Recensioni per
Ombre
di Rosebud_secret

Questa storia ha ottenuto 1 recensioni.
Positive : 1
Neutre o critiche: 0


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Nuovo recensore
17/05/15, ore 00:55
Cap. 1:

Abbiamo fra le mani un testo denso, quindi conviene partire da un aspetto e da lì espandersi. Cornice dieselpunk, anno 1795. Siamo cinque anni dopo la pubblicazione della Kritik der Urteilskraft, e quattordici prima della Philosophie zoologique. La Francia esiste, ma non la Germania o l'Italia. Pur nel suo venir trasportato in una dimensione altra, il testo cattura molto della distanza storica che ci separa dal momento in cui il diciottesimo diventa diciannovesimo, il cui il moderno diventa "quasi contemporaneo". Alla fine dell'ottocento esistono coca cola e pizza margherita, nel settecento la cipria va nei capelli e non sul viso. Il rapporto con le macchine (il diesel del dieselpunk) è al tempo stesso quotidiano e mistico. C'è il luddismo, c'è la resistenza sociale alla trasformazione dello Stato Nazionale in ingranaggio bellico ( e io personalmente ci vedo forse un filo del miglior Polanyi, ma senza caricare nel testo presupposti da storiografia marxista che gli sono alieni) ma c'è anche il fardello dell'uomo bianco ( forse un filo ante litteram) e la sete di scoperta. Solo che si effettua il grande rovesciamento. Non sono le grandi "matematiche universali" cui persino Isidore Ducasse scrive un inno, quanto piuttosto l'archeologia, la storia, il motore della scoperta. In questo crepuscolo di diciottesimo secolo è l'archeologo a profilarsi, non l'ingegnere; ed il tutto con buona pace del signor Watt.
Sia posta questa cornice.
Abbiamo a che fare con un'ottimo dieselpunk, che ha sia punti di contatto con quello che è stato il passato delle civiltà occidentali ma che introduce quanto è giusto, narrativamente, per creare il "fantapassato" che il genere richiede. Si sono definite le "Cronache Marziane" di Ray Bradbury come "ricordi del futuro". Parodiando, direi che qui Rosebud invece anticipa il passato.
Nel farlo introduce quasi subito il tema. La storiografia di genere ha da tempo evidenziato come fra sette ed ottocento, complice la rivoluzione/i industriale/i cui sopra abbiamo accennato cambiano sia la visone della famiglia che della donna. E si tratta di un cambiamento drammatico ( penso ancora a Polanyi). Nei ceti più disagiati il nucleo familiare vive, fatica e muore lavorando nello stesso stabilimento. L'immagine idealizzata della donna diventa allora - per l'elite letteraria- quella dell'angelo del focolare, candida, che non si sporca le mani. Che non lavora, non produce, ma si dedica a sport anacronistici come il tiro dell'arco o a decisioni irrilevanti come la scelta delle porcellane per la prima colazione.
Il personaggio femminile qui spicca per il suo tradire il contesto. Si tratta di una madre, ma anche di una talentuosa archeologa. Essa è sfruttata dal marito, che la vedrebbe meglio relegata in un ruolo di "delicata inconsistenza" ( qui mi viene subito in mente in mente Margaret Keane) a cui essa si ribella. E qui entra in gioco il principio del femminio, incarnato in Lilith. Demone, al di là del bene e del male in un senso prettamente nietzscheiano, ctonio, legato a segreti ultramondani di sapore lovecraftiano. La ricerca di Lilith, letteralmente, causa la morte per parto - fatto allegoricamente significativo-. Come a dire che i due ruoli, forse, non si possono conciliare neppure con uno sforzo eroico. Oppure, con un gusto grecamente tragico, la trascendenza dell'elemento metafisico distrugge e consuma gli esseri umani, al di là della moralità che tale devastazione comporterebbe. Come il calore del lume ad olio che Thomas stringe al petto, gli orrori senza tempo non sono né buoni né cattivi, ma semplicemente nocivi-per-noi.
Thomas, bambino atipico e problematico, sin dalle prime scene si siede dalla parte del torto perché tutti gli altri posti sono già stati occupati dagli adulti. Gli stessi adulti che, alla fine della storia, diventano meri "corpi ospite" per creature orribili e molto probabilmente pericolose.
Eppure egli dimostra tutte quelle qualità che dovrebbe essere il signor Rockford - un old good fella britannico, adulto e coloniale- ad incarnare: coraggio, lealtà, pacata e quasi galante cavalleria. Ed a ciò accosta un istinto quasi ferino, uno "shining": sente i sussurri delle creature con gli occhi rossi.

Tutto sommato la vicenda finisce troppo presto, un vizio - questo- delle buone one-shot. L'auspicio è che l'ambientazione promettente venga poi ampliata nelle opportune sedi.

Rosebud si conferma qui ottima sceneggiatrice, tratto che ho già osservato in altre sue produzioni sul sito e che mi sento di sottolineare. L'avvio ci presenta i personaggi nel loro quotidiano. Abbiamo da prima i ruoli della famiglia visti dall'esterno, poi dall'interno. E c'é la prima, poco prevedibile tutto sommato, incrinatura. La delicata Mrs Rockford è in realtà il cervello della coppia. Il marito è un abile gestore di relazoni peer to peer, ma tutto sommato un volto abbastanza anonimo di un più vasto patriarcato. Il monello è in realtà un ragazzo che, pur giovanissimo, dimostra un coraggio ed una freddezza indimenticabili e ammirabili.
Molto buono il climax delle scene sotterranee, con sequenze d'azione precise e rapide, di grande effetto.

Spero di essermi spiegato. So che la storia mi piace ma non mi è facile mettere chiaramente - l'uno in fila all'altro in buon ordine- tutti i motivi per cui mi piace.

Con affetto,
Miele.
(Recensione modificata il 17/05/2015 - 01:05 am)