Recensioni di Gaea

Queste sono le ultime cinque recensioni che l'utente ha lasciato nella sezione nell'ambito del programma recensioni.


Recensione alla storia Liscio come l'olio - 29/06/13, ore 17:14
Capitolo 6: Epilogo - Domenica
Correttezza sintattico-grammaticale 8/10 
Stile e lessico 9/10 
Caratterizzazione dei personaggi 8/10 
Originalità 9/10 
Coerenza con la citazione scelta 9/10 
Gradimento 5/5 
Totale:48/55 

Ho veramente apprezzato questa storia. L’ambientazione, lo stile pulito, la caratterizzazione accennata, ma mai esagerata – e l’accenno di “incesto” (o meglio, voglia di) l’ho trovato estremamente azzeccato dato il carattere del nostro baldo pittore. E il frate è splendido! Ci sono alcuni piccoli errori: la cappella liberata da tutto “per permettere al pittore la massima libertà di muoversi” meglio “di movimento”, un paio di perché/affinché/poiché scritti con l’accento sbagliato (sì, lo so, io stessa son pigra e non schiaccio mai lo shift quando devo fare la “è” di perché, giacché…) , qualche errore di battitura come “acorgervi” invece di “scorgervi” e “commericianti”: rileggere a “mente fredda”, cioè dopo aver lasciato almeno per una giornata intera il file a “decantare”, aiuta a vederli ^^ Anche questa frase mi sembra errata: “dopo che la Santa Madre ha ispirato il suo disegno, ora dovrà guidare il suo pennello” … forse “dopo aver ispirato il suo disegno ora dovrà guidare il suo pennello”? Idem poco dopo “pensando FOSSE stata detta a fin di bene” ^^. inoltre attenzione alle virgole, prima di una "E" non vanno quasi mai e invece tu abbondi ^^ L’unica pecca mi è parsa, parlando di stile, una certa colloquialità: non intendo l’informalità dei dialoghi o similia, ma proprio… non so, quel “puff!” all’inizio, mi fare un’onomatopea e un termine dal suono troppo moderno per poter essere usato nel ‘400. L’ho trovata anche estremamente originale: è una storica “quotidiana”, solitamente le storiche vertono su giorni particolari o momento precisi; questo Leo potrebbe essere un qualsiasi pittore in uno qualsiasi dei comuni italiani, su un periodo storico di un secolo. Ho trovato affascinante il modo in cui sei riuscita a spiegare tutte le fasi di preparazione di un affresco senza intrometterti nella narrazione, anzi, inserendo ogni spiegazione in maniera molto fluida. Lo scambio finale, poi, nonostante sia un po’ “scontato”, richiama molto la tipica commedia teatrale del tardo medioevo/primo periodo moderno, dove lo scambio … ehm, sì, vorrei evitare lo spoiler, quindi magari mi fermo. Sappi solo che è davvero azzeccato. Come ho accennato prima, ho trovato lo stile molto semplice e lineare, ottimo per una storia dai tratti comici e quotidiani, forse però nel mantenere il tono “leggero” hai ecceduto in “modernità”: ma è la mia opinione. Ammetto che questa storia mi ha totalmente spiazzata: tutto mi aspettavo, dalla citazione della Yourcenar, tranne che un riferimento all’arte ed alla ritrattistica. Sorpresa a parte, la reputo un’ottima scelta: la nuova tecnica (ed il richiamo nel titolo è geniale!), la situazione stessa, perfino il contrasto fra un fratello un po’ svagato e quindi che necessita di poter continuamente ritoccare ed una sorella più pacata e consapevole che invece apprezza la sfida dell’affresco… beh, che dire. Va giù liscia, come l’acqua ‘sta volta, questa storia. Complimenti.
Recensione alla storia La Serenissima - 01/05/13, ore 16:57
Capitolo 1: La Serenissima
Chi non muore si rivede, ah? Alla fine sono approdata anche qui. E ti dirò, sono estremamente combattuta all'idea di dover recensier questa storia.
Da un lato sono assolutamente, completamente, insindacabilmente entusiasta; dall'altra, lo ammetto senza vergogna: avrei voluto un qualcosina con più errori, sviste, refusi...cose a cui appigliarmi. E non ce ne sono. Io amo Venezia di un amore insano. E qui ho ritrovato tutto quello che mi affascina di quella città: le descrizioni sono di una precisione e di una minuzia incredibile, sembra quasi le le parole e il ritmo stesso della narrazione scivolino via come le barce sui canali ( e prego che sia" solo" un'impressione, perchè se davvero hai curato il linguaggio in questo modo... hai una nuova groupie).
Se si trattasse solo (solo!) di un'ambientazione realistica e ricostruita magistralmente, di una grammatica ineccepibile e di uno stile scorrevole e leggero che, nonostante sia una storica, fa leggere velocemente quanto accade... beh, sarei ammiratissima, ma avrei parole per descriverla. Qui mi lascia basita la storia di fondo, il cambiamento dell'uomo che avviene lentamente, come la sua storia si intreccia alla vita quotidiana di una grande città. Forse, fra gli atti di bontà, quello che mi ha fatta sentire più empatica che mai è stato l'anello donato al fruttivendolo. Non so, c'è qualcosa nel suo osservare il viso del mercante per scorgervi l'esatto istante in cui capirà di avere in mano una fortuna... ammetto che spesso, quando faccio qualcosa di buono, lo faccio ANCHE per vedere la faccia che fanno gli altri nel'accorgersene. Ma è un altro discorso ^^ e Giorgione! Credo sia uno dei miei pittori preferiti, uno dei miei obiettivi prima di morire è capire che diamine ci sia dietro alla Tempesta (sì, ho dei seri problemi, che vuoi farci). Trovarmelo così, quando in molti altri racconti veneziani mi sono imbattuta nel ben più famoso Tiziano... non sai che gioia. E non è vero che non c'è azione. C'è un'evoluzione, e vale più di duelli, furti a e amori! Complimenti, complimenti davvero


p.s. che in realtà un minuscolo errore ci sarebbe, tendi a usare il "sia" con il "che", quando andrebbe correlato ad un altro sia XD ma devono essercene forse tre in tutto ed è ormai una forma talmente comune nel parlato che te la sottolineo solo per far vedere che sono stata pntigliosa nella lettura ;) e il curaro mi lascia perplessa: non è sudamericano? Non sono convintissima venisse usato/fosse conosciuto all'epoca... mi pare presto! forse meglio il cianuro? 
Recensione alla storia Di necessità, virtù - 24/06/12, ore 16:52
Capitolo 1: Di necessità, virtù
Non posso che ripetermi: dall'idea che sta alla base del racconto alla resa finale, non c'è nulla che non mi sia piaciuto.
Complimenti per l'ottima idea e per lo stile che hai utilizzato: so per esperienza che maneggiare una prosa "anticata" non è affatto facile (infatti, nonostante lo adori, tendo a utilizzare uno stille più prosaico e terra a terra), tu, mi ripeto, ci sei riuscita, e senza nemmeno far perdere tensione alla lettera. Lettera che è, nonostante tutto, divertente e profonda, uno spaccato di storia a cui non si pensa. Ottimo lavoro, davvero.


(e, per essere giudice fino in fondo: nelle note di presentazione manca un inciso, [Una mamma dà alla figlia dei consigli su come gestire la propria vita matrimoniale, raccontandole della propria esperienza e di come l’astuzia possa essere, a volte, un’alleata per riuscire ad avere la meglio sulle disavventure nuziali.]
^^
Recensione alla storia Il dramma del silenzio - 17/02/12, ore 19:06
Capitolo 1: Il dramma del silenzio
Ecco il giudizio non-sintetico :D

Maylrohin - 
IL DRAMMA DEL SILENZIO 
Qui, non sono tanto i due santi i protagonisti della storia, quanto l’intera latinità, se mi passi il termine. Questo è ben chiaro sin dalle prime righe: non si può non pensare a Santa Giulia, ai mosaici, ad una Brescia completamente diversa da quella attuale. E qui, mi rendo conto, mi aiuta parecchio l’essere di Brescia: non solo i Santi mi erano già noti, ma ogni dettaglio descrittivo mi fa immediatamente immaginare la scena, perché quei templi, quelle domus… sono cose che mi sono state inculcate fin da piccola. Questo non toglie nulla alla tua potenza descrittiva: è impressionante come tu riesca a tratteggiare ogni cosa, dall’atmosfera del banchetto in poi, come se il contesto fosse uno specchio in cui si riflette il carattere di Faustino. Lo stile, però, non è per nulla appesantito dalle descrizioni, anzi: resta fluido, molto piacevole da leggere, il ricorso ai termini in latino sembra del tutto naturale. Ecco, forse è questo il punto forte: la tua storia non ha nulla di artefatto, nonostante i continui riferimenti colti. Anzi, all’inizio non ci si può che immedesimare in uno dei convitati, benché con più fastidio che ammirazione per il protagonista: la sua superbia e la sua vanità (sia nell’accezione moderna, sia nell’antica di “essere vano”) sono quasi insopportabili. Se non fosse per quell’istante di debolezza, quel suo chiedersi quale sia la verità… e la ricerca che da lì nasce, coadiuvata dalla madre (che è poi la scintilla che dà via al tutto) e dal fratello, è ben fatta. È davvero ricca di tensione, come il momento in cui nega il battesimo, davvero il capriccio di un bimbo impaurito che vuol fare il di più…e poi la preghiera… insomma: prende. Il pathos è davvero tanto, con accezione positiva, ovviamente: benché possa non piacere e si possano non condividere i suoi atti, Faustino riesce a calamitare l’attenzione del lettore. Siamo un po’ tutti come lui: persi. Anche se forse un tanti nello meno superbi… però, lo ammetto: c’è una frase, quella dei saluti…beh, ha stile, nulla da dire. 
Ho notato che anche tu incappi in un errore frequente: l’assenza del punto di chiusura, al termine della frase, laddove ci sono le virgolette. In effetti ho controllato e la Crusca (sic!) lascia a discrezione dello scrittore questo punto: però, per una questione di “ordine”, ritengo che, alla fine di un dialogo, il punto ci vada. Quindi, anche se c’è l’esclamazione o la domanda all’interno, come «o di combattere per difendere la propria terra, solo perché il suo dio gliel'ha ordinato?» , serve comunque il segno grafico che mostri se e come la frase si conclude, quindi « o di combattere per difendere la propria terra, solo perché il suo dio gliel'ha ordinato?». 
Poi, ma qui è solo una scelta stilistica, nella frase «Il giovane si alzò in piedi e cominciò ad aggirarsi tra i triclinia, con le braccia piegate dietro la schiena. «Ma, in realtà, possono credere quello che vogliono» decretò, in tono più calmo. «Purché non cerchino di convincere me delle loro idee strampalate!», io avrei utilizzato le lineette, per mostrare l’inciso che hai usato senza spezzare la continuità del discorso. Così : «Il giovane si alzò in piedi e cominciò ad aggirarsi tra i triclinia, con le braccia piegate dietro la schiena. «Ma, in realtà, possono credere quello che vogliono! - decretò, in tono più calmo - Purché non cerchino di convincere me delle loro idee strampalate!». 
Un piccolo errore di vocabolario: “ribattere contro” è ridondante e sbagliato, meglio “contro ribattere”, oppure “ribattere a”, che è più che sufficiente. 
Concludendo, credo tu abbia capito: mi è piaciuta immensamente. Il pezzo in cui attacca la statua è molto michelangiolesco, ma efficace, ottimo modo per introdurre Appollonio. E il finale… oh beh. In linea con tutta la storia: efficace, pulito, capace di portare il lettore a chiedersi come andrà avanti la storia. Complimenti, davvero. 
Voto 9: vedasi sopra: sono cresciuta in un liceo che mi ha inculcato l’inesistenza del dieci. Ottimo lavoro, quelle che ti ho fatto notare credo siano davvero leggerissime sbavature che non inficiano la piacevolezza della lettura. 
p.s. One-shot : ) un colpo, non one short… anche perchè, a volte, le shot sono DAVVERO lunghe! 


Mi sento di aggiungere, ancora una volta, i complimenti per lo stile che riesce ad essere estremamente complesso pur rimanendo fluido e scorrevole e per il tuo riuscire a buttare qui e là citazione, termini aulici e latinismi con la nonchalanche con cui la Streep porta un Valentino. E, per di più, in una storia storica (passami la cacofonia). Non solo storica, perfino agiografica... Strepitosa!

Recensione alla storia Ulysses - 17/09/11, ore 13:35
Capitolo 1: Prologo
Ammetto: non è stato la presentazione a rapirmi, nè il vedere "storico" alla base della stessa, nella pagina delle storie su EFP. Quello che mi ha portato a cliccare senza accorgermene è il titolo...
adoro la figura di Ulisse. Sia l'originale greco, sia l'omonimo irlandese.
E già dal prologo vedo di aver fatto un'ottima scelta... la delicatezza delle descrizioni è incantevole - più che descrizioni sono poi veri e propri stati d'animo messi a nudo così, con il solo sfondo del verde e della piana scozzese. Tempo e fisicità si intrecciano per far capire cosa sentono i protagonisti. Ma i complimenti più sentiti non vanno a questo nè alla maestria nello scrivere (hai uno stile ineccepibile...una rarità, qui sopra, ormai!)...quanto all'essere riuscita a trasportare la vicenda omerica in un contesto diverso, pur rendendolo pressochè uguale. Una guerra, di cui si sapeva poco. Il richiamo per servire la patria...non voluto. Anche in Omero il paesaggio la fa da padrone e le ambientazioni sono una sorta di "personaggio dietro i personaggi": qui ritrovo la stessa caratteristica. Complimentissimi, chapeau!