Storia terza classificata al contest A detective's insight
Voto: 5
Dunque... qui mi sento un po' in difficoltà, perché mi dispiace dare un voto così basso, e mi dispiace darlo ad una storia con delle basi che potevano funzionare alla grande. Però, per me, questa storia “non è sufficiente”, nel senso che le manca davvero qualcosa, e qualcosa non da poco. Proverò a spiegarmi – e ricordo che è sempre un parere personale, eh!
Gli elementi di base – un caso particolarmente efferato che avviene in piccolo paese, il detective locale che viene coinvolto, la presenza di una bella donna misteriosa e così via – non sono originalissimi, però hanno quel “qualcosa” di classico, un po' da vecchio film noir, che comunque fa sempre piacere ritrovare in una storia (ho un'amica che dice “se i clichées sono diventati tali, è perché piacciono alla gente, no?”)
La storia però ha dei punti parecchio traballanti. L'idea che mi sono fatta io è che l'autore, magari preso dal desiderio di sperimentare (col linguaggio, con l'ambientazione) si sia fatto un po' prendere la mano, tralasciando di dare una maggior coerenza alla storia e allo stile. Magari mi sbaglio...
Però, per fare qualche esempio: l'ambientazione è difficile da afferrare. In che epoca siamo? La nostra? Inizio secolo? Non viene detto e si stenta a capirlo. La campagna toscana, da come è abbozzata, fa pensare a diversi decenni fa, ma ci sono particolari più attuali... Insomma, non c'è né un indicatore chiaro dell'epoca, né una descrizione tanto accurata da farla cogliere. E' vero che il lettore deve lavorare di fantasia, sì, ma... l'autore ha il dovere di darmi le basi per ambientare ciò che leggo, no?
Il punto di vista del narratore è molto problematico. L'autore stesso, nelle sue note, dice di aver volutamente lasciato scivolare il narratore in prima persona realmente presente nel testo (l'aiutante del detective) in un narratore onnisciente. Secondo me è una scelta azzardata e penalizza la storia, confondendo il lettore. Il narratore del primo capitolo, poi, sa delle cose che non potrebbe sapere, essendo un tredicenne che si limita ad assistere il protagonista. (Esempio: il detective gli dà solo qualche cenno sul ritrovamento di Betta, dal quale il ragazzo capisce “tutto”. Ma come può sapere ogni singolo particolare del ritrovamento, compreso quello un po' raccapricciante – perdonami, ma lasciamelo dire – delle scarpe bagnate?)
Ho trovato anche qualche problema nel lessico. Anche qui, si sente che c'è desiderio di sperimentare e ricercare, ed è un'ottima cosa, però... a volte la sperimentazione prende un po' la mano, portando a mettere insieme parole azzardate. A me un certo stile non convenzionale piace, ma qui ci sono degli azzardi che, forse, si spingono un pochino oltre. (“impervie” usato come sostantivo; una passeggiata notturna “dinoccolata”: semmai può esserlo una camminata, un passo... Va riferito comunque ad un movimento, a qualcosa di fisico; il fatto di “gettare a terra con modi triviali”: triviale credo abbia più una sfumatura di “rozzo”, e non di “rude”; altre cose del genere...) Con questo, non metto in dubbio che l'autore conosca il significato delle parole: penso che, per volontà di “giocare” con le parole, sia finito a scegliere delle espressioni che purtroppo vengono contraddette dal vocabolario stesso. Personalmente, apprezzo la sperimentazione, ma ci vuole sempre attenzione nell'attuarla. (Sono una reduce dagli stessi errori, parlo più che altro per esperienza!)
Ci sono po dei passaggi complessi che avrebbero funzionato benissimo con una maggior semplificazione, e un uso magari un pochino eccessivo di modi di dire (“pista da battere” e “brancolare nel buio” sono usati diverse volte. Magari è colpa mia, che odio in generale le frasi fatte, però... è un racconto breve, e l'uso ripetuto della stessa frase si nota.)
Infine, ho avuto un po' l'impressione che la maggior parte delle cose vengano più “dette” che “mostrate”. Non si percepisce l'amore del detective, né si capisce il tormento interiore della sua scelta finale. Forse dipende dal narratore impiegato, non so... Però, purtroppo, su di me come lettrice c'è stato ben poco impatto. Magari con un narratore più “banale”, una semplice terza persona onnisciente, si poteva ottenere di più, non so... Sono solo supposizioni.
Spero di aver spiegato come mai trovo questa storia “mancante”: manca di rifiniture che non sono superflue, ma danno forza e compattezza ad una storia. Manca una voce narrante certa, un lessico stabile ed un espediente di risoluzione del giallo un po' più forte, forse, che la semplice faccenda della collana.
Non è affatto una brutta storia, né una storia “da buttare”. Magari, ha bisogno di essere ripresa in mano, resa più semplice e scorrevole e rafforzata un po', ecco. Di certo le idee e le capacità ci sono.
Alla recensione, pubblicata nel topic del contest, vorrei aggiungere un grazie per aver partecipato al contest. E... uh... spero davvero di non essere sembrata presuntuosa o superiore, nel commento. E' un commento sincero al massimo - e comunque non vuole essere per nulla una critica distruttiva! |