Recensioni di rhys89

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Recensione alla storia Il gioco della vita - 25/01/19, ore 18:56
Capitolo 2: Compiere sei anni
[Valutazione de "Il contest di G", indetto sul forum di EFP]

Titolo: 
Un titolo estremamente semplice ma pregno di significato, che si sposa alla perfezione con la tua storia e rende chiaro fin da subito l’argomento principale della stessa. 



Caratterizzazione dei personaggi: 
Nonostante tu abbia trattato prevalentemente di personaggi che nell’opera originale sono molto secondari, li hai caratterizzati davvero ottimamente. 


Hugo, lo spiritosone del gruppo, è anche quello che più di tutti agisce d’istinto, senza riflettere. 

Mi è piaciuto il suo continuo far battute per divertire gli altri, e ho apprezzato che all’arrivo di Quasimodo lui non solo si lascia quasi sfuggire quel “buon compleanno”, ma poi continua a rimarcare che gli sarebbe piaciuto tanto dirglielo davvero, per una volta. 

Soprattutto mi piace che sia stato sempre lui, alla fine, a ricordarsi del volo dell’uccellino: può sembrare un sempliciotto, ma è molto sensibile e sinceramente affezionato a Quasimodo, per questo è sempre attento alle piccole cose importanti per lui. 

Per questo vorrebbe tanto poterlo festeggiare come merita… come meritano tutti i bambini, dando la giusta importanza a quel giorno speciale. 


Victor a confronto sembra quasi aristocratico, molto più riflessivo e attento a non parlare mai a sproposito per non rivelare verità scomode. 

Anche lui ovviamente vorrebbe festeggiare il compleanno di Quasimodo, ma è ben consapevole dei problemi che ne deriverebbero e quindi non solo lascia perdere lui per primo, ma convince anche Hugo a desistere. 


E poi c’è Laverne. 

Lei è un po’ come la mamma del gruppo, molto affettuosa sotto la scorza dura e irascibile e sempre pronta a mettere il bene di chi ama di fronte al proprio. 

Esattamente come fa con Quasimodo, quando seppur a malincuore fa notare a Hugo che se gli facessero gli auguri di buon compleanno poi il piccolo correrebbe a condividere la notizia con Frollo, finendo nei guai. 

È davvero molto bello e incredibilmente IC il contrasto che vediamo tra la prima scena, quella in cui inveisce contro i piccioni che non le danno requie, e l’atteggiamento pacato e materno che adotta non appena entra in scena il piccolo Quasimodo. 

In particolare, mi è piaciuto moltissimo quando inizialmente chiama il piccione tra le mani di Quasimodo “piccolo mostriciattolo”, e in seguito se ne pente, confrontandolo con Quasimodo stesso: aveva tanto criticato Frollo per essere così insensibile e poi, con quel commento cattivo, le sembra quasi di essersi abbassata al suo livello; il che non è vero, ovviamente, ma il fatto che se ne preoccupi denota una profonda sensibilità, e soprattutto un amore immenso per quel piccolino che è arrivato un giorno a riempire la loro vita “così… da statue.” 


Infine, abbiamo Quasimodo. Un Quasimodo fisicamente molto diverso da quello che conosciamo, ma in cui ritroviamo la stessa dolcezza e sensibilità che abbiamo imparato ad apprezzare. 

Anche da bambino, Quasimodo ama tutte le creature viventi, – e non viventi, come i suoi amici di pietra – e non è affatto difficile immaginarselo mentre cerca di fare coraggio al suo piccolo amico pennuto per spronarlo finalmente a volare. 

Dolce e struggente la parte del suo breve monologo, quando racconta con ingenuo e genuino entusiasmo quanto sarà bello poter suonare le campane, da grande, e mi è piaciuto anche l’accenno alla Festa dei Folli, perché sappiamo dal film che Quasimodo ne è sempre stato affascinato. 

Ma, soprattutto, stringe il cuore sentirlo parlare di quanto gli sarebbe piaciuto volare via, insieme al piccolino tra le sue mani: nonostante la giovanissima età, Quasimodo è ben consapevole di essere prigioniero di quelle mura, anche se cerca di non pensarci. 

Anche se è felice con i suoi amici gargoyle, anche se vuole bene a quel mostro – mostro davvero, non come lui – che lo sta crescendo – e non lo lascerebbe mai… nonostante tutto questo, dentro di sé c’è già il seme di quella voglia di libertà che, tanti anni dopo, porterà anche lui ad abbandonare il suo nido. 
Ad uscire da Notre Dame. 



Stile e trama: 
Per prima cosa, ti faccio un paio di appunti tecnici: 
- Perchè, ripetè, ribattè, dopodichè, altrochè e via dicendo sono tutte parole che necessitano dell’accento aperto, quindi la scrittura corretta è perché, ripeté, ribatté, dopodiché, altroché eccetera. 
- "Ah, i piccioni..." intendette --> intese, non indendette. 
- accarrezzò affettuosamente la testolina del piccolo. --> refuso: accarezzò, non accarrezzò. 
- Quando dopo un discorso diretto inizia a parlare un personaggio diverso dal precedente, è obbligatorio andare a capo, anche per non rischiare di confondere il lettore. 

Lo stile di questa storia è fresco e leggero, costituito per la stragrande maggioranza da discorsi diretti che danno alla lettura un ritmo veloce e costante fin quasi alla fine. 

Il “quasi” è dovuto a una sovrabbondanza di virgole, che in alcuni punti tendono ad appesantire il testo e rallentare la lettura. Ti faccio un paio di esempi: 
- Un altro pugno di Laverne arrivò sull'occhio di Hugo, che cadde a terra, mentre Victor, preoccupato, fece cenno all'amico gargoyle di non dire quella parola. 
- […] fu un'altra battuta di Hugo, che suscitò l'ilarità generale, tranne quella di Laverne, che disse […] 

A parte questo, mi è piaciuto come alterni i discorsi diretti ad alcune frasi indirette in cui specifichi al meglio i pensieri e le azioni dei tuoi protagonisti, trovo che questa scelta eviti “l’effetto copione” senza però rallentare il ritmo narrativo, che come ti dicevo procede spedito dall’inizio alla fine. 

I dialoghi in apparenza potrebbero sembrare semplici da scrivere, ma incentrare un’intera storia su di loro implica una profonda conoscenza dei personaggi, per poterli gestire al meglio e farli parlare a lungo senza risultare né pesanti né, soprattutto, OOC. Tu ci sei riuscita, e ti faccio i miei complimenti. 


Ho anche apprezzato la parte introspettiva dei gargoyle, in particolare di Laverne: si viene a creare un bel contrasto tra la malinconia dei suoi pensieri e la forzata – ma nemmeno più di tanto – allegria che tutti esternano con Quasimodo. 


La scena del primo volo del piccione non è propriamente originale dal momento che ne abbiamo vista una molto simile nel film, ma mi è piaciuta proprio per questo: osservando Quasimodo adulto che parla con affetto a quel piccolo pennuto spaventato, ho avuto chiaramente l’impressione che quella non fosse la prima volta che succedeva qualcosa del genere, e mi piace pensare che in qualche modo è una specie di tradizione che porta avanti fin da bambino. 


Infine, mi è piaciuta davvero tantissimo l’evoluzione dell’atmosfera che si respira col procedere della storia: inizia in modo gioioso e goliardico con le battute di Hugo, si incupisce appena quando si rendono conto di non poter fare gli auguri a Quasimodo, lascia il posto a una breve parentesi idilliaca che si intravede tra le parole che il piccolo rivolge all’uccellino e infine si tinge di malinconia attraverso i pensieri di Laverne. 

È come una musica che parte da un brano rock e finisce con un pezzo di sinfonia, ma i cambiamenti al suo interno sono così lineari e ben distribuiti che il lettore quasi non se ne accorge, ritrovandosi a canticchiare il pezzo successivo senza avere idea di quando gli è arrivato alle orecchie. 



Gradimento personale: 
La tua è una storia davvero molto dolce, che ha cavalcato la nostalgia dei miei ricordi d’infanzia proponendomi una scena struggente nella sua semplicità, che mi ha fatto sorridere tra i sospiri perché anche io, come Laverne e tutti loro, avrei voluto tanto poter urlare a Quasimodo: “buon compleanno!” 



A presto!
rhys89