Recensioni per
Non deve piú succedere
di SofiaAmundsen
Siamo alla frutta. |
Sono senza parole. Allora per la prima volta ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per esprimere questa offesa, la demolizione di un uomo. In un attimo, con intuizione quasi profetica, la realtà ci si è rivelata: siamo arrivati al fondo. Più giù di così non si può andare: condizione umana più misera non c'è, e non è pensabile. Nulla più è nostro: ci hanno tolto gli abiti, le scarpe, anche i capelli; se parleremo, non ci ascolteranno, e se ci ascoltassero, non ci capirebbero. Ci toglieranno anche il nome: e se vorremo conservarlo, dovremo trovare in noi la forza di farlo, di fare sì che dietro al nome, qualcosa ancora di noi, di noi quali eravamo, rimanga. Noi sappiamo che in questo difficilmente saremo compresi, ed è bene che così sia. Ma consideri ognuno, quanto valore, quanto significato è racchiuso anche nelle più piccole nostre abitudini quotidiane, nei cento oggetti nostri che il più umile mendicante possiede: un fazzoletto, una vecchia lettera, la fotografia di una persona cara. Queste cose sono parte di noi, quasi come membra del nostro corpo; né è pensabile di venirne privati, nel nostro mondo, ché subito ne ritroveremmo altri a sostituire i vecchi, altri oggetti che sono nostri in quanto custodi e suscitatori di memorie nostre.
Si immagini ora un uomo a cui, insieme con le persone amate, vengano tolti la sua casa, le sue abitudini, i suoi abiti, tutto infine, letteralmente tutto quanto possiede: sarà un uomo vuoto, ridotto a sofferenza e bisogno, dimentico di dignità e discernimento, poiché accade facilmente, a chi ha perso tutto, di perdere se stesso; tale quindi, che si potrà a cuor leggero decidere della sua vita o morte al di fuori di ogni senso di affinità umana; nel caso più fortunato, in base ad un puro giudizio di utilità. (P. Levi, deportato nel campo di concentramento di Auschwitz)
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Ok, sono giorni e giorni che medito se lascia o non lasciare una recensione a questa storia. Se lasciarla passare sotto silenzio oppure dire, per una volta, la mia. |
No. Mi dispiace, ma proprio no. |
Dunque. Ti prego di non prendere la recensione come un attacco personale o qualcosa del genere, proprio no. La storia non è scritta male e, in quanto a sensibilità ho di sicuro letto di peggio. MOLTO peggio. Il punto è questo: perché, in questo fandom? Tu dici, è un AU e scrivo quel che voglio. Sì, circa. Il punto è sempre questo: perché in questo fandom? Intendo: se voglio scrivere una cosa relativa a un'opera, ne rispetto i criteri, inserisco caratteristiche che mi diano almeno l'impressione, seppur vaga, che il fandom non è stato scelto a caso. Questi John e Sherlock sono un medico ebreo, a CASO, e un ufficiale tedesco, sempre a CASO. Non c'è nulla, nel tuo racconto, che mi faccia dire 'ah, ecco, sì, ci sono dei validi motivi per l'inserimento nel fandom'. Seconda e ben più importante cosa: io sono la prima a sostenere che racconti di pura fantastia, per quanto realistici, possono essere, se scritti bene, validi strumenti per il ricordo. Ci sono fiori di esempi. Ma che un tema del genere sia usato per una fanfiction che ha come suo scopo la partecipazione a I love shipping, quindi un faceto concorso di ff assolutamente disimpegnato, no. È troppo: troppo complesso, troppo impegnativo, troppo troppo. I grandi temi -storici e non- devono essere usati con somma delicatezza. I campi di sterminio non sono un prompt a caso. Non lo devono essere. Tutto ciò per dire: se questa fosse una Storica, non avrei detto un bah. Così, di bah ne avevo da dire a iosa. Tutto qui. Bye! |