!»

«Dobbiamo andare da Harry e accompagnarlo a farsi colpire da Voldemort» disse Remus tra sé e sé, «E poi lui tornerà in vita, se vorrà, e lo sconfiggerà. A meno che non decida di restare… in quel caso sarà Nev-»

«Certo che lo vorrà!» sbottò James, divertito. «Non ho mai dubitato di questo e mai lo farò, vedrai! È mio figlio, sai?»

Lily si schiarì la gola in tono di rimprovero.

«Nostro figlio, cara, hai ragione».

«Se portate via Remus, allora io posso cominciare ad accompagnare Tonks, no?» sbottò Moody alle loro spalle e Sirius sogghignò alla faccia della cugina.

«Mad-Eye!»

«Ragazza… Non potevi proprio aspettare un’altra decina d’anni, vero?»

«Vale anche per te!»

«È il momento» disse Lily improvvisamente, afferrando il braccio di James e apparendo ansiosa per la prima volta. James le sorrise.

«Andrà tutto bene».

«Lo so. Spero solo che Harry capisca».

«È nella foresta ora…» sussurrò Sirius, cercando di calcolare quanto ci volesse. «In ogni caso lui è in un posto diverso da questo, perché può tornare indietro, non lo vedremo». aggiunse e Remus annuì comprensivo.

«Certo».

«Come “certo”? Ti stai già abituando?»

«Beh, lui non è stato mangiato da una tenda».

«Che tu sia maledetto, Prongs…»

Lily scosse la testa e poi tutti percepirono la stessa sensazione e smisero di scherzare, restando in silenzio.

«È quasi ora». le diede voce Lily.

Tonks e Moody se ne andarono senza più intromettersi, capendo che quello era il loro momento, il momento di Harry.

«A breve ci chiamerà…» ribadì James, guardandosi attorno senza riuscire a star fermo.

Tutti poi si sorrisero in modo confortante, cercando di darsi forza l’un l’altro anche in un mondo in cui non c’era altro che energia e gioia, perché nonostante tutto era un momento solenne e volevano essere al massimo per Harry.

Trascorsero i minuti e poi si trovarono immersi nell’ombra della foresta; davanti a loro Harry: sporco di sangue, coi vestiti rovinati, bruciati e anche loro imbrattati di rosso, col respiro affannoso e il viso di chi era condannato.

Lo trovarono bellissimo e perfetto e in lui videro l’uomo che stava ormai per diventare, la sua determinazione e il suo enorme amore per gli altri, il suo coraggio e spirito di sacrificio.

Avanzarono verso di lui e sorrisero senza neanche accorgersene: insieme un’ultima volta in quel mondo davanti al loro piccolo Malandrino, di nuovo giovani e spensierati ma anche adulti e sicuri che Harry sarebbe stato bene.

«Sei stato molto coraggioso» disse Lily e Harry la fissò senza rispondere, guardandola con tanto amore che lei desiderò più che mai abbracciarlo.

«Ci sei quasi» disse James. «Sei molto vicino. Noi siamo... fieri di te».

«Fa male?»

Sirius si sentì spezzare il cuore nonostante non l’avesse più. Forse era quel mondo a favorire i sentimenti più umani e dimenticati, ma sentì l’antico dolore alla vista di ciò che Harry stava patendo.

«Morire? Niente affatto» lo rassicurò, sapendo che perlomeno per lui non lo sarebbe stato.  «È più veloce e più facile che addormentarsi».

«E lui vorrà che sia rapido. Vuole farla finita» aggiunse Remus assicurante.

«Io non volevo che moriste» saltò su Harry, quasi implorante. E guardò Remus, di sicuro pensando a Ted. «Nessuno di voi. Mi dispiace... avevi appena avuto un figlio... Remus, mi dispiace...»

«Dispiace anche a me. Mi dispiace perché non lo conoscerò mai... ma lui saprà perché sono morto e spero che capirà. Stavo lottando per un mondo in cui lui possa vivere una vita più felice».

Sirius voleva correggerlo e dirgli che l’avrebbe conosciuto, ma sapeva di non poter parlare davanti a Harry di questo, di essere lì per un altro motivo, e tornò a guardare il suo figlioccio con amore.

«Resterete con me?» domandò infine.

«Fino alla fine» rispose James con sicurezza.

«Non possono vedervi?» 

«Siamo parte di te» spiegò Sirius. «Invisibili a chiunque altro».

Harry guardò Lily e le sussurrò: «Stammi vicino» prima di cominciare il suo cammino. Non la vide neppure annuire.

Loro lo seguirono, cercando di fargli silenziosamente sentire tutto il loro amore, il loro appoggio, la loro sicurezza. Restarono accanto a lui fino alla fine e, nel momento in cui Harry lasciò andare del tutto la pietra, si ritrovarono di nuovo nel limbo, con Dumbledore che li aspettava.

Lily si aggrappò a James e Sirius si appoggiò a Remus, guardando il preside che gli sorrideva.

«Sono arrabbiata con te» decise di dire Lily rivolta a lui. «Per Harry e quello che ha patito e sta patendo».

«Lo so» disse Dumbledore.

«Ti perdonerò» aggiunse lei.

«Sei una madre» disse il preside nel medesimo tono.

Sirius non era sicuro di aver capito se intendesse dire che le madri perdonavano sempre o se era normale che come madre riuscisse a essere arrabbiata con lui anche in quel luogo, ma non si premurò di indagare, volendo soltanto tornare indietro e sentire la gioia della fine della battaglia.

«Mancano Frank e Alice…» disse Remus. «Ma ragazzi, perché siamo alla Stamberga?»

«La Stamberga?» ripeté Sirius, schifato. «NO!»

«Paga…» canticchiò James.

«Paga cosa?» protestò lui e sentì un peso premere dentro le sue tasche e un tintinnio di monete. «Non è possibile…»

«Ci vuole ancora tanto per Frank e Alice, ma arriveranno anche loro…» rispose intanto Lily. «Saremo di nuovo una grande famiglia riunita nello stesso luogo».

«Remus, vedi qualcosa intorno, per farci andare via?» domandò James, guardandosi indietro un’ultima volta come se si aspettasse di rivedere Harry. Sirius poteva ben capirlo.

«Ippogrifi». rispose l’amico con sicurezza.

«Oh, Godric…» fece Lily, divertita, e una civetta bianca come la neve le si posò su una spalla. Gli occhi di Remus si sgranarono.

«Quella…»

«Già» sorrise lei.

 

«Avada Kedavra!»

«Expelliarmus!»

Le urla di trionfo riempirono la casa e Sirius si ritrovò a ballare con Mary, baciare le guance di Lily, prendersi a vigorose pacche sulla schiena con James, Remus e Fred, che stava facendo scoppiare fuochi d’artificio con gli zii, e anche cantare con Tonks, fino poi a mettersi ad applaudire insieme agli altri ad Harry, come facevano le persone piangenti in Sala Grande.

«Ce l’abbiamo fatta…» mormorò Lily.

«È finita…» aggiunse James con un sospiro di soddisfazione.

«Lo sapevo» sorrise Remus.

«È il mio figlioccio, che volete» rise Sirius. Mary gli diede una gomitata.

«Figlioccio o no…» intervenne la voce di Snape proveniente dal divano su cui se ne stava seduto a bere tè con Dumbledore. «Sai come chiamerà il suo secondo figlio?»

Sirius restò in silenzio per un momento e poi si portò le mani ai capelli, «MERLINO SANTISSIMO! UN SEVERUS POTTER! PEGGIO CHE MANGIATO DA UNA PIANTA!»

«PADFOOT!»

 

«Ti stavo aspettando» disse Frank e Alice rise di cuore, abbracciandosi e volteggiando con lui, prima di correre tra l’erba verso l’alba, sicura che quella fosse la strada giusta. Tra qualche anno, molti per loro fortuna, sarebbe stato il turno di Neville e Harry, e Hannah e Ginny e gli altri, ma ora era il loro di riunirsi all’altra famiglia, e quando gridò: «CAPITANO!» e si gettò tra le braccia di Lily, con Frank che rideva alle sue spalle e tutto l’Ordine dietro l’amica, sentì finalmente la pace completa, perché sapeva che sarebbe andato tutto bene.

 

Andava tutto bene.

 

 

   
 
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