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Autore: Dk86    05/06/2006    6 recensioni
"Ci sono dei giorni in cui alzarsi dal letto sembra la cosa più dura, ma si è costretti a farlo. Vuoi per una noiosa riunione di lavoro, vuoi per un ancor più noioso compito in classe, o semplicemente per una noiosissima giornata in cui non si deve fare nulla, ma ci si sentirebbe colpevoli a rimanere a poltrire sotto le coperte.
Essere svegliati e scaraventati a terra dal proprio letto è invece un’esperienza che non è dato provare a molti. Qualcuno potrebbe pensare che sia praticamente impossibile, e invece no. E’ solo molto, molto improbabile.".
Che succederebbe se Hogwarts diventasse una bella mattina un luogo più assurdo del solito?
E se Harry fosse l'unico in grado di risolvere la situazione?
E se non ne avesse per niente voglia?
Genere: Comico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Il trio protagonista, Luna Lovegood, Neville Paciock
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 5 – LA STANZA DELLE ASSURDITA’, PARTE TERZA


vide qualcosa di assolutamente bizzarro.
A prima vista sembrava un enorme vortice, largo chilometri e profondo altrettanti, che però al tempo stesso era delle esatte dimensioni del vano della porta. Al suo interno turbinavano tutti i colori che la mente umana ha la capacità di concepire, più alcune sfumature di arancione che Harry era sicuro di non avere mai visto prima di allora (tanto che non era nemmeno sicuro che si trattasse effettivamente di sfumature di arancione).
“Dici che facciamo bene ad entrarci?” domandò Luna.
“Non penso che abbiamo molta scelta, no?” rispose Harry in tono lugubre. Fece un passo in avanti ed entrò nel vortice.
Harry si era aspettato di rimanere ucciso, di venire trasformato in qualcosa di assurdo, di ritrovarsi in un paesaggio da incubo; perciò non era per nulla pronto per quello che successe.
Ovvero assolutamente niente.
Harry si ritrovò semplicemente in un corridoio uguale a quello che aveva appena lasciato. “Credi che qualcosa non abbia funzionato?” chiese Luna, apparendo accanto a lui.
Harry si voltò: il vortice di colori ruotava pigramente dietro di loro. “No, credo che siamo dentro la Stanza delle Necessità. O della personale versione che ne ha la Tempesta Ironica, perlomeno…”.
Un gruppo di budini alla vaniglia passò in volo sulle loro teste, e borbottando qualcosa in tono corrucciato andò a spappolarsi su un enorme quadro nel quale un birillo verde e uno lilla facevano ruotare degli hoola-hoop.
“Mi sento decisamente avvilito” disse Luna.
“Che?” esclamò Harry.
“E’ quello che dicevano i budini: “Mi sento decisamente avvilito”. Era ungherese” rispose lei, con la massima naturalezza.
“Tu conosci l’ungherese?” chiese il ragazzo stupito: Luna era una continua fonte di sorprese.
“Giusto qualche frase utile…” fece lei, rimettendosi a camminare lungo il corridoio. Ad Harry quella non sembrava un’espressione granchè utile in una normale conversazione, ma non lo disse e si limitò a seguire la ragazza.
“Non senti anche tu qualcosa di strano?” chiese Harry qualche minuto dopo. I due stavano ancora camminando nel corridoio che sembrava estendersi all’infinito, girando intorno a sculture decisamente bizzarre ed evitando delle piccole pozze di quella che sembrava marmellata di albicocche ribollente.
“Come se una mano ti stesse premendo sulla fronte, vero?” convenne Luna “La sento anch’io. Probabilmente è il segno che ci stiamo avvicinando all’occhio del ciclone”.
“Beh, credevo che sarebbe stato più difficile” osservò Harry, tirando un mezzo sospiro di sollievo “Invece fin qui tutto è andato bene”.
Come Hermione ha avuto modo di osservare nello scorso capitolo, la buona sorte è una qualità che a Harry non manca. Ma anche le persone più fortunate dovrebbero saper tenere la bocca chiusa in situazioni che invece richiederebbero solo il silenzio, o perlomeno una risposta sensata. Pronunciare una frase come “Fin qui tutto bene” è invece una condanna a morte sicura. Soprattutto in un mondo governato dall’improbabilità.
Infatti lo squalo tigre (Galeocerdo Cuvier, per chi non se lo ricordasse) scelse proprio quel momento per materializzarsi a mezz’aria e pinneggiare con vigore assassino verso le sue due nuove prede.
Il cervello di Harry riuscì a registrare la presenza di un enorme carnivoro marino davanti a sé in un tempo brevissimo (l’agilità è un’altra delle sue maggiori doti), e prima ancora che la sua parte razionale potesse formulare la domanda: “Ma come diavolo fa uno squalo tigre a nuotare fuori dall’acqua?”, il suo corpo aveva reagito prontamente, afferrando Luna e facendola abbassare.
Giusto un secondo e mezzo dopo le tagliole irte di denti nella bocca dello squalo schioccarono solo due centimetri a sinistra del punto in cui si trovava la testa della ragazza. Harry si infilò una mano in tasca, alla ricerca della bacchetta magica. Frugò febbrilmente ogni centimetro dell’uniforme, mentre lo squalo faceva dietrofront e si dirigeva a velocità doppia verso di loro, prima di ricordarsi di essersi dimenticato la bacchetta nel dormitorio.
Fortunatamente per Harry, Luna non aveva lasciato la propria bacchetta dove non poteva servire a nulla. “Evanesco!” gridò la ragazza, puntandola contro lo squalo.
L’enorme pesce divenne due volte più grosso.
La raggiunta stazza si rivelò però un ostacolo: lo squalo non sembrò più in grado di controllare con esattezza la propria traiettoria, ma si inclinò di lato, percorrendo una larga parabola e mancando completamente i due ragazzi. Questione di secondi, però, e l’enorme carnivoro sarebbe riuscito ad abituarsi alle nuove dimensioni, divenendo due volte più pericoloso. “Presto, Luna, usa un incantesimo!” urlò Harry nervoso, mentre lo squalo riusciva a raddrizzarsi e puntava famelico contro di loro.
“Quale?” chiese la ragazza in tono svagato.
“Uno qualsiasi, basta che fai presto!”. “Tanto avrà sicuramente qualche altro effetto assurdo…” pensò cupo.
“Okay… uhmm… fammi pensare un attimo…”; le sopracciglia di Luna erano talmente inarcate da giocare a rimpiattino fra i suoi capelli.
Lo squalo nel frattempo era a cinquanta metri. Quarantacinque. Quaranta.
“Luna, sbrigati!”.
Trentacinque metri. Trenta. Venti.
“E’ che sotto pressione tendo a dimenticare le cose…”.
Diciotto metri. Quindici. Dieci.
“…no, aspetta, ci sono!” Luna sollevò la bacchetta con espressione di trionfo “WINGARDIUM LEVIOSA!”.
Lo squalo, lanciato a tutta velocità, si trasformò in un blocco di marmo. Harry afferrò Luna e la spostò di lato, manovra assolutamente inutile, dato che l’enorme lastra si era schiantata sul pavimento un buon metro prima. “Grazie…” disse Luna, rinfoderando la bacchetta “Senza di te, a questo punto non avrei più la testa…”.
“Stai scherzando? Sono io che devo ringraziarti!” ribattè Harry con un sorriso “Se non fossi stata così pronta ad usare la bacchetta, saremmo in due a non averla più, la testa!”.
Luna lo fissò con i suoi grandi occhi nebulosi, il volto atteggiato in un’espressione di completa ed assoluta sorpresa: “Stai… dicendo sul serio?” chiese, con la voce che le tremava debolmente.
Harry annuì: “Certo… Ehi, c’è qualcosa che non va? Non ti senti bene?”.
Luna si riscosse ed abbassò precipitosamente gli occhi: “No, nulla… Credo che dovremmo procedere, piuttosto…” e detto questo si voltò ed iniziò a camminare a passo svelto. Harry fissò la schiena della ragazza per qualche secondo, poi fece spallucce e la seguì.
Man mano che i due ragazzi avanzavano, i particolari improbabili non cessavano di moltiplicarsi: le mura iniziarono a stillare grosse gocce di liquido scuro che dopo un attento esame di Luna si rivelò essere inchiostro, mentre grossi pipistrelli verdi e azzurri erano impegnati in accese partite a carte; ma, dato che tentavano di giocare appesi al soffitto, le carte finivano sempre per cadere a terra, di solito sulla testa di Harry o di Luna.
Anche la sensazione di pressione andava aumentando, tanto che alla fine avanzare divenne piuttosto arduo ed Harry e Luna dovettero prendersi per mano, cosa che ad Harry non dispiacque affatto. Il calore e la stretta di lei gli trasmettevano sicurezza.
Quando ormai Harry aveva la sensazione di procedere con delle enormi scimmie attaccate alle braccia e alle gambe (perché proprio scimmie e non qualche altro tipo di animale non è ben chiaro), il ragazzo finalmente vide la fine del corridoio, e una porta a strisce viola, marroni e dorate proprio al centro della parete di fondo, che palpitava come un bizzarro cuore rettangolare.
Con un ultimo sforzo di volontà, ma soprattutto di gambe, i due ragazzi riuscirono ad arrivare fino all’uscio. Lì la forza respingente era tanto intensa che dovettero aggrapparsi alla maniglia per evitare di essere trascinati via.
”E’ qui dietro?” chiese Luna, il volto contratto per lo sforzo.
Harry annuì debolmente: “Lo spero, perlomeno…” aggiunse con un mezzo sorriso. Poi abbassò la maniglia e tirò a sé la porta con decisione.




“Oh, Hermione, non sai quanto mi dispiace, davvero…” il colossale volto di Neville era una maschera di tristezza e delusione.
Hermione dal canto suo era molto scocciata. “Per l’ennesima volta, non-è-affatto-colpa-tua!” sbottò in tono nervoso, scandendo le ultime parole. I suoi capelli, ora neri e lunghi fino a terra, iniziarono a sibilare di rimando.
“Dai, Herm, cerca di calmarti!” una versione di Ron verde e squamosa era seduta a terra a gambe incrociate, e giocherellava con un Frisbee Zannuto rosso e oro che aveva trovato lì per terra. “Dubiti così tanto di Harry e Luna?”.
“Non è questo il problema, sono sicura che ce la faranno! Ma non riesco proprio a stare qui, senza poter fare nulla di utile!” lo aggredì Hermione esasperata “E in più mi sono anche dimenticata di dire loro il modo di liberarci della Tempesta Ironica!”. La ragazza sferrò un pugno contro il muro, a pochi centimetri di distanza da una delle orecchie di Neville, che si affrettò a ripetere: “Scusami, Hermione, è tutta colpa mia…”.
“STAI ZITTO, O GIURO SU QUANTO HO DI PIU’ CARO CHE TI INFILERO’ RON IN BOCCA!”.
  
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