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Autore: goldfish    06/10/2006    4 recensioni
Seguito di “Perché non sali un attimo?” (ma si può leggere anche da solo).
Ricapitolando: Hermione e Ron si incontrano per caso quattro anni dopo la loro rottura. Si ubriacano e succede l'inevitabile. Che faranno dopo? Di certo c’è solo una cosa: non farlo sapere a Harry&co! Ma non è semplice come sembra... Si tratta di una storia a capitoli che però non sarà molto lunga, non so, intorno ai cinque-sei... sparate pure a zero, anche se fa schifo e devo levarla dalla circolazione! (ma se vi piace è meglio!)
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Seguito di “Perché non sali un attimo

Lunedì

San Mungo, ore 10,30

“Signorina, mi rendo conto che non dovrei essere io a spiegarle come si fa il suo lavoro, ma non vedo cosa c’entri la mia caviglia col fatto che mi è esploso il calderone in faccia…” disse una paziente signora a Hermione.

“Uh, sono mortificata.” Si scusò prontamente la giovane guaritrice.

“Non si preoccupi, anche mia nipote lavora qui, e con i turni che fate è normale essere un po’ stressati.”

La donna, però, non sapeva che il problema di Hermione non era lo stress da lavoro. Lei dava il meglio di sé sotto pressione. Quello che la distraeva era la sua vita privata, nonché la decisione di tenerne all’oscuro i suoi amici. Non si prometteva una cosa molto facile, soprattutto con Ron che lavorava assieme a Harry. E non essendoci (fortunatamente) molti maghi oscuri da combattere in quel periodo, quei due avevano molto tempo per parlare in ufficio.

Dopo aver sistemato la signora si prese cinque minuti di pausa caffè, per ricaricarsi e evitare di essere di nuovo negligente. Stava sorseggiando la bevanda da una tazza bollente quando…

“Hermione! Che fai mi eviti?!” disse una voce proveniente dalle sua spalle. La ragazza si voltò.

“Ciao, Mark! No che non ti evito…” rispose lei.

Mark era un collega che lavorava al reparto Avvelenamento da pozioni e piante. Si trattava di un ragazzo molto carino, coi capelli biondo scuro e ridenti occhi castani, che aveva preso a tampinarla costantemente da quando era andata a lavorare lì. L’ultima volta che si erano incontrati si era fatto strappare le promessa cha la settimana seguente gli avrebbe concesso un pranzo assieme (“A patto che poi mi lasci in pace!” aveva precisato Hermione). In effetti anche lei si divertiva a flirtare un pochino con lui. Ma adesso era l’ultimo dei suoi pensieri.

“Sicura? Perché se non erro avevamo un conto in sospeso…” continuò lui, andandosi a piazzare al suo fianco e scrutandola col capo un po’ chino e un sorrisetto spavaldo sulla faccia.

“Sicurissima, non montarti la testa. E poi non ti dovevo proprio un bel niente!” sottolineò lei risoluta, ma anche un po’ divertita.

“Bugiarda!” rise. “Mi avevi promesso un pranzo…”

“Sono le undici, dalle mie parti è ancora presto per mangiare…”

“Prima o poi capitolerai, Granger. Rassegnati!”

“Lo credi tu, bello!”

No, aspetta, era scorretto continuare con il flirt. Doveva mettere le cose in chiaro.

“Guarda, Mark, sarò sincera con te. Mi vedo con qualcuno.”

Lui non sembrò darle troppo peso. “Ah sì? Lo conosco?”

“No… non credo” tentennò.

“A me sa un po’ di scusa”

“Ti dico che ho già qualcuno!” rispose spazientita.

“Come si chiama?”

“Allora, si chiama…” ma il discorso venne interrotto da una terza voce. Era chiaramente, inconfondibilmente e senza ombra di dubbio Harry Potter.

Merda! Merda, merda, merda!

La ragazza si voltò verso il suo vecchio amico con uno sguardo che urlava pietà.

“Su, Hermione, dicci come si chiama l’uomo del mistero!” rise il moro.

“Harry! Che ci fai qua?”

“Avevo pausa e sono venuto a trovare un collega che si è fatto male. Allora chi è il fortunato?” la stava chiaramente sfottendo.

“Si chiama… David.” Improvvisò. “E non lo conoscete perché è un babbano, il vicino di casa dei miei.”

“Un babbano?!” commentò Mark. “Tu sei una strega troppo brillante per uscire con un babbano!”

“E la vicina dei tuoi non era una vecchia zitella che viveva circondata da gatti rognosi?” la incalzò Potter.

Era in trappola. Doveva prendere in mano la situazione, o la faccenda di non dire nulla di Ron e lei non sarebbe durata fino all’ora di cena. Si alzò in piedi con aria di sfida.

“Primo:” sbraitò, “si dà il caso che i miei genitori siano babbani e non ci sia niente di male a frequentarne uno, per cui abbassa la cresta, Mark. Secondo: per tua informazione, Harry, quella vecchia gattara da un mesetto subaffitta una stanza a un tizio, ed è un gran pezzo di babbano, non so se mi spiego. E terzo: scusate, ma ora devo andare!”

Con fierezza si allontanò dai due. Solo le undici di mattina e già si era trovata a inventare scuse su scuse. Sì, la faccenda si prospettava molto dura.

“Tanto non ti credo!” le disse dietro il collega con un sogghigno, mentre la guardava andarsene divertito.

*

Ministero della Magia - ufficio Auror, ore 12,00

Ron aveva fame. Da quando (e meno male) Voldemort era stato eliminato, il lavoro di Auror restava sì un po’ pericoloso, ma c’era anche molto più tempo per pensare. E adesso stava pensando che aveva fame. Quanto ci metteva a tornare Harry? E quanto ci mettevano a venire le 12,30? Voleva pranzare, subito!

Un momento. Harry era andato al San Mungo. Avrebbe visto Hermione? Avrebbe capito qualcosa? No, che c’entrava il fatto che Harry e Hermione si incontrassero con il venire a conoscenza di loro due? E poi poteva stare tranquillo, quella ragazza se lo era sempre rigirato come voleva, il Prescelto. Senza contare che con molta probabilità non si erano neanche incontrati.

“Rieccomi!” disse Harry di ritorno.

“Ce ne hai messo!”

“Beh, una visita è un visita, mica posso fare il giro del letto e tanti saluti.”

“Già… ehm, hai mica visto qualcuno, all’ospedale?” chiese poi Ron. Doveva sapere.

“A parte William?”

“Sì, a parte lui.”

“Ho visto Hermione. E a proposito di questo, credo che dovreste decidervi a parlarvi di nuovo, prima o poi. Siete cresciuti, non potete ignorarvi in eterno! E io rivoglio il mio trio!”

Questa era proprio bella da sentire, pensò Ron. No, lui non ignorava più Hermione. Decisamente no. Ma almeno il loro segreto era ancora tale.

“Hai ragione, uno di questi giorni la chiamo… ehm…” diede un colpetto di tosse. “Che dice?”

“Il solito… Che ridere, c’è un collega che non le dà un attimo di respiro, ci prova spudoratamente, senza ritegno!”

Ron avvampò e saltò in piedi. “Come prego?! In che senso?!”

Harry lo guardò stupito, e il rosso se ne accorse perché cercò di controllarsi immediatamente.

“No, cioè, voglio dire… chi è?”

“Un collega, te l’ho detto.” Gli rispose l’amico, ancora perplesso. “Ma che hai, non sarai mica geloso di lei, mi auguro! Non vi vedete da anni, pensi che si stia conservando nella naftalina per un eventuale ritorno di fiamma?” rise.

Ecco, perché adesso non poteva spaccargli la faccia, al suo caro amico Harry Potter? Ne aveva ogni diritto!

Moi? Geloso? Ma daaaaai! Sono solo curioso.” Replicò l’altro, ma senza troppa convinzione.

“Sarà… comunque ti sei perso una bella scena, figurati che si stava inventando la storia di un tale babbano con cui si vedrebbe. Assolutamente poco credibile. Che poi non mi sembra male quel suo collega, non vedo perché faccia tanto la difficile…”

Non era male? NON ERA MALE?! Adesso glielo faceva vedere lui chi non era male, con un occhio nero, un paio di denti in meno e un labbro tumefatto.

“Ora basta parlare di Hermione. Un giorno di questi la vado a trovare e appianiamo ogni divergenza. Allora, pranziamo?” concluse scocciato il rosso.

In realtà aveva perso un po’ di appetito, ma doveva conservare la facciata.

*

Casa di Ron, ore 22,00

“Casa tua è un disastro! Come fai a convivere ancora con tutti questi scatoloni?” rise Hermione appena entrata nella stanza del ragazzo. “Un giorno ti do una mano a… ma insomma, Ron, mi vuoi dire che hai? È tutta la sera che mi sembri scocciato!”

“Umpf… chi cazzo è ‘sto Mark, adesso?!”

La ragazza spalancò gli occhi indecisa se ridere o… o ridere. Ma si trattenne a stento.

“Cosa? Sei geloso, Ronald?” lo canzonò.

“Non cambiare discorso, Harry mi ha detto tutto dei tuoi inciuci ospedalieri! Guarda che ci metto un minuto a spaccagli la faccia a quel pervertito!” rispose l’altro alterato. Hermione adesso non poté non lasciarsi sfuggire una risatina divertita.

“Ron, calmati, è solo un collega che non sa darsi per vinto. Gli avrei detto tutto, ma poi è arrivato Harry…”

Il ragazzo continuava a guardarla storto, battendo nervosamente un piede per terra.

“Ma mi fa piacere che ti preoccupi per il mio onore, da vero paladino della giustizia!” rise lei.

“La smetti di pigliarmi per il culo?” protestò lui, scocciato.

“D’accordo, se preferisci ti chiamo sbirro…” continuò la ragazza con un tono malizioso avvicinandosi a lui. E riuscì a farlo ridere, finalmente. Quando erano più piccoli e frequentava l’accademia per Auror, lei lo chiamava sempre sbirro, per scherzare, e lui la lasciava fare anche perché non aveva ben capito di cosa si trattasse.

“Chiamami come vuoi, bambina…” replicò dopo un momento Ron, altrettanto malizioso e con la voce divertita da finto macho. Ma appena era riuscito a lasciarsi alle spalle la storia di Mark e a trascinarla di peso verso di sé sul materasso, sentirono uno scroscio provenire dal salotto.

“RON?! CI SEI?”

“Cazzo!” Seppe solo dire Hermione, rialzandosi di scatto dal corpo del ragazzo e cercando spasmodicamente di darsi una sistemata e riabbottonarsi la camicetta. Lui le fece segno di stare in silenzio con un indice sulle labbra.

“RON! Boh… o non ci sei, o sei occupato, deduco.” Continuò Harry dal braciere del caminetto. “Mi auguro per te la seconda. A domani, e scusa l’interruzione…” e con un altro scroscio la voce sparì.

“Se n’è andato.” Disse il ragazzo.

“Sicuro?”

“Sicurissimo. Io e Harry abbiamo questa specie di tacito accordo, non entriamo in casa l’uno dell’altro senza autorizzazione. Dopo quella volta che l’ho beccato seminudo in cucina con la nuova segretaria del Ministro…”

“Uh, che bello spettacolo.”

“Non dirmi niente. Ma adesso non parliamo più di Harry nudo, che sennò puoi anche andartene diretta a casa tua, stanotte. Piuttosto, dove eravamo?” rise.

“Mah, la mia camicetta stava inspiegabilmente crollando a terra…” disse con aria vaga Hermione, spogliandosi dell’indumento.

I due ragazzi risero e ricaddero sdraiati sul materasso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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