Recensioni per
Le mie storie di ordinaria follia
di KidStardust

Questa storia ha ottenuto 25 recensioni.
Positive : 25
Neutre o critiche: 0


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Recensore Junior
13/03/13, ore 14:07

All'inizio mi chiedevo cosa c'entrassero i fuochi d'artificio con la solitudine e la tristezza che stavi provando. Soltanto alla fine spieghi bene il concetto anticipato dal titolo. Ti devo confessare che la metafora dei fuochi d'artificio è azzeccatissima: sottolinea appieno la differenza tra la luce e la gioia e l'oscurità della notte paragonata alla solitudine. E poi l'eco assordante, bellissima espressione: con queste due semplici parole hai descritto un'infinità di sensazioni (il cuore che batte ancora veloce, gli occhi ancora abbagliati e il boato ancora ben impresso nella mente).

I momenti passati insieme a lei che scrivi sono gli stessi descritti in altri capitoli. Ti sono rimasti proprio impressi nella memoria, vero? Non è così facile dimenticarli. Leggendo la tua poesia "Sangue e inchiostro" credevo che tu stessi cercando di allontanarti da questi ricordi, ma a quanto pare non ci riesci. Vorrei tanto che tu riuscissi a mettere una pietra sopra il passato. Te l'ho già detto ma so che è molto più facile dirle le cose che farle...

J.

Recensore Junior
13/03/13, ore 13:49

Non so perché ma "I pensieri di un pazzo" mi piacciono tantissimo.
Sono brevi, dei piccoli sfoghi, pensieri catturati improvvisamente della penna, ma allo stesso tempo sono intensi. In poche parole riesci a esprimere una sensazione. Io credo che descrivere le sensazioni sia molto difficile; non è come descrivere un oggetto che puoi vedere e che ha caratteristiche paragonabili a altri oggetti: le emozioni sono uniche, non ci sono metafore a cui compararle e seppur siamo molto azzeccate non riescono a dare appieno l'idea di quello che si prova. Ci sono emozioni che solo tu hai provato, come quella della mancanza di aria che sei riuscito a descrivere molto bene tanto che credevo di sentire la stessa cosa, o almeno mi stavo creando un'idea di come potessi sentirti.

È bello vedere come questa riflessione sia partita da una semplice frase. Molti leggono aneddoti e cose simili ma non si fermano a riflettere su di quello che leggono. Magari dicono "Ah, si, ha ragione" ma poi sembra quasi che queste parole non gli abbiano insegnato niente.

Una piccola cosa, mi sembra che tu ti sia scordato di scrivere un pezzo, all'inizio dopo la citazione: "Questo è quello che Dostoevskij..."

J.

Recensore Junior
11/03/13, ore 22:29

Questa poesia me la ricorderò assolutamente. È talmente strana: è triste ma allo stesso tempo mi ha fatto ridere. Non so come spiegarlo: la tristezza di fondo si sente, ma è impossibile non sorridere per alcune espressioni come il viaggio in Paraguay!!!

Ok, cominciamo dall'inizio: il titolo. Mi piace analizzare i titoli, all'apparenza non dicono nulla ma se si osservano attentamente si capisce che sono collegati con ogni parola del testo. La stessa cosa accade a queste parole "sangue e inchiostro".
Cosa hanno in comune queste due parole? Sia che il sangue che l'inchiostro sono liquidi e entrambi macchiano. Inoltre entrambi rappresentano una parte dell'anima: il sangue è la manifestazione della vita del corpo mentre l'inchiostro usato nelle parole scritte rappresenta il pensiero.
Inoltre entrambi hanno una doppia valenza, sia positiva che negativa: il sangue è vita ma anche ferita, mentre l'inchiostro è pensiero ma anche nero e oscurità. Questo tema del doppio è ripreso in tutta la poesia: la tristezza mascherata dalle battute, l'uomo nero che spaventa ma che ha paura a sua volta... E questi due elementi, il sangue e l'inchiostro, si fondono e diventano un'unica cosa: tu scrivi con l'inchiostro sul foglio, ma stai scrivendo delle tue ferite, cioè il sangue.

Passiamo alla prima strofa, altrimenti rischio di scrivere troppo e di diventare pallosa!
Allora, "Non cercare di capirmi sono solo l'uomo nero / Faccio paura a tuo figlio quando dorme sereno".
Ecco che appare l'uomo nero (non posso non notare il collegamento con l'inchiostro anch'esso nero). Tu ti definisci così, come l'essere spaventoso che sta in agguato sotto il letto dei bambini: è il cattivo. Chi si preoccupa di capire il cattivo? Per questo scrivi "Non cercare di capirmi" quasi con rassegnazione. Invece tu vorresti essere capito, tu sei molto di più di quello che appare, hai anche tu paura ("Tu mi conosci solo superficialmente / se guardi a fondo vedi le mie paure, le mie incertezze"). Queste parole si commentano da sole.

E improvvisamente dal buio dell'uomo nero si passa alla luce del sole. "E sono solo sotto il sole, sono solo altre parole". E qui c'è l'insistenza sulla parola "solo", come era solo anche l'uomo nero. Io mi vedo una figura scura che cammina in una pianura infinita con i vestiti e i capelli leggermente mossi dal vento. Lo stesso vento fa volare le parole... Come posso commentare questa frase? Dice tutto da sola, le parole che volano come nuvole, come foglie, come sussurri... È troppo bella quest'immagine.
E poi l'oggi che diventa ieri quasi a evidenziare la rapidità con cui passa il tempo e anche il fatto che ci si accorge delle cose troppo tardi.

Dalla totale solitudine si passa improvvisamente a un luogo affollato di gente che non fa altro che scagliare insulti. C'è da chiedersi se non sia meglio la solitudine rispetto alla perfidia della gente.

Ma adesso c'è un tuffo nel passato. Tutto appare più semplice ("bastava fare gol per toccare il sole"). E poi arriva un'opportunità unica, il rigore: io non me ne intendo molto di calcio, ma so che è molto difficile sbagliare un tiro del genere. Per questo chi sbaglia è visto come un incapace: è molto difficile ottenere un rigore e quando si tira si ha un'unica possibilità, se sbagli hai sbagliato e non ci puoi fare più niente. Il rigore rappresenta anche i rischi che si prendono nella vita ("se hai paura della vita non tirare alcun rigore"). Infatti l'unica cosa che nella vita ci spaventa è l'incognito e non sempre si ha il coraggio di affrontarlo, di cogliere quell'opportunità che ci è data.

Tu l'hai sbagliato il tuo rigore e ora ti resta solo la solitudine e la malvagità della gente. Ma ora è diverso: si vede che hai voglia di cambiare il futuro, che vuoi ridipingere la tua tela.

Ma ecco che da questa voglia di cambiamento si ritorna alla tristezza: il cuore ghiacciato, l'incomprensione della gente contrapposta al tuo consolarla. Questa è la parte più importante ed è messa in evidenza anche dalla diversa disposizione dei versi. Inoltre nel verso che sta da solo si ripete la parola "nessuno" a evidenziare la solitudine in mezzo agli altri.

Ma ecco che ti sei stancato di pensare sempre a chi si preoccupa solo di se stesso e allora te ne vai in Paraguay. Sto iniziando a pensare che forse il tuo viaggio è più mentale che fisico. Quello che vuoi fare è allontanarti da tutti cosa che con due cuffie si riesce a fare benissimo.
Oppure riesci a viaggiare anche con la penna e il foglio e poi anche senza quelli visto che inizi a viaggiare soltanto con il pensiero, come Spirit.

Me lo ricordo benissimo Spirit, il cavallo selvaggio. E si, selvaggio perché non è addomesticato, è libero da tutti i vincoli di subordinazione. Solo chi si preoccuperà per te potrà conquistarti e cavalcarti.

E poi di nuovo la voglia di cambiare che si fa sentire anche grazie al cambiamento di linguaggio cbd si fa più spensierato: "se vuoi cambiare non stare fermo alza il culo e muovi il mondo / se gira antiorario noi cambiamo la rotazione / gli dei si arrabbieranno ebmi metteranno in punizione". Sai che questa tua decisione di cambiare porterà a delle conseguenze, ma queste sembrano più delle punizioni date a un bambino cattivo, non le temi veramente.

Ma ritorna la tristezza quando ti accorgi che la tua esistenza non è poi molto diversa da quella delle farfalle, un battito d'ali e tanti saluti!

C'è alternanza tra depressione e ribellione in questa poesia e questo mi piace.
Poi mi fa anche piacere che in te si sia acceso un barlume di speranza, una volontà di uscire da questa situazione di tristezza. Almeno a me è sembrato così.

J.

Recensore Junior
11/03/13, ore 15:05

Credo che qualunque ragazza dopo aver letto queste parole si metterebbe a piangere e ti chiederebbe di sposarla, e io non sono da meno! Ahah

A parte gli scherzi, sei veramente una persona molto sensibile e profonda. Magari le parole che hai scritto potrebbero sembrare banali frasi dette e ridette, ma se si leggono bene si capisce che vengono dal cuore. Ecco, io vengo sempre colpita dalla tua sincerità, dal tuo dare libero sfogo ai sentimenti, cosa che non tutti riescono a fare, soprattutto i ragazzi.

Per una persona non c'è niente che la possa rendere più felice che sapere di poter contare sempre su qualcuno anche quando va tutto male. Tu questo lo dici: "Perché sono qui? Per te". Queste sono le parole che tutti vorrebbero sentirsi dire.

Apprezzo moltissimo anche l'importanza che dai alle piccole cose, a tutti i momenti passati con questa ragazza: in fondo è vero che quando stai con la persona che ami ogni dettaglia, ogni minima cosa acquista un valore speciale.

E poi quando hai scritto che vorresti vederla felice anche se non potrai più averla io mi stavo per mettere a piangere. È proprio da queste parole che si capisce veramente che i sentimenti che provi per lei vanno ben oltre a una banale cotta: solo se ami veramente qualcuno sei disposto anche a lasciarla andare se questo la rende felice.

L'unica cosa che posso dirti è di andare a dirle queste cose se ancora non l'hai fatto! La renderesti sicuramente felice!

J.

Recensore Junior
06/03/13, ore 15:13

Confronto fantastico: la favola con la realtà.
Il "c'era una volta" che nella favola è seguito da un "e vissero per sempre felici e contenti" nella realtà, la tua realtà, è concluso da un "ciao" che assomiglia di più a un addio.
Ma a quanto pare il tuo cuore non è pronto per accettare questo addio e non capisce che in questo modo si fa del male da solo. Sei tu che vuoi farti del male, lo si capisce da quel "No" secco in risposta al "voglio uscirne?".
Continui a cascarci ogni volta, ogni volta che lei ti sorride, ogni volta che vedi i suoi occhi e vuoi continuare a cascarci. Ok, potresti sembrare masochista, solo se si valuta la situazione dal punto di vista della ragione, ma se si ascolta il cuore è tutto più chiaro. L'unica cosa che vorresti è l'amore, trovare qualcuno che non ti deluda o non ti ferisca come hanno fatto le altre. E intanto continui a cercare, a buttarti anche se ti fai del male.

J.

PS. Una scusa te la devo visto che sono stata assente per così tanto tempo: la scuola a volte riesce veramente a distruggermi e non ho avuto tempo per leggere. Scusa. Spero di avere più tempo in questi giorni.

Recensore Junior
09/02/13, ore 20:16

Cavolo, cavolo, cavolo! Eccomi a leggere un altro capitolo e come sempre mi hai sorpreso...lo so che dico sempre le stesse cose ma è la verità.

Qui parli del destino: il problema più discusso dopo quello della senso della vita. Quello che ci accede è frutto di una nostra decisione o di una forza superiore a noi? Forse anche le nostre decisioni sono decise dal Fato, magari i nostri pensieri prodotte da sostanze chimiche e di conseguenza prevedibili e già stabilite?
Tu rappresenti io destino come le sabbie mobili che per quanto ti agiti e ti affanni riuscirà sempre a vincere. Molto forte come metafora ma secondo me è azzeccatissima (adesso non puoi dirmi che hai visto delle sabbie mobili fuori dalla finestra come l'arcobaleno!).

L'unica cosa che mi è poco chiara è il senso delle due iniziali: "a" e "e". Da quello che ho capito sono le iniziali della ragazza che ami (quella di cui parli sempre). Fino a qui mi sembra tutto chiaro. Ma non ho capito se con l'ultima frase tu voglia dire che era destino che lei ti facesse soffrire o se il destino abbia voluto illuderti facendoti credere che quella ragazza ti avrebbe reso felice mentre dopo ti ha abbandonato alla morte (ovviamente una morte metaforica).

J.

Recensore Junior
08/02/13, ore 20:05

Cosa dire? Mi hai sorpreso di nuovo. Come fai? Non mi aspettavo un capitolo così corto.
Ho letto quella frase. Una sola frase. Poche parole.
Dopo averle lette, però, ho aspettato due minuti. Sono rimasta in silenzio. Quei vocaboli mi rimbombavano nella testa.
"Alla fine degli arcobaleni c'eri tu ad aspettarmi, ma gli arcobaleni sono svaniti, ora cosa dovrei aspettarmi?", cosa dovrei aspettarmi?, cosa dovrei aspettarmi?

E poi vuoto. Non hai scritto nient'altro. Hai lasciato al lettore il vuoto. Lo stesso vuoto che hai provato quando hai scoperto di poter più trovare il tesoro una volta che sono svaniti gli arcobaleni.
Prima hai sognato, hai visto l'arcobaleno e hai creduto di poter trovare la pentola d'oro. Questo è un sogno, un'illusione e per questo è destinata a svanire.
Una volta scomparso l'arcobaleno, il sogno che ti faceva vivere, ti chiedi cosa dovresti aspettarti, ti senti perduto. E proprio nelle parole non dette che sei riuscito a esprimere il tuo smarrimento.

Ora mi devi spiegare perché a questo capitolo hai dato il titolo di "Pensieri di un pazzo". Ti credi fuori di testa? Ti credi diverso dagli altre persone cosiddette normali?

J.

Recensore Junior
08/02/13, ore 17:41

Cavolo! Veramente, sono senza parole! Non so da dove iniziare per dirti quanto mi è piaciuto questo capitolo! È pieno zeppo di immagini e metafore che possono uscire solo dalla penna di un poeta o dal pennello di un pittore!

Le prime righe non fanno altro che ripetere ciò che più ti ossessiona: lei, il fatto che non riesci a dimenticarla e che il suo sorriso riusciva a illuminare le notti più buie. Adesso però il tuo sole è coperto da una nuvola e la sua luce non riesce più a raggiungerti.
È necessario che ti dica quanto mi sia piaciuta l'immagine dei cristalli che in realtà sono di plastica? Ecco lui non è una cosa che resterà per sempre, lui non vale quanto lei si merita. Presto se ne accorgerà lei da sola: vedrà che lui è solo un'ombra, una maschera.
Tu lo sai già questo. Tu non sei accecato dall'amore come lei: forse lei si illude che quel ragazzo sia quello giusto per lei e non riesce a vedere la sua falsità. Sembra che ci sia una corrispondenza tra te e lei: entrambi siete innamorati; tu sei legato ai suoi occhi, ma i suoi occhi sono ciechi. Se potessero vedere avrebbero già notato il filo che vi collega (questa credenza giapponese non la conoscevo ma credo che sia veramente bellissima).
Ed ecco l'opposizione tra lui e te: il castello di plastica contro quello di vero cristallo che le puoi dare tu. Quest'ultimo è sicuramente più fragile ma è autentico, è vero, è naturale. La plastica è sintetica, mi fa pensare alla falsità del mondo degli uomini, alla ricerca artificiale di materiali perfetti ma non naturali.
E da questo momento non commento più: rovinerei solo la perfezione e la forza delle immagini che hai usato!
Il fiume in piena bloccato dalla diga (anch'essa un prodotto dell'uomo, come la plastica) che diventa palude, il bocciolo di loto nascosto tra le acque melmose, il veleno e l'antidoto, il limbo (stato di incertezza e per questo di sofferenza)...
Più che con le parole, tu parli con immagini: dipingi una tela con schizzi di emozioni!

J.

Recensore Junior
06/02/13, ore 13:44

Hai proprio ragione quando dici che questi sono pensieri buttati giu di getto, senza un filo logico: dal riflettere sulle frasi di filosofi passi all'amore senza un apparente nesso logico. Il pensiero non deve essere per forza logico e razionale: è sempre bello far vagare la mente e vedere quali assurde riflessioni può fare.

Ecco che qui il tuo pensiero si concentra sull'amore. Ti interroghi sul perché riti cercano il per sempre in ogni storia d'amore mentre tu cerchi il continuo cambiamento. Beh, diciamo che quando si dice per sempre non si vuole che tutti i giorni siamo uguali (la monotonia uccide l'uomo) ma che i colpi di scena siano minime e non scoinvolgano l'esistenza. Non so se mi sono spiegata bene: in una coppia è importante che ci sia qualche novità, ma questa non deve mettere a repentaglio la stabilità della coppia. Un esempio sono i figli: sono un nuovo elemento il una famiglia ma non per questo deve venir meno la stabilità della coppia padre-madre. Anche i viaggi, trasferimenti sono piccoli cambiamenti ma l'uomo cerca una stabilità, cerca una persona che ci sarà sempre nonostante tutto.
Non posso non dirti che le immagini che hai usato per esprimere questo concetto sono davvero azzeccate e poetiche: l'areoplanino che ha bisogno di nuove folate di vento, il fuoco che ha bisogno di nuovo combustibile...
Però penso che anche tu voglia un po' di stabilità, una persona che ci sia sempre (infatti vorresti essere a casa e cosa c'è di più stabile e accogliente di una casa?).

Ho visto che hai scritto anche tantissime altre cose: con il tempo le leggerò tutte. Penso che non mi basterà una vita soprattutto perché mi fermo moltissimo tempo a riflettere su quello che scrivi e provo a rispondere alle domande che ti poni.

J.

Recensore Junior
05/02/13, ore 20:39
Cap. 1:

Che dire? Intanto che ho deciso di leggere questo "libro", come lo chiami tu, per il suo titolo: "Le mie storie di ordinaria follia".
Devo dire che è perfetto. Perfetto per il fatto che non ci sono parole migliori per esprimere ciò che si pensa quando non si ha niente da fare, quando fissi il vuoto e rifletti su quello che sei, quello che fai, qual è lo scopo della tua vita. Questa non è forse follia? Perché fermarci a pensare, a friggerci il cervello ponendoci domande alle quali non sappiamo rispondere?
Inoltre tu definisci ordinaria questa follia e sicuramente hai ragione. Bisogna però distinguere il tipo di ordinarietà: la follia ordinaria può essere riferita alla tua vita (sono sempre le solite domande che ti ritornano in mente e per quanto inconsciamente cerchi sempre di trovare una risposta), ma anche alla vita di tutti gli uomini (ogni uomo, sempre che sia in grado di riflettere -e non tutti lo sanno fare- si pone le stesse domande: pensa ai filosofi, alle varie religioni, ecc.).


E proprio in questo capitolo insceni un dialogo tra la tua parte razionale e quella dei sentimenti che riflettono su dei concetti chiave della vita di ogni persona: il senso della vita e la morte.

Inizi descrivendo la parte razionale: fredda, acuta (mi piace tantissimo questo aggettivo: dà proprio l'idea di qualcosa di matematico, calcolatore, quasi come una figura geometrica)...
È seduta nella parte in ombra, mentre l'anima (per anima intendo la parte sensibile contrapposta a quella razionale) è completamente illuminata.
Anche questo contrasto, bianco-nero, dà l'idea di qualcosa che non può trovare un compromesso: queste due facce della stessa medaglia continueranno per sempre a lottare tra di loro senza riuscire mai a fondersi, a trovare un compromesso.

"In cosa credi?". È questa la domanda che pone la ragione e ovviamente l'anima risponde: "Nella morte, nella fine."
C'è qualcos'altro di certo nella nostra esistenza oltre alla morte? La ragione ha altre certezze: due più due farà sempre quattro, un triangolo ha tre lati. Ma a cosa può credere l'anima se non alla certezza che ci sarà una fine?

E allora la seconda riflessione è questa: se c'è solo la morte come certezza, perché vivo? E allora l'anima inizia a pensare che la vita non abbia un senso, che sia il vuoto.

Ma l'anima sa che c'è qualcosa o meglio si vuole convincere che ci sia qualcosa e si ostina a dividere questo vuoto in settori. E la ragione sembra quasi deriderla insistendo sulla mancanza di logica nel suo ragionamento: come si può dividere il vuoto?

Il primo settore è il lavoro: hai il sogno di diventare cantante ma non riesci a fare questo lavoro; la verità è che non riesci a fare niente, non riesci a trovare qualcosa che ti piace fare e invidi quelli che fanno ciò che amano fare.
Beh, su questa cosa sono d'accordo solo in parte: tutti hanno un sogno nel cassetto, una cosa impossibile da realizzare, magari nella vita ci si ritrova a fare un lavoro completamente diverso da quello che si immaginava da piccoli; non per questo però si deprimono: ecco, diciamo che io invidio le persone che non si fanno aspettative, che si sanno adattare a qualunque cosa gli succeda e quindi sono felici.
L'unica cosa che posso consigliarti è di non pensare a ciò che non puoi fare, ma a ciò che puoi fare, a tutte le possibilità che hai davanti che non alzandoti dal letto non potrai mai afferrare.

E poi ecco di nuovo la ragione che sempre sghignazzando (si, mi immagino questa ragione come superba, che asseconda i discorsi senza senso dell'anima solo perché vuole prendersi gioco di lei) invita l'anima a definire le altri parti del vuoto. "Quali sono? Cosa caratterizza queste assenze?" chiede la ragione e l'anima prontamente risponde: "Tutto!". Si, perché per i sentimenti il nulla può essere tutto e il tutto nulla. Questo la ragione non può capirlo.

Parlando dell'amore, l'anima si rivela una sognatrice, sempre occupata a volare troppo in alto con le sue piccole ali che non riescono a vincere la rigida forza di gravità. Diciamo che quello dell'amore impossibile è un sentimento comune a tutte le persone dotate di emozioni: se fossimo solo ragione questa ci direbbe che il nostro amore platonico non ha senso dal punto di vista razionale, ma l'anima ci porta sempre a chiedere l'impossible senza un vera ragione.

Poi c'è l'amicizia. Devo dire che anche questo è un sentimento senza una spiegazione logica: perché ci ostiniamo a essere sempre presenti per gli altri se gli altri non ci sono mai per noi? La verità è che vogliamo bene a queste persone e siamo felici quando possiamo fare qualcosa per loro. Almeno per me è così.

La ragione non può capire tutte queste cose: non può stimare il valore della soddisfazione per un lavoro che ti piace, l'amore o la felicità perché non si possono misurare con i numeri. L'anima invece capisce la loro importanza per questo continuerà a cercarle anche senza un perché. Questa opposizione tra realtà e sogno, tra logica e emozioni, tra ragione e anima non può che portare a un continuo conflitto. Non ci possono essere patteggiamenti: una battaglia può essere vinta o dalla ragione o dall'anima, ma nessuna delle due può essere eliminata definitivamente perché entrambe sono una parte della stessa unità, della stessa natura, dello stesso individuo.


Lo so, mi sono dilungata un po' troppo e forse ho fatto anche io delle riflessioni senza senso, ma la verità è che questi capitolo mi ha veramente colpito: sei riuscito a esprimere cinquntamila concetti filosofici e domande esistenziali in poche righe e io non ci sarei mai riuscita!
Adesso non ho tempo per leggere gli altri capitoli, ma continuerò non appena avrò tempo!

J.

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