Hairy high and low
Titolo: Hairy high and low
Autore: My Pride
Fandom: Batman
Tipologia: One-shot [ 3745 parole fiumidiparole
]
Personaggi: Damian Wayne, Jonathan
Samuel Kent, Tim Drake, Jason Todd, Dick Grayson
Rating: Verde
Genere: Generale, Fluff,
Sentimentale
Avvertimenti: What if?, Slash,
Hurt/Comfort
Writeptember: 1. Tutti dicono
bugie || Immagine. A è nella vasca e B gli/le bagna la testa
The time of our life: Gioventù,
Album Prompt, 98. "Faccio io"
BATMAN
© 1939Bob Kane/DC. All Rights Reserved.
«Se
questo fosse un film Disney e quel film fosse Encanto, tu saresti
sicuramente Luisa, Todd».
Damian pronunciò di punto in bianco quella frase
mentre se ne stava affondato sul divano con il cellulare poggiato sul
bracciolo e il cappuccio della felpa tirato in testa a coprire la lunga
coda di cavallo, sgranocchiando noccioline che afferrava di tanto in
tanto a manciate dalla busta che aveva abbandonato al fianco del
braccio non costretto in un tutore.
Come di consuetudine, si erano presi una serata per
loro stessi – chiamate di emergenza permettendo, motivo per cui avevano
lasciato i comunicatori accesi –, mentre Bruce presenziava ad una
riunione alla sede di Star City delle Wayne Enterprises, e Dick era
riuscito a scamparla dall’andare con lui solo grazie alla sua caviglia
rotta; Tim era impegnato con la laurea in legge e Jason non era
esattamente interessato – pur essendo stato incluso nuovamente nella
società dei vivi grazie a chissà quale giro di favori da parte di
Bruce, tutta quella merda della compagnia non faceva per lui –, mentre
Damian, nonostante il braccio ingessato, aveva comunque provato a farsi
portare fin laggiù per controllare il suo “futuro impero”, per usare le
sue parole. Bruce non aveva comunque acconsentito ed era partito da
solo, ignorando il brontolio del figlio minore a cui non era rimasto
altro da fare se non unirsi alla serata cinema coi fratelli. Cassandra
e Duke erano di pattuglia monitorati da Barbara, e l’unica che mancava
all’appello era Stephanie che, stando al suo messaggio, avrebbe dovuto
raggiungerli esattamente mezz’ora addietro. Ne aveva mandato un altro
in cui diceva che sarebbe stata lì entro dieci minuti, ma ne erano
passati altri dieci da allora e ormai sapevano che le parole “Stephanie
Brown” e “puntuale” non andavano bene nella stessa frase.
Tirandosi a sedere con un’espressione stralunata,
Jason gli lanciò un’occhiataccia. «Perché dovrei essere Luisa?» domandò
scettico, e Damian gli rivolse un ghigno in parte nascosto dal
cappuccio.
«Perché sei il più grosso ed emotivo».
«Cosa? Ma ti sei visto? Con quella spocchia potresti
essere Isabela».
«Dovrei prenderlo come un insulto o come un
complimento?»
«Ti ci strozzo con quei capelli che nascondi là
sotto, Rapunzel», rimbeccò Jason nell’alzarsi, ma venne prontamente
rimesso a sedere da Dick, che allungò la stampella verso di lui e
gliela batté con qualche colpetto sul petto.
«Buoni, bambini, buoni». Sorridendo divertito, Dick
gettò un’occhiata ad entrambi prima di massaggiarsi la coscia. «È la
serata cinema, e durante la serata cinema abbiamo tutti firmato un
accordo che sigla la cessazione delle ostilità».
Tim rise, sorseggiando il suo caffè. «Quell’accordo
è la cosa migliore dopo il pane con le olive, almeno riesco a vedere un
film senza spargimenti di sangue».
«Sta’ zitto, Rimpiazzo».
«Silenzio, Drake».
Sbottarono Damian e Jason all’unisono, riuscendo
solo a far ridere gli altri due fratelli che, rivolgendosi un
occhiolino, tornarono a rilassarsi sulla poltrona come se nulla fosse,
e fu proprio Tim ad afferrare il telecomando per accedere all’account
Netflix e spulciare tra la categoria di film che avevano inserito nella
lista dei preferiti; tra un borbottio e l’altro scartò gran parte delle
cose presenti, glissò delle miniserie poliziesche che avrebbe preferito
vedere da solo – in una famiglia di detective, ognuno di loro scopriva
il colpevole prima ancora che la serie arrivasse al secondo episodio –
pur di non sentire le loro ipotesi, richiamò Damian per il modo in cui
aveva cercato di grattarsi furiosamente al di sotto del gesso e
afferrato al volo la ciotola di pop corn che per poco non aveva
rovesciato a terra, ma non aveva ancora scelto nulla e tutti avevano
cominciato ad annoiarsi.
«Ehi, Timbo, sceglierai qualcosa prima che qualcuno
decida di radere al suolo Gotham, o guarirà prima la mia caviglia?»
sbuffò Dick con fare ilare nell’allungare un braccio verso il tavolino
per afferrare il suo frullato, ignorando il brontolo del fratello che,
non contento, aveva fatto l’ennesimo giro della lista a causa della sua
indecisione.
«Scommetto che è uno stress guardare Netflix con te,
vero, Rimpiazzo?»
«Secondo me la sua idea di “Netflix e Relax” non è
nemmeno questa, Todd».
«Oh, quindi sai cosa vuol dire, pulce?»
Damian lo fulminò con lo sguardo. «Ho quasi
diciassette anni, idiota».
«Time out»,
si intromise subito Dick nel fare un segno con entrambe le mani,
sorreggendo bene la sua bevanda. «Ricordate il patto. E tu muoviti a
scegliere, Timbo».
«Stavo aspettando Steph».
«Allora puoi scegliere e basta», lo interruppe Jason
nel mostrargli il cellulare. «Ha appena mandato un messaggio, Cass le
ha appena chiesto di unirsi a lei di pattuglia e non verrà».
Tra i tre si sollevò un brontolio di dissenso e
qualche borbottio sommesso – specialmente da parte di Dick e Damian,
che non avrebbero potuto unirsi a loro nemmeno volendo a causa dei loro
infortuni – riguardo al fatto che avessero perso un sacco di tempo, ma
alla fine Tim prese una decisione e scelse un horror che di horror
aveva poco e niente. La trama parlava sostanzialmente di un gruppo di
ragazzi che affittava un cottage in montagna e, durante il falò, veniva
sorpreso da un temporale e dall’irruzione di un uomo delirante e
ricoperto di pustole infette e sanguinante. Un film che alla fine
avevano messo giusto per passare il tempo, ironizzando su quanto
sembrasse finto e come gli effetti speciali fossero letteralmente di
serie B, ma lo guardarono comunque per il gusto dell’orrido e per farsi
due risate, almeno fin quando non suonarono alla porta; nessuno si
mosse per un lungo momento per la concentrazione verso il film e a
causa dell’abitudine, ma fu Jason stesso ad alzarsi quando venne fatto
notare che Alfred era partito con Bruce e che nessuno avrebbe potuto
aprire la porta in mancanza di chiavi; così, con uno sbuffo, mise il
film in pausa e si sgranchì il collo mentre si incamminava a grandi
falcate fuori dalla sala.
«Se è Steph che ha cambiato idea e ci chiede di
rimettere il film da capo, la strozzo con i capelli della pulce», mise
subito in chiaro, ignorando le rimostranze di Damian.
«Ehi! Che problema hai con i miei capelli?!»
«Sono un’arma impropria, quindi sono utili».
«Attento allora che non li usi su di te, Todd».
«Forse è Bernard», azzardò timidamente Tim, avendo
l’accortezza di guardare altrove e fingere di bere il suo caffè – anche
perché la tazza si era svuotata mezz’ora prima – alle occhiate
scettiche dei suoi fratelli.
«Ehi, i patti sono chiari. Niente partner alle
serate cinema tra fratelli».
Tim sollevò le mani in segno di resa e finse di non
saperne niente mentre Jason, borbottando, andava ad aprire al loro
visitatore, tornando cinque minuti dopo con un’espressione stranita
dipinta in viso e in compagnia di Jon che, sorridendo timidamente,
agitò la mano destra a mo’ di saluto. Nessuno lo aspettava perché non
avrebbe dovuto essere in zona, persino Damian appariva stranito nel
vederlo, ma lo salutarono comunque di riflesso quando lui sorrise
maggiormente.
«Scusate l’improvvisata, ragazzi».
Tim arcuò comunque un sopracciglio alla sua vista
prima di scoccare una rapida occhiata a Damian. «Non avevamo detto
niente partner alle serate cinema?» domandò scettico, ma Damian
ricambiò con uno sbuffo.
«Non ne so niente, non guardarmi così».
«Colpa mia», accennò subito Jon. «Dovevo avvisare,
mi servirebbe una mano per una ricerca al volo».
«“Ricerca”».
L’espressione di Dick divenne scettica mentre faceva
scorrere lo sguardo sui due ragazzi, ma fu Jason a ridere.
«Adesso si chiamano così, Goldie». Nonostante l’aria divertita, le
palpebre di Jason si assottigliarono nel guardare Jon dritto negli
occhi. «Vedi di andarci piano, ha già un braccio rotto», affermò
schietto, e Jon arrossì fino alla punta delle orecchie finché non fu
Damian stesso a porre fine alla conversione.
«Fatevi gli affari vostri, idioti. Torniamo subito»,
chiuse lì la conversazione nel filarsela alla svelta prima che qualcuno
potesse replicare con ironia riguardo la velocità della loro “ricerca”,
venendo ben presto seguito da Jon che, con un ultimo saluto, non perse
tempo ad andargli dietro.
«Jon. Ehi, ragazzo». Dick lo richiamò prima che
potesse sparire oltre la soglia, vedendolo voltarsi curioso mentre
sbatteva le palpebre. «Che ci fai qui? Non eri in missione con tuo
padre?»
Il ghigno che rivolse loro Jon mentre si sistemava
gli occhiali sul naso fu così fuori luogo, sul suo volto, da irrigidire
tutti nello stesso istante. «Tutti dicono bugie», sentenziò,
ridacchiando tra sé e sé nel sentirli parlottare tra loro mentre saliva
a due a due le scale per raggiungere la camera di Damian, aprendo la
porta nello stesso istante in cui si stava liberando della felpa e
cercava di tirar fuori con un braccio solo l’attrezzatura nascosta
sotto al letto. La lunga coda di cavallo gli era ricaduta sulle spalle
e sembrava carezzargli il viso come dita sottili, tanto che Jon fu
costretto a scuotere più e più volte la testa dopo aver deglutito nel
tentativo di riprendersi un po’, raggiungendo per dargli una mano.
«Perché sei voluto salire in camera se vogliamo
uscire di pattuglia?» domandò curioso, e Damian, imprecando tra sé e sé
mentre si scosta a i capelli dal viso con un gesto secco, gli scoccò
giusto una rapida occhiata.
«Perché penseranno che stiamo pomiciando e non
verranno a controllare», disse ovvio, ignorando lo sbuffo divertito di
Jon.
«Sai che anche l’idea di passare la serata a
pomiciare non è male, vero, D?»
Pur sollevando entrambe le sopracciglia, Damian si
alzò in punta di piedi – odiava farlo, ma Jon era obiettivamente più
alto di lui – e gli sfiorò le labbra con le proprie, coi capelli che
gli ricaddero nuovamente sul viso. «Possiamo farlo anche fuori di qui,
dopo la pattuglia».
«Sui tetti e fra le nuvole?» scherzò Jon, ma Damian
sorrise.
«Sui tetti e fra le nuvole», confermò nel baciarlo
con trasporto, avvolgendogli il braccio sano intorno ai fianchi mentre
Jon curvava meglio la schiena verso di lui, tenendolo a sé per rendere
il bacio più passionale e insinuare le dita di una mano fra i capelli,
sciogliendoli dietro la schiena.
«Bella prova, mocciosetti». La voce di Jason
proveniente dalla porta fece trasalire entrambi, persino Jon, troppo
assorto a sbaciucchiarsi Damian, non si era accorto della sua presenza.
«Abbiamo fatto queste stronzate prima di voi, pensavate davvero di
fregarci? Di sotto. Ora».
Le ore successive furono un susseguirsi di battutine
e prese in giro da parte dei fratelli, Jon fu persino “costretto” a
restare lì alla villa e a starsene seduto tra Dick e Jason nonostante
le occhiate supplichevoli che non aveva fatto altro che lanciare a
Damian, per quanto alla fine avesse chiesto anche che razza di film
avevano messo e per quale motivo stavano continuando a guardarlo,
tenendo conto che Tim aveva fatto partire anche i film successivi della
“trilogia”. Erano stati uno peggiore dell’altro e ad un certo punto
anche Jon era scoppiato a ridere come un idiota, finché non erano
finiti e Jason stesso si era poi occupato di fare l’iniezione a Dick a
causa della frattura mentre Damian si era solo limitato a buttar giù un
paio di antidolorifici. Quando era salito in camera con Jon e,
ignorando le ennesima battute riguardo il tenere la porta aperta,
l’aveva sbattuta pesantemente per farsi sentire, Damian non aveva
comunque potuto fare a meno di brontolare tra sé e sé, a dir poco
scocciato dalla situazione. Erano controllati, l’ora era tarda e tra
non molte ore sarebbe sorto il sole, e i suoi fratelli erano sei
perfetti idioti.
«Non riesco ancora a crederci», sbottò, ricevendo
una rapida occhiata da Jon che, appena uscito dalla doccia, si stava
frizionando i capelli con un asciugamano mentre si sistemava la t-shirt
con una mano.
«Forse dovevamo aspettarcelo?» accennò, venendo
fulminato seduta stante.
«Non ti ci mettere anche tu, J. Il piano era
perfetto».
«Non molto se ci hanno beccati quasi subito».
Damian brontolò ancora e lo ignorò, accennando solo
che sarebbe andato a farsi un bagno e che se avesse voluto avrebbe già
potuto dormire senza aspettarlo alzato; Jon si era limitato a fargli un
breve cenno col capo e aveva afferrato la sua Switch per farsi una
partita nell’attesa, sussultando quando sentì dei rumori provenienti
dal bagno e svariate imprecazioni, volando letteralmente davanti alla
porta per bussare contro di essa.
«D? Tutto bene?» chiese. Avrebbe potuto
tranquillamente guardare attraverso la porta per accertarsene, ma non
era di certo un guardone.
Ci furono altri attimi di silenzio seguito da uno
strano imbarazzo, poi Damian imprecò ancora. «No», sbottò, e Jon sentì
distintamente il suono di qualcosa che veniva gettato in acqua. «Non
riesco a lavarli con una sola mano. Maledetti capelli».
«Faccio io se vuoi».
La frase uscì così di getto che Jon si tappò
immediatamente la bocca con una mano, soprattutto quando alle sue
orecchie giunse il battito accelerato del cuore di Damian. Non era la
prima volta che proponeva di lavargli i capelli, ma l’aveva sempre
detto scherzando e mai quando Damian era in bagno. Era un gesto molto
intimo, qualcosa che non avevano mai condiviso – se si escludevano le
docce comuni, non se n’erano mai fatta una insieme come “coppia” ed era
molto diverso – e che suonava più imbarazzante del vedersi nudi, quindi
Jon si diede dell’idiota per averlo detto. Damian avrebbe potuto
pensare qualunque cosa e…
«Va bene. Entra».
Quelle parole interruppero il flusso dei suoi
pensieri e Jon sgranò gli occhi, incredulo. Non si era aspettato una
risposta del genere, lo ammetteva, quindi fu deglutendo che afferrò la
maniglia della porta e la abbassò lentamente, entrando solo dopo aver
tergiversato un po’ sulla soglia del bagno. In attesa nella vasca, con
la schiuma che ricopriva tutto il pelo dell’acqua e nascondeva alla
vista la parte inferiore del corpo, Damian aveva lo sguardo fisso su di
lui, il braccio ingessato oltre il bordo per evitare di bagnarlo e i
capelli bagnati e incollati alla fronte, nonostante gran parte delle
lunghe ciocche avessero cominciato a galleggiare tutto intorno a lui. E
Jon trattenne il fiato, poiché in quel momento era certo di non aver
mai avuto una visione così bella del suo migliore amico.
«Resterai fermo lì a fissarmi per tutta la notte?»
Damian lo riscosse dai suoi pensieri, e Jon
ridacchiò impacciato, scuotendo la testa nell’avvicinarsi per
inginocchiarsi accanto alla vasca, per quanto avesse lanciato lui
un’altra rapida occhiata. Sentiva l’imbarazzo scorrere in entrambi, la
rigidità del corpo di Damian e il modo in cui traeva, lunghi respiri
per calmare il suo battito cardiaco, e Jon cercò di essere il più
delicato possibile, afferrando il soffione della doccia per bagnargli
meglio i capelli prima di allungare una mano verso lo shampoo e usarne
la giusta quantità per non rovinare quella lunga chioma fluente.
Quando gli passò le dita fra i capelli, Jon sorrise
tra sé e sé. Le ciocche erano morbide, molto lisce al tatto, quasi come
se quei capelli fossero fatti di seta; quei pochi nodi presenti erano
dovuti al fatto che Damian cercasse sempre di tenerli alzati e legati
tra loro, ma Jon cercò di districarli con lentezza e tocchi gentili,
insaponandoli bene e massaggiando il cuoio capelluto. Da quando avevano
constatato che quella chioma non aveva intenzione di andare da nessuna
parte - Jon si era più volte rifiutato di provare a tagliargli i
capelli con la vista calorifica, visto quant'erano portentosamente
forti -, Damian sembrava essersi arreso al fatto di doverli portare
lunghi fino a metà schiena... e Jon non poteva di certo dire di esserne
dispiaciuto.
«Hai le dita delicate», sussurrò Damian di punto in
bianco, e Jon sorrise divertito.
«Si fa quel che si può».
«Mi piace». Damian si rilassò nella vasca, ignorando
il fatto che ormai la schiuma si stesse diradando. «Grazie, J».
«Quando vuoi, D».
Fra loro tornò il silenzio, rotto solo dall'acqua
che si agitava ai movimenti di Damian quando cambiava posizione mentre
si godeva quella specie di massaggio, aiutando come possibile Jon per
quanto, di tanto in tanto, storcesse un po' il naso per il dolore al
braccio; Jon gli aveva comunque accennato di non muoversi e di lasciare
che ci pensasse lui e, anche se con un po' di difficoltà a causa della
lunghezza dei capelli, era riuscito a lavarglieli tutti e aveva anche
cercato di fare attenzione a non bagnare il braccio ingessato quando
aveva rischiato di cadere. Ci misero più tempo di quanto Jon avesse
pensato all'inizio, ma alla fine poggiò la mano buona sul bordo della
vasca e si alzò, attento a non scivolare.
«Mi passi l'accappatoio?» domandò e, per quanto Jon
avesse allungato una mano e glielo avesse porto, Damian notò che i suoi
occhi erano diventati di un azzurro terribilmente intenso, simbolo
che-- «...stai usando la tua vita a raggi X, J?» aggiunse con un velo
di ironia, e Jon si grattò una guancia, imbarazzato.
«Beh... sì».
Damian schioccò la lingua sotto il palato. «Quindi
preferisci guardare le mie ossa anziché vedermi nudo?»
«Cosa?! No». Jon aggrottò la fronte, risentito, ma
non smise di usare il suo potere e, anzi, l'azzurro dei suoi occhi
parve intensificarsi ancora di più. «Non è quello. Cerco solo di non
violare la tua privacy».
«Sto scherzando», lo rassicurò Damian, ridacchiando
nel sentire Jon borbottare tra sé e sé. «Dammi una mano ad infilare
l'accappatoio, piuttosto», accennò, e Jon, per quanto avesse continuato
a bofonchiare, non se lo fece ripetere due volte.
Muovendosi con molta attenzione, Jon gli sistemò
l'accappatoio sulle spalle, approfittandone anche per dare una
sbirciata all'osso del suo braccio. Fortunatamente stava guarendo bene
e la cosa lo fece sorridere, ma cercò di non distrarsi per aiutarlo
anche con l'asciugamano intorno ai capelli, anche se la cosa gli diede
parecchie difficoltà poiché dovette basarsi solo sul tocco e non sulla
vista. Erano più lunghi di quanto avesse immaginato, o forse
l'impressione era data dal fatto che muoversi alla cieca non gli dava
la comprensione giusta delle cose.
«Puoi smetterla di usare la visione a raggi X»,
disse infine Damian, e Jon fu costretto a sbattere più e più volte le
palpebre per riprendersi e far tornare i suoi occhi normali, non avendo
mai usato così a lungo quel potere. «Se diventerà un'abitudine, dovrai
imparare a non usarla più».
Jon sgranò gli occhi, abbassando il capo verso di
lui per ricambiare il suo sguardo. «Vuoi... davvero che te li lavi più
spesso?» chiese scombussolato, ma il sorrisetto di Damian
parlò per lui prima ancora che potesse aprire bocca.
«Dovrò tenere questo gesso ancora per un pezzo».
Damian si alzò sulle punte dei piedi mentre teneva il braccio contro di
sé, poggiando l'altro sulla sua spalla. «Quindi sarà meglio che tu ti
tenga pronto», affermò, e Jon non negò a se stesso di essere
elettrizzato mentre, ridacchiando, afferrava il viso di Damian fra le
mani e si univa a lui in un lungo bacio.
_Note inconcludenti dell'autrice
Scritta per il quarto giorno
del #writeptember
sul
gruppo facebook Hurt/comfort
Italia e anche per
l'iniziativa #thetimeofourlife indetta dal gruppo Non solo
Sherlock - gruppo eventi multifandom
Ormai comunque è
diventata una sorta di saga pure questa. Ambientata dopo la storia Whip
your hair, know you’ll be fine e prima ancora Let your
hair down, storia in cui Damian finisce in una mistura di Poison
Ivy che gli conferisce una chioma fluente e indistruttibile
Ovviamente Jon ha avuto molte occasioni per potersi godere i capelli di
Damian, ma qui raggiunge il picco e niente, ha capito che gli piacciono
davvero tantissimo e che non potrà più farne a meno aha
Oh, l'autrice della icon qui a lato si è ispirata alle altre mie storie
per fare questa ghgh amo sta immagine
Commenti
e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥
Messaggio
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alla causa pro-recensioni.
Farai felici milioni di
scrittori.
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