Recensione/valutazione valida per il contest "E fece...il gran rifiuto" indetto sul forum di EFP
Grammatica e ortografia: 10/10
Assolutamente lodevole, non ho trovato nulla di particolare da segnalare, se non fosse per piccole sbavature ortografiche, ovvero:
“Io stavo affianco”
Secondo me era da preferire la forma “a fianco”, scritta così sembra la prima persona del presente indicativo del verbo affiancare.
“Il gesto di mio mio cugino mi rese felice.”
Ripetizione non necessaria del possessivo.
“La sorte volse che i suoi genitori”
Secondo me la sorte volle che i suoi genitori..
“non sapevo come dire a mia madre di aver investito con la sua macchina”
Questo non è un errore in senso stretto, ma mi sembra un’imprecisione, forse era meglio specificare, e scrivere chi si era investito, ma questo prendilo con beneficio d’inventario
Stile: 10/10
Il testo mi sembra ben scritto (la struttura particolare è un po’ ostica all’inizio, ma basta poco per entrare al suo interno e capirne i meccanismi interni)
L’unico appunto che mi sento di muoverti riguarda la forma del testo, sono un estimatore del Times New Roman 12 e invece mi è arrivato un testo in Georgia 10, non che abbia avuto problemi a cambiare il formato, però sarebbe stato meglio averlo dall’inizio con il formato per me migliore.
Originalità: 9/10
Il tema dell’amore tra cugini non è esattamente una novità (si può dire che sia al primo gradino di quelle che potrebbero essere definite “passioni proibite”, anche se si è in una specie di zona grigia, in molti ordinamenti tra cui quello italiano le nozze tra cugini sono ammesse, solitamente però nell’immaginario collettivo si pensa che le prime cotte sono sempre verso cugini/e), però ho trovato non male l’atteggiamento dei protagonisti, che pur provando piacere nella compagnia l’uno dell’altra, non si sentono presi da passione romantica travolgente.
Gradimento personale: 9/10
Più volte, nel corso della lettura della storia, ho pensato a una versione anni ’80 dei Vitelloni di Fellini, soprattutto nella descrizione della vita di questo gruppo di giovani che passano la loro esistenza in un paesotto di provincia aspettando un “momento buono” che molto probabilmente rimarrà solo nei loro sogni o speranze e dove il massimo dell’esistenza è costituito da birra e sigarette quando non peggio (ho trovato più volte nel testo il riferimento alle “bionde”, come se costituissero una metafora della vita dei personaggi, come se ad andare in fumo non fosse solo il tabacco e sostanze annesse e connesse, ma l’esistenza di questi tapini).
Un plauso inoltre alla scelta dell’ambientazione cronologica: gli anni ’80 del XX secolo hanno rappresentato un ritorno alla sfera privata, dopo che i decenni precedenti erano stati contrassegnati dall’impegno (non disgiunto da un certo estremismo), sembra strano che tra i cantanti preferiti vi sia Guccini, che nella sua opera trasmette una visione dell’esistenza opposta a quella di costoro, non scossa da niente se non dalla morte di un caro amico.
Caratterizzazione dei personaggi: 5/5
La protagonista nonostante tutto è simpatica, dico nonostante tutto perché si dimostra spesso nel corso della storia di poche idee ma confuse, e i suoi sentimenti verso il cugino non l’aiutano; riguardo a costui, ci tiene al bene di sua cugina, al punto di fare a botte, ma sembra anche che voglia tenere il piede in due scarpe, degli altri mi sono piaciuti soprattutto il gestore del bar, vera e propria figura parentale sostitutiva per questi ragazzi, e quello morto nel fiore degli anni, probabilmente l’unico che teneva davvero alla protagonista; in nome del parenti serpenti, come non pensare male della sorella del ragazzo che scoperto il fratello in idillio non pensa a farsi i fatti suoi?
Ci sarebbe poi la madre della protagonista, un’acida matrona che mi ha fatto pensare a quanta verità ci sia nelle parole di Boccadirosa, ovvero che si danno buoni consigli se non si può più dare cattivo esempio, sembra quasi che lo faccia apposta a non voler capire la figlia-
Attinenza al tema: 4/5
Secondo me c’è ma non del tutto, se non ho capito male il rifiuto c’è, ma non espresso chiaramente dalla protagonista, si lascia in pratica guidare dagli eventi, mi pare che lei si sia limitata a un rinuncia passiva all’amore per il suo parente, si limita ad andarsene, con il corpo e con lo spirito, dall’oggetto del suo amore “sbagliato”, sono stati gli eventi a decidere per lei, quelle parole finali, l’invito abbastanza perentorio a non chiamarsi mai e per nessun motivo sono state dette da lui e non da lei (il rifiuto doveva essere particolarità del o della protagonista), inoltre sembra più una specie di ripicca o vendetta (non che volessi un scena romantica e strappalacrime fatta di inviti accorati e di recriminazioni furenti, ma il momento del “rifiuto” mi è parso piuttosto anonimo), non che sia una critica, ma secondo me il voto sarebbe stato più alto se il contest si fosse intitolato “Che ne sarà di noi?” o “Où sont les neiges d’antan?” o “Storie di ragazze e di ragazzi” .
Totale: 47/50 |