Ciao!
Devo dire che anche se Peter non è il mio preferito, mi intriga la psicologia del personaggio e questo mi ha spinto a leggere la tua storia. Anche io mi ostino a trovare sempre una giustificazione dietro ogni atto malvagio, chiamala pure ingenuità o idealismo :)
Nel primo capitolo secondo me ci hai azzeccato quando dici che "non era mai stato necessario": è questa la sensazione che lo accompagnerà per tutta la vita, essere sempre l'ultimo, il sottovalutato, l'insignificante, "l'amico di", "il servo di". A nessuno interessa com'è lui veramente, cosa pensa, cosa prova: per tutti è solo un miserabile topo (in ogni senso, come se fosse indegno di provare le emozioni di un essere umano). Il suo avvicinarsi a Voldemort appare come un tentativo di "rivalsa" su tutto e su tutti, ma anche come una mera illusione: per Voldemort non significa nulla, lo ha solo adulato per tirarlo dalla sua parte, puntando sul suo punto debole.
Nel secondo capitolo, l'insistenza su James tradisce il sentimento contraddittorio che prova per lui: ammirazione e gelosia. E quel pizzico di rancore per essere stato lui ad affibbiargli quel soprannome. Interessante come hai trattato il diverso significato che assume "Codaliscia" nel tempo: prima sinonimo di amicizia, nomignolo affettuoso, poi solo dispregiativo. Riflette il mutamento della sua personalità, il voltafaccia e la perdita irrimediabile di ogni scrupolo di coscienza (anche se alla fine si redime), accompagnata da quella sensazione di soffocamento, di asfissia, che immagino sia ben nota a qualsiasi traditore (perchè in fondo tradire non è facile).
Bella. ;)
|
