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Autore: Giulia K Monroe    21/12/2011    27 recensioni
E se Harry Potter avesse avuto una sorella minore?
E se Sirius Black non fosse stato catturato e portato ad Azkaban?
Cosa sarebbe successo alla storia più amata di tutti i tempi? Scopritelo leggendo!
***
All'improvviso lo sguardo opaco, grigio metallo sporco, si accese. Luminoso e carico di rabbioso odio, si riversò su quello della ragazza, che trasalì spaventata.
Alexis fece per indietreggiare, ma lui non glielo permise: lasciata scivolare la mano da sotto le sue, le aveva artigliato le spalle con una presa tanto violenta da farla gemere per il dolore; l'aveva quindi trascinata contro l'armadio e l'aveva sbattuta furibondo contro lo specchio, facendole mancare il respiro.
«Perché non ti sei fidata di me?!» ruggì Draco e alzò il braccio con una mossa così repentina che lei, per un attimo, temette che stesse per colpirla; lui invece scaraventò il pugno al di sopra della sua spalla e il suo viso venne sfiorato solo dall'aria smossa: le nocche pallide avevano cozzato con lo specchio al quale era poggiata, incrinandolo.

[IN FASE DI REVISIONE]
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Famiglia Malfoy, Harry Potter, Nuovo personaggio, Sirius Black | Coppie: Harry/Ginny, Lucius/Narcissa, Ron/Hermione
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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~Un Particolare In Più~

 

 

Capitolo betato da Gwen__87
E dedicato a tutte le ragazze del gruppo di Facebook,
che non hanno mai smesso di credere in me e in questa storia.
Vi voglio bene.

 

 

Capitolo XLII
La fine…?

 

 

 

 

 

 

{ A drop in the ocean,
A change in the weather,
I was praying that you and me might end up together.
It's like wishing for rain as I stand in the desert,
But I'm holding you closer than most,
'Cause you are my Heaven.

 Ron Pope – A drop in the Ocean.}

 

 

 

- Draco, Luis non esiste! E’ Sirius!-

 

 

 

Draco la fissò con l’aria di uno che non aveva affatto afferrato il concetto.
E la gravità celata dietro di esso.
Sbatté più volte le palpebre, come se non riuscisse bene a metterla a fuoco. Poi, corrugò le fini sopracciglia e assottigliò lo sguardo, mentre ancora la teneva stretta per le spalle, senza fare eccessiva pressione.
Alexis era rimasta in silenzio, troppo sconvolta dalle sue stesse parole per ricordarsi anche solo di respirare.
Alla fine, dopo quelli che sembrarono momenti veramente infiniti, gli occhi di Draco assunsero una sfumatura di pura consapevolezza e quasi brillarono nella penombra della stanza, rischiarata solo da deboli luminelli di candele.
- Che cosa…? – sussurrò con tono incerto, scrutandola in viso, perplesso. – Che cosa hai detto? –
Alexis respirò forte con il naso e l’aria le invase dolorosamente i polmoni, mentre abbassava lo sguardo e si mordeva il labbro inferiore.
Delicatamente, Draco la scosse appena per le spalle.
- Che cosa hai detto? – ripeté, questa volta con più convinzione.
Alexis storse il naso in una smorfia strana e poi rialzò lentamente gli occhi, fino ad incontrare il viso, ora disegnato di preoccupazione, del ragazzo.
- Io… - cominciò, ma un rumore improvviso la costrinse a voltarsi di scatto verso la porta.
Era stato un suono sordo e debole, ma lei era sicura di averlo sentito.
- C’è qualcuno – se ne uscì, con tono mortalmente serio, fissando la porta chiusa.
Draco non le diede retta e la scosse appena per le spalle.
- Non c’è proprio nessuno, non cambiare discorso. Ripeti quello che hai detto. – la incalzò, con aria urgente.
Non poteva averlo detto davvero.
Doveva aver sentito male lui.
Per forza.
Cabrisk non poteva essere…

Alexis scosse la testa con vigore, indicando la porta.
- No, c’è qualcuno là dietro! L’ho sentito! – sibilò preoccupata.
E se…E se avessero sentito quello che aveva appena detto?
Draco la guardò stranito, poi sbuffò e le lasciò andare le spalle, mentre sollevava le mani in segno di resa.
- Va bene…ora controllo. –
Si avvicinò piano alla porta e la fissò per qualche secondo con indecisione poi, fulmineo, la spalancò rivelando…
Solo il corridoio del dormitorio completamente vuoto ed inglobato da un’oscurità ferita solamente dalla luce tremula proveniente dalla sua stanza.
- Non c’è nessuno. Te l’avevo detto. - asserì con tono placido, chiudendo nuovamente la porta e girandosi lentamente ad osservare la ragazza.
Alexis, adesso bianca in viso, lo fissò per qualche istant,e poi si afflosciò sul letto, mettendosi seduta e prendendosi la testa tra le mani.
Draco la studiò in silenzio poi, senza muoversi, parlò di nuovo.
- Alexis, guardami. -
La ragazza scosse la testa e chiuse le dita davanti agli occhi.
Lo sentì sospirare.
- Potresti ripetere quello che hai detto prima? Hai davvero detto…Sirius? - si informò guardingo sperando in una risposta negativa che, lo sapeva, non sarebbe mai arrivata.
Alexis respirò lentamente, torturandosi il labbro inferiore e poi, piano, come se non fosse più in grado di fare movimenti troppo bruschi, lasciò scivolare via le mani dal viso e sollevò il capo, guardando Draco dritto negli occhi.
Poi, sempre lentamente, annuì.
Malfoy la fissò ancora ma, diversamente da quello che si era aspettata, non appariva affatto arrabbiato. Sul suo volto poteva leggere solo una strana emozione di sofferenza mista ad un conflitto del quale, però, non avrebbe saputo definire i combattenti. Le si avvicinò con passi piccoli e calibrati, e lei si limitò a guardarlo, senza mai abbassare gli occhi neanche per un istante.
Non voleva più scappare.
Draco le arrivò a pochi centimetri di distanza, torreggiando su di lei che era seduta sulla sponda del letto. Poi, lentamente, si chinò sulle ginocchia e sollevò il viso per poterla guardare dal basso.
- Spiegati. - fu l’unica cosa che le disse.
Alexis sospirò e si mordicchiò ancora il labbro inferiore; alzò un braccio e tese le dita avvicinandosi al viso del giovane. Era come se volesse sfiorargli la guancia con una carezza, nella quale però non si produsse: la mano rimase sospesa nel vuoto solo per qualche secondo, poi si abbassò, tornando ad artigliare le coperte pregiate.
- Luis e Sirius sono la stessa persona. - cominciò, con tono stranamente tranquillo - Sirius è tornato ad Hogwarts sotto mentite spoglie per poter essere al sicuro dagli Auror che continuano a dargli la caccia e…- fece una pausa e deglutì, senza smettere di guardare Draco negli occhi neanche per un secondo -…e per starmi accanto.-
Malfoy continuò a guardarla e sul suo viso non passò mai alcuna espressione arrabbiata o delusa o schifata. Rimase semplicemente impassibile e calmo.
- Non so perché si stia comportando in questo modo…perché sia diventato così attaccabrighe, specialmente nei tuoi confronti. - continuò, storcendo le labbra in una smorfia che poi, inaspettatamente, si trasformò in un accenno di sorriso mesto -Sai, credo che tu non gli piaccia molto. Anzi: non gli piaci per niente.- affermò scuotendo il capo.
- Però…Sirius è il mio padrino, Draco, ed io non potrei mai, e dico mai, tradirlo o fargli del male o essere veramente arrabbiata con lui. - confessò scrutandolo attentamente negli occhi per cogliere una qualsiasi sfumatura di possibile reazione, ma, ancora un volta, non ve ne furono. - Mi ha cresciuta come se fossi sua figlia ed io…gli devo la mia vita. Riesci a capirlo questo, vero? -
Senza emettere un solo respiro, Draco annuì appena e fu lui ad abbassare lo sguardo per primo, forse perché non voleva farle leggere la nota stonata che, adesso, aveva sicuramente colorato le sue iridi fino a quel momento calme e controllate.
Solo allora Alexis sollevò nuovamente la mano e gli lasciò quella carezza sul profilo del viso, leggera e delicata. Senza guardarla, Draco le prese la mano con la sua e la fece aderire di più contro la sua guancia, schiacciandola con delicatezza. Ci si strusciò contro per qualche istante, poi la lasciò andare e si sollevò da terra, dandole le spalle.
Rimase ancora in silenzio, come se stesse cercando cosa poter dire in una situazione del genere.
Alexis gli lasciò del tempo per riflettere, ma quando i momenti silenziosi tra di loro si trasformarono in lunghi minuti, si alzò e lo raggiunse, fissando la schiena ampia che il ragazzo le stava ancora offrendo.
Non lo sfiorò nemmeno per sbaglio, ma lui sentiva la sua presenza avvolgerlo come una coperta calda e piacevole, nella quale avrebbe voluto stringersi per sempre.
- Sei arrabbiato? - gli chiese piano - Perché non ti ho detto prima di Sirius? -
Draco sospirò ancora poi, lentamente, si girò.
C’era l’ombra di un sorrisino dimesso sulle sue labbra e la cosa le fece frullare il cuore nel petto.
Scosse la testa, senza mai smettere di guardarla negli occhi, e poi sollevò le mani per poterle poggiare sopra le spalle di lei.
- No. - sussurrò in risposta, chinando appena il capo - Immagino che tu non potessi dirmelo. Dobbiamo andare a comunicarlo a Silente. – stabilì poi, con tono sicuro.
Disorientata, Alexis corrugò entrambe le sopracciglia e gli lanciò un’occhiata sospettosa.
- Silente sa già di Sirius. E’ lui che gli ha suggerito di venire qui. – lo informò, incrociando le braccia al petto.
Draco imprecò tra i denti qualcosa che lei non riuscì a comprendere, ma chissà perché non era sicura di voler davvero sapere cosa avesse biascicato.
- Quel vecchio è un incapace. Meno male che mio padre si sta adoperando per mandarlo via.(*) – mormorò, scuotendo appena la testa.
Alexis lo fissò infastidita, un fine sopracciglio sollevato ad indicare la cosa.
- Tuo padre sta cercando di mandare via Silente da Hogwarts?! – ripeté incredula – Ma è una pazzia! Hogwarts senza Silente non sarà più un posto sicuro! – urlò quasi con una nota isterica nella voce, mentre spalancava un braccio ad indicare chissà cosa alla sua destra.
Malfoy mise su una di quelle espressioni di sufficienza che le avevano sempre dato fastidio.
- Ah beh, invece ora è un luogo sicurissimo: studenti pietrificati, assassini sotto falsa copertura in giro per il castello…-
- SIRIUS NON E’ UN ASSISSINO!- lo interruppe immediatamente Alexis, arrabbiata.
Malfoy aprì nuovamente gli occhi e la scrutò in viso, con fare indeciso.
Alexis Potter se ne stava lì, rigida di fronte a lui, con le spalle che tremavano, le guance rosse di indignazione e gli occhi brillanti di furia.
Vederla così gli aveva sempre fatto male.
Sospirò e, lentamente, le si avvicinò di nuovo, cercando di calibrare i suoi movimenti.
- Alexis…siediti. - le disse infine con voce morbida, mentre lentamente la guidava a prendere nuovamente posto sulla sponda del letto.
La ragazza lo guardò con aria ancora interdetta, mentre lui si piegava sulle ginocchia e le prendeva entrambe le mani, stringendole delicatamente tra le sue.
- Tu lo sai chi è Sirius Black, non è vero? - le chiese con tatto, scrutandola con un’occhiata indagatoria.
Alexis sbatté le ciglia più volte, come se cercasse di mettere a fuoco qualcosa che, tra la nebbia della confusione mentale, le era difficile vedere.
- Che domanda è questa? E’ ovvio che io sappia chi sia! Ci sono cresciuta insieme! E’ il mio padrino. - asserì sicura annuendo con enfasi, ancora evidentemente arrabbiata per l’insinuazione precedente.
Draco storse il naso in una smorfia. All’improvviso, sembrava essere davvero in difficoltà, tanto che la cosa lo costrinse a distogliere lo sguardo e a posarlo sulle loro mani unite.
- Alexis…Sirius non è la persona che tu credi essere. - soffiò a bassa voce. - Lui ha tradito i tuoi genitori… ed ha ucciso dodici persone…-
La più piccola di casa Potter non gli diede neanche in tempo di finire: con una velocità improvvisa e raggelante si era bruscamente sottratta alla presa delle mani di Draco ed era scattata in piedi. Le guance rosse di disappunto, le dita strette in due pugni tremanti, abbandonati sui fianchi, e gli occhi rilucenti d’ira.
- Questa è una bugia! -  lo urlò quasi, con la voce più alta di parecchie ottave.
Draco non si scompose minimamente e, lento, si alzò in piedi pronto a raggiungerla. Ma, non appena fece per allungare le mani e sfiorarla con una carezza rassicurante, lei si discostò con un gesto secco e meccanico, rifilandogli un’occhiataccia.
Eccolo lì, quel dolore acuto che, come sempre, gli si allargava a macchia nel petto ogni volta che lei lo rifiutava.
Ogni volta che lo guardava in quel modo.
Ogni volta che sentiva di poterla perdere.

Draco la fissò, l’espressione del viso ora dura, ma ancora abbastanza calma da lasciare negli occhi qualche traccia di sereno dispiacere.
- No, Alex: questa è la verità. Lo sanno tutti che Sirius è un assas…-
- Non dirlo! - lo fermò con un sibilo, puntandogli l’indice contro. - Sirius non ha fatto nulla, né tanto meno ha tradito i miei genitori! La colpa non è la sua, ma di…-
- Per quanto tempo continuerai a tenere gli occhi chiusi davanti all’evidenza, Alexis? - la interruppe Draco con tono amaro - La verità è che Sirius Black ha causato la morte dei tuoi genitori! -
- NO! - urlò lei, quasi sull’orlo delle lacrime - Tu non capisci! E parli di cose che non conosci! Ti stai basando su una verità raccontata da occhi e bocche bugiarde! L’intero mondo magico ha dato la colpa a Sirius solo perché non sapeva come giustificare la loro incapacità nel fermare Voldemort! Siete voi che avete chiuso gli occhi di fronte a ciò che è veramente successo! -
Draco la raggiunse con un solo lungo passo e la prese per le braccia, scuotendola forte.
- E chi ti da la certezza che ciò che ti ha detto il tuo caro Sirius sia la verità? – insinuò, con tono cattivo e con gli occhi che adesso rilucevano di ira ed impazienza.
Perché si ostinava a non capire?
Alexis lo fissò dal basso con aria ferita e deglutì, trattenendo a stento le lacrime che premevano per uscire. Abbassò il capo e scosse la testa.
- Io lo so. Lui non mi mentirebbe mai. Non su qualcosa di così importante come la morte dei miei genitori. - mormorò, facendo un passo indietro.
Draco sciolse la presa violenta delle sue dita e lasciò che si allontanasse, fissandola con aria concentrata.
- Alexis, è il momento di crescere. Di affrontare la verità e di smetterla di vivere dentro una favola. Non puoi fidar…-
- Non farlo. - lo interruppe, senza nemmeno alzare lo sguardo.
Se ne rimase lì, ferma, con il capo chino e la frangetta sconvolta che le copriva lo sguardo; le spalle tremavano appena.
Draco rimase in silenzio fino a quando lei non decise di rialzare il capo. Ora la ragazza aveva sul viso un’espressione così seria e determinata da far brillare con potenza quegli occhi incredibilmente verdi.
Gli si fermò il cuore nel petto, vedendola così.
- Non farlo, Draco…- sussurrò, nella voce una chiara nota dolente - Non costringermi a scegliere, perché tra te e Sirius non sono sicura che sceglierei te. -
Lo disse così, senza inflessioni particolari nella voce. Poi, senza aggiungere altro, lo superò ed uscì dalla camera senza che lui potesse solo anche provare a fermarla.
Quella frase lo aveva completamente spiazzato.
Il dolore sordo che gli si allargava nel petto era qualcosa di insopportabile: avrebbe voluto strapparsi la pelle con le dita e poi stringere il cuore con una mano e gettarlo via, lontano, dove non avrebbe più avuto la possibilità di vederlo o sentirlo.
Non si era mai sentito così in vita sua.
Annientato.

Draco strinse le mani in due pugni e i suoi occhi brillarono di pura rabbia nell’oscurità della sua camera. Poi, con un gesto veloce ed iracondo si voltò verso la scrivania e gettò tutto quello che vi era sopra sul pavimento, rivoltando persino il tavolo e la sedia.
- MALEDIZIONE!! -

 

 

 

 

 

 



 

Era tardi ormai.
La Sala Comune di Grifondoro era completamente desolata, fatta eccezione per quell’unica persona che, seduta su di un divanetto di fronte al camino, fissava con aria assorta la pigra brace, unico ricordo delle calde fiamme che erano arse nel focolare.
Luis Cabrisk se ne stava lì, immobile. Le mani intrecciate di fronte alle labbra e gli occhi blu fissi nel vuoto.
Come aveva potuto comportarsi in quel modo?
Che cosa gli era passato per la testa?
Perché mai non era riuscito a fermarsi, quando aveva potuto?
Con quale coraggio aveva deliberatamente ignorato il viso angosciato di Alexis Potter, la sua figlioccia, per la felicità della quale avrebbe dato anche la sua stessa vita?
Poteva quell’insignificante vermicolo di Malfoy riuscire a trasformarlo tanto?
La gelosia paterna poteva arrivare davvero a sfiorare quei confini proibitivi?
Ma, in fondo, cosa ne sapeva davvero lui del concetto di famiglia?
Forse, come tutti i Black, era semplicemente destinato a rovinare tutto ciò che sfiorava con le sue dita insanguinate.
Insanguinate di sangue nero.
Come ogni Black.
Aveva sempre cercato di essere diverso; di essere una persona migliore.
Lui non era un Black e non lo sarebbe mai stato.
Lui era Sirius.
Punto.
Nient’altro che Sirius.
Un ragazzo - un uomo ormai - che forse, era dovuto crescere troppo in fretta e che nella sua vita aveva affrontato davvero tantissime difficoltà. E che ancora ne stava affrontando. E altre ne avrebbe affrontate.
Proprio come Alexis Lily Potter.
Lui lo sapeva bene, oh. Eccome se lo sapeva.
Eppure…

- Cabrisk? -
Una voce bassa lo distolse dai suoi pensieri, costringendolo a risvegliarsi da quello stato di momentaneo torpore nel quale era irrimediabilmente caduto.
Tornare alla realtà fu terribile e quasi doloroso.
Luis si girò lentamente ad osservare il ragazzo che, in piedi accanto al divano, lo osservava con aria inquieta: capelli neri disordinatamente scompigliati ed inconfondibili occhi verdi, uguali a quelli di lei.
Uguali a quelli di Alexis.
- Sì, Harry? -
Tranquilla, la sua voce era risultata distante e disinteressata persino alle sue orecchie e la cosa, effettivamente, lo disorientò non poco.
C’era qualcosa di strano che si muoveva dentro di lui.
Poteva sentirla strisciargli nelle vene, tanto bollente e dolorosa che avrebbe voluto strapparsi quei tubicini azzurri da sotto la pelle.
Sangue Black.

Harry sembrava decisamente in difficoltà mentre, evitando lo sguardo impassibile del compagno più grande, dondolava da un piedi all’altro con fare nervoso.
- Che cosa è successo poco fa? - riuscì poi a chiedere dopo qualche attimo di imbarazzato silenzio.
Luis lo fissò dal basso, un sopracciglio elegantemente sollevato a mostrare la sua curiosità.
- A che ti riferisci? - domandò di rimando, con gentilezza.
Harry si umettò le labbra e, finalmente, il suo sguardo scese ad incontrare quello blu di Cabrisk.
- Con Malfoy, intendo…e con Alexandra. - disse infine, sistemandosi gli occhiali, come se avesse bisogno di fare un movimento qualsiasi per distrarsi ed arginare il nervoso.
Non aveva mai saputo spiegarsi il perché, ma Luis Cabrisk era in grado di metterlo in agitazione con una semplice occhiata.
L’espressione del giovane Sirius rimase impassibile, ma i suoi occhi si spostarono ad osservare la brace nel camino, cercando di prendere tempo per esprimere al meglio ciò che aveva nella testa.
- Malfoy ha solo avuto ciò che meritava. - affermò con tono risoluto.
Non c’era il minimo segno di rimorso nella sua voce tagliente.
- E per quanto riguarda Alex…- Luis fece una pausa, prendendo un profondo respiro e passandosi una mano sugli occhi, come se fosse improvvisamente stanco. - Mi dispiace averla ferita, ma non rimpiango ciò che ho fatto. L’ho detto e non mi stancherò mai di ripeterlo: quel vermicolo di Malfoy meritava una lezione e, ad essere sinceri, meritava una punizione anche peggiore. -
- Mmm…- fu l’unico commento che Potter si concesse di fare, rimuginando sulle parole dell’amico.
Mentre faceva quel discorso, Luis non lo aveva mai guardato in viso; sembrava che i suoi occhi riuscissero a scorgere, nella brace ormai inesistente, un qualcosa di estremamente affascinante che Harry però non riusciva a vedere.
- Cosa c’è, non sei d’accordo? - si informò Luis, voltandosi finalmente ad osservarlo con un cipiglio appena infastidito. - Pensi che abbia esagerato? -
Harry lo fissò per qualche istante con fare indeciso, poi abbassò lo sguardo e scosse la testa.
- No. Hai perfettamente ragione. - concluse e non c’era segno di tentennamento nella sua voce.
Lui stesso avrebbe voluto impartire  da sempre una bella lezione a Malfoy e, in fondo al suo cuore, godeva quasi per quello che era successo solo mezz’ora prima tra i tetti del castello. Era completamente d’accordo con Cabrisk: Draco Malfoy meritava quel che Luis gli aveva inflitto.
Eppure c’era un altro pensiero che lo tormentava. Non riusciva proprio a toglierselo dalla testa.
Ci aveva provato e riprovato, ma niente, quello se ne restava lì, pigro, aleggiando nella sua mente e creando ipotesi su ipotesi, una più assurda dell’altra.
Doveva chiedere delucidazioni in merito o sentiva che sarebbe impazzito.

- C’è solo una cosa che vorrei chiederti Luis, ma…- cominciò e questa volta nel suo tono passò chiara una nota di incertezza.
Cabrisk sorrise accomodante.
- Avanti, sputa il rospo, Harry. Puoi chiedermi qualsiasi cosa…- lo incoraggiò, accentuando la cosa con un cenno della mano.
Harry storse le labbra in una smorfia ancora titubante, ma alla fine si decise ad esprimere il dubbio che lo stava lentamente consumando.
- Prima, durante il duello, tu mi hai chiamato…-
- James. Sì, lo so. - lo interruppe Luis, un sorrisino mesto aleggiava ora sulle sue labbra.
Harry annuì, portando una mano a scompigliare i capelli.
- Perché…? Era il nome di mio…padre ed io…- mormorò, con voce quasi incrinata.
Luis sorrise ancora e alzò una mano per fermarlo, prima che continuasse.
- Vedi, Harry…- cominciò, con tono improvvisamente nostalgico - Tempo fa avevo un amico, il migliore che potessi desiderare. Si chiamava James. – rivelò sottovoce, come se avesse paura di disperdere quel ricordo in parole vane che avrebbero potuto essere raccolte da sconosciuti indegni. - Preso dalla foga del momento ti ho chiamato in quel modo senza nemmeno rendermene conto. -
- Avevi un amico che si chiamava James? - questa volta fu Harry ad interrompere il compagno e nelle sue parole c’era uno strano doppio senso, che Sirius non avrebbe mai voluto cogliere. - Non è che era mio padre? Anche se mi sembra impossibile, vista la tua età…- continuò, ma Luis non lo stava più ascoltando.
Ed eccola lì, la fatidica domanda che non avrebbe mai voluto sentire.
Il dolore gli esplose nel petto al ricordo, costringendolo a mordersi la lingua per non emettere neanche il più piccolo guaito di sofferenza.

Sirius chiuse gli occhi e scosse la testa, alzando entrambe le mani in segno di resa.
Adesso era un sorriso freddo, quello che gli tirava le labbra quando rialzò il viso per osservare il figlioccio.
-Ehi, ehi! Frena l’entusiasmo ragazzo mio! Si è fatto tardi e, non so tu, ma io sono davvero stanco. - sviò il discorso, mettendo le mani sulle ginocchia ed alzandosi dal divano con un gesto fluido. - Avremmo tempo per discutere del mio passato. -
Gli sorrise ancora, con quel sorriso falso e forzato, mentre sollevava una mano e gli scompigliava appena i capelli.
- Buonanotte, Harry. - lo salutò e, senza dargli il tempo di replicare, si avviò verso i dormitori, chiudendosi presto la porta alle spalle.
- ‘Notte Luis…-

Era sempre stato bravo a sfuggire da situazioni scomode.
Quante volte aveva cavato d’impaccio sé stesso e quello scapestrato del suo migliore amico?
Sirius Black si chiuse la porta della propria stanza alle spalle e vi si poggiò sopra, con un’espressione stanca e torturata.
Già, il suo migliore amico.
James.
James Potter.

Sospirò e quel respiro profondo sembrò svuotarlo da dentro: si ripiegò su se stesso, come un involucro vuoto, e si trascinò in bagno. Con un debole colpo di bacchetta accese le candele adagiate sul ripiano del lavandino e, lentamente, si portò davanti allo specchio. Artigliò il bordo del mobiletto e sollevò lentamente lo sguardo: quasi si spaventò.
Era un riflesso quasi informe la figura che vedeva riflessa nel vetro: capelli corti e rovinati, occhi stanchi circondanti da occhiaie e rughe premature, barba incolta e un corpo coperto da cicatrici.
Sirius Black era lì, davanti a lui, in tutta la sua disgraziata realtà.
Si guardò per qualche istante soltanto poi, non riuscendo a sostenere il suo stesso sguardo torturato, chiuse gli occhi e scosse freneticamente la testa. Allungò un braccio ed aprì il mobiletto appeso accanto allo specchio, quasi alla cieca. Tastò tra i vari ripiani, fino ad afferrare una bottiglietta liscia. La tirò fuori e la guardò in controluce: il liquido all’interno era quasi finito.
- Dannazione…- imprecò debolmente, stringendo le dita attorno all’ampolla - Domani mi toccherà tornare da Mocciosus.-
Aprì la bottiglietta e, senza nemmeno più guardarsi allo specchio, bevve l’ultimo sorso della Pozione dell’età.

 

 

 

 

 

 

 

La mattina seguente, Alexis Potter aveva lasciato la Sala Comune di Serpeverde che aveva appena cominciato ad albeggiare.
Aveva bisogno di stare un po’ da sola con i suoi pensieri e sapeva che, solo a quell’ora, la scuola sarebbe stata pressoché deserta.
Quella notte, come era ovvio che succedesse, non era riuscita a chiudere occhio: dopo essersene andata dalla camera di Draco, era tornata nella sua stanza e, come un automa, si era infilata dentro il letto, per rimanersene poi ore ed ore a fissare il soffitto buio.
I pensieri le si erano affollati nella testa, rumorosi ed ingombranti, e non era riuscita a fare proprio nulla per scacciarli. Quelli se ne erano rimasti lì, come ombre minacciose che artigliavano la sua memoria e si allungavano fino a stringere il suo cuore in una morsa che, definire dolorosa, sarebbe stato un semplice eufemismo.

E quei pensieri non l’avevano abbandonata neanche adesso che vagava per i sotterranei, diretta alle scale che l’avrebbero portata in superficie. Sperava che magari un po’ di luce avrebbe potuto rischiarare la sua mente e farla stare meglio.
Ma lei per prima sapeva che quella era solo una vana speranza.
Stava passando davanti all’aula chiusa di Pozioni, quando la porta si aprì: la figura che ne uscì la costrinse a fermarsi di botto.
Un giovanissimo Sirius Black si chiuse l’anta di legno alle spalle, con delicatezza: stringeva tra le mani una piccola boccetta piena di liquido azzurrognolo.
Rimasero a fissarsi per qualche istante, non sapendo cosa fare o cosa dire. Il silenzio li avvolse e, per la prima volta nella loro vita, non c’era nulla di piacevole in quella calma. Si respirava aria di tensione, di paura, di rimorso e di colpa.
Dopo qualche istante, Alexis aprì le labbra e fece per dire qualcosa, ma Luis Cabrisk sollevò la mano libera e la fermò con un semplice gesto.
- Non qui. - le disse semplicemente.
La ragazza lo fissò e richiuse la bocca, mordendosi poi il labbro inferiore con fare indeciso.
Sirius si sforzò di sorriderle appena ma lei non ricambiò e rimase seria, le braccia ora incrociate al petto. Le porse una mano, come tacito invito a seguirla.
Dopo qualche breve istante di esitazione, Alexis prese la mano del padrino.

Si ritrovarono a passeggiare per il giardino di Hogwarts, giusto sul limitare del Lago Nero. Da quando erano usciti dalla scuola non si erano ancora rivolti parola. Adesso nemmeno le loro mani erano più legate; si limitavano a camminare l’uno accanto all’altra avvolti entrambi in pensieri che, in fondo, li univano mentalmente.
Quando arrivarono ai piedi della grande Quercia - la Quercia che, dall’inizio di quell’anno scolastico, era ormai ufficialmente diventata il luogo segreto dei fratelli Potter - Luis Cabrisk si fermò. Poggiò una mano sull’antico tronco e sospirò, negli occhi un’aria nostalgica.
- Lo sai, questo era anche il nostro posto. Io, James e Remus venivamo sempre qui quando volevamo rilassarci e stare da soli…- se ne uscì, ricordando i bei tempi passati con i Malandrini. - E’ proprio qui sotto che abbiamo ideato la Mappa del Mal…-
- Devi andartene. - lo interruppe Alexis.
Fredda, concisa, veloce, improvvisa.
La sua voce non aveva avuto neanche un minimo di esitazione.

Sirius si voltò a guardarla lentamente con entrambe le sopracciglia corrugate.
- Come hai detto? - mormorò, non sicuro di aver capito bene ciò che la figlioccia aveva appena proferito.
- Devi andare via. - ripeté lei, inflessibile, gli occhi verdi che scintillavano di sicurezza.
- Ma che…?-
- Restare qui è diventato pericoloso! - sbottò la Potter, distogliendo lo sguardo da quello improvvisamente ferito e sorpreso del padrino. - E tu non fai altro che comportarti come un bambino! - aggiunse stringendo le mani in due pugni. - Forse…forse non sei più fatto per stare qui. Forse, Hogwarts non è più il posto adatto a te. Forse, dovresti semplicemente andare via, trovare un posto più sicuro e nasconderti bene… io non sopporto…- ma non fece in tempo a finire.
- Basta così, ho sentito anche troppo. – sibilò Luis, gli occhi ridotti a due fessure scintillanti d’ira.
- Ma io…- cercò di protestare Alexis.
- Ho detto basta! Non voglio più ascoltare una singola parola di quello che hai da dirmi. Non mi sopporti più? Bene. Considerati libera dal mio peso. Da oggi in poi smetterò di preoccuparmi per te! - la aggredì con tono velenoso senza mai alzare la voce.
L’espressione distorta del suo viso rabbioso bastava da sola ad esprimere i suoi pensieri.
Spiazzata, Alexis fece un passo all’indietro e lo fissò con occhi ora enormi sul visino dispiaciuto.
- Ma la vita è la mia signorina, e sono io che decido ciò che ne voglio fare: tu non sei nessuno per potermi dare degli ordini. – concluse, prima di rifilarle un’ultima occhiataccia.
Poi si voltò e, senza aggiungere altro, si allontanò verso il castello con passi rabbiosi, lasciandola sola.
Alexis lo fissò andare via da lei, lo sguardo lucido e un peso sul cuore. Si morse il labbro inferiore e abbassò gli occhi, mentre una singola lacrima le accarezzava il viso.
- Io non sopporto l’idea di perderti…- concluse.
Ma, ormai, non c’era più nessuno ad ascoltarla.

 

 

 

 

 

 

L’aveva cercata per tutto il giorno, ma era riuscito a trovarla solo a pomeriggio ormai inoltrato.
La osservò da lontano, nascosto dietro l’ombra di un alto albero: Alexis Potter se ne stava lì, vicina alle rive del Lago Nero rannicchiata a terra, le gambe raccolte al petto e lo sguardo lontano.
Non riusciva a vederla bene in viso perché il vento le scompigliava i capelli che, inevitabilmente, andavano a nascondere la sua espressione, ma era sicuro che i suoi occhi stavano guardando qualcosa che andava persino oltre la sottile linea dell’orizzonte, che divideva le acque inquiete del lago dal cielo rosato dal tramonto.
Era sempre così bella, lei.
Così bella da togliergli il fiato.
Se era bella anche per il resto del mondo, Draco Malfoy non avrebbe saputo dirlo: magari non tutti sapevano apprezzarla per quel che era.
E cos’era, veramente, Alexis Potter?
Una bambina, ancora. Minuta, fragile, con la pelle lattea, i capelli neri perennemente scompigliati, il naso piccolo e le labbra morbide.
E poi gli occhi.
Quello sguardo verde smeraldo che l’aveva incantato sin dalla prima volta che i loro occhi si erano fortuitamente incontrati.
Quelle iridi avevano brillato anche nell’oscurità dei cunicoli della Gringott.
Draco Malfoy chiuse gli occhi e si passò una mano sul viso, poggiando le spalle contro il tronco dell’albero. Prese un profondo respiro e poi la raggiunse. 

Alexis era persa nei suoi pensieri quindi non sentì i passi leggeri di qualcuno farsi sempre più vicini. Solo quando un’ombra scura le si disegnò addosso, circondandola, allora si riscosse e sollevò il viso. Lo fece lentamente, come se non ci fosse alcuna fretta.
Come se sapesse già di chi era la figura che torreggiava su di lei.
Alzò lo sguardo fino ad incontrare il viso impassibile di Draco Malfoy.
Si fissarono per qualche silenzioso istante; solo il rumore flebile del vento e il fruscio delle foglie della Quercia interrompevano la quiete apparente che si era instaurata tra di loro.
Senza dire nulla e senza mai distogliere lo sguardo, Alexis si alzò piano da terra, in modo da poterlo guardare meglio in viso.
Il silenzio che li avvolgeva era qualcosa di pesante ed opprimente, che nessuno dei due sarebbe riuscito a sopportare ancora a lungo.
Dovevano parlare.
Dovevano comunicare.
Fare qualsiasi cosa.
Ma non ci riuscivano.

Se ne rimasero semplicemente così, per lunghissimi minuti, uno di fronte all’altra, taciturni, immobili e mai così distanti.
Alla fine, fu Draco a prendere in mano la situazione.
Non ce la faceva più.
Alzò entrambe le mani in segno di resa e senza mai smettere di guardarla dritta negli occhi – quelle iridi che gli facevano sempre dolere il petto in maniera insopportabile - fece un passo all’indietro.
Alexis rimase ferma e non fece niente per cercare di fermarlo.
- Mi arrendo. – mormorò alla fine, con un sussurro stanco e doloroso. – Stare con te è troppo difficile. Io ti amo, davvero. Ma tu hai troppi segreti da nascondere ed io non riesco a sopportarne il peso. – dichiarò e nella sua voce non c’era stato il minimo cenno di esitazione.
Draco Malfoy era sempre stato così: spaventosamente bravo a nascondere ogni sua emozione. Dannatamente bravo ad indossare maschere e volti non suoi sopra il suo viso.
Maschere che Alexis era riuscita lentamente a togliere ma delle quali lui si era adesso riappropriato, con una velocità che era decisamente dolorosa.
Dolorosa, come la sensazione che le si era allargata nel petto: sentiva caldo dentro la pelle, come se un fiume di lava le si stesse muovendo all’interno del corpo. E c’erano tanti aghi che le si conficcavano nell’epidermide togliendole la capacità di respirare.

Si fece coraggio e prese un profondo respiro, deglutendo e cercando di inghiottire quel groppo che adesso, enorme, le chiudeva la gola. Alla fine annuì, semplicemente.
- Lo capisco. –
Ed era vero: lo capiva davvero.
Avrebbe voluto trovare la forza, dentro di sé, per ribellarsi alle parole di lui ma c’era una parte di lei che sapeva di essere nel torto. Che sapeva che lui aveva ragione e che non c’era più nulla a cui appigliarsi.

Prese un altro respiro profondo e strinse le mani in due pugni, per farsi forza.
- Va bene così. – aggiunse, anche se in cuor suo sapeva di star cercando di convincere se stessa, più che lui. – Quanto tempo mi dai per far scappare Luis? –
Glielo domandò così, a bruciapelo. Anche nella sua voce non c’era alcuna inflessione.
A forza di stare con Draco, aveva imparato ad essere un po’ Malfoy.
Draco la fissò impassibile, le mani adesso inserite nelle tasche dei pantaloni neri che indossava.
- Nessun tempo. – rispose, semplicemente.
Alexis spalancò gli occhi, perdendo tutta la fredda compostezza che era riuscita a guadagnarsi.
- Cosa?! Ma…! – cercò di protestare ma lui non gliene diede il tempo.
Fulmineo, accorciò nuovamente la distanza tra di loro, incombendo su di lei. La afferrò per le spalle e chinò il capo fino a ritrovarsi con il viso alla stessa altezza di quello di lei, poi inaspettatamente, annullò la distanza tra le loro labbra e la baciò.
Fu un bacio veloce ed urgente che riuscì a stordirla immediatamente; non durò molto e il modo in cui lui si allontanò fu brusco e le fece male.
Draco la fissò da quella ridicola distanza, con un’occhiata seria e penetrante che la mise subito a disagio. Poi, parlò di nuovo.
- Io non dirò niente Alexis, te lo prometto. Ma è l’ultima cosa che faccio per te, non chiedermi nient’altro. Mai più. – lo disse tutto d’un fiato, in un sussurro velocissimo, quasi avesse paura di perdersi qualche pezzo per strada tra il coraggio che diventava sempre più debole e il timore che opprimeva il suo petto.
Alexis deglutì e senza riuscire a dire nulla in risposta, si limitò ad annuire.
Il groppo che adesso le chiudeva la gola era enorme, come se qualcuno le stesse violentemente premendo le dita sul collo e stesse cercando di soffocarla.
Draco la fissò per un altro istante solamente.
Voleva imprimerselo nella mente.
Il suo viso.
La sua espressione.

I suoi occhi.
Poi, con un dolore che non aveva mai provato in vita sua e che gli stava dilaniando il petto dall’interno, sollevò una mano e fece per accarezzarle una guancia con la punta delle dita. Ma non la sfiorò nemmeno: il suo braccio si abbassò lentamente, insieme al suo sguardo.
Poi, piano, Draco Malfoy si allontanò da Alexis Potter; le diede le spalle e se ne andò.
Passi dolorosi che lo allontanavano sempre di più da lei.
Sempre di più dall’amore.
Passi dolorosi che, con ogni singolo incedere, calpestavano quel che ne restava della loro storia.
E ne segnavano, definitivi e dolorosi, la fine.

Alexis rimase ferma a fissare il vuoto che il ragazzo aveva lasciato dietro di sé.
Il vuoto che aveva lasciato dentro di lei.
Era stata forte e coraggiosa fino a quel momento ma adesso sarebbe crollata, lo sapeva.
E voleva farlo.
Voleva crollare.
Ne aveva quasi un bisogno fisico.

Una lacrima abbandonò i suoi occhi, ormai irrimediabilmente umidi, e scivolò lungo la guancia. Ne seguì un’altra, e un’altra ancora. Le contò, per tenere la mente occupata, fino a quando non divennero davvero troppe e decisamente incontrollabili.
E allora, finalmente, crollò.
Si accasciò per terra e nascose il viso tra le braccia, rimanendo semplicemente lì a piangere tutte le lacrime e a singhiozzare tutto il respiro che ancora aveva.
Non voleva vedere nulla: solo il buio.
Quel nero.

 

 

 

 

 

 

 

- Alexis…? Alexis, tesoro, smettila di piangere. Va tutto bene.-
Era stata una voce gentile a parlare, dolce, femminile ed estremamente materna.
Sapeva perfettamente a chi appartenesse.
Alexis alzò il viso di scatto sottraendolo dall’oscurità creata dalle braccia conserte sull’erba, e i suoi occhi immediatamente trovarono quelli caldi e rassicuranti della sua dea: Lily. La guardò sorpresa, le labbra appena schiuse e gli occhi ora spalancati sul visino ancora arrossato dalle lacrime precedente versate.
C’era riuscita.
Era tornata nel suo piccolo angolo di Paradiso.
Come avesse fatto, sinceramente non lo sapeva, ma non aveva tutta questa fretta di scoprirlo.
All’improvviso, si sentiva calma e in pace con tutto il mondo.
Non ricordava più nemmeno il motivo per il quale avesse pianto tanto.

- L…Lily…- mormorò, ancora incredula.
La sua dea personale le sorrise, rassicurante come sempre, e le sfiorò il viso con una di quelle carezze che riuscivano sempre a calmarla; era come se lei, solo attraverso quelle dita delicate, fosse in grado di infonderle un grandissimo senso di serenità.
Perché mai doveva stare male?
Non ce ne era alcun bisogno.
Nessuno meritava le sue lacrime.
Già, nessuno… ma nessuno chi?
Le sembrava di avere la testa incredibilmente leggera, come se qualcuno avesse rimosso qualche parte importante della quale, adesso, non aveva più alcuna memoria.
E, stranamente, la cosa non le importava.
Non voleva ricordare.
Ricordare era doloroso.

Con l’aiuto di Lily si rimise in piedi, asciugandosi le ultime lacrime che ancora tracciavano le sue guance. La bellissima donna, che era stata in silenzio fino a quel momento, si limitò a guardarla con quell’affetto materno che era solo suo e poi, delicata, la cinse in un abbraccio, stringendola forte a sé.
Alexis si lasciò andare contro quel petto morbido, che profumava di buono…che profumava di amore e di quella rosa rossa che, come sempre, se ne stava lì conficcata appena sopra il seno sinistro della sua dea personale.
Non aveva mai capito come facesse a non darle fastidio.
Lily le accarezzò i capelli per qualche altro minuto silenzioso, poi si abbassò appena per poterle poggiare il mento su di una spalla.
- Hai ragione, piccola mia. – se ne uscì, con voce morbida e vellutata, mentre continuava a sfiorarle lentamente i capelli. – Ricordare è doloroso. Perché farlo quindi? –
Alexis corrugò la fronte un po’ perplessa e poi si strinse nelle spalle, socchiudendo appena gli occhi e fissando ancora una volta la bella rosa rossa, adesso vicina al suo viso.
- Già, perché farlo…?- ripeté sotto voce, allontanandosi appena dall’abbraccio della donna.
Adesso aveva uno sguardo vacuo, concentrato solo su quel fiore inserito nel petto della dea.
Non sapeva perché, ma aveva una gran voglia di toccarlo, di verificare che fosse vero.
Voleva sentire i petali morbidi sotto i polpastrelli ed ubriacarsi di quel profumo dolciastro e sottile che, adesso, cullato dal vento leggero di quel suo personale Paradiso, le solleticava l’olfatto in maniera decisamente invitante.

Lily, ancora una volta, sembrò leggerle nel pensiero perché, dopo averle riposto una ciocca di capelli dietro l’orecchio, le sorrise ancora e le indicò il rosso fiore sfiorandolo appena.
- Sei sempre stata attratta dalla mia rosa. – rimuginò e la sua voce delicata aveva assunto una tonalità quasi soddisfatta, alla quale Alexis, però, non fece alcun caso.
La piccola Potter si limitò ad annuire e a piegare il viso su di un lato per poter osservare il fiore da un’altra angolazione: più lo guardava e più le sembrava bello.
Ed invitante.
Lily la guardò ancora, quasi la stesse attentamente studiando. Poi, piano, si piegò sulle ginocchia, lasciando che lo sfarzoso vestito nero che indossava si aprisse a cerchio intorno a lei.
- Lo sai, Alexis: se vuoi, puoi prenderla. – le disse, sorridendo gentile.
Solo dopo quelle parole, Alexis sollevò il viso di scatto, fino ad incontrare gli occhi gentili della sua bellissima dea personale. Aprì un po’ le labbra, sorpresa, e la fissò per qualche secondo non del tutto convinta.
- Posso davvero…? – domandò dopo qualche secondo di titubante silenzio.
Senza aggiungere nient’altro, Lily si limitò a sorridere e, con delicatezza, la prese per mano e la guidò fino al suo petto, all’altezza della rosa. Alexis scese di nuovo ad osservare il rosso fiore poi, piano, allungò le dita.
Stava quasi per sfiorare uno dei morbidi petali, quando sentì un urlo rabbioso e disperato tuonarle nella testa.
- ALEX! ALEX! TORNA DA ME! TORNA DA ME, TI PREGO! – urlava la voce.
Spaventata, Alexis ritirò la mano con un gesto brusco e si guardò intorno allarmata.
Chi la stava chiamando con tanta urgenza?
Spalancò gli occhi e tornò a guardare la dea con aria angosciata: per un solo istante le sembrò che quel viso bellissimo e candido fosse distorto da una smorfia di odio e follia, che la rendeva brutta e…terrificante.
Alexis non ebbe il tempo di fare nient’altro perché un dolore lancinante le colpì la spalla destra costringendola a chiudere gli occhi e a piegarsi su se stessa. Urlò ed urlò ancora, perché le sembrava che qualcuno le stesse premendo un ferro incandescente sulla pelle.
Sembrava quasi che si stesse squagliando lentamente e dolorosamente. Non aveva mai sentito tanto male in tutta la sua giovane vita. Mai.
Gridò e pianse disperata, fino a che l’oblio non la accolse di nuovo tra le sue braccia – e questa volta, stranamente, erano davvero rassicuranti.

 

 

 

 

{Una goccia nell’oceano,
Un cambiamento nel tempo,
Stavo pregando affinchè potessimo finire con lo stare insieme.
Era come desiderare la pioggia mentre stavo nel deserto,
Ma ti sto tenendo più vicino che posso,
Perché tu sei il mio Paradiso.}

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(*)Vi ricordo, come sempre, che questa storia è ambientata durante “La Camera Dei Segreti”. Dopo le tante pietrificazioni degli studenti Lucius Malfoy e il Ministro della Magia, Cornelius Caramel, vanno ad Hogwarts per arrestare Hagrid – accusato di aver scatenato la bestia misteriosa che starebbe creando tanto scompiglio nella scuola. In quella stessa occasione, Lucius consegna a Silente un mandato, in cui viene dichiarato che il preside deve abbandonare Hogwarts.

 

 

 

 

 *

 

 

 

Salve a tutte!
Finalmente, dopo uno dei miei soliti e vergognosi ritardi, ecco per voi, come promesso nel messaggio privato, il capitolo 43 di “Un Particolare In Più”!
Questa storia, come al solito, procede a rilento, ma oramai mancano solo sette capitolo e poi, potremmo finalmente scrivere tutte insieme la parola fine al fondo dell’epilogo! Quindi, per le più dubbiose, non avete nulla da temere: l’ho detto tante volte e non mi stancherò mai di ripeterlo:

QUESTA STORIA AVRA’ IL SUO FINALE!

 

Beh, che dire?
Sono sicura che, in questo momento, molte di voi – forse tutte! – vorrebbero staccarmi la testa a morsi: torno e in questo capitolo ne succedono davvero di tutti i colori (e che ci fosse una notizia positiva per la nostra Alexis! Litiga con Sirius, si lascia con Draco e poi…ebbene sì, non me ne sono mica dimenticata: il sogno misterioso è tornato e con lui, il Paradiso personale della piccola Potter e la sua Dea che, sempre più, assume volti di uno strano…Demone? Mah, chissà; il mistero del sogno sarà una delle ultime cose che verrà svelata in questa fan fiction, quindi dovrete pazientare ancora un po’, ma la storia è quasi al suo termine, quindi arriveranno presto – mi auguro! – tutte le risposte ai vostri dubbi!)

Per chi segue la nuova storia originale/romantica che ho cominciato a postare qui su EFP ormai da qualche settimana (Queens Park – Il viale dei sogni infranti; la trovate tranquillamente sul mio profilo), sa che ho cominciato ad adottare un nuovo metodo di risposta alle recensioni che mi lasciate: lo faccio tramite dei video che poi posto, regolarmente, sul mio canale YouTube!
Dal momento che questa idea ha avuto parecchio successo e sembra divertire voi lettrici, ho deciso che utilizzerò questo metodo anche per rispondere a tutte le gentilissime ragazze che, da adesso in poi, mi lasceranno un commentino sui nuovi capitoli! :3

Un motivo in più per recensire, non vi pare?

Beh, detto questo, io direi che è arrivato il momento di salutarvi!
Spero che il capitolo – nonostante il clima di tensione che si respira – sia stato di vostro gradimento: si accettano pomodori in faccia, fischia di disprezzo e quant’altro…solo, per favore: niente oggetti contundenti! In fondo, è Natale, no? **

Or dunque, questo capitolo è il mio personalissimo regalo di Natale per tutte voi!
Se volete fare un regalino anche alla sottoscritta, basterà qualche parola in un commento, saranno tutti apprezzatissimi!

 

Vi lascio alcuni links, dove potrete raggiungermi:

 

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Queens Park – Il viale dei sogni infranti

 

 

E con questo, è davvero tutto gente!
Alla prossima (:

 

Vostra affezionatissima Giulia.

   
 
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