Kurapika ha quattordici anni. Vive con la sua famiglia in un villaggio un po' particolare tra le montagne della Siberia. Ha una madre che ama più della sua stessa vita, un padre che fatica ad accettare la sua diversità ma che nonostante tutto, ci sarà sempre, un fratello maggiore che tante volte fatica a comprendere e una sorellina troppo piccola per capire quanto possa essere doloroso l'amore fra le persone. Il fatto è che Kurapika è un ragazzino fortunato. È bellissimo, ha due occhi che riuscirebbero a far innamorare chiunque, ed ha trovato un ragazzo che lo ama gentilmente e senza pretendere granché. Kurapika è un ragazzino fortunato perché a quattordici anni ha già capito quanto si possa essere speciali ed allo stesso tempo insignificanti per una persona, e l'ha imparato sulla sua pelle, soffrendo. Ma soprattutto, Kurapika è sopravvissuto. E comincia a chiedersi se questa fottuta fortuna serva effettivamente a qualcosa, alla fine.

Pubblico la storia come "nonsense" perché non ha senso, semplicemente. Parla di un sentimento come l'amore, certo. E di una persona, triste, ferita, che dovrebbe venire aiutata. E perché non dovrei aiutarla io, che l'amo? Che farei l'impossibile per vederla sorridere ancora? L'unico problema è che questa persona non esiste. O meglio, l'ho inventata io. Ma l'amo tremendamente, e lei è così dannatamente ferita, perché non dovrei fare qualcosa? Torno come al solito con qualcosa di deprimente e forse banale... ma qui dentro c'è davvero tanto di me stessa. C'è tutto il mio cuore, e il mio amore. E ovviamente la malinconia che, in fondo, è un po' in tutti noi...

Cosa significa amare, quando tutto ciò che provi è solo dolore, e tutto fa male? Me lo sono chiesto tante volte. Cosa significa amare, quando lei è lontana e non rimane nient' altro da fare che farsi da parte, lasciandola vivere la propria vita, ed essere felice senza di te? Pensieri messi per iscritto ascoltando musiche meravigliose dai suoni celestiali. Parole d'amore, forse. Perché sognare non è mai troppo difficile, quando per farlo bastano una foto, un ricordo sbiadito, una ferita ancora fresca.