Harleen aveva letto su tutti i giornali dell’arresto del criminale per eccellenza, colui che aveva creato un parapiglia gigantesco istigando la vecchia Gotham alla caduta: come lui era caduto, così avrebbe dovuto seguirlo l’intera città.
Ma il Tenente James Gordon – attualmente promosso a Commissario – e le sue forze di polizia, l’avevano fermato consegnandolo nelle mani del Direttore dell’Asylum.
Harleen ricordava perfettamente quando la notizia giunse. Quando dopo il suo arresto aveva iniziato a studiarne la psicologia e le gesta. Aveva letto e riletto qualunque cosa potesse “avvicinarla” al clown, qualsiasi file o cartella le fosse stata messa a disposizione dalle autorità competenti e più rifletteva sulla veridicità di quelle righe, più si convinceva di quanto potesse essere indispensabile tentare un qualunque percorso riabilitativo volto all’unico scopo di farlo parlare: se esisteva una verità su Batman e su Dent, lei voleva saperla. E possibilmente scriverla.
AGGIUNTO capitolo 40 REVISIONATO!
[Questa storia nasce dal mio amore per la coppia Joker/Harley Quinn e si colloca tra gli eventi di The Dark Knight e The Dark Knight Rises]

[Dal cap. 1 - Fatale Monstrum]
-Tu… Non esisti…-
Silenzio. E i suoi occhi, in quei lunghissimi secondi che trascorsero a rallentatore, non si staccarono mai dai miei, scrutandomi con curiosità. Una risata acuta e inquietante scoppiò nuovamente sulla sua bocca. Con estrema facilità si portò una mano alla giacca, continuando a ridere, puntandomi una pistola contro. Non pensai, non c’era più tempo per farlo. Mi gettai a terra non appena fece fuoco, serrando le palpebre più forte che potevo. Un boato, lo sgretolarsi di polveri sottili. Mi voltai appena, osservando con occhi sgranati il maestoso buco che attraversò la parete che si trovava alla mi spalle. Se mi avesse colpita, come minimo, sarebbe riuscito a farmi esplodere la testa, lasciando schizzi cremisi e materia grigia ovunque. Cercai di riprendere fiato, di tenere i nervi saldi sebbene sentissi i suoi occhi pesare su di me come un’incudine. Sollevai lo sguardo, ora era in piedi, e torreggiava su di me esponendo quel magnifico ghigno che riusciva ad incutermi una paura più profonda e malata del semplice terrore. [...]
-Allora, sono abbastanza reale per te, adesso?-