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Autore: rune87    23/02/2012    1 recensioni
Questa storia è ambientata ad Halloween Town, la macabra città del film. Ma racconta ben altro, naturale, è una fan fiction inventata. I personaggi del film appaiono anche loro e hanno un ruolo specifico o anche corto, altri sono di pura fantasia; come i protagonisti. Ispirata anche un pò a due fumetti, ma per la descrizione dei pg.
I gemelli Nigthmare, sono ritornati ad Halloween Town per ritrovare la sorella minore, misteriosamente rapita dagli abitanti della cittadina. Cosa accadrà? E cosa nascondono i loro passati? Troveranno risposte e altro ancora, solo nel paese dell'eterno: "dolcetto o scherzetto?"
Genere: Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 0

CAPITOLO 0.1

 

Eravamo arrivati nel mondo sconosciuto a tutta l’umanità, quel mondo raccontato solo nelle favole o rappresentato solo una notte all’anno, esattamente quella di Ogni Santi, dove il dolcetto o scherzetto era innocuo verso gli esseri umani. Ma in quella città, poteva accadere di tutto, e il contesto era molto macabro e non sano, un divertimento sadico, di cui la paura e la morte la facevano da padroni. Il viaggio era durato una manciata di secondi; e quando realizzammo di essere a destinazione, eravamo a terra sdraiati e con il corpo pesante come macigni. Ormai erano passati anni, dall’ultima volta che avevamo messo piede in quel luogo, e quindi si sentiva tutto il peso della diversità…

Tutto intero Oz?

Chiesi a mio fratello, ancora a terra e osservando un po’ affaticato il cielo sopra di noi: era plumbeo, quasi nero. Solo il riflesso della luna si notava con la coda dell’occhio…

Credo. Se non mi sono scassato qualche costola…

Lui riuscì ad alzarsi, ma barcollò diverse volte. Io restai ancora un po’ a terra. Eravamo ad Halloween Town, dopo tutto quel tempo, non potevo crederci; adoravo quel posto, almeno, quando ero ancora un bambino. Ma in quel momento, cresciuto, non so; mi dava come un po’ fastidio, soprattutto per ciò che aveva significato per Amelia. Già, chissà dov’era la nostra sorellina? Mi alzai anche io a fatica e quasi caddi a terra; ma Oz riuscì ad acchiapparmi per il gilet e tenermi su. Un momento, avevo addosso cosa? Ah già, quando avevamo indossato le nostre maschere, anche i nostri vestiti erano cambiati, e si erano formati quelli a tema della città. Infatti mi guardai un po’ e notai che avevo dei jeans azzurri rotti in diversi punti e con due toppe alla bell’e meglio alle ginocchia, due scarponi neri con delle borchie ai lati; una camicia grigia anch’essa un po’ rattoppata e con il marchio della faccia di Jack Skeletron alla destra e un gilet di jeans stropicciato senza maniche. Mi toccai il viso e sentii la maschera ben aderita alla pelle, gli occhi incavati, le labbra fatte di un semplice filo scucito e i capelli che ricadevano sulla fronte scompigliati. Il mio vero aspetto, ero davvero tornato l’io di quel posto, una specie di scheletro umano dagli occhi rossi sangue. Respirai a fondo e subito l’odore di putrefazione, fumo e terra smossa si fece largo nei miei polmoni, provocando all’inizio una tosse secca e fastidiosa. Non ero più abituato e neanche Oz lo era, a quanto sembrava. Infatti si era guardato un po’ anche lui, solo che era più presentabile di me: jeans grandi e poco rattoppati ma neri e arancio, scarpe arancio con disegni di zucche qua e la, una maglietta verde scura con il simbolo di Skeletron davanti, e una felpa aperta con cappuccio arancione rattoppata qua e là. Il suo volto raffigurava la tipica zucca di Halloween, con un sorriso famelico, gli occhi incavati verdi e in testa un borsalino nero. Mannaggia a lui. Tutte le fortune aveva, solo che doveva sentirsi un bel po’ a disagio per il tronchetto che gli usciva dalla testa, tipico della zucca. A quel punto, quando se lo toccò togliendosi il cappello mi scappò una risata che risultò cadaverica e lontana…

Perfetto…ora potrei spaventare persino uno zombie

Dissi smettendo di ridere. Anche Oz si mise a ridere per la mia risata, solo che a lui uscì forte e profonda, infatti da un albero nero e tutto ripiegato su se stesso svolazzarono via spaventati un piccolo drappello di pipistrelli. Insomma, avevamo assunto l’aspetto tipico degli abitanti di Halloween Town, ed era arrivato il momento di entrare in città e iniziare le ricerche. Dopo esserci consultati su dove andare, camminammo verso il sentiero meno oscuro, che si diramava a forma di fiume in secca. Incontrammo diversi cartelli che annunciavano l’avvicinarsi della meta e tutti i suoi pericoli, solo che erano segnati dal tempo e anche dagli scherzi degli abitanti stessi. Il paesaggio era immenso e triste; qua e là si scorgeva qualche casupola sgangherata e sperduta; gli alberi erano morti e senza foglie, Sopra di noi, volavano pipistrelli e corvi scheletrici e dal becco aguzzo. Un bel ambientino, non trovate? Insomma, un luogo dove farci le ferie…se si avevano gusti molto macabri e discutibili. Guardandoci in giro, anche per evitare incontri poco piacevoli o incappare in qualche scherzo non voluto, non ci eravamo accorti di essere arrivati all’entrata della città; ma qualcosa riuscì ad attirare la nostra attenzione…

Ma guarda chi si rivede. In questa città tornati voi siete, cari figli di strega millenaria, rimettete piede in patria

Quel tono, e come non riconoscerlo? Oz fu il primo a voltarsi…

Ma tu sei Howl il gufo

Appena mi voltai, notai anche io, appollaiato su di un albero grigiastro e dai rami che parevano mani dalle dita lunghe, affilate e scheletriche; un gufo di medie dimensioni dal piumaggio bianco sporco e gli occhi grandi e giallastri. Era proprio il vecchio Howl, il gufo che parlava in rima e sapeva molte cose su Halloween Town. Non era cambiato affatto, il suo sguardo era scrutatore e anche guardingo, e quando mio fratello gli rivolse la parola, lui girò la sua testa, compiendo un perfetto giro a 180° facendo scricchiolare le sue ossa sotto le piume e lanciando un lungo saluto nel suo verso; e quest’ultimo riecheggiò parecchio nel vuoto…

Bello è rivedere Oz, colui dalla maschera di zucca, e suo fratello Grim, dalla testa di scheletro che non mostra smorfia

Mi era tornato in mente, il motivo per cui io e mio fratello, da bambini, non sopportavamo molto quell’animale: la sua parlata in rima dopo un po’ dava ai nervi. Ma dovevamo giocarcelo bene, per sapere di nostra sorella. Oz non disse nulla, così presi io l’argomento…

Ascolta Howl, se noi siamo qui, è per un motivo ben preciso. Di sicuro, tu sai cosa è successo a nostra sorella Amelia, tu sai tutto di questa città. Sai chi l’ha portata via dal mondo degli umani?

Il tono era deciso, ma anche preoccupato per la sorte di Amelia, era inutile nasconderlo. Halloween Town non era per niente un posto sicuro per lei, e noi avevamo fallito nel tenerla lontana, quindi dovevamo fare di tutto per ritrovarla, non volevo neanche pensare a cosa potesse esserle successo. Howl mi scrutò in silenzio e prima girò di nuovo la testa completamente su se stessa, poi la inclinò…

La fanciulla che mai ha messo piede qui, voi cercate, ma chi sia il suo rapitore, io non so reclamare. Notte lunga e diversa in questa città, qualcosa è successo, ma bene chi lo ? Io sono gli occhi di Halloween, ma di Town poco si sa. Colei che è figlia di strega e di padre umano, la città cambierà, in meglio o in peggio o viltà? Un consiglio vi do, tornate nel vostro mondo e dimenticate tutto ciò

Il gufo la stava facendo lunga e a quanto sembrava, non sapeva nulla sulla faccenda, nel il colpevole. Ma di certo ne io ne Oz ce ne saremo andati da li, finchè non avremmo ritrovato nostra sorella e riportata a casa. A quella frase mio fratello intervenne…

Almeno tu sai a chi si può chiedere di più?

Era nervoso, lo si intuiva benissimo, anche se lo dava a nascondere bene, ma essendo il suo doppio, sapevo cosa provava davvero in quel momento…

Una strada io vi indicherò, ma starà a voi dire si o no. Seguite colui che divertire sa, chissà se vi guiderà. Vi porterà alla via dei suoni e delle immagini liete, animali o bestie che siete, di sicuro pace non troverete. Risate e bagordi, vi riempirete. Dalla sua punta sovrasta il segnale di parata. Li vi attende colui che di paura vi ammala

Oh no, stavamo andando ad indovinelli? Che sia dannato quel pennuto del cavolo. Oz non rivolse il saluto a Howl, era sull’orlo dei gangheri e quindi era meglio se non parlava, ma io feci un piccolo cenno al gufo e lui lanciò un altro grido lungo e riecheggiante. Davanti a noi si stagliava l’ingesso della città, ovvero un altissimo e grande arco formato da rami neri, teschi e fiori bianchi dalle forme strane. In alto vi era un cartello intagliato nel legno con la scritta “Halloween Town” formata da tanti graffi.  Come entrata prometteva bene, ma ne a me ne a mio fratello causava paura alcuna; infondo eravamo a casa. Oltrepassata la soglia la luna in cielo parve sorriderci con la sua faccia piena e il sorriso sgangherato da cui colava sangue. La città si stagliava davanti e intorno a noi; le case erano attaccate l’una all’altra, oppure sparse senza un ordine, i tetti erano profondi o tondi, dalle punte aguzze oppure con segni di zucche, teschi, lune o altri simboli della festa del 31 ottobre. Le strade erano formate da tante mattonelle grigiastre o nere sembravano non finire mai; l’atmosfera era pesante e tetra, l’aria sapeva di chiuso e muffa, la gente era stravagante dall’inizio alla fine e camminavano con il loro ritmo impossibile. I loro sguardi erano allegri e maligni insieme; streghe che ridevano da sole o in gruppo, di svariati colori e dai capelli spettinati e vivi; vampiri che pendevano dagli alti lampioni accessi perennemente di giorno e di notte, oppure appartati negli angoli bui aspettando una possibile preda. Gatti neri sdraiati su finestre o muretti che ti osservavano glaciali e muti; ma anche scheletri e lupi mannari la facevano da padrone. Dalle locande fumose si udivano urla e risate, da alcuni vicoli lame che cadevano su qualcuno e qualche testa rotolava a terra con l’espressione spaventata impressa nell’ultimo respiro di vita. Oz ad un certo punto si ritrovò nel cappello un serpente, che appena estrasse venne agguantato da una strega e mangiato vivo da essa. Decisamente era uno spettacolo orripilante dovunque si guardasse quella cittadina; era putrida, oscura, subdola e spaventosa: eravamo a casa. Mentre pensavo a tutto ciò venni braccato ad un braccio da mio fratello…

Guarda Grim! Forse ci siamo

Esclamò indicando qualcosa con la mano destra. Guardai nel punto interessato e vidi la figura di un grosso pagliaccio da circo, con la faccia bianca di trucco, il naso rosso e dalla bocca usciva sangue. Il suo vestito era un pigiama rosa interi, con allacciatura sul deretano e con i pizzi al colletto e alle maniche: il suo aspetto era grottesco e orribile, i canini aguzzi erano visibili e gli occhi a girandola guizzavano come pesci fuori dall’acqua da una parte all’altra. Sembrava stesse cercando una strada; così Oz si avvicinò e mi trascinò con lui…

Mi scusi. Forse lei può aiutarci

Il pagliaccio obeso si voltò di scatto e la puzza di sangue e putrefazione ci colpì in pieno, provocando quasi in me dei conati di vomito che riuscì a trattenere. Lui ci guardò con fare sospetto…

Cosa volete?

Tono schietto e poco propenso alla pazienza. Stavo per chiedermi l’utilità del personaggio, quando capì a cosa si riferiva Howl nel suo dire: “che divertire sa”. Ma certo, un pagliaccio da circo era un’attrazione comica dopo tutto no? Erano i re del tendone…

Dove stai andando?

La domanda di mio fratello non solo spiazzò il pagliaccio, ma anche me. Cosa significava? Ma ancora una volta le parole del pennuto si fecero chiare nella testa: dovevamo seguire lui per andare da chi sapeva di Amelia. Oz era sempre stato arguto negli indovinelli e forse avevano ben in testa un piano. Infondo era una zucca…

Vado dove voglio

Disse il ciccione e prese la sua via. A quel punto il mio gemello mi trascinò con se ancora una volta e ci ritrovammo a seguire la comicità ambulante. La strada si allontanava dalla vita della via principale, le case si facevano più fitte e nere contro di noi; il silenzio divenne man mano toccabile, tanto era pesante. Si udivano solo i passi pesanti del pagliaccio, e del suo respiro ansante. Ma dove stava andando? Lasciato andare da Oz proseguii il cammino in silenzio e stando ben in campana in quella situazione, quanto mai strana; quell’essere puzzolente poteva anche tagliarci la gola, per quanto ci si poteva fidare della sua faccia da schiaffi. Ogni minuto che passava, si cambiava strada, vicolo stretto o passo sterrato. Ma poi quell’essere cambio bruscamente via e lo perdemmo di vista…

Miseria ladra! Ora dov’è andato?

Poteva essere ovunque, peccato che non si udiva più il suo passo ne il suo fiato affaticato. Eravamo sprofondati nel mutismo assoluto, nel freddo pungente e nel vortice delle case aguzze. Che fare? Mentre osservavo in giro aspettando un possibile attacco dal pagliaccio, il mio sguardo focalizzò un po’ lontano, verso un punto in salita, qualcosa che si muoveva. Guardai meglio e capii che dovevo andare verso di esso; sentii mio fratello farsi più vicino alla mia schiena e seguirmi. Perché il mio istinto mi portava verso quel qualcosa di non chiaro? Ma poi dovetti ricredermi; stavamo uscendo da quella strada buia e minacciosa, e ci ritrovammo verso una piccola collina dal manto erboso bruciacchiato e secco. Il vento soffiava lieve e si sentiva polvere e terra mossa o bagnata; ma l’oggetto che si muoveva e che aveva attirato la mia attenzione si fece più chiara: era una bandierina colorata che garriva al vento. E subito mi si accese la lampadina…

Ma certo! Oz…è tutto chiaro! Quello è un tendone da circo, Howl si riferiva a quello!

E una parte dell’indovinello era stata risolta, ora mancava l’altro pezzo, ma la sensazione che avremmo presto saputo il perché era di certo in quel tendone, da cui saliva la bandierina. Corremmo su per la collina senza mai fermarci; ormai avevamo fatto l’abitudine all’aria pesante e al terreno duro e terroso che la faceva da padrone. Arrivati in cima si presentò davanti a noi questo: un enorme tendone circense, dai colori spenti, e dall’aria stanca e usata si stagliava ai nostri occhi. Una parte si era staccata dai suoi pioli, e cadeva a terra mossa un poco dal vento; intorno natura morta e desolante, un gruppo di corvi gracchianti sui rami. Carri che avevano viaggiato per chissà quanti chilometri, giacevano o rovesciati o vuoti a terra, ricoperti da antichi cespugli e liane; grosse gabbie erano abbandonate vicino ad un fiumiciattolo stretto e sinuoso. Tutto era abbandonato allo stato brado…

Bhè…è…

Oz guardava il tutto inclinando la testa prima a sinistra, e poi a destra. Si grattava il rametto della sua maschera in testa e si rimetteva il cappello…

Si è…diciamo…insomma

Anche io non sapevo come descriverlo. Mi grattai una mano scheletrica ma coperta da dei guanti senza dita. Da qualsiasi punto lo si osservasse era un qualcosa di non ben definito…

E’…uno schifo?!

Io direi, artistico a modo suo Oz

Ma forse mio fratello aveva colpito in pieno. Ma tanto era un circo dell’altro mondo, cosa ci si poteva aspettare? Nulla di allegro sicuro. Dopo esserci assicurati che non vi fosse nessuno nei paraggi andammo verso il circo; appena arrivati sul posto la sua grandezza e fatiscenza si fecero più espansi e il silenzio ricadde su di noi come una cappa di fumo invisibile. Ogni tanto si udivano i nostri passi e qualche scricchiolio sotto i piedi, provocati da rametti secchi che si spezzavano come nulla. Ma prima di entrare nel tendone, decidemmo di perlustrare un po’ i dintorni per capire se vi era qualcuno, così ci dividemmo, io a destra e Oz a sinistra. I sensi erano tutti in allerta, ma dalla zona dei carri ammassati non si scorse nessuno; se non qualche topolino che fuggiva via veloce o qualche corvo che cambiava zona. Decisi così di tornare da Oz e appena arrivai vicino alle gabbie sentii come una corda tirarsi e poi qualcuno di sollevato…

Ma porca di una…! Grim! Vieni subito qui!

Oz sbraitava rabbioso come non mai e corsi da lui, facendomi guidare dalle sue imprecazioni. Arrivai vicino ad una gabbia distrutta in più punti e arrugginita nei più, che era incastrata nel letto del fiume e nel terreno; alzai lo sguardo e vidi penzolare mio fratello per il piede sinistro, che era stato preso da una corda a forma di cappio e che era legata ad un piolo del tendone. Il borsalino a terra e mio fratello che dondolava sbuffando e imprecando…

Ma chi cavolo ha messo, una stupidissima corda qui?!

A guardare meglio il mio gemello mi scappò una risata cadaverica e lunga, mi piegai un po’ sulle ginocchia divertito dalla trappola in cui era caduto. Invece lui mi prendeva a male parole e protestava per farlo scendere immediatamente. Ma dato che la risata si prolungava, si mise a braccia conserte al petto e mi guardò odiandomi…

Ahahah, oh mamma! Come si fa a cadere in una cosa così stupida? Ahahahah! Ok, ok ti libero subito

Dissi cercando di riprendermi dall’ilarità dello scherzo riuscito. Mi diressi verso il piolo a cui era legato l’altro capo della corda e dopo averci studiato un po’…

No! No piano Grim! Non sganciare di…

Ma ormai era fatta: lasciai andare la corda e Oz cadde a terra con un tonfo sordo. Mi voltai e lui lanciò una parolaccia che riecheggiò per la vallata per un po’ e poi cercò di liberarsi dalla fune. Tornai da lui e lo aiutai a togliersi il cappio dal piede, ma delle risate fragorose ci colpirono. Di scatto fummo schiena a schiena e ci guardammo attorno. Eravamo forse circondati? Le risate si allungarono ed erano divertite e un po’ moleste; ma chi erano? E soprattutto in quanti erano?...

Uscite fuori, chiunque voi siate!

Gridai io con tono deciso e duro. Ma gli sghignazzi continuarono imperterriti. Più mi guardavo intorno e più non vedevo da chi provenivano quelle risa e burla, ma poi qualcosa si fece vivo nei miei ricordi: una scena simile era già capitata, e quell’ilarità mi era come famigliare. Io e Oz ci guardammo in faccia e…

Vado, Vedo e Prendo?!

Esclamammo quei tre nomi di colpo e le risate diminuirono poco a poco. Dopo alcuni secondi dei rumori di passi e cespugli che si spostavano si fecero un po’ forti e davanti a noi apparvero tre figure poco più alte di noi, tranne una che era leggermente più bassa, ma il suo cappello a punta aumentava la statura. Uno dei tre si fece avanti, e un raggio del sole pallido che era in quel cielo illuminò in maniera diabolica un ragazzo: era vestito di rosso, dai jeans alla camicia rattoppata; sulla testa i suoi capelli formavano un paio di corna a spirale e il suo volto lungo e appuntito fece una risata e mostrò i denti appuntiti…

Ma tu guarda chi si rivede. I gemelli Nightmare

Er davvero il diavoletto del trio, ma era cresciuto e faceva più paura che da bambino, ma non gli mancava la sua coda biforcuta e in una mano la sua fida maschera diabolica. Si avvicinò un po’ di più e ci sorrise. Poi si fece avanti la seconda figura…

Sono cresciuti vero? E che bei ragazzi sono diventati

Chi aveva parlato era la strega del gruppo. Anche lei era diventata adulta, ma nell’abbigliamento era sempre la stessa: gonna lunga viola su calzettoni a righe verdi e neri, una camicia chiusa con una zip sul rosato e il volto verde e dai capelli in rivolta neri come la pece. Il cappello stregonesco che ricadeva sulle trentatré e anch’ella ci sorrise felice di vederci. E alla fine anche il terzo personaggio fece la sua comparsa, solo che si lanciò su di me buttandomi a terra e stringendomi forte a se. La sua maschera di scheletro sorridente picchiava contro la mia e i suoi occhi infossati sorridevano…

Ahahahah! Ciao Grim!!!

Mi urlò quasi nelle orecchie il ragazzo tutto euforico. Lui anche se cresciuto fisicamente, nel carattere era rimasto bambino a quanto pareva…

Ah, si…buono Prendo. Ahahah, vacci piano

Dissi cercando di scrollarmelo di dosso, ma con enorme fatica. Oz rimasto in piedi, strinse le mani agli altri due; quel trio era stato nostro amico quando eravamo piccoli e con loro ne avevamo fatti e sorbiti di scherzi. Non avrei mai pensato un giorno di rivederli e di soffrirne la mancanza…

 

 

Continua…

 

 

  
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