Allora.. per prima cosa devo confessare che in questi ultimi mesi ho divorato ogni tua ff su Sherlock e John su cui sia riuscita a mettere le mani, e mi scuso immensamente per non aver lasciato recensioni, se non in I carry your heart in mine .. (rimedierò appena mi sarà possibile ;)
Sappi che considero le tue storie tra le migliori ch'io abbia mai letto su Sherlock, davvero. Sei così brava da togliere il fiato, da proiettare il lettore nella fic, riducendolo al ruolo di mero osservatore, e impedendogli di staccare gli occhi dagli atti che si stanno consumando all'interno dello schermo del computer, avvertiti come veri, magnetici.
Ovviamente, nessun fan può impedirsi di chiudere gli occhi e fantasticare con aria sognante dopo aver letto una storia a lieto fine.. ma.. questo non è stato il caso.
Ora che ci penso, potrei aver recensito solo queste due storie perché sono delle più tristi che io abbia mai letto su Johnlock. Credo che dopo tutti i commenti lasciati prima di me, tu abbia avuto modo di renderti conto della dimensione distruttiva di questa tua serie. Ma da bambina mia madre mi ha inculcato l'idea che repetita iuvant, quindi eccomi qui ^^
Come risposta alla mia recensione di I carry your heart in mine tu scrivesti: mi piace pensare di aver fotografato un arco della loro vita in cui entrambi crescono un po' e si stabilizzano su di un nuovo equilibrio.
Oppure sono solo un'autrice pazza con il kink dell'angst.
ora posso affermare con sicurezza che è la seconda ipotesi ad essere vera xD non vedo altra possibile spiegazione..
Ok, immagino sia arrivato il momento di commentare la storia in sé (che dubito i miei deliri possano mai interessare qualcuno ^^")
Avendo già letto l'introduzione di Awake me not, fin dalle prime, sfuggenti, apparizioni di "Sherlock" ho avuto come l'impressione che ci fosse qualcosa di sbagliato, come un frutto su cui si possono leggere i primi segni di decomposizione. Mi è sembrato che anche la visita di Mycroft nell'appartamento di John potesse essere una sua allucinazione.. Eppure andando avanti nella storia, questa mia sensazione non mi ha impedito di sentirmi crollare il mondo addosso quando, dopo aver chiuso la sua telefonata con Lestrade, John si rende conto di aver solo immaginato che lui gli avesse consegnato quel fascicolo. Mi era sembrato un comportamento così plausibile, non ne avrei mai messo in dubbio la veridicità.
Ho avvertito una tensione crescere, acuirsi, esasperarsi fino a spezzarsi come una corda troppo tesa, la spannung è arrivata inattesa, troppo presto, prima che avessi modo di ricollegare i fatti, per giungere alla conclusione, che mi è stata praticamente sbattuta addosso con l'interrogativo che Moriarty pone al dottore:
« ti sei chiesto come può un uomo che si è sparato in bocca essere vivo e vegeto in piedi nel salotto del tuo appartamento, ma a questo punto io posso ribattere con una domanda simile, chiedendoti “cosa ci fa una persona che si è schiantata al suolo lanciandosi da un tetto in piedi nel tuo salotto?” » domandò, scimmiottandolo
Questa parte, è davvero un capolavoro: il Napoleone del crimine (espressione di una parte di John che è sempre stata presente dentro di lui, facendolo dubitare, per brevi attimi, facendolo svegliare nel cuore della notte per assicurarsi che "sì, non era un'illusione, Sherlock è qui.") si ritrova a fronteggiare per l'ultima volta la sua nemesi, la quale però non può muovere contro ciò che rappresenta pur sempre la faccia opposta della stessa medaglia, ma è costretta a limitarsi ad intimare a John, in un tono sempre meno fermo, più angosciato di andarsene.
Come se lui potesse mai farlo, ricommettere due volte lo stesso errore, anche se è inconsciamente consapevole del fatto che la sua mente non reggerà.
«Allora chiediglielo » lo spiazzò Moriarty, facendosi indietro quasi danzando ed indicando Sherlock con le braccia aperte: « chiediglielo. “Sei reale, Sherlock?” “sto sognando tutto, Sherlock?” » una pausa, il tono più basso di voce, il sorriso sornione bel cattivo delle fiabe: « “sono pazzo, Sherlock?” » sussurrò malizioso.
Come guidato da un marionettista, John posò lo sguardo su Sherlock, cominciando a respirare più profondamente per cercare di calmare il battito impazzito del cuore che stava per fargli esplodere la giugulare.
Holmes lo guardò, pacato e tranquillo, e l’unica cosa che riuscì a dire – a ripetere – fu: « non ascoltare ».
Davvero, non ho parole per descrivere cosa ho provato leggendo questa climax, questo sussurro malizioso .. né la reazione di John, posto davanti a una verità così terribile, la cui unica reazione è voltarsi verso di Sherlock, alla ricerca di quella sicurezza, quella familiare, calda stretta al cuore che la sua presenza è sempre riuscita ad infondergli.
Ma è troppo tardi per tornare indietro.. non potendo più nulla contro la cruda verità, contro il fatto che John stesso (sebbene forse senza la chiamata di Lestrade gli ci sarebbe voluto molto di più per elaborare ciò che era successo) abbia deciso di mettersi al corrente di essa, smette di tentare di allontanarlo.
« Tu non hai finto di essere morto... tu stai fingendo di essere vivo » mormorò John, gli occhi sgranati fissi sul vuoto.
Ammetto di aver iniziato a piangere leggendo queste parole.. Hai fatto davvero un gran bel lavoro, rinnovo i miei complimenti: questa storia è davvero straordinaria. Ne ho letto anche il finale, e volevo fare un'unica recensione ma adesso non ne ho proprio il tempo >.<
sono sicura che avrai modo di leggerlo a breve, in ogni caso ;)
Alexiels |