~Un
Particolare In Più~
E dedicato a tutte le ragazze del gruppo di Facebook,
che non hanno mai smesso di credere in me e in questa storia.
Vi voglio bene.
Capitolo
XLII
La fine…?
{ A drop in the ocean,
A change in the weather,
I was praying that you and me might end up together.
It's like wishing for rain as I stand in the desert,
But I'm holding you closer than most,
'Cause you are my Heaven.
-
Draco, Luis non
esiste! E’ Sirius!-
Draco
la
fissò con l’aria di uno che non aveva affatto
afferrato il concetto.
E la gravità celata dietro di esso.
Sbatté più
volte le palpebre, come se non riuscisse bene a metterla a fuoco. Poi,
corrugò
le fini sopracciglia e assottigliò lo sguardo, mentre ancora
la teneva stretta
per le spalle, senza fare eccessiva pressione.
Alexis era
rimasta in silenzio, troppo sconvolta dalle sue stesse parole per
ricordarsi
anche solo di respirare.
Alla fine,
dopo quelli che sembrarono momenti veramente infiniti, gli occhi di
Draco
assunsero una sfumatura di pura consapevolezza e quasi brillarono nella
penombra della stanza, rischiarata solo da deboli luminelli di candele.
- Che cosa…? –
sussurrò con tono incerto, scrutandola in viso, perplesso.
– Che cosa hai
detto? –
Alexis
respirò forte con il naso e l’aria le invase
dolorosamente i polmoni, mentre
abbassava lo sguardo e si mordeva il labbro inferiore.
Delicatamente,
Draco la scosse appena per le spalle.
- Che cosa
hai detto? – ripeté, questa volta con
più convinzione.
Alexis storse
il naso in una smorfia strana e poi rialzò lentamente gli
occhi, fino ad
incontrare il viso, ora disegnato di preoccupazione, del ragazzo.
- Io… -
cominciò, ma un rumore improvviso la costrinse a voltarsi di
scatto verso la
porta.
Era stato un suono sordo e debole, ma
lei era sicura di averlo sentito.
- C’è
qualcuno – se ne uscì, con tono mortalmente serio,
fissando la porta chiusa.
Draco non le
diede retta e la scosse appena per le spalle.
- Non c’è
proprio nessuno, non cambiare discorso. Ripeti quello che hai detto.
– la
incalzò, con aria urgente.
Non poteva averlo detto davvero.
Doveva aver sentito male lui.
Per forza.
Cabrisk non poteva essere…
Alexis scosse
la testa con vigore, indicando la porta.
- No, c’è
qualcuno là dietro! L’ho sentito! –
sibilò preoccupata.
E se…E se avessero sentito quello
che
aveva appena detto?
Draco la
guardò stranito, poi sbuffò e le
lasciò andare le spalle, mentre sollevava le mani
in segno di resa.
- Va bene…ora
controllo. –
Si avvicinò
piano alla porta e la fissò per qualche secondo con
indecisione poi, fulmineo,
la spalancò rivelando…
Solo il corridoio del dormitorio
completamente vuoto ed inglobato da un’oscurità
ferita solamente dalla luce
tremula proveniente dalla sua stanza.
- Non c’è
nessuno. Te l’avevo detto. - asserì con tono
placido, chiudendo nuovamente la
porta e girandosi lentamente ad osservare la ragazza.
Alexis,
adesso bianca in viso, lo fissò per qualche istant,e poi si
afflosciò sul
letto, mettendosi seduta e prendendosi la testa tra le mani.
Draco la
studiò in silenzio poi, senza muoversi, parlò di
nuovo.
- Alexis, guardami.
-
La ragazza
scosse la testa e chiuse le dita davanti agli occhi.
Lo sentì sospirare.
- Potresti
ripetere quello che hai detto prima? Hai davvero
detto…Sirius? - si informò
guardingo sperando in una risposta negativa che, lo sapeva, non sarebbe
mai
arrivata.
Alexis
respirò lentamente, torturandosi il labbro inferiore e poi,
piano, come se non
fosse più in grado di fare movimenti troppo bruschi,
lasciò scivolare via le
mani dal viso e sollevò il capo, guardando Draco dritto
negli occhi.
Poi, sempre
lentamente, annuì.
Malfoy la
fissò ancora ma, diversamente da quello che si era
aspettata, non appariva
affatto arrabbiato. Sul suo volto poteva leggere solo una strana
emozione di
sofferenza mista ad un conflitto del quale, però, non
avrebbe saputo definire i
combattenti. Le si avvicinò con passi piccoli e calibrati, e lei si limitò a
guardarlo, senza mai abbassare gli occhi
neanche per un istante.
Non voleva più scappare.
Draco le
arrivò a pochi centimetri di distanza, torreggiando su di
lei che era seduta
sulla sponda del letto. Poi, lentamente, si chinò sulle
ginocchia e sollevò il
viso per poterla guardare dal basso.
- Spiegati. -
fu l’unica cosa che le disse.
Alexis
sospirò e si mordicchiò ancora il labbro
inferiore; alzò un braccio e tese le
dita avvicinandosi al viso del giovane. Era come se volesse sfiorargli
la
guancia con una carezza, nella quale però non si produsse:
la mano rimase sospesa
nel vuoto solo per qualche secondo, poi si abbassò, tornando
ad artigliare le
coperte pregiate.
- Luis e
Sirius sono la stessa persona. - cominciò, con tono
stranamente tranquillo -
Sirius è tornato ad Hogwarts sotto mentite spoglie per poter
essere al sicuro
dagli Auror che continuano a dargli la caccia e…- fece una
pausa e deglutì, senza
smettere di guardare Draco negli
occhi neanche per un secondo -…e per starmi accanto.-
Malfoy
continuò a guardarla e sul suo viso non passò mai
alcuna espressione arrabbiata
o delusa o schifata. Rimase semplicemente impassibile e calmo.
- Non so
perché si stia comportando in questo
modo…perché sia diventato così
attaccabrighe, specialmente nei tuoi confronti. - continuò,
storcendo le labbra
in una smorfia che poi, inaspettatamente, si trasformò in un
accenno di sorriso
mesto -Sai, credo che tu non gli piaccia molto. Anzi: non gli piaci per
niente.-
affermò scuotendo il capo.
- Però…Sirius
è il mio padrino, Draco, ed io non potrei mai, e dico mai,
tradirlo o fargli
del male o essere veramente arrabbiata con lui. - confessò
scrutandolo
attentamente negli occhi per cogliere una qualsiasi sfumatura di
possibile
reazione, ma, ancora un volta, non ve ne furono. - Mi ha cresciuta come
se
fossi sua figlia ed io…gli devo la mia vita. Riesci a
capirlo questo, vero? -
Senza
emettere un solo respiro, Draco annuì appena e fu lui ad
abbassare lo sguardo
per primo, forse perché non voleva farle leggere la nota
stonata che, adesso,
aveva sicuramente colorato le sue iridi fino a quel momento calme e
controllate.
Solo allora
Alexis sollevò nuovamente la mano e gli lasciò
quella carezza sul profilo del
viso, leggera e delicata. Senza guardarla, Draco le prese la mano con
la sua e
la fece aderire di più contro la sua guancia, schiacciandola
con delicatezza.
Ci si strusciò contro per qualche istante, poi la
lasciò andare e si sollevò da
terra, dandole le spalle.
Rimase ancora
in silenzio, come se stesse cercando cosa poter dire in una situazione
del
genere.
Alexis gli
lasciò del tempo per riflettere, ma quando i momenti
silenziosi tra di loro si
trasformarono in lunghi minuti, si alzò e lo raggiunse,
fissando la schiena
ampia che il ragazzo le stava ancora offrendo.
Non lo sfiorò nemmeno per sbaglio,
ma
lui sentiva la sua presenza avvolgerlo come una coperta calda e
piacevole,
nella quale avrebbe voluto stringersi per sempre.
- Sei
arrabbiato? - gli chiese piano - Perché non ti ho detto
prima di Sirius? -
Draco sospirò
ancora poi, lentamente, si girò.
C’era l’ombra di un
sorrisino dimesso
sulle sue labbra e la cosa le fece frullare il cuore nel petto.
Scosse la
testa, senza mai smettere di guardarla negli occhi, e poi
sollevò le mani per
poterle poggiare sopra le spalle di lei.
- No. -
sussurrò in risposta, chinando appena il capo - Immagino che
tu non potessi
dirmelo. Dobbiamo andare a comunicarlo a Silente. –
stabilì poi, con tono
sicuro.
Disorientata,
Alexis corrugò entrambe le sopracciglia e gli
lanciò un’occhiata sospettosa.
- Silente sa
già di Sirius. E’ lui che gli ha suggerito di
venire qui. – lo informò,
incrociando le braccia al petto.
Draco imprecò
tra i denti qualcosa che lei non riuscì a comprendere, ma
chissà perché non era
sicura di voler davvero sapere cosa avesse biascicato.
- Quel vecchio è un
incapace. Meno male che mio
padre si sta adoperando per mandarlo via.(*)
– mormorò,
scuotendo appena la testa.
Alexis lo
fissò infastidita, un fine sopracciglio sollevato ad
indicare la cosa.
- Tuo padre
sta cercando di mandare via Silente da Hogwarts?! –
ripeté incredula – Ma è una
pazzia! Hogwarts senza Silente non sarà più un
posto sicuro! – urlò quasi con
una nota isterica nella voce, mentre spalancava un braccio ad indicare
chissà
cosa alla sua destra.
Malfoy mise
su una di quelle espressioni di sufficienza che le avevano sempre dato
fastidio.
- Ah beh,
invece ora è un luogo sicurissimo: studenti pietrificati,
assassini sotto falsa
copertura in giro per il castello…-
- SIRIUS NON
E’ UN ASSISSINO!- lo interruppe immediatamente Alexis,
arrabbiata.
Malfoy aprì
nuovamente gli occhi e la scrutò in viso, con fare indeciso.
Alexis Potter
se ne stava lì, rigida di fronte a lui, con le spalle che
tremavano, le guance rosse
di indignazione e gli occhi brillanti di furia.
Vederla così gli aveva sempre fatto
male.
Sospirò e,
lentamente, le si avvicinò di nuovo, cercando di calibrare i
suoi movimenti.
- Alexis…siediti.
- le disse infine con voce morbida, mentre lentamente la guidava a
prendere
nuovamente posto sulla sponda del letto.
La ragazza lo
guardò con aria ancora interdetta, mentre lui si piegava
sulle ginocchia e le
prendeva entrambe le mani, stringendole delicatamente tra le sue.
- Tu lo sai
chi è Sirius Black, non è vero? - le chiese con
tatto, scrutandola con
un’occhiata indagatoria.
Alexis sbatté
le ciglia più volte, come se cercasse di mettere a fuoco
qualcosa che, tra la
nebbia della confusione mentale, le era difficile vedere.
- Che domanda
è questa? E’ ovvio che io sappia chi sia! Ci sono
cresciuta insieme! E’ il mio
padrino. - asserì sicura annuendo con enfasi, ancora
evidentemente arrabbiata
per l’insinuazione precedente.
Draco storse
il naso in una smorfia. All’improvviso, sembrava essere
davvero in difficoltà,
tanto che la cosa lo costrinse a distogliere lo sguardo e a posarlo
sulle loro
mani unite.
-
Alexis…Sirius non è la persona che tu credi
essere. - soffiò a bassa voce. -
Lui ha tradito i tuoi genitori… ed ha ucciso dodici
persone…-
La più
piccola di casa Potter non gli diede neanche in tempo di finire: con
una
velocità improvvisa e raggelante si era bruscamente
sottratta alla presa delle
mani di Draco ed era scattata in piedi. Le guance rosse di disappunto,
le dita
strette in due pugni tremanti, abbandonati sui fianchi, e gli occhi
rilucenti
d’ira.
- Questa è
una bugia! - lo
urlò quasi, con la voce
più alta di parecchie ottave.
Draco non si
scompose minimamente e, lento, si alzò in piedi pronto a
raggiungerla. Ma, non
appena fece per allungare le mani e sfiorarla con una carezza
rassicurante, lei
si discostò con un gesto secco e meccanico, rifilandogli
un’occhiataccia.
Eccolo lì, quel dolore acuto che,
come
sempre, gli si allargava a macchia nel petto ogni volta che lei lo
rifiutava.
Ogni volta che lo guardava in quel
modo.
Ogni volta che sentiva di poterla
perdere.
Draco la
fissò, l’espressione del viso ora dura, ma ancora
abbastanza calma da lasciare
negli occhi qualche traccia di sereno dispiacere.
- No, Alex:
questa è la verità. Lo sanno tutti che Sirius
è un assas…-
- Non dirlo!
- lo fermò con un sibilo, puntandogli l’indice
contro. - Sirius non ha fatto
nulla, né tanto meno ha tradito i miei genitori! La colpa
non è la sua, ma di…-
- Per quanto
tempo continuerai a tenere gli occhi chiusi davanti
all’evidenza, Alexis? - la
interruppe Draco con tono amaro - La verità è che
Sirius Black ha causato la
morte dei tuoi genitori! -
- NO! - urlò
lei, quasi sull’orlo delle lacrime - Tu non capisci! E parli
di cose che non
conosci! Ti stai basando su una verità raccontata da occhi e
bocche bugiarde!
L’intero mondo magico ha dato la colpa a Sirius solo
perché non sapeva come
giustificare la loro incapacità nel fermare Voldemort!
Siete voi che avete chiuso gli occhi di fronte a ciò che
è veramente successo!
-
Draco la
raggiunse con un solo lungo passo e la prese per le braccia,
scuotendola forte.
- E chi ti da
la certezza che ciò che ti ha detto il tuo caro
Sirius sia la verità? –
insinuò, con tono cattivo e con gli occhi che
adesso rilucevano di ira ed impazienza.
Perché si ostinava a non capire?
Alexis lo
fissò dal basso con aria ferita e deglutì,
trattenendo a stento le lacrime che
premevano per uscire. Abbassò il capo e scosse la testa.
- Io lo so.
Lui non mi mentirebbe mai. Non su qualcosa di così
importante come la morte dei
miei genitori. - mormorò, facendo un passo indietro.
Draco sciolse
la presa violenta delle sue dita e lasciò che si
allontanasse, fissandola con
aria concentrata.
- Alexis, è
il momento di crescere. Di affrontare la verità e di
smetterla di vivere dentro
una favola. Non puoi fidar…-
- Non farlo.
- lo interruppe, senza nemmeno alzare lo sguardo.
Se ne rimase
lì, ferma, con il capo chino e la frangetta sconvolta che le
copriva lo
sguardo; le spalle tremavano appena.
Draco rimase
in silenzio fino a quando lei non decise di rialzare il capo. Ora la
ragazza aveva
sul viso un’espressione così seria e determinata
da far brillare con potenza
quegli occhi incredibilmente verdi.
Gli si fermò il cuore nel petto,
vedendola così.
- Non farlo,
Draco…- sussurrò, nella voce una chiara nota
dolente - Non
costringermi a
scegliere, perché tra te e Sirius non sono sicura che
sceglierei te. -
Lo disse
così, senza inflessioni particolari nella voce. Poi, senza
aggiungere altro, lo
superò ed uscì dalla camera senza che lui potesse
solo anche provare a
fermarla.
Quella frase lo aveva completamente
spiazzato.
Il dolore sordo che gli si allargava
nel petto era qualcosa di insopportabile: avrebbe voluto strapparsi la
pelle
con le dita e poi stringere il cuore con una mano e gettarlo via,
lontano, dove
non avrebbe più avuto la possibilità di vederlo o
sentirlo.
Non si era mai sentito così in vita
sua.
Annientato.
Draco strinse
le mani in due pugni e i suoi occhi brillarono di pura rabbia
nell’oscurità
della sua camera. Poi, con un gesto veloce ed iracondo si
voltò verso la
scrivania e gettò tutto quello che vi era sopra sul
pavimento, rivoltando
persino il tavolo e la sedia.
-
MALEDIZIONE!! -
Era
tardi
ormai.
La Sala
Comune di Grifondoro era completamente desolata, fatta eccezione per
quell’unica persona che, seduta su di un divanetto di fronte
al camino, fissava
con aria assorta la pigra brace, unico ricordo delle calde fiamme che
erano
arse nel focolare.
Luis Cabrisk
se ne stava lì, immobile. Le mani intrecciate di fronte alle
labbra e gli occhi
blu fissi nel vuoto.
Come aveva potuto comportarsi in quel
modo?
Che cosa gli era passato per la testa?
Perché mai non era riuscito a
fermarsi, quando aveva potuto?
Con quale coraggio aveva
deliberatamente ignorato il viso angosciato di Alexis Potter, la sua
figlioccia,
per la felicità della quale avrebbe dato anche la sua stessa
vita?
Poteva quell’insignificante vermicolo
di Malfoy riuscire a trasformarlo tanto?
La gelosia paterna poteva arrivare
davvero a sfiorare quei confini proibitivi?
Ma, in fondo, cosa ne sapeva davvero
lui del concetto di famiglia?
Forse, come tutti i Black, era semplicemente
destinato a rovinare tutto ciò che sfiorava con le sue dita
insanguinate.
Insanguinate di sangue nero.
Come ogni Black.
Aveva sempre cercato di essere
diverso; di essere una persona migliore.
Lui non era un Black e non lo sarebbe
mai stato.
Lui era Sirius.
Punto.
Nient’altro che Sirius.
Un ragazzo - un uomo ormai - che
forse, era dovuto crescere troppo in fretta e che nella sua vita aveva
affrontato davvero tantissime difficoltà. E che ancora ne
stava affrontando. E
altre ne avrebbe affrontate.
Proprio come Alexis Lily Potter.
Lui lo sapeva bene, oh. Eccome se lo
sapeva.
Eppure…
- Cabrisk? -
Una voce
bassa lo distolse dai suoi pensieri, costringendolo a risvegliarsi da
quello
stato di momentaneo torpore nel quale era irrimediabilmente caduto.
Tornare alla realtà fu terribile e
quasi doloroso.
Luis si girò
lentamente ad osservare il ragazzo che, in piedi accanto al divano, lo
osservava con aria inquieta: capelli neri disordinatamente scompigliati
ed
inconfondibili occhi verdi, uguali a quelli di lei.
Uguali a quelli di Alexis.
- Sì, Harry?
-
Tranquilla,
la sua voce era risultata distante e disinteressata persino alle sue
orecchie e
la cosa, effettivamente, lo disorientò non poco.
C’era qualcosa di strano che si
muoveva dentro di lui.
Poteva sentirla strisciargli nelle
vene, tanto bollente e dolorosa che avrebbe voluto strapparsi quei
tubicini
azzurri da sotto la pelle.
Sangue Black.
Harry
sembrava decisamente in difficoltà mentre, evitando lo
sguardo impassibile del
compagno più grande, dondolava da un piedi
all’altro con fare nervoso.
- Che cosa è
successo poco fa? - riuscì poi a chiedere dopo qualche
attimo di imbarazzato
silenzio.
Luis lo fissò
dal basso, un sopracciglio elegantemente sollevato a mostrare la sua
curiosità.
- A che ti
riferisci? - domandò di rimando, con gentilezza.
Harry si
umettò le labbra e, finalmente, il suo sguardo scese ad
incontrare quello blu
di Cabrisk.
- Con Malfoy,
intendo…e con Alexandra. - disse infine, sistemandosi gli
occhiali, come se
avesse bisogno di fare un movimento qualsiasi per distrarsi ed arginare
il
nervoso.
Non aveva mai saputo spiegarsi il
perché, ma Luis Cabrisk era in grado di metterlo in
agitazione con una semplice
occhiata.
L’espressione
del giovane Sirius rimase impassibile, ma i suoi occhi si spostarono ad
osservare la brace nel camino, cercando di prendere tempo per esprimere
al
meglio ciò che aveva nella testa.
- Malfoy ha
solo avuto ciò che meritava. - affermò con tono
risoluto.
Non c’era il minimo segno di rimorso
nella sua voce tagliente.
- E per quanto
riguarda Alex…- Luis fece una pausa, prendendo un profondo
respiro e passandosi
una mano sugli occhi, come se fosse improvvisamente stanco. - Mi
dispiace
averla ferita, ma non rimpiango ciò che ho fatto.
L’ho detto e non mi stancherò
mai di ripeterlo: quel vermicolo di
Malfoy meritava una lezione e, ad essere sinceri, meritava una
punizione anche
peggiore. -
- Mmm…- fu
l’unico commento che Potter si concesse di fare, rimuginando
sulle parole
dell’amico.
Mentre faceva quel discorso, Luis non
lo aveva mai guardato in viso; sembrava che i suoi occhi riuscissero a
scorgere, nella brace ormai inesistente, un qualcosa di estremamente
affascinante che Harry però non riusciva a vedere.
- Cosa c’è,
non sei d’accordo? - si informò Luis, voltandosi
finalmente ad osservarlo con
un cipiglio appena infastidito. - Pensi che abbia esagerato? -
Harry lo
fissò per qualche istante con fare indeciso, poi
abbassò lo sguardo e scosse la
testa.
- No. Hai
perfettamente ragione. - concluse e non c’era segno di
tentennamento nella sua
voce.
Lui stesso avrebbe voluto impartire da sempre
una bella lezione a Malfoy e, in fondo al suo cuore, godeva
quasi per
quello che era successo solo mezz’ora prima tra i tetti del
castello. Era
completamente d’accordo con Cabrisk: Draco Malfoy meritava
quel che Luis gli
aveva inflitto.
Eppure c’era un altro pensiero che lo
tormentava. Non riusciva proprio a toglierselo dalla testa.
Ci aveva provato e riprovato, ma
niente, quello se ne restava lì, pigro, aleggiando nella sua
mente e creando ipotesi
su ipotesi, una più assurda dell’altra.
Doveva chiedere delucidazioni in
merito o sentiva che sarebbe impazzito.
- C’è solo
una cosa che vorrei chiederti Luis, ma…- cominciò
e questa volta nel suo tono
passò chiara una nota di incertezza.
Cabrisk sorrise
accomodante.
- Avanti,
sputa il rospo, Harry. Puoi chiedermi qualsiasi cosa…- lo
incoraggiò,
accentuando la cosa con un cenno della mano.
Harry storse
le labbra in una smorfia ancora titubante, ma alla fine si decise ad
esprimere
il dubbio che lo stava lentamente consumando.
- Prima,
durante il duello, tu mi hai chiamato…-
- James. Sì, lo so. - lo
interruppe Luis,
un sorrisino mesto aleggiava ora sulle sue labbra.
Harry annuì,
portando una mano a scompigliare i capelli.
- Perché…?
Era il nome di mio…padre ed io…-
mormorò, con voce quasi incrinata.
Luis sorrise
ancora e alzò una mano per fermarlo, prima che continuasse.
- Vedi,
Harry…- cominciò, con tono improvvisamente
nostalgico - Tempo fa avevo un
amico, il migliore che potessi desiderare. Si chiamava James.
– rivelò sottovoce,
come se avesse paura di disperdere quel ricordo in parole vane che
avrebbero
potuto essere raccolte da sconosciuti indegni. - Preso dalla foga del
momento
ti ho chiamato in quel modo senza nemmeno rendermene conto. -
- Avevi un
amico che si chiamava James? - questa volta fu Harry ad interrompere il
compagno e nelle sue parole c’era uno strano doppio senso,
che Sirius non
avrebbe mai voluto cogliere. - Non è che era mio padre?
Anche se mi sembra
impossibile, vista la tua età…-
continuò, ma Luis non lo stava più ascoltando.
Ed eccola lì, la fatidica domanda
che
non avrebbe mai voluto sentire.
Il dolore gli esplose nel petto al
ricordo, costringendolo a mordersi la lingua per non emettere neanche
il più
piccolo guaito di sofferenza.
Sirius chiuse
gli occhi e scosse la testa, alzando entrambe le mani in segno di resa.
Adesso era un sorriso freddo, quello
che gli tirava le labbra quando rialzò il viso per osservare
il figlioccio.
-Ehi, ehi!
Frena l’entusiasmo ragazzo mio! Si è fatto tardi
e, non so tu, ma io sono
davvero stanco. - sviò il discorso, mettendo le mani sulle
ginocchia ed
alzandosi dal divano con un gesto fluido. - Avremmo tempo per discutere
del mio
passato. -
Gli sorrise
ancora, con quel sorriso falso e forzato, mentre sollevava una mano e
gli
scompigliava appena i capelli.
- Buonanotte,
Harry. - lo salutò e, senza dargli il tempo di replicare, si
avviò verso i
dormitori, chiudendosi presto la porta alle spalle.
- ‘Notte
Luis…-
Quante volte aveva cavato d’impaccio
sé
stesso e quello scapestrato del suo migliore amico?
Sirius Black
si chiuse la porta della propria stanza alle spalle e vi si
poggiò sopra, con un’espressione
stanca e torturata.
Già, il suo migliore amico.
James.
James Potter.
Sospirò e
quel respiro profondo sembrò svuotarlo da dentro: si
ripiegò su se stesso, come
un involucro vuoto, e si trascinò in bagno. Con un debole
colpo di bacchetta
accese le candele adagiate sul ripiano del lavandino e, lentamente, si
portò
davanti allo specchio. Artigliò il bordo del mobiletto e
sollevò lentamente lo
sguardo: quasi si spaventò.
Era un
riflesso quasi informe la figura che vedeva riflessa nel vetro: capelli
corti e
rovinati, occhi stanchi circondanti da occhiaie e rughe premature,
barba
incolta e un corpo coperto da cicatrici.
Sirius Black era lì, davanti a lui,
in
tutta la sua disgraziata realtà.
Si guardò per
qualche istante soltanto poi, non riuscendo a sostenere il suo stesso
sguardo
torturato, chiuse gli occhi e scosse freneticamente la testa.
Allungò un
braccio ed aprì il mobiletto appeso accanto allo specchio,
quasi alla cieca.
Tastò tra i vari ripiani, fino ad afferrare una bottiglietta
liscia. La tirò
fuori e la guardò in controluce: il liquido
all’interno era quasi finito.
-
Dannazione…- imprecò debolmente, stringendo le
dita attorno all’ampolla -
Domani mi toccherà tornare da Mocciosus.-
Aprì la
bottiglietta e, senza nemmeno più guardarsi allo specchio,
bevve l’ultimo sorso
della Pozione dell’età.
Aveva bisogno di stare
un po’ da sola con i suoi pensieri e sapeva che, solo a
quell’ora, la scuola
sarebbe stata pressoché deserta.
Quella notte, come era
ovvio che succedesse, non era riuscita a chiudere occhio: dopo
essersene andata
dalla camera di Draco, era tornata nella sua stanza e, come un automa,
si era
infilata dentro il letto, per rimanersene poi ore ed ore a fissare il
soffitto
buio.
I pensieri le si erano
affollati nella testa, rumorosi ed ingombranti, e non era riuscita a
fare
proprio nulla per scacciarli. Quelli se ne erano rimasti lì,
come ombre
minacciose che artigliavano la sua memoria e si allungavano fino a
stringere il
suo cuore in una morsa che, definire dolorosa, sarebbe stato un
semplice
eufemismo.
E
quei pensieri non l’avevano abbandonata neanche adesso che
vagava per i
sotterranei, diretta alle scale che l’avrebbero portata in
superficie. Sperava
che magari un po’ di luce avrebbe potuto rischiarare la sua
mente e farla stare
meglio.
Ma lei per prima sapeva
che quella era solo una vana speranza.
Stava
passando davanti all’aula chiusa di Pozioni, quando la porta
si aprì: la figura
che ne uscì la costrinse a fermarsi di botto.
Un giovanissimo Sirius
Black si chiuse l’anta di legno alle spalle, con delicatezza:
stringeva tra le
mani una piccola boccetta piena di liquido azzurrognolo.
Rimasero
a fissarsi per qualche istante, non sapendo cosa fare o cosa dire. Il
silenzio
li avvolse e, per la prima volta nella loro vita, non c’era
nulla di piacevole
in quella calma. Si respirava aria di tensione, di paura, di rimorso e
di
colpa.
Dopo
qualche istante, Alexis aprì le labbra e fece per dire
qualcosa, ma Luis Cabrisk
sollevò la mano libera e la fermò con un semplice
gesto.
-
Non qui. - le disse semplicemente.
La
ragazza lo fissò e richiuse la bocca, mordendosi poi il
labbro inferiore con
fare indeciso.
Sirius
si sforzò di sorriderle appena ma lei non
ricambiò e rimase seria, le braccia
ora incrociate al petto. Le porse una mano, come tacito invito a
seguirla.
Dopo qualche breve
istante di esitazione, Alexis prese la mano del padrino.
Quando
arrivarono ai piedi della grande Quercia - la
Quercia che, dall’inizio di quell’anno scolastico,
era ormai ufficialmente
diventata il luogo segreto dei fratelli Potter - Luis Cabrisk
si fermò.
Poggiò una mano sull’antico tronco e
sospirò, negli occhi un’aria nostalgica.
-
Lo sai, questo era anche il nostro posto.
Io, James e Remus venivamo sempre qui quando volevamo rilassarci e
stare da
soli…- se ne uscì, ricordando i bei tempi passati
con i Malandrini. - E’
proprio qui sotto che abbiamo ideato la Mappa del Mal…-
-
Devi andartene. - lo interruppe Alexis.
Fredda, concisa, veloce,
improvvisa.
La sua voce non aveva
avuto neanche un minimo di esitazione.
Sirius
si voltò a guardarla lentamente con entrambe le sopracciglia
corrugate.
-
Come hai detto? - mormorò, non sicuro di aver capito bene
ciò che la figlioccia
aveva appena proferito.
-
Devi andare via. - ripeté lei, inflessibile, gli occhi verdi
che scintillavano
di sicurezza.
-
Ma che…?-
-
Restare qui è diventato pericoloso! - sbottò la
Potter, distogliendo lo sguardo
da quello improvvisamente ferito e sorpreso del padrino. - E tu non fai
altro
che comportarti come un bambino! - aggiunse stringendo le mani in due
pugni. -
Forse…forse non sei più fatto per stare qui.
Forse, Hogwarts non è più il posto
adatto a te. Forse, dovresti semplicemente andare via, trovare un posto
più
sicuro e nasconderti bene… io non sopporto…- ma
non fece in tempo a finire.
-
Basta così, ho sentito anche troppo. –
sibilò Luis, gli occhi ridotti a due
fessure scintillanti d’ira.
-
Ma io…- cercò di protestare Alexis.
-
Ho detto basta! Non voglio più ascoltare una singola parola
di quello che hai
da dirmi. Non mi sopporti più?
Bene.
Considerati libera dal mio peso. Da oggi in poi smetterò di
preoccuparmi per
te! - la aggredì con tono velenoso senza mai alzare la voce.
L’espressione distorta
del suo viso rabbioso bastava da sola ad esprimere i suoi pensieri.
Spiazzata,
Alexis fece un passo all’indietro e lo fissò con
occhi ora enormi sul visino
dispiaciuto.
-
Ma la vita è la mia signorina, e sono io che decido
ciò che ne voglio fare: tu
non sei nessuno per potermi dare degli ordini. – concluse,
prima di rifilarle
un’ultima occhiataccia.
Poi
si voltò e, senza aggiungere altro, si allontanò
verso il castello con passi
rabbiosi, lasciandola sola.
Alexis
lo fissò andare via da lei, lo sguardo lucido e un peso sul
cuore. Si morse il
labbro inferiore e abbassò gli occhi, mentre una singola
lacrima le accarezzava
il viso.
- Io non sopporto l’idea
di perderti…- concluse.
Ma, ormai, non c’era più
nessuno ad ascoltarla.
La
osservò da lontano, nascosto dietro l’ombra di un
alto albero: Alexis Potter se
ne stava lì, vicina alle rive del Lago Nero rannicchiata a
terra, le gambe
raccolte al petto e lo sguardo lontano.
Non riusciva a vederla
bene in viso perché il vento le scompigliava i capelli che,
inevitabilmente,
andavano a nascondere la sua espressione, ma era sicuro che i suoi
occhi
stavano guardando qualcosa che andava persino oltre la sottile linea
dell’orizzonte, che divideva le acque inquiete del lago dal
cielo rosato dal
tramonto.
Era
sempre così bella, lei.
Così
bella da togliergli il fiato.
Se
era bella anche per il resto del mondo, Draco Malfoy non avrebbe saputo
dirlo:
magari non tutti sapevano apprezzarla per quel che era.
E
cos’era, veramente, Alexis Potter?
Una
bambina, ancora. Minuta, fragile, con la pelle lattea, i capelli neri
perennemente
scompigliati, il naso piccolo e le labbra morbide.
E
poi gli occhi.
Quello
sguardo verde smeraldo che l’aveva incantato sin dalla prima
volta che i loro
occhi si erano fortuitamente incontrati.
Quelle iridi avevano
brillato anche nell’oscurità dei cunicoli della
Gringott.
Draco
Malfoy chiuse gli occhi e si passò una mano sul viso,
poggiando le spalle
contro il tronco dell’albero. Prese un profondo respiro e poi
la raggiunse.
Alexis
era persa nei suoi pensieri quindi non sentì i passi leggeri
di qualcuno farsi
sempre più vicini. Solo quando un’ombra scura le
si disegnò addosso,
circondandola, allora si riscosse e sollevò il viso. Lo fece
lentamente, come
se non ci fosse alcuna fretta.
Come se sapesse già di
chi era la figura che torreggiava su di lei.
Alzò
lo sguardo fino ad incontrare il viso impassibile di Draco Malfoy.
Si
fissarono per qualche silenzioso istante; solo il rumore flebile del
vento e il
fruscio delle foglie della Quercia interrompevano la quiete apparente
che si
era instaurata tra di loro.
Senza
dire nulla e senza mai distogliere lo sguardo, Alexis si
alzò piano da terra,
in modo da poterlo guardare meglio in viso.
Il silenzio che li
avvolgeva era qualcosa di pesante ed opprimente, che nessuno dei due
sarebbe
riuscito a sopportare ancora a lungo.
Dovevano parlare.
Dovevano comunicare.
Fare qualsiasi cosa.
Ma non ci riuscivano.
Se
ne rimasero semplicemente così, per lunghissimi minuti, uno
di fronte all’altra,
taciturni, immobili e mai così distanti.
Alla
fine, fu Draco a prendere in mano la situazione.
Non ce la faceva più.
Alzò
entrambe le mani in segno di resa e senza mai smettere di guardarla
dritta
negli occhi – quelle iridi che gli facevano sempre dolere il
petto in maniera
insopportabile - fece un passo all’indietro.
Alexis
rimase ferma e non fece niente per cercare di fermarlo.
-
Mi arrendo. – mormorò alla fine,
con
un sussurro stanco e doloroso. – Stare
con te è troppo difficile. Io ti amo, davvero. Ma tu hai
troppi segreti da
nascondere ed io non riesco a sopportarne il peso.
– dichiarò e nella sua
voce non c’era stato il minimo cenno di esitazione.
Draco Malfoy era sempre
stato così: spaventosamente bravo a nascondere ogni sua
emozione. Dannatamente
bravo ad indossare maschere e volti non suoi sopra il suo viso.
Maschere che Alexis era
riuscita lentamente a togliere ma delle quali lui si era adesso
riappropriato,
con una velocità che era decisamente dolorosa.
Dolorosa, come la
sensazione che le si era allargata nel petto: sentiva caldo dentro la
pelle,
come se un fiume di lava le si stesse muovendo all’interno
del corpo. E c’erano
tanti aghi che le si conficcavano nell’epidermide togliendole
la capacità di
respirare.
Si
fece coraggio e prese un profondo respiro, deglutendo e cercando di
inghiottire
quel groppo che adesso, enorme, le chiudeva la gola. Alla fine
annuì,
semplicemente.
-
Lo capisco. –
Ed era vero: lo capiva
davvero.
Avrebbe voluto trovare
la forza, dentro di sé, per ribellarsi alle parole di lui ma
c’era una parte di
lei che sapeva di essere nel torto. Che sapeva che lui aveva ragione e
che non
c’era più nulla a cui appigliarsi.
Prese
un altro respiro profondo e strinse le mani in due pugni, per farsi
forza.
-
Va bene così. – aggiunse, anche se in cuor suo
sapeva di star cercando di
convincere se stessa, più che lui. – Quanto tempo
mi dai per far scappare Luis?
–
Glielo
domandò così, a bruciapelo. Anche nella sua voce
non c’era alcuna inflessione.
A forza di stare con
Draco, aveva imparato ad essere un po’ Malfoy.
Draco
la fissò impassibile, le mani adesso inserite nelle tasche
dei pantaloni neri
che indossava.
-
Nessun tempo. – rispose, semplicemente.
Alexis
spalancò gli occhi, perdendo tutta la fredda compostezza che
era riuscita a
guadagnarsi.
-
Cosa?! Ma…! – cercò di protestare ma
lui non gliene diede il tempo.
Fulmineo,
accorciò nuovamente la distanza tra di loro, incombendo su
di lei. La afferrò
per le spalle e chinò il capo fino a ritrovarsi con il viso
alla stessa altezza
di quello di lei, poi inaspettatamente, annullò la distanza
tra le loro labbra e la baciò.
Fu
un bacio veloce ed urgente che riuscì a stordirla
immediatamente; non durò
molto e il modo in cui lui si allontanò fu brusco e le fece
male.
Draco
la fissò da quella ridicola distanza, con
un’occhiata seria e penetrante che la
mise subito a disagio. Poi, parlò di nuovo.
-
Io non dirò niente Alexis, te lo prometto. Ma è
l’ultima cosa che faccio per
te, non chiedermi nient’altro. Mai più.
– lo disse tutto d’un fiato, in un
sussurro velocissimo, quasi avesse paura di perdersi qualche pezzo per
strada tra
il coraggio che diventava sempre più debole e il timore che
opprimeva il suo
petto.
Alexis
deglutì e senza riuscire a dire nulla in risposta, si
limitò ad annuire.
Il groppo che adesso le
chiudeva la gola era enorme, come se qualcuno le stesse violentemente
premendo
le dita sul collo e stesse cercando di soffocarla.
Draco
la fissò per un altro istante solamente.
Voleva imprimerselo
nella mente.
Il suo viso.
La sua espressione.
I
suoi occhi.
Poi,
con un dolore che non aveva mai provato in vita sua e che gli stava
dilaniando
il petto dall’interno, sollevò una mano e fece per
accarezzarle una guancia con
la punta delle dita. Ma non la sfiorò nemmeno: il suo
braccio si abbassò
lentamente, insieme al suo sguardo.
Poi,
piano, Draco Malfoy si allontanò da Alexis Potter; le diede
le spalle e se ne
andò.
Passi dolorosi che lo
allontanavano sempre di più da lei.
Sempre di più
dall’amore.
Passi dolorosi che, con
ogni singolo incedere, calpestavano quel che ne restava della loro
storia.
E ne segnavano,
definitivi e dolorosi, la fine.
Il vuoto che aveva
lasciato dentro di lei.
Era
stata forte e coraggiosa fino a quel momento ma adesso sarebbe
crollata, lo
sapeva.
E voleva farlo.
Voleva crollare.
Ne aveva quasi un
bisogno fisico.
Una
lacrima abbandonò i suoi occhi, ormai irrimediabilmente
umidi, e scivolò lungo
la guancia. Ne seguì un’altra, e
un’altra ancora. Le contò, per tenere la mente
occupata, fino a quando non divennero davvero troppe e decisamente
incontrollabili.
E
allora, finalmente, crollò.
Si
accasciò per terra e nascose il viso tra le braccia,
rimanendo semplicemente lì
a piangere tutte le lacrime e a singhiozzare tutto il respiro che
ancora aveva.
Non
voleva vedere nulla: solo il buio.
Quel nero.
Era
stata una voce gentile a parlare, dolce, femminile ed estremamente
materna.
Sapeva perfettamente a
chi appartenesse.
Alexis
alzò il viso di scatto sottraendolo
dall’oscurità creata dalle braccia conserte
sull’erba, e i suoi occhi immediatamente trovarono quelli
caldi e rassicuranti
della sua dea: Lily. La
guardò
sorpresa, le labbra appena schiuse e gli occhi ora spalancati sul
visino ancora
arrossato dalle lacrime precedente versate.
C’era riuscita.
Era tornata nel suo
piccolo angolo di Paradiso.
Come avesse fatto,
sinceramente non lo sapeva, ma non aveva tutta questa fretta di
scoprirlo.
All’improvviso, si
sentiva calma e in pace con tutto il mondo.
Non ricordava più
nemmeno il motivo per il quale avesse pianto tanto.
-
L…Lily…- mormorò, ancora incredula.
La
sua dea personale le sorrise, rassicurante come sempre, e le
sfiorò il viso con
una di quelle carezze che riuscivano sempre a calmarla; era come se
lei, solo
attraverso quelle dita delicate, fosse in grado di infonderle un
grandissimo
senso di serenità.
Perché mai doveva stare
male?
Non ce ne era alcun
bisogno.
Nessuno meritava le sue
lacrime.
Già, nessuno… ma nessuno
chi?
Le sembrava di avere la
testa incredibilmente leggera, come se qualcuno avesse rimosso qualche
parte
importante della quale, adesso, non aveva più alcuna memoria.
E, stranamente, la cosa
non le importava.
Non voleva ricordare.
Ricordare era
doloroso.
Con
l’aiuto di Lily si rimise in piedi, asciugandosi le ultime
lacrime che ancora
tracciavano le sue guance. La bellissima donna, che era stata in
silenzio fino
a quel momento, si limitò a guardarla con
quell’affetto materno che era solo
suo e poi, delicata, la cinse in un abbraccio, stringendola forte a
sé.
Alexis
si lasciò andare contro quel petto morbido, che profumava di
buono…che
profumava di amore e di quella rosa rossa che, come sempre, se ne stava
lì
conficcata appena sopra il seno sinistro della sua dea personale.
Non aveva mai capito
come facesse a non darle fastidio.
Lily
le accarezzò i capelli per qualche altro minuto silenzioso,
poi si abbassò
appena per poterle poggiare il mento su di una spalla.
-
Hai ragione, piccola mia. – se ne uscì, con voce
morbida e vellutata, mentre
continuava a sfiorarle lentamente i capelli. – Ricordare
è doloroso. Perché farlo quindi?
–
Alexis
corrugò la fronte un po’ perplessa e poi si
strinse nelle spalle, socchiudendo
appena gli occhi e fissando ancora una volta la bella rosa rossa,
adesso vicina
al suo viso.
-
Già, perché farlo…?- ripeté
sotto voce, allontanandosi appena dall’abbraccio
della donna.
Adesso
aveva uno sguardo vacuo, concentrato solo su quel fiore inserito nel
petto
della dea.
Non sapeva perché, ma
aveva una gran voglia di toccarlo, di verificare che fosse vero.
Voleva sentire i petali
morbidi sotto i polpastrelli ed ubriacarsi di quel profumo dolciastro e
sottile
che, adesso, cullato dal vento leggero di quel suo personale Paradiso,
le
solleticava l’olfatto in maniera decisamente invitante.
Lily,
ancora una volta, sembrò leggerle nel pensiero
perché, dopo averle riposto una
ciocca di capelli dietro l’orecchio, le sorrise ancora e le
indicò il rosso
fiore sfiorandolo appena.
-
Sei sempre stata attratta dalla mia rosa. –
rimuginò e la sua voce delicata
aveva assunto una tonalità quasi soddisfatta, alla quale
Alexis, però, non fece
alcun caso.
La
piccola Potter si limitò ad annuire e a piegare il viso su
di un lato per poter
osservare il fiore da un’altra angolazione: più lo
guardava e più le sembrava
bello.
Ed invitante.
Lily
la guardò ancora, quasi la stesse attentamente studiando.
Poi, piano, si piegò
sulle ginocchia, lasciando che lo sfarzoso vestito nero che indossava
si
aprisse a cerchio intorno a lei.
-
Lo sai, Alexis: se vuoi, puoi prenderla. – le disse,
sorridendo gentile.
Solo
dopo quelle parole, Alexis sollevò il viso di scatto, fino
ad incontrare gli
occhi gentili della sua bellissima dea personale. Aprì un
po’ le labbra,
sorpresa, e la fissò per qualche secondo non del tutto
convinta.
-
Posso davvero…? – domandò dopo qualche
secondo di titubante silenzio.
Senza
aggiungere nient’altro, Lily si limitò a sorridere
e, con delicatezza, la prese
per mano e la guidò fino al suo petto, all’altezza
della rosa. Alexis scese di
nuovo ad osservare il rosso fiore poi, piano, allungò le
dita.
Stava
quasi per sfiorare uno dei morbidi petali, quando sentì un
urlo rabbioso e
disperato tuonarle nella testa.
-
ALEX! ALEX! TORNA DA ME! TORNA DA ME, TI PREGO! – urlava la
voce.
Spaventata,
Alexis ritirò la mano con un gesto brusco e si
guardò intorno allarmata.
Chi la stava chiamando
con tanta urgenza?
Spalancò
gli occhi e tornò a guardare la dea con aria angosciata: per
un solo istante le
sembrò che quel viso bellissimo e candido fosse distorto da
una smorfia di odio
e follia, che la rendeva brutta e…terrificante.
Alexis
non ebbe il tempo di fare nient’altro perché un
dolore lancinante le colpì la
spalla destra costringendola a chiudere gli occhi e a piegarsi su se
stessa.
Urlò ed urlò ancora, perché le
sembrava che qualcuno le stesse premendo un ferro
incandescente sulla pelle.
Sembrava
quasi che si stesse squagliando lentamente e dolorosamente. Non aveva
mai
sentito tanto male in tutta la sua giovane vita. Mai.
Gridò
e pianse disperata, fino a che l’oblio non la accolse di
nuovo tra le sue
braccia – e questa volta,
stranamente, erano
davvero rassicuranti.
{Una
goccia nell’oceano,
Un
cambiamento nel tempo,
Stavo
pregando affinchè potessimo finire con lo stare insieme.
Era
come desiderare la pioggia mentre stavo nel deserto,
Ma
ti sto tenendo più vicino che posso,
Perché
tu sei il mio Paradiso.}
(*)Vi ricordo, come sempre, che questa storia è ambientata durante “La Camera Dei Segreti”. Dopo le tante pietrificazioni degli studenti Lucius Malfoy e il Ministro della Magia, Cornelius Caramel, vanno ad Hogwarts per arrestare Hagrid – accusato di aver scatenato la bestia misteriosa che starebbe creando tanto scompiglio nella scuola. In quella stessa occasione, Lucius consegna a Silente un mandato, in cui viene dichiarato che il preside deve abbandonare Hogwarts.
Salve a tutte!
Finalmente, dopo uno dei
miei soliti e vergognosi ritardi, ecco per voi, come promesso nel
messaggio
privato, il capitolo 43 di “Un Particolare In
Più”!
Questa storia, come al
solito, procede a rilento, ma oramai mancano solo sette capitolo e poi,
potremmo finalmente scrivere tutte insieme la parola fine al fondo
dell’epilogo! Quindi, per le più dubbiose, non
avete nulla da temere: l’ho
detto tante volte e non mi stancherò mai di ripeterlo:
QUESTA
STORIA AVRA’ IL SUO
FINALE!
Beh, che dire?
Sono sicura che, in
questo momento, molte di voi – forse tutte! –
vorrebbero staccarmi la testa a
morsi: torno e in questo capitolo ne succedono davvero di tutti i
colori (e che
ci fosse una notizia positiva per la nostra Alexis! Litiga con Sirius,
si
lascia con Draco e poi…ebbene sì, non me ne sono
mica dimenticata: il sogno
misterioso è tornato e con lui, il Paradiso personale della
piccola Potter e la
sua Dea che, sempre più, assume volti di uno
strano…Demone? Mah, chissà; il
mistero del sogno sarà una delle ultime cose che
verrà svelata in questa fan
fiction, quindi dovrete pazientare ancora un po’, ma la
storia è quasi al suo
termine, quindi arriveranno presto – mi auguro! –
tutte le risposte ai vostri
dubbi!)
Dal momento che questa
idea ha avuto parecchio successo e sembra divertire voi lettrici, ho
deciso che
utilizzerò questo metodo anche per rispondere a tutte le
gentilissime ragazze
che, da adesso in poi, mi lasceranno un commentino sui nuovi capitoli!
:3
Un
motivo in più per recensire, non vi pare?
Beh, detto questo, io
direi che è arrivato il momento di salutarvi!
Spero che il capitolo –
nonostante il clima di tensione che si respira – sia stato di
vostro
gradimento: si accettano pomodori in faccia, fischia di disprezzo e
quant’altro…solo, per favore: niente oggetti
contundenti! In fondo, è Natale,
no? **
Se
volete fare un
regalino anche alla sottoscritta, basterà qualche parola in
un commento,
saranno tutti apprezzatissimi!
Vi lascio alcuni links,
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altre storie; spoilers, immagini
grafiche e molto altro ancora! Inoltre, è un luogo dove
tutte quante potrete
scrivere ciò che volete, scambiare opinioni varie e fare
amicizia! Se vorrete
raggiungere me e le dolcissime Fanciulle che già si sono
iscritte, ne sarò più
che onorata!)
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Queens
Park –
Il viale dei sogni infranti
E con questo, è
davvero
tutto gente!
Alla prossima (:
Vostra affezionatissima Giulia.