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Autore: LaFolie108    25/10/2011    4 recensioni
Sono passati dodici anni dalla fine della quarta stagione e Chuck e Sarah sono riusciti a trovare la felicità: si amano e amano i loro figli, il loro lavoro procede a meraviglia, persino il Buy More rende bene gestito dalla solita banda di folli! Tuttavia un giorno cambia tutto, una missione non va come dovrebbe e Sarah scompare. Riuscità Chuck a ritrovare sua moglie e ad avere il suo lieto fine? Attorniato da nuove minacce e vecchie conoscenze porterà a termine anche questa nuova, pericolosa missione?
Genere: Azione, Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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capitolo 1

Burbank, California, Casa Bartowski - 8.21, martedì

-Sam! Apri la porta!-
Samantha sbuffò al richiamo del padre e si alzò controvoglia da tavola. Stava rigirando i cereali in un'abbondante tazza di latte e ora, a causa di questo contrattempo, si sarebbero sicuramente sciolti facendo diventare la sua colazione una pappetta immangiabile.
Se il buongiorno si vede dal mattino quella sarebbe stata una giornata pessima.
Scocciata si trascinò al portone. Sentiva suo padre richiamare Chris dalla stanza vicina, come al solito erano in ritardo e lui era ancora a letto. Quando mamma era a casa non arrivavano mai in ritardo da nessuna parte.
-Ciao zio Morgan- Borbottò contro voglia vedendo l'ometto barbuto sulla soglia.
Morgan era il migliore amico di suo padre da quando erano bambini, ma lei non riusciva a capire come avessero fatto ad andare d'accordo. Sembravano così diversi! Intanto Morgan era sempre vestito elegante, in giacca e cravatta come se dovesse andare ad un ricevimento, anche quando doveva solamente rimanere tutto il giorno nel suo ufficio al Buy More, poi portava sempre gli occhiali da sole, anche al chiuso e con la pioggia, e le parlava sempre con un tono saccente pur avendo un quoziente intellettivo pari a quello del piccolo Peter. Era decisamente un tipo strano.
-Questo è tutto l'entusiasmo che riesci a metterci signorina? Non è così che si saluta il tuo zio preferito!- Tutta quell'allegria la innervosiva. Stava per rispondergli in malo modo quando arrivò Chuck a soccorrere il malcapitato ospite.
-Hei Morgan! Vieni dentro-
Congedò la figlia con una pacca sulle spalle e frettolosamente si accinse a raccogliere la giacca, ancora per terra dalla notte precedente.
-Fammi indovinare, ieri sera sei tornato tardi- Morgan si chiuse la porta alle spalle osservando le occhiaie ben visibili sul volto dell'amico e collega. Lo preoccupava lo stato di trascuratezza in cui stava crollando Chuck, sapeva bene a quali picchi di autocommiserazione poteva portarlo lo sconforto, ma un conto era osservarlo amoreggiare con le palline al formaggio sul divano, tutt'altra cosa era vederlo trafugare armi di nascosto dall'arsenale della base. E queste sue sparizioni erano pericolose, ormai stavano esaurendo le scuse da usare con i bambini. I loro genitori non li avevano mai lasciati soli per più di due giorni in un mese, e ora all'improvviso mamma era partita per una lunghissima missione e papà si imboscava in incognito più volte alla settimana? Erano piccoli, non stupidi, lo avrebbe capito persino lui che qualcosa non andava.
-Ellie ti ha chiamato vero?-
-Ti ho riportato il cellulare- Chuck strappò il suo Blackbarry dalle mani dell'amico, controllando automaticamente se ci fossero nuovi messaggi.
-Da quanto tempo è che quella camicia non incontra il caro vecchio sapone?- Cambiò argomento Morgan, per distrarre l'altro uomo, che sembrava essersi imbambolato a fissare il piccolo schermo del telefono.
-Perchè? Che ha che non va?-
-Non so... Quella è una macchia d'inchiostro?-
Chuck abbassò gli occhi sul tessuto spiegazzato e sbuffò notando uno scarabocchio in pennarello rosa che decisamente non avrebbe dovuto essere lì.
-Peter disegna praticamente su ogni cosa- Spiegò. Era fin troppo stanco di ripetere al figlio che i colori andavano usati solo sui fogli di carta e non su muri, magliette, giocattoli o tappeti. -Hai portato le ciambelle?-
-Certo che sì, amico! Le tue preferite, quelle di Pink Boy, con gli zuccherini colorati-
Chuck squadrò il sorriso smagliante dell'amico con diffidenza. Pink Boy, oltre che a fare ciambelle strepitose e ad avere un nome ridicolo, era assurdamente lontano dalle loro abitazioni, quindi che Morgan avesse percorso chilometri per un sacchettino di dolci era un indicazione abbastanza certa di guai. Senza contare che ormai quelle ciambelle (cioccolata, granella di nocciola e overdose di zuccheri incluse) erano tradizionalmente un campanello d'allarme. Ricordava ancora quando, a dodici anni, prima di informarlo di aver accidentalmente affogato la sua console di videogiochi con l'aranciata, Morgan gli aveva regalato un vassoio intero di quelle delizie ipercaloriche. Oppure quella volta quando, a diciassette anni, svegliandosi, Chuck aveva trovato una torre di ciambelline sul tavolo, giusto pochi secondi prima di scoprire che tutta la scuola inspiegabilmente lo credeva gay a causa dell'ennesima figuraccia del suo migliore amico.
-Morgan, è successo qualcosa?-
-No! No no no... perchè? Hai qualche motivo per credere che sia successo qualcosa?-
Stavolta era il turno dell'ometto barbuto di essere diffidente, squadrando l'amico in cerca di qualche informazione. La verità era che non avevva la minima idea di come stesse procedendo la ricerca di Sarah, ed era certo che Chuck avrebbe continuato a cercare Sarah fino alla fine, era ovvio che non si sarebbe arreso. Ma ormai anche lui, Morgan Grimes, che si era sempre vantato di conoscerlo meglio di chiunque altro, non lo riconosceva più. Non conosceva i suoi segreti e temeva che l'amico senza il controllo delle persone che lo amavano si sarebbe spinto troppo oltre.
-No. Nulla- Scosse la testa Chuck scrollando le spalle, sempre più confuso.
Prima che potessero approfondire l'argomento un urlo straziante li fece sobbalzare entrambi.
In anni e anni da spie avevano imparato a non sottovalutare mai un grido di terrore. Uno scatto fulmineo li portò entrambi in assetto di battaglia, tuttavia si resero conto che l'unico pericolo imminente da temere era un bambino che scuoteva un pennarello blu decisamente troppo vicino al tessuto che rivestiva il divano.
-Pete! Ti odio! Papà, fai qualcosa! Mi ha rovinato la ricerca, guarda!-
Samantha continuava ad urlare istericamente, le guance arrossate e le pupille dilatate, pronta a scoppiare in lacrime. In mano stringeva un foglio stropicciato colorato di blu al margine superiore. In realtà non era una gran macchia, e Chuck era parzialmente fiero che stavolta il suo bambino avesse almeno centrato un foglio prima di darsi all'arte. Purtroppo però sua figlia era leggermente più melodrammatica del dovuto.
-Devo consegnarla oggi! Prenderò un brutto voto per colpa di quello stupido!- La vocina si stava facendo sempre più acuta, si sarebbe messa a piangere, Chuck lo vedeva, o peggio avrebbe trucidato il fratellino che la fissava con gli occhi sbarrati, con un'estremità del pennarello in bocca e le manine sudice spalmate sui jeans.
-Ok, calma. Ristampiamo la ricerca, ti basta questa pagina, no? E' salvata sul computer, vai ad accenderlo e chiama Chris che siamo in ritardo. E tu Petey...-
Si voltò verso il figlio minore con aria esasperata.
-Non puoi colorare tutto quello che vedi, questo lo prendo io- Gli sfilò il colore dalle dita e cercò con gli occhi il tappo che si era perso nel caos. Non fece in tempo a voltarsi che esplose il dramma: Peter cominciò a piagnucolare, derubato del suo preziosissimo tesoro, mentre Sam, tutto tranne che soddisfatta, si lamentava a gran voce del trattamento di favore riservato al fratellino.
Morgan cercava di bloccare il pianto del piccolo offrendogli oggetti a raffica, confondendolo solo di più, mentre Chris, con ancora addosso i pantaloni del pigiama e la maglietta infilata al contrario, barcollava nel soggiorno attratto dal rumore.
L'orologio segnava le 8.32, e le lancette continuavano a procedere inesorabili. Era decisamente tardi, ed ogni minuto sprecato a discutere lo allontanava sempre più da Sarah.
Chuck avrebbe voluto mettere in pausa il tempo, avrebbe voluto gridare, rannicchiarsi sul divano e arrendersi. Rimanere fermo a compiangersi per l'eternità. Sbattere la porta in faccia a tutti i problemi e lasciarsi cadere nel baratro.
Invece prese un respiro profondo e strinse i pugni. Poi si voltò e andò in camera, lasciandosi tutto alle spalle.
Non l'avrebbe data vinta a quelli che credevano sarebbe crollato. Lui era una spia, un marito, un padre, una persona coraggiosa e responsabile. Non una femminuccia che piange come in preda ad una crisi di nervi.
Controllati, Bartowski.
Gli tremavano le mani, se ne accorse solo quando si lasciò cadere sul letto, sfinito.
Gli mancava Sarah, gli mancava così tanto in questi momenti. Si chiese cosa avrebbe fatto lei, ma era ovvio. Lei era quella forte, quella controllata, addestrata a fronteggiare le crisi peggiori. Lei con il suo sorriso avrebbe sistemato tutto: avrebbe messo in riga quello svampito di Chris, appagato l'egocentrica Sam e coccolato il dolce Petey. Non ci sarebbero stati litigi nè disastri di alcun genere. Tutti sarebbero arrivati a scuola e al lavoro in perfetto orario senza pianti o porte sbattute.
Ma lui non era Sarah. Non riusciva ad essere un bravo padre, nè un bravo amico. Non più. Probabilmente non era più nemmeno una brava persona.
Non sapeva da quanto tempo fosse chiuso in quella stanza quando Morgan apparve cautamente nel vano della porta. Una parte della sua mente registrò che nell'altra stanza i bambini avevano smesso di strillare. Doveva essere arrivata Ellie a calmare le acque. Santa Ellie. Non sapeva cosa avrebbe fatto senza di lei.
Chuck alzò gli occhi, ma si accorse che il suo amico evitava il suo sguardo.
-Perchè hai portato le ciambelle?-
La sua voce era spenta, stanca, come quella usata con la sorella la sera prima.
Non era Charles Irving Bartowski a parlare, era la sua ombra, la sua disperazione. Morgan sapeva di non avere abbastanza faccia tosta da mentire ad un uomo distrutto. Stavolta non fece finta di non capire, semplicemente sospirò e si infilò le mani in tasca.
-E' morto Arthur Rosenfeld. All'ONU. L'hanno trovato questa notte, dicono che si è suicidato. Tu ne sai qualcosa?-
-Perchè mai dovrei saperne qualcosa?- La voce di Chuck era totalmente indifferente. Si sentiva un automa, mentire non era più difficile che dire la verità, a questo punto.
Morgan rabbrividì nello scorgere gli occhi dell'amico. Erano gelidi, vuoti. Non c'era nulla di umano in quello sguardo.
-Non so. Era l'unico collegamento con Sarah che avevamo. Pensavo lo sapessi. Mi dispiace-
Chuck rimase immobile. Morgan avrebbe voluto picchiarlo, tirargli uno schiaffo, fare qualcosa per farlo reagire. Lo stava perdendo, stava perdendo il suo migliore amico, l'uomo straordinario che l'aveva salvato almeno un milione di volte. Non poteva lasciarlo andare così.
Non poteva lasciarlo solo.
Fu ancora Sam a colmare quel baratro che divideva i due amici. Aveva ancora il viso rosso dopo la sfuriata di poco prima, però ora aveva le lunghe trecce bionde perfettamente in ordine e teneva uno zaino candido sulle spalle.
-Zia Ellie ci accompagna al bus. Hai stampato la mia ricerca?- Chiese timidamente.
Chuck sospirò rianimandosi, una qualche scintilla si riaccese di colpo nel fondo della sua anima. Solo i suoi bambini ormai lo tenevano ancorato alla vita.
-No, tesoro. Avevo detto a te di accendere il computer- Diede uno sguardo all'orologio da polso. -Ora è troppo tardi, cancellerai la macchia col bianchetto, vedrai che non se ne accorgerà nessuno-
-Ma...- La bambina sembrava veramente sconvolta davanti alla prospettiva di non essere perfetta in qualcosa. Ma la realtà non è perfetta, anzi è ingiusta e spietata. Questo avrebbe voluto dirle Chuck, invece alzà una mano in segno di ammonimento bloccando la piccola nel bel mezzo della frase.
-Nessun ma. Non lamentarti e io non ti chiederò come abbia fatto il tuo fratellino di appena tre anni a raggiungere il tuo preziosissimo compito. Oppure vuoi farmi credere che fra tutti i fogli sparsi per la casa si è messo a frugare proprio nella tua cartella scegliendo casualmente proprio la ricerca che dovevi consegnare?-
-Non è giusto!-
-Sai che non devi lasciare le tue cose in giro- Le ricordò pazientemente il padre.
-Sei cattivo! Non vedo l'ora che mamma torni! Io non ci voglio vivere con te! Io ti odio!-
Sam lasciò la stanza di corsa con le lacrime che le rigavano il volto. Sì, era decisamente una pessima giornata.
Morgan abbassò il volto, imbarazzato. Per quanto potesse essere a tutti gli effetti un membro di quella famiglia non avrebbe mai voluto assistere ad una scena del genere. Sapeva che Chuck si sarebbe sentito ferito per le parole della bambina, e non meritava altri dolori. Sentì il cellulare vibrargli nella tasca. Il messaggio diceva solo "arrivati", ma Morgan sapeva di doversene andare.
-Vai pure- Quando il barbuto alzò lo sguardo dal telefono il suo amico, incredibilmente, sorrideva.
-Mi dispiace, sai com'è il lavoro... Ma sai che se hai bisogno di una mano...-
-Tranquillo, va bene. Non hai motivo di preoccuparti di me-
Morgan annuì, sapeva che l'amico gli stava mentendo e questa consapevolezza lo straziava.
Quando aveva smesso di fidarsi di lui?
Si era già voltato verso l'uscita quando si rivolse di nuovo al l'amico, come se si fosse ricordato di qualcosa all'improvviso.
-Chuck... Rosemberg non si è suicidato. Gli hanno sparato a distanza. La CIA non ammetterà mai una così palese breccia nella sicurezza, ma è stato ucciso. Io lo so-
Non aveva la minima idea del perchè glielo stesse dicendo. Forse voleva metterlo alla prova, oppure dargli un'altra possibilità.
Morgan sperò con tutto il cuore che Chuck almeno stavolta avesse il coraggio di dirgli la verità, ma tutto quello che fece fu scrollare le spalle. I suoi occhi erano di nuovo persi nel nulla.
-Okay. A presto amico-
Morgan lasciò la casa di fretta, quasi a voler scappare. Superò i bambini, Ellie, Fenomeno, come se qualcuno lo stesse rincorrendo con la pistola puntata.
La verità era che lui aveva riconosciuto quella pistola, quella usata a New York. Era la stessa che Chuck aveva preso dall'arsenale della base il giorno precedente, priva di immatricolazione e irrintracciabile.
Aveva controllato i suoi spostamenti sulla costa est, non era proprio un pivello privo di esperienza. Era così che l'aveva scoperto: il suo amico era un assassino.
Ovviamente poi aveva nascosto tutte le prove che potessero condurre degli investigatori scrupolosi alla famiglia Bartowski.
Gli dispiaceva veramente che Chuck fosse arrivato ad un gesto così estremo, e gli faceva ancora più male pensare che non si era confidato con lui. Ma in fondo erano migliori amici, e Morgan avrebbe custodito il suo segreto fino alla morte.
Se proprio Chuck voleva affondare, allora sarebbero andati incontro al peggio insieme. L'avevano giurato col sangue.
Amici per sempre.

Burbank, California, Carmichael Industries - 9.02, martedì

Morgan fece la sua entrata plateale fasciato nel suo nuovo completo gessato grigio di sartoria. Si sfilò gli occhiali da sole ostentando indifferenza mentre scendeva le scale per raggiungere il centro operativo e con una mossa studiata li infilò nel taschino della giacca.
Poi, tronfio e orgoglioso, si fermò a braccia incrociate ad osservare le due reclute che lo stavano aspettando.
Non c'era niente di meglio che un nuovo giorno di lavoro per dimenticare tutti i problemi con il suo migliore amico, e poi qualcuno doveva pur mandare avanti la baracca, giusto?
Avanzò lentamente, con passo cadenzato, con la testa alta e il petto in fuori, pienamente consapevole del suo ruolo dominante di fronte ai due pivelli che stavano tremanti di fronte a lui, in attesa di direttive.
Adorava poter fare il capo, lo faceva sentire così importante, Chuck diceva che compensava in questo modo la sua scarsa altezza, ma Morgan era certo che fosse solo invidioso del suo inimitabile stile. In effetti chi avrebbe potuto resistere al fascino dell'agente speciale Grimes, coraggioso eroe in perenne lotta contro il crimine?
Con un sorrisetto compiaciuto si fermò davanti al più alto degli agenti.
Era un gigante, un mastino alto un metro e novantotto e dotato di centoventi chili di muscoli e rabbia repressa. Due occhietti piccoli e spietati svettavano sul suo enorme testone pelato e aveva un grugno odioso stampato in volto che non lasciava trapelare emozioni. Nonostante Morgan fosse convinto di incutere abbastanza terrore nei due novellini, l'unico sentimento che il gigantesco soldato riusciva a provare nei confronti di quel nanetto in giacca e cravatta era un profondo fastidio.
-Immagino che lei sia Nickolas Pilkie-
-Sergente. Sergente Nickolas Antony Pilkie-
Puntualizzò l'altro con un tono omicida che non ammetteva repliche. Morgan tuttavia, incapace di cogliere la sfumatura minacciosa nelle parole della nuova recluta, gli sorrise cordialmente e gli diede una pacca scherzosa sul braccio. Al movimento inaspettato il sergente Pilkie dovette impegnarsi con tutto sè stesso per non staccare la mano all'omino barbuto.
-Avanti Nick! Qui siamo tutti una grande famiglia felice, niente formalità!-
Fortunatamente il gioioso supervisore passò subito al secondo agente.
Era una ragazzina dai capelli color fuoco, paffuta, di sicuro non dimostrava i suoi quasi vent'anni, sembrava una scolaretta sperduta. Fissava Morgan con gli occhi sbarrati in preda al panico.
-E tu devi essere Alice McKenzie-
Bastarono quelle poche parole per far tingere di rosso acceso il reticolo di lentiggini che le ricoprivano il volto, il che, grazie anche al maglioncino vermiglio che indossava quel giorno, la faceva sembrare un grande pomodoro maturo.
-S-s-sì- Balbettò sempre più imbarazzata.
Morgan però sembrò non curarsi nemmeno dello strano comportamento della ragazza, troppo preso dal suo ruolo di capo responsabile. Inutile dire che di solito era Chuck ad occuparsi delle formalità come accogliere i nuovi arrivati, dopotutto l'agenzia portava il suo nome. Tuttavia, da quando Sarah era stata presa Morgan si era sentito in dovere di occuparsi personalmente di tutte le fastidiosissime incombenze che avrebbero potuto angustiare il suo amico.
-Allora- Cominciò Morgan con un tono serio che gli dava una strana importanza formale. -Benvenuti alle Carmichael Industries. Voi siete stati selezionati fra una nutrita schiera di aspiranti agenti per diventare parte di uno dei più importanti gruppi di spie freelance al mondo. In questo momento i nostri migliori agenti stanno portando a termine delicatissime missioni in ogni continente. Voi siete stati scelti per le vostre straordinarie capacità e avrete da subito un ruolo di rilievo nell'agenzia. Noi crediamo nei giovani, voi, proprio voi, siete il futuro dello spionaggio internazionale. Non mi resta che augurarvi un'ottima permanenza-
Morgan concluse il suo discorsetto con un sorriso. Aveva passato la notte ad idearlo ed impararlo a memoria, e ora che si era tolto questo peso era sufficientemente soddisfatto di sè stesso da potersi crogiolare per qualche secondo nell'autostima. In effetti lo infastidiva un po' che il suo piccolo pubblico non avesse avuto nessuna reazione, ma in effetti cosa poteva aspettarsi da un soldato imbronciato e da una ragazzina timida? Poi non aveva nemmeno la minima idea di chi avesse selezionato due sfigati del genere. Chi li avrebbe mai voluti come spie? Morgan aveva letto i loro fascicoli in un momento di profonda noia: un ex membro delle delta-force congedato per problemi di controllo della rabbia e un genio precoce con una serie infinita di fobie e nevrosi. Avrebbero combinato solo guai.
-Qualche domanda?-
-Lei è l'agente Carmichael?- Ringhiò il sergente Pilkie, ancora con quell'inquietante scintillio omicida negli occhi.
-No, spiacente. No. Oggi lui... è stato trattenuto. Io sono l'agente Grimes, suo braccio destro-
-Una specie di assistente, quindi?- Il commento della recluta sembrava quasi derisorio.
-No! Io sono l'agente in carica qui. E sarò il vostro supervisore, quindi vi invito a non mancarmi di rispetto visto che sarò io a dovervi valutare-
-Sì, signore- Borbottò ancora il gigantesco agente con aria di superiorità. Morgan decise in quel momento che quel Pilkie sarebbe stata una spina nel fianco. Con un sorrisetto forzato girò intorno ai due novellini per raccogliere qualcosa dal tavolo alle loro spalle. Prese un foglio, in effetti il primo che gli era capitato fra le mani, scelto a caso fra tutti i fax e le e-mail di casi non ancora assegnati. Gli bastò uno sguardò alla foto sulla pagina perchè l'Intersect gli dicesse tutto ciò che doveva sapere sull'energumeno slavo rappresentato.
-Igor Polanski, trafficante d'armi, originario della Repubblica Ceca. Ha ucciso il direttore di una potente multinazionale, senza lasciare indizi alle sue spalle. E' latitante da anni. Pensate di riuscire a trovarlo?- Espose il caso Morgan con aria saccente, cedendo il fascicolo a Pilkie.
Alice sbirciò oltre il possente bicipite del compagno arrossendo un po'.
-P-p-posso us-usare un comp-puter?- Balbettò la rossa abbassando gli occhi. Morgan annuì e la condusse ad una postazione informatica.
Pilkie li seguì poco convinto, studiando il dossier che teneva fra le mani. -O è morto, o ha cambiato identità. In entrambi i casi non lo troveremo- Commentò lapidario con il suo vocione profondo. Il sorriso di Morgan divenne una smorfia infastidita nel sentire la porta di servizio aprirsi.
-In tal caso vi consiglio di darvi da fare. Da questo caso dipende la vostra prima valutazione- Concluse il barbuto mentre si voltava verso l'ospite inatteso che stava scendendo le scale con passo pesante.
Nell'istante in cui Pilkie vide l'uomo che aveva appena fatto il suo ingresso scattò sull'attenti, spaventando così Alice che si alzò di colpo rischiando di far perdere l'equilibrio a Morgan, in piedi dietro di lei.
-Generale- Salutò il sergente con tono riverente. Trapelava rispetto da tutti i pori, quell'uomo era il suo mito. Si sentiva eccitato come una teenager al concerto del suo cantante preferito.
-John, che piacere vederti! Qual buon vento ti porta da queste parti?-
Morgan dedicò a Casey uno dei suoi sorrisi smaglianti mentre faceva qualche passo verso di lui a braccia aperte. L'altro in risposta lo guardò accigliato ringhiando leggermente.
-Grimes. Dobbiamo parlare. Ora- Poi si voltò e lasciò la stanza svanendo in un corridoio.
Morgan rimase impietrito, pensando a cosa diavolo fosse successo stavolta per renderlo così di cattivo umore. Ripercorse mentalmente le ultime giornate ma non gli veniva in mente nessun avvenimento degno di un richiamo ufficiale da parte del generale John Casey in persona. A meno che non fosse lì per Chuck. Rabbrividì pensando al segreto dell'giovane uomo, e si appellò a tutto il suo autocontrollo per non scappare. Si parlava del suo migliore amico, non avrebbe ceduto alle torture di Casey. O almeno così sperava.
Si voltò verso le sue reclute, che lo fissavano inebetite. Sperò di poterle vedere ancora dopo aver parlato col generale.
-Che fate? Andate a lavorare!-
I due si voltarono di colpo verso il computer, parlottando a bassa voce. Morgan invece, pallido e con le mani sudaticce, andò verso il buio corridoio della base, dove il suo destino lo stava aspettando.

Burbank, California, Carmichael Industries - 9.26, martedì

Casey camminava avanti e indietro nervosamente quando Morgan lo raggiunse nel corridoio buio e senza finestre, affiancato da una serie di celle di massima sicurezza, tutte vuote.
-Periodo di magra, Grimes?- John commentò con un sorriso sarcastico la totale assenza di prigionieri.
-Sai, con Chuck e tutto il resto... Abbiamo pensato di fare una pausa e occuparci di altro-
-Occuparvi di Sarah, vorrai dire-
-Già- Morgan rimase congelato mentre un brivido gli attraversava la colonna vertebrale. Abbassò gli occhi, era terrorizzato all'idea di lasciarsi sfuggire qualcosa.
-Ho sentito della morte di Rosemberg-
Morgan si morse la lingua, terrorizzato. Casey continuò come se nulla fosse.
-Quel lurido verme schifoso... Comunque non ci avrebbe detto niente di utile-
-Come lo sai?-
Il generale guardò il vecchio amico con aria sospettosa.
-Sei nervoso, Grimes?-
-Io? No, no- Morgan cercò di controllare il tono stridulo che stava assumendo la sua voce. Si sentiva un idiota.
-Lo vedo- Casey scacciò i sospetti sull'ometto barbuto scuotendo la testa. Grimes era troppo stupido per essersi messo in guai veramente seri. -In ogni caso non sono qui per parlare di questo. Purtroppo non ho nessuna novità su Walker-
Al ricordo della partner gli occhi gli si velarono di tristezza. Si erano sempre coperti le spalle, loro due, e ora, l'idea che lei potesse essere morta chissà dove lo faceva sentire assurdamente impotente. Lui era sempre stato l'uomo d'onore, fedele ai propri principi, e dove l'aveva portato tutto questo? Aveva ottenuto uno stupido titolo ma non riusciva nemmeno ad impedire che una brava agente come Sarah, una sua amica, venisse rapita e cancellata dalla faccia della terra. Dov'era lui quel giorno? Perchè non le stava coprendo le spalle? Non aveva potuto prendere quei bastardi, e ora tre bambini probabilmente non avrebbero mai più visto loro madre. Era per evitare ingiustizie del genere che aveva accettato di rimanere nelle forze armate. Casey scosse la testa, come poteva servire il suo paese da una scrivania? Il lavoro d'ufficio proprio non faceva per lui. Sapeva di non poter tornare sul campo, non dopo quella ferita in Libia che l'aveva quasi ridotto ad un vegetale, ma non ne poteva più di tutta quella burocrazia.
Avrebbe dovuto sentirsi grato e appagato dopo che l'NSA l'aveva riaccolto a braccia aperte, riconoscendo il suo valore e le sue capacità operative anche dopo tutto quello che era successo, ma in realtà si sentiva solo inutile. Per quanto la sua esperienza potesse ancora salvare delle vite, gli mancava terribilmente la scarica di adrenalina che lo attraversava quando puntando un fucile dava inizio ad un inferno di pallottole. E in ogni caso tutti i consigli tattici che avrebbe potuto dispensare non potevano bastare a riportare indietro Sarah Walker.
Mentre Casey era impegnato ad autocolpevolizzarsi silenziosamente, Morgan tentava di riprendersi dal terrore senza dare nell'occhio. Sapere che il generale non era lì per svelare i suoi segreti e sbattere Chuck a marcire in una cella per il resto dei suoi giorni era sicuramente rassicurante. Eppure c'era ancora qualcosa che non quadrava.
-Aspetta. Se non sei qui per Chuck e Sarah... perchè sei qui?-
Casey si risvegliò dalle sue profonde riflessioni e si passò una mano fra i capelli brizzolati, come sempre corti e ordinati, lasciandosi cadere contro la parete alle sue spalle.
-Ho bisogno del tuo aiuto- Borbottò a disagio mentre l'altro lo fissava incredulo e perplesso.
-E' tornata Alex-
Bastò quell'informazione perchè Morgan si sentisse sprofondare, colto di sorpresa. Si schiarì la voce torturandosi nervosamente le mani.
-Ah sì? E perchè lo vieni a dire a me?- Chiese con voce flebile.
-Perchè ha finito il suo corso a Washington e insieme ai souvenir e alle foto ha riportato a me e sua madre anche uno strano regalo. Una sottospecie di ragazzo. Non c'è un modo carino per dirlo. Si sta per sposare, Grimes. Pensavo lo volessi sapere-
Morgan sentì le gambe cedergli e si accasciò senza forze contro la parete opposta a quella contro cui stava ancora appoggiato il marine che continuava a parlare contrariato.
-Dovresti vederlo, sembra un pinguino ingessato. Fa qualsiasi cosa come se gli avessero fatto ingoiare una scopa e poi l'avessero impanato nella brillantina. Poi parla in un modo strano, idiota, mi fa uscire dai gangheri. Giuro che vorrei piazzargli una pallottola in fronte. E quel che è peggio è che Alex lo conosce solo da tre mesi! E lo vuole sposare, ora, senza nessun preavviso. Si sposa fra una settimana e ce l'ha detto solo ieri. Le devono aver fatto il lavaggio del cervello. Credevo che con te avesse toccato il fondo in materia di ragazzi ma a quanto pare... Grimes? Ti senti bene?-
Morgan era finito accucciato sul pavimento, pallido come un cencio, e pareva non aver sentito una sola parola del discorso del soldato.
-Si... si sposa?-
Casey. rendendosi conto all'improvviso di essersi dimostrato troppo loquace, emise in risposta un grugnito d'assenso.
-E... a cosa ti servo io? So che io e Alex... insomma... Ma ormai è parte del passato. Cosa potrei fare ora?-
-Non so Grimes. Parlale, fa qualcosa! Persino tu sei meglio di quel figlio di papà rammollito che ha scelto stavolta-
Morgan alzò gli occhi verso il suo vecchio amico e mentore. Doveva essere proprio disperato per ridursi a chiedere aiuto a lui. Abbassarsi a tanto doveva essere stata una bella pugnalata al suo orgoglio. Certo, non era giusto che si immischiasse nella vita sentimentale di Alex, non ora che, almeno in teoria, si stavano finalmente ricostruendo una vita. Lei e Morgan avevano passato degli anni meravigliosi insieme, ma non aveva più alcun diritto di far parte della sua esistenza.
O si sbagliava? Forse se avesse lottato di più, se avesse avuto una seconda opportunità...
No. Si maledì mentalmente per averci anche solo pensato. Era finita.
Lui non era più succube della sofferenza, e se Alex davvero voleva sposarsi lui non si sarebbe opposto, sarebbe stato solo felice per lei.
Morgan alzò gli occhi sul padre della sua ex in attesa di una risposta.
Voleva che le parlasse. Parlare non implicava necessariamente l'umiliazione, no?
Non doveva per forza scongiurarla in lacrime di tornare insieme a lui, non era obbligato a strisciare in ginocchio urlandole che non aveva mai smesso di amarla.
Poteva mentire, poteva porgerle le sue più liete felicitazioni di fronte alla benedetta unione del matrimonio. Poteva comportarsi da persona responsabile, volendo.
Forse finalmente avrebbero concluso anche quel paio di questioni irrisolte che ancora li tenevano legati. Forse sarebbe persino stato utile rivederla ora.
Sì, probabilmente era così.
Morgan si ripromise di parlarne al suo analista, poi si alzò di nuovo in piedi. Si sentiva indolenzito e imbarazzato.
Perchè diamine quando si parlava di Alex doveva essere sempre così debole? Sarebbe quasi stato meglio se Casey lo avesse torturato a morte.
-Okay, John. Le parlerò- decise in un impeto di coraggio -ma non ti assicuro niente. Se lei davvero vuole sposare questo tipo, non sono io a doverle far cambiare idea-
-Lo so. Ma sei la mia ultima possibilità. Mi rifiuto di diventare suocero di quel damerino che sembra uscito da un film inglese-
-Ehi! Dagli una chance! A me l'hai data e non ero tanto male, no?-
Casey gli rispose con uno sguardo disgustato.
-Oh, avanti! Lo so che ti piacevo! Almeno un pochino...?-
Nell'osservare il barbuto che sorrideva sperazoso, il generale alzò gli occhi al cielo rassegnato. Eh già, Morgan Grimes non cambiava davvero mai.
E anche se non l'avrebbe mai ammesso Casey lo sapeva. Non avrebbe mai potuto desiderare un ex genero migliore.

NOTE
In questo momento non dovrei assolutamente essere qui. Dovrei studiare per l'interrogazione di storia, oppure giacere moribonda in un letto. In ogni caso non dovrei essere a scrivere davanti ad un computer. Il fatto è che qualche giorno fa mi sono accorta di quelle due bellissime recensioni che aveva ricevuto il prologo. E subito dopo mi sono resa conto anche che ben cinque persone hanno inserito la storia fra le seguite, tre fra le preferite e una fra le ricordate.
E allora non ho potuto fare a meno di rianimarmi e rimettermi a scrivere come una dannata. Ho raccolto le molteplici note sul mio cellulare in cui avevo disseminato questo primo capitolo e le ho trascritte in ordine nel computer.
Le scuse per il ritardo colossale sono d'obbligo, ma gli impegni e il blocco dello scrittore hanno ordito una congiura contro di me in questo periodo. Mi riprometto di aggiornare presto (datemi una, al massimo due settimane) e vi avviso che se recensite ci metterò di meno a scrivere, perciò avanti, non siate timidi!
In questo capitolo, come avevo avvisato precedentemente, abbiamo molto Morgan, che sì, ha ancora l'intersect -ho deciso che non mi importa di ciò che accadrà nella quinta stagione, e mi dispiace per aver spoilerato tutti quelli che non avevano visto il finale della quarta-, e sì, non sta più con Alex, poi abbiamo un po' di Casey, addirittura generale, un po' meno burbero del solito, e con i capelli brizzolati! E poi abbiamo i miei piccoli Bartowski, Samantha è una rompiscatole, Peter è l'amore della mia vita, Chuck dovrà fare i conti con un po' di rimorsi per ciò che ha fatto nel prologo. Fatemi sapere che ne pensate. se c'è qualcosa che non quadra fatemelo notare che correggo e perdonatemi, sono febbricitante e confusa.
A presto (si spera più presto dell'ultima volta)
M.
  
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