-Zayn ho paura.-
-Non ti succederà nulla, mi sono occupato di tutto io.-
-E se ci dovessero scoprire?-
-Non mi hanno preso per cose più eclatanti, figuriamoci questo.-
-Sì, ma avevi fatto tutto tu, forse mi sono dimenticata qualcosa.-
-No, ho nascosto tutte le prove.-
-Zayn! Zayn vieni qui!-
Stavo dormicchiando sul letto quando il mio cellulare si illuminò.
-Che c’è Ellie?-
-Vieni qui! Oh mio Dio Zayn! Sono un mostro.-
-Arrivo.-
Mi vestii in fretta e furia e saltai sulla macchina di mia madre, che per mesi era rimasta in garage.
All’inizio il motore emanò qualche sbuffo, ma poi si mise in moto senza problemi.
Accostai davanti a casa sua e entrai di corsa in casa.
La porta era aperta e ciò alimentò il mio timore.
-Ellie?-
-S-s-sono qui sopra.-
Salii le scale e trovai Ellie seduta con le ginocchia al petto sotto una sedia, con lo sguardo fisso nel vuoto.
-Perchè mi hai chiamato? Ellie, che cazzo è successo?-
-N-n-non sapevo chi chiamare, mi sei venuto in mente solo tu.-
Tra le mani aveva un pistola, il collo e i vestiti erano pregni di sangue.
Spinsi lentamente la porta della sua camera e capii perchè mi aveva chiamato.
Un uomo, era accasciato a terra in una pozza di sangue, lunghi schizzi rossi sporcavano le pareti e il soffitto come un’inquietante opera d’arte moderna.
Il viso era deformato in una smorfia tra il disgustato e il terrorizzato.
Gli schizzi di sangue creavano forme sinuose sul muro.
Quel muro, forse la tela, di Ellie, la prova del suo disagio, era irremidiabilmente rovinato.
Le pareti erano piene di scritte in nero, blu, rosso. Poesie, pensieri, canzoni, anche solo parole a casaccio, disegni di volti, angeli, persone comuni, gente che si incontrava per strada, il barbone sotto la metro, qualche professore, una donna, il mio volto.
Aveva un foro esattamente al centro del collo, da cui spillava ancora sangue benchè fosse morto per dissanguamento da tempo.
-Era mio padre.- Ellie spuntò sulla porta. -Era mio padre e l’ho ucciso, ma a differenza tua non ho sentito nulla. Forse sono davvero il diavolo.- lasciò cadere a terra la pistola e fissò il corpo esanime. -Me lo diceva sempre, per la malattia. Ma oggi era fuori di sè. Non ci ho visto più. Ho preso la pistola da sotto il cuscino, quella che gli avevo rubato per le emergenze e ho sparato.- i suoi occhi avevano un’espressione indefinita, come se stessero ripercorrendo minuto per minuto l’accaduto. -Dritto al collo. Un solo, un unico sparo ed è morto. Ho ucciso colui che per anni mi ha dato il tormento.- si smosse. -Che è anche colui che mi ha dato la vita. Ma non ho sentito niente. Solo un senso di liberazione.-
La fissavo mentre mi parlava, ma non stava parlando a me. Parlava con tutti e con nessuno. A se stessa e all’umanità. Era come se tutto questo fosse solo un racconto e lei fosse il narratore esterno.
-Zayn, mi devi aiutare. Non voglio andare in prigione.-
-Fidati di me, non ti accadrà nulla.-
Così avevo pulito per bene le impronte di Ellie dalla pistola, l’avevo infilata tra le mani dell’uomo e avevo ripulito tutte le prove. Poi ho fatto un giro dell’isolato con la macchina mentre Ellie chiamava l’ambulanza.
-Mi dispiace, suo padre è morto, non abbiamo potuto fare niente.-all’ospedale un chirurgo ci venne incontro.
Ellie scoppiò in un pianto disperato, mentre l’uomo cercava timidamente di spiegare l’accaduto.
-Si... si è sparato dritto al collo. Quando siamo arrivati ormai era già morto ma abbiamo voluto tentare. Non è servito a niente.- detto questo diede una lieve pacca sulla spalla a Ellie, uno sguardo triste a me e si dileguò.
Io sorreggevo Ellie mentre si sfogava e piangeva, piangeva, piangeva, ma nessuna lacrima usciva dai suoi occhi.
E mi resi conto che non era un pianto quello.
Stava ridendo.
-Non ti ho mai visto così felice.- mi avvicinai impacciatamente a lei, ma si scansò.
-Neanche io mi ero mai vista così felice.-
-Deve essere stata una grossa liberazione.- ancora qualche centimetro.
-Esatto.- si mosse ancora in là, ma aveva raggiunto la fine del letto.
-Adesso non puoi più andare avanti, eh?-
-No, non posso.-
Era tutto così.. normale.
Sembravamo due adolescenti comuni che stavano insieme.
Non due ragazzi problematici.
Un ex carcerato.
Una disturbata.
Due assassini.
Per la prima volta ridevamo insieme. Ci abbracciavamo. Ci baciavamo.
Era mia e io ero suo.
Eravamo un tutt’uno, in senso fisico e non.
Una cosa sola.
E se una delle due cose mancava, l’altro soffriva. Soffriva, soffriva e finiva per morire.
-Renditi conto, qualche ora fa stavo ripulendo il sangue di tuo padre e adesso giochiamo a fare gli innamorati.-
-Io non sto giocando.-
Lasciai la casa di Ellie quella sera e tornai a casa mia.
Erano le dieci e mezza e in quel quartiere non c’era nessuno.
Qualche lampione illuminava la strada, dei gatti randagi si litigavano delle lische di pesce vicino a dei bidoni della spazzatura.
Dei ragazzini andavano a comprare dell’erba dal pusher locale.
Sfrecciavo sulla macchina di mia madre in mezzo a quel silenzio quasi pesante.
Era come se tutto fosse nascosto da una coperta nera che attutiva i suoni, eliminava i colori.
Accostai davanti a casa mia ed entrai.
Mia madre stava già dormendo.
-Come stai, Zayn?- una figura spuntò dalla penombra. -forse non ti ricordi di me, sono il tuo amico Liam.-
-Mi ricordo di te, gran figlio di puttana. Cosa vuoi?-
-Cosa vuoi tu. Forse la tua fidanzatina, o mi sbaglio? Carina, quella Ellie. Un po’ sciroccata forse.-
-Sei un verme. Cosa le hai fatto?-
-Per ora niente.-
E ritornò nell’ombra.
Prima che potessi fare qualcosa sparì, lasciandomi lì, disorientato.
Adoro la tua storia!! Ti prego continua presto!! E dimmi quando aggioni!! Ciao =) |