Recensioni per
In questa Testa non c'è Spazio per Tutti e Due
di Subutai Khan

Questa storia ha ottenuto 1 recensioni.
Positive : 1
Neutre o critiche: 0


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Recensore Veterano

Le nove ore di vantaggio sono andate a farsi benedire, con tutti i crismi del caso, per mano della mia tendenza a perdermi per strada. Poco male: avevo bisogno di dormirci su per far sedimentare le impressioni.
Tu ed io non ci conoscevamo, né come lettori, né come autori. Mi sono messa in tasca questa tua, come un biglietto da visita un po' datato ma che si confida di usare di nuovo in futuro: mi ha fatto piacere leggerti – vuoi perché sono una di quelle della vecchia guardia, cresciute coi fumetti degli X-Men e affini, spesso di seconda mano, e marinando in abbondanti dosi di rancore verso gli adattamenti cinematografici; vuoi perché è una lettura in sé e per sé godibile – e credo che passerò di nuovo dalle tue parti. Il che potrebbe non fare esattamente piacere a te, perché mi sono ormai rassegnata all'evidenza di essere la lettrice che nessuno vorrebbe avere: sono pignola, sono intransigente, non so mentire, non sono in grado di tenere le mie opinioni per me e sono logorroica nell'esprimerle – come starai notando da questo commento, che si profila come un monologo in tre atti più epilogo.

Dal momento che siamo tutt'e due adulti e vaccinati, e che tu sai chiaramente quello che stai facendo, mi risparmio le osservazioni, suggerite dalle linee guida del Giardino per recensire (sì, sono quel tipo di pedante che legge le istruzioni...), su grammatica, sintassi, proprietà di linguaggio e ortografia. Passata la quinta elementare, personalmente le trovo offensive, e la mia parte ottimista (o idealista, o naïve ed ingenua al di là di ogni speranza) le ritiene non necessarie – sì, sono anche abbastanza intellettualmente disonesta da leggere solo cose che mi lascino pascolare nella mia beata illusione. Si fa quel che si può, come si può. Non me ne volere.

E qui metto le mani avanti, le carte in tavola, e scopro pure gli altarini, tanto per andare sul sicuro: io sono del partito che crede fermissimamente che Magneto abbia ragione da vendere e non abbia fatto niente di male. Il vascello della rivoluzione può arrivare in porto soltanto attraverso un mare di sangue, scrisse in un discorso Louis de Saint-Just, e non aveva affatto torto. Gli X-Men e la linea politica conciliante di Charles Xavier sono parte del problema. Forse per temperamento, forse per una qualche perversione intellettuale, io tendo ad apprezzare particolarmente quei personaggi intelligenti con cui sono in disaccordo o per cui provo un vago senso di disprezzo a livello etico, il che vale innanzitutto per il Professore. Il Professore è fallibile, il Professore non è moralmente ineccepibile, anzi! Se vogliamo, l'intera faccenda di Legion, su cui punti i riflettori tu, è una macchia oleosa sulla sua coscienza candeggiata alle violette. Giustamente, la maggior forza emotiva di questo tuo pezzo è nella riflessione, nel conflitto interiore, di un padre che è anche un comandante, uno stratega, e sa perfettamente che il suo figliolo è una bomba ad orologeria, una mina vagante. Ma, il primo nodo al pettine – il fattaccio brutto brutto che è un po' il peccato originale del nostro Charles – sta proprio ad Haifa, perché, a guardar bene, manipolare la psiche di una donna già instabile, rendendola propensa alle nostre avance amorose, non è proprio un comportamento moralmente irreprensibile. Le odierne armate del Politicamente Corretto tremerebbero d'orrore, urlerebbero al rogo e dagli all'untore, e si lancerebbero in una tirata epocale sul consenso, lo stupro, il patriarcato, il maschio bianco e così via. Io, che di politicamente corretto ho ben poco, accetto il fatto per quello che è: un dettaglio, mezzo implicito, in sottofondo, che rende Charles Xavier un personaggio più interessante, più ambiguo, e getta un'ombra sulla sua relazione col frutto di quell'intrallazzo, sin dal concepimento. Quando si dice "generato nel peccato"!
È anche una considerazione che credo dia un'altra profondità alla decisione di David di tornare proprio ad Haifa per far fuori Magneto, il quale in quei giorni era la voce della ragione, nonché il buon amico che ti fa discretamente notare quando magari non è il caso di pensare esclusivamente con l'uccello – non che Charles Xavier sia mai stato troppo bravo a stare a sentire, soprattutto per un telepate! Forse Freud & co. avrebbero tanto da dire, ma io sono una filosofa spocchiosa e sto ben alla larga dalla psicanalisi. Però ho gongolato.
Il punto è che, nella sua follia, David in un certo senso ha ragione: Magneto è quello pericoloso, quello da far fuori, proprio perché Charles è convinto di poterci ragionare; proprio perché, alla fine della fiera, è suo amico, ma rimane abbastanza intellettualmente onesto da fare quel che crede di dover fare per convinzione ideologica – tranne quando, occasionalmente, come tutti nei fumetti, dà di matto, ma quella è un'altra storia.

Secondo me, una delle sezioni più solide e meglio riuscite di questo tuo racconto è proprio l'inizio, il modo in cui prepari la scacchiera, schieri i pezzi e fai riferimento al canone.
Qualche volta ho trovato la sintesi dei materiali di riferimento un po' eccessiva, ma credo che qui si tratti di una questione individuale di gusto e di come si concepisca la fiction trasformativa (o fanfic, per noialtri che non siamo snob e non ce la meniamo). Personalmente, preferisco l'allusione al testo di riferimento, senza dover riferire tutti gli elementi principali, in una sintesi del plot, perché opero sotto l'assunzione che si sappia tutti di che cosa si sta parlando, e ci sia dunque libertà di citazione più o meno implicita. Tuttavia, considerando la complessità del canone dei fumetti Marvel e quanto poco siano ben conosciuti al lettore medio, capisco il senso di questa tua scelta. Del resto, la tua penna è oggettivamente forte nelle osservazioni e nel punto di vista, in quei piccoli a latere, quegli incisi, che attribuisci alla carrellata di personaggi menzionati, per bocca (o pensiero) di Charles. Mi piace l'umorismo secco e sarcastico che spesso traspare dal tono della voce narrante: si addice bene al Professore.

Se dovessi indicare qualche punto potenzialmente perfettibile, probabilmente suggerirei una maggior parsimonia nella costruzione e più uniformità nel tono. Mi spiego: a volte il tono diventa esplicativo e didascalico senza che sia necessario (un esempio assolutamente a caso: le osservazioni sul fatto che gli abitanti della Scuola abbiano tutti i loro traumi, per l'odio etc. etc.). Ho avuto l'impressione che anche il dialogo risenta un po' di qualcosa del genere. Prendiamo ad esempio la lunga conversazione tra Karami e Charles: a che giova?; che aggiunge di nuovo che non sia stato già menzionato dal narratore?; come muove la storia?; come approfondisce la nostra comprensione dei personaggi?; come li sviluppa? Non che non sia interessante e piacevole, intendiamoci, ma una versione più stringata e più strutturata, nell'economia narrativa del racconto, forse avrebbe reso di più.

Due note d'apprezzamento conclusive, perché mi sono già dilungata troppo – e predico la stringatezza, sic! Fate come io dico etc. etc.
A me la parte cinica di Charles sta simpatica, e le pernacchie della comunità accademica sono un dettaglio assai relatable, come dicono qui, maledetti barbari.
La conclusione è un gioiellino: cade come un macigno sullo stomaco e affonda come un pugnale tra le costole, perché culmina in una domanda di cui, sia Charles sia noi, intuiamo già la risposta. Chapeau.

Direi che a questo punto, dirti "alla prossima" rischia di suonare come una minaccia. Ma tant'è!