Ecco, di tutti i millemila spunti fighissimi che offre Ranma ½, quello dell’introspezione dei personaggi nella loro infanzia è uno di quelli che sta nella parte alta della mia classifica di gradimento. Perché, al di là del contesto Ranmaceo, è un tema che mi sta particolarmente a cuore, quindi il fatto che tu abbia deciso di scriverne... *_* ! In questo momento mi dispiace non avere una pika-voice per poterti manifestare, almeno a suon di squittii, quanto ne sia entusiasta!
Basta, voglio cercare di commentarti seriamente perché penso che te lo meriti e perché, davvero, è un tema che sento molto mio... l’irreversibilità dell’infanzia, il fatto che quello che si è dipende così potentemente da quello che si è stato, da quello che si è avuto, da ciò che si è perso e anche da ciò che è rimasto. Già, sono fortemente convinta che nessuno guarisce dalla propria infanzia (cit.) quindi figuriamoci Ranma, con la sua non-infanzia.
Non mi è difficile immaginarmelo bambino, all’inizio del suo viaggio d'allenamento: sicuramente si sarà sentito il protagonista di un’avventura entusiasmante! Molto verosimile che vedesse le arti marziali come un nuovo gioco e la scoperta delle nuove tecniche come un’avvincente caccia al tesoro: sono dei paragoni veramente belli e infantili, ancora non c’era spazio per la nostalgia di casa, anche perché forse era addirittura troppo piccolo per sapere cosa significasse provare “nostalgia” per qualcosa o cosa volesse dire “avere una casa”. Di certo, mano a mano che il viaggio proseguiva, l’entusiasmo deve essere senz’altro diminuito: ho sempre pensato che probabilmente non abbia mai neanche avuto il tempo, e i mezzi, per fermarsi a pensare a quello che stava facendo, a quello che stava diventando. A partire dalla sua passione per le arti marziali: gli sono state imposte prima ancora che avesse consapevolezza di sé, è una cosa che ha caratterizzato fortemente tutta la sua vita senza però averne avuto voce in capitolo... paradossalmente, in questo manga, proprio Akane, la meno allenata del gruppo, è quella per cui l’amore e la passione per le arti marziali sono tangibili e senza dubbio alcuno: le ha scelte, le ha volute praticare anche senza avere qualcuno che credesse in lei e nei suoi allenamenti. Non si è ritrovata a dover combattere per essere la più forte (Ranma, Shampoo, Mousse), non ha dovuto imparare a praticarle per vendicarsi e sopravvivere alla solitudine (Ukyo e Ryoga), lei avrebbe potuto scegliere. Tutti i bambini dovrebbero poter scegliere e giocare.
Non è difficile immaginare che, per Ranma, nel suo continuo viaggiare, anche gli arcobaleni abbiano iniziato ad essere semplicemente una macchia di colore nel cielo. E basta.
Ed è bello che tu abbia ripreso questa immagine per far capire che adesso invece ha capito cosa voglia dire sentirsi a casa, e quindi anche l’arcobaleno è tornato ad essere qualcosa che può valere la pena guardare, qualcosa che può consolare o far sorridere.
Tra l’altro continui a creare rimandi che si incastrano perfettamente nel manga originale: l’ammirazione di Ranma bambino per il suo papà, grande e forte, così come era stata resa manifesta nell’episodio della culla infernale... e il suo cercare di farsi perdonare da Akane senza però ammetterlo e senza nemmeno ammettere di avere qualcosa per cui farsi perdonare... perché in fondo non ha avuto un’infanzia quindi se la sta concedendo adesso: può permettersi di essere infantile ora che ha trovato una casa, ora che ha trovato qualcosa a cui rivolgere sguardi pieni di stupore e meraviglia.
E riesci a suscitarmi tutta sta pappardella di roba con la tua grafostitichezza! <3
(Cosa di cui io sono totalmente priva, ma già l’avrai intuito, data la mia sequela di commenti sbrodolantemente lunghi -_-)
Mana, grazie per averla scritta, mi è piaciuta tantissimo!
E visto che questa parrebbe essere soltanto la prima di una serie di oneshot a tema, non credo ci sia bisogno di dirti che non vedo l’ora di leggere il resto! |