Buonaseeera,
okay, fai conto che tutto ciò che ho di tecnologico tra le mani si è opposto alla pubblicazione di questa recensione tipo cento volte (il tablet ha deciso che doveva cancellarne metà - e anche quando la riscrivevo e salvavo, giuro, SALVAVO, comunque si cancellava la parte riscritta e una parte vecchia... e passi una volta, ma alla terza ho imprecato in tutte le lingue che conosco, e pure quelle che non conosco, tanto alla fine si impara prima ad insultare e poi a chiedere dov'è il bagno), e quindi nei giorni scorsi - tipo da mercoledì - ho provato a scrivere questa recensione e a farla sembrare quella di una persona sana di mente e a modino, ma alla fine meglio essere noi stessi, no?
Pertanto, ti avverto: certe volte perdo il filo del discorso (alcune volte riesco anche a recuperarlo, a mia discolpa!), e parto per una sorta di voli pindarici, ma tranquilla lo faccio solo con le storie che mi piacciono (le altre vengono stroncate senza mezzi termini).
Okay, ammetto di aver già letto e riletto, e di aver sofferto sempre alla stessa maniera, e non ho mai avuto il cuore di recensire, eh sono pesaculo peggio di Bookman, se te lo stessi chiedendo, ma più che altro perché non ne ho mai avuto la forza mentale e fisica per farlo, non so se lo sai ma certe volte uno esce distrutto dalla lettura di storie ben scritte come la tua (per non parlare del fatto che per sette ottavi qui scorra angst a palate, che a me e alle mie molteplici personalità piace, ma che un po' ci smangiucchia il cuoricino). Oltre al fatto che, come ho appena accennato, quando uno è abituato a leggere storie nella media (o anche sotto la media, vista certa roba che gira sul web) poi legge qualcosa di scritto dannatamente bene, tipo la tua, e dice "Ah, quindi è questo che vuol dire leggere cose belle" (e poi va in un agolo a disperarsi e a scartavetrarsi gli occhi per tutto quell'altro putridume che ha letto nel resto della sua vita).
Tutto questo per dirti cosa? Ah, per dirti che finalmente ho il coraggio di recensire questa che a tutti gli effetti è tra le mie all time favorites, e che l'idea è di recensire (sempre in tempi biblici vista la mia prolissità e la mia pigrizia intrinseca) capitolo per capitolo. E ti prego di scusarmi perché non sono certo un bravo recensore, potrei dire un sacco di baggianate.
Okay, recupero la mia scatola di kleenex e cominciamo.
Fin da subito mi permetto di dire che in giro per la rete ci sono un sacco di storie belle, eh, ma di Lavi/Kanda anche lontanamente decenti forse non si arriva alla trentina oppure, mettiamola così, non incontrano il mio gusto. Tipo, perché noi siamo persone educate. Le tue, sarà che scrivi bene, sarà che sai tenere bene i personaggi, insomma sono quelle che se avessi una classifica personale (c'è) sarebbero in cima.
Non è facile tenere le redini di questi due, il personaggio di Kanda si sputtana con la stessa facilità di essere punto dalle zanzare quando vai in baclone e Lavi beh... diventa ridicolo con la stessa cadenza dell'operazione bis alla Conad. Insomma, ci vogliono due secondi e mezzo, tipo.
Detto questo, partiamo dall'inizio.
E che inizio.
Con, quante? Due frasi e mezzo? Sei riuscita a spingerci con Kanda nella cella.
Il lettore è lì, che sente l'umidità nelle ossa, al buio. Può giurare di sentire il respiro affannato di Kanda, il gocciolare di un rivolo d'acqua contro la parete.
Il lettore è lì e osserva Kanda, bestia in gabbia, che s'è macchiato di un atto esecrabile per la Chiesa (va beh, noi che siamo persone educate teniamo per noi i nostri insulti all'ordine di qualcosa che giudica l'operato altrui ma se ne strafotte di quello che c'è nel suo cortile). Comunque, Kanda è lì, ed è Kanda, pure se l'hanno seviziato, presumibilmente se sapesse che il lettore è lì e l'osserva (e forse un po' lo compatisce) troverebbe il modo di ammazzare l'indesiderata presenza. Kanda è comunque Kanda, e non sempre a tutti gli autori rimane così. Ammettiamolo, forza, tutti noi abbiamo pensato di giocare con la sanità mentale e non solo di questi due. E con Lavi è facile smontare e rimontare a nostro piacimento quei pezzetti di Lego che lo compongono, alla fine tra crisi di identità e doveri di Clan, il gioco ce lo rende facile già di suo. Mentre maciullare l'ego di Kanda è tutta un'altra storia, perché sì, alla fine gli si può far di tutto eh, la penna (la tastiera) è in mano a noi, ma non a tutti Kanda rimane in Kanda. Quel quid che lo rende così, sfugge via e... addio a Kanda. A te riesce bene, non so con quanta facilità nella scrittura, ma dalla lettura pare che sia una tua diretta propaggine, che ti esca naturale, insomma. Cioè è tipo la cosa a cui aspirano tutti gli autori, quindi boh, ti ammiro e parecchio.
Comunque, a parte questo, torniamo pure alla storia.
Il lettore sta sempre lì, che un po' compatisce Kanda, che ha ceduto alla carne, il che lo rende davvero davvero umano, ed è pure stato "giudicato" (che tanto lo sappiamo come vanno questi "processi") da una serie di inetti. E quindi Kanda è lì che non demorde, preferisce affamarsi piuttosto che mangiare alle condizioni dei carcerieri (è così da Kanda!), preferisce morire piuttosto che rinnegare se stesso e ciò che ha compiuto, le scelte che ha fatto - come se si possa scegliere razionalmente cosa vuole il proprio cuore - (è così da Kanda! e due). E alla fine il lettore lo sa che per Kanda sarebbe acqua fresca anche il carcere duro, alla fine è uno di volontà forte, mentre come Kanda, teme un po' per le sorti dell'altro peccatore. Alla fine Lavi è un coniglio, no? (che abbiamo già appurato che fare il ragù di coniglio è facile). E noi tutti temiamo un po' il suo magro destino.
Okay, ora ammetto che proprio alla mia primissima lettura, io mi ero immaginato tutta una serie di fini violente per il poveretto in questione (una serie di morti allucinanti tra cui soffocato nel suo stesso vomito durante la tortura oppure che ne so? scannato nelle docce da un bruto, o massacrato di botte da guardie bigotte - parafrasando De André), ma mica avevo preso in considerazione che potesse commettere un abominio nell'abominio, il suicidio (sai che casino spiegarlo ai bigotti?). E invece.
Io sono rimasto tipo dieci minuti ad occhi sbarrati dicendo "va beh no, va beh non può essere" (tanto che il mio cane, un mostro di arguzia, mi guardava strano).
E pure Kanda (che nel mentre si sta anche un attimo facendo uno di quegli esami di coscienza che fa più rumore di quando i vicini di casa decidono di fare i lavori nel bagno e gli operai trapanano dalle otto di mattina) che per la serie "se non vedo non credo" vuol vedere il corpo. Caro mio, uno: sei nel pieno della prima fase dell'elaborazione del lutto, chiamasi Negazione, se vuoi ti passo il numero di una brava psicologa; due: consiglio da amico, evita di sbirciare nelle sacche per cadaveri o sotto ai lenzuoli soprattutto quando la persona ghiacciata lì sotto è qualcuno a cui tieni che sennò si sentirà il rumore del tuo cuore che si spezza a isolati di distanza, fidati; che va bene fare il San Tommaso della situazione, ma a tutto c'è un limite. Soprattutto perché alle volte è meglio negare l'evidenza piuttosto che godere della realtà, soprattutto quando questa è grama. E per fortuna quel gran pesaculo di Bookman ha fatto seppellire il suo apprendista, che sennò qua, già la scena successiva è di un tragico che mi impiccherei al termosifone senza alcuno scopo erotico così, posso solo immaginare cosa sarebbe se invece Lavi non fosse sotto sei piedi (tipo due metri e spicci?) di terra.
E quindi il lettore sta lì, ancora, ha seguito Kanda fuori dalla cella, ha attraversato il Quartier Generale, ed è arrivato lì, davanti alla croce senza nome di Lavi. (solo il fatto che non è corporeo nella storia non gli ha permesso di sputare in un occhio al vecchiaccio). E ora è lì, il lettore, che non sa se può guardare direttamente Kanda o lasciarlo da solo col suo dolore.
E mentre noi piangiamo come agnelli alla fiera del bestiame di Forth Worth, Texas, (che in fatto di bigotti neanche scherza) e mandiamo in fallimento la kleenex, mandiamo anche tanti segni di approvazione al caro Komui, che avrà pure un sister complex che in confronto il complesso di Edipo che aveva Freud - sì, non m'inganna mica con tutto quell'incolpare madri, padri, zii - sono bazzecole!, ma non ne lascia passare una all'Ispettrice. (bravo Komui, zuccherino?)
Okay, ecco... l'altra versione della recensione era migliore, ma io sono un rimbambito assoluto, quindi... facciamo che chiudo qui e mi preparo psicologicamente al prossimo capitolo.
Ti faccio ancora i miei complimenti più sentiti e alla prossima (cioè quando avrò riattaccato con la colla e il filo interdentale il mio povero cuore).
Arrivederci.
D. |