Ciao ~
Non hai idea di quanto sia bello tornare a leggerti qui su EFP, cara. Diciamo che ho preso il via a leggere storie su storie e che, per certi versi, ho sentito la tua mancanza su questa piattaforma pur avendoti letta di recente in altre sedi. Bentornata, dunque! E ricordati sempre che sei l’unica persona in grado di farmi apparire questa sezione, lol ~
Ho letto le note e ammetto di aver sorriso alla spiegazione su Wipeout. Non lo conosco, ma sono certa che tu sia imbattibile da come ne parli – un po’ come quando io parlo di Evil Zone, lol.
Prima di tutto, come mia consuetudine, voglio concentrarmi sul titolo e sull’introduzione.
Life Is War è stupendo. Un concentrato, un messaggio, forse anche una speranza e un tratto di cinica verità – che sono sicura diventerà ancora più prominente nella storia in questione. La vita è guerra, decisamente vero: si lotta per nascere, si lotta per vivere, si lotta per essere se stessi o anche solo per nascondersi. In qualunque luogo, in qualunque contesto, è perenne guerra. Simbolicamente la viviamo tutti, ma nella tua storia – presumo – sarà ancora diverso. Non solo un simbolo, ma una realtà. E prima di parlare dell’introduzione vorrei soffermarmi sulla parola simbolo per dire che ne ho notato uno. Il germoglio ha avuto la funzione di simbolo ai miei occhi. C’è vita anche in un mondo strano, confuso, asfissiante. Mi ha ricordato Stigma della Minekura, sai? Un solo germoglio mi ha dato la stessa sensazione lo stesso brivido finale di quel volume unico. Prevedo angst a palate.
L’intro è bellissima. Non so se tu l’abbia o meno studiata a lungo, ma come ben sai io sono una frana con le intro. Mi piace leggerle, però, e vedere se attirano, se colpiscono, se colgono l’attenzione del lettore. E la tua lo fa: breve, incisiva, dettagliata. Stimola ad aprire la storia, a leggere cosa si cela all’interno di questo mondo disastrato e ancor più sotto la cupola di vetro che copre Metropia.
Ma veniamo al capitolo, veniamo a noi: il primo paragrafo è una finestra, un varco. Attraverso il daffare di Xelya ci viene presentato l’esterno, ci viene mostrata la distruzione e la devastazione. Lo zero. Poi il simbolo che ho citato poco fa. E diventa paradosso, vita, curiosità, perfino dubbio. Infine c’è una carrellata d’informazioni non poco interessanti. Ho notato gli anagrammi cui hai fatto riferimento nelle note inziali e ho sorriso, lo ammetto. Complimenti per l’idea!
Ho trovato fantastica la frase (CIT.) Avevano razioni di acqua razionata […] perché amo le ripetizioni volute, quelle esplicative e rafforzative. Calchi la mano sulla questione della divisione raziale – se vogliamo – che coinvolge gli abitanti di questa nuova realtà che è Metropia, sul come e perché il mondo sia diverso anche nel quotidiano. E poi suona bene, dannatamente bene. Non dà fastidio, anzi.
Altra cosa che trovo estremamente interessante è l’accuratezza che hai avuto nel descrivere la situazione sociale in cui vive Xelya o, cosa ancor più affascinante, le strane modificazioni corporali. Sono rimasta letteralmente stupita e non ho potuto fare a meno di associare questi innesti a una sorta di identità mutaforme. Inutile dire che avevo gli occhi a cuore, lol!
Piccolo off topic che non è completamente off topic: io sono ossessionata dalla simmetria (?)
Forse già lo sai, forse lo avrai notato o lo avrò detto più e più volte in più e più posti, ma devo dirlo. Essere asimmetrici e sapere di esserlo con la concezione di simmetria postuma degli studi di architettura è asfissiante. Fai caso ai millimetri, ai dettagli, e quando ci stanno lievi variazioni non va bene, non c’è perfezione. Nel mio cervello vige l’idea che un millimetro può far crollare un palazzo, può non unire perfettamente due mura, può creare una crepa. Quando ho letto di Meryl ho sorriso. Mi piacerebbe essere tranquilla sul fronte dell’asimmetria, mi piacerebbe avere la sua stessa concezione. Tuttavia non ci riesco – non si di me, lol. Ed è assurdo, perché l’asimmetria nel prossimo mi piace! Basta prendere per esempio lo Strabismo di Venere, una fossetta sulla guancia quando qualcuno sorride, l’inclinazione delle labbra che si torce in un ghigno. Sono cose che mi piacciono e che, nonostante tutto, non riesco ad apprezzare su di me. Assurdo, lo so.
Altra cosa che apprezzo in questo tuo primo capitolo è lo show don’t tell che hai inserito nel dialogo tra Mads e Maryl. Grazie a loro due si ha un focus più prominente sulla loro civiltà, sull’organizzazione interna. Rispondi a molte domande senza dilungarti troppo in descrizioni pesanti, perciò complimenti! Amo tutto ciò. Amo quando un autore non dettaglia con spiegazioni su spiegazioni nella narrazione, quando lascia ai personaggi l’onere di mostrare, di parlare, di far vivere al lettore il loro mondo.
Mi è piaciuto molto anche il tratto in cui Xelya ha da ridire sui colori di Fricon, nonché Fricon stesso. Amo i personaggi imperfetti e immagino che in questa storia mi affezionerò molto ai presenti.
Il finale del capitolo lascia aperto uno spaccato, un interrogativo. È lo stesso dubbio che ha avuto Meryl, lo stesso che adesso è venuto anche a me. Suppongo che Xelya sia imperfetta a livello postumo, dunque. Se doveva essere parte integrante dell’élite, se doveva figurare tra gli Halpa, allora cela un segreto molto grande – consciamente o inconsciamente – sulla sua nascita.
Okay, ammetto di aver viaggiato un po’ con le supposizioni e con le idee, perciò mi scuso di eventuali corbellerie!
Passo a dire ciò che penso dello stile: fluido, dettagliato in modo giusto, a tratti descrittivo, ma non pesante. Hai adottato il giusto equilibrio tra spiegazioni e narrazione, perciò complimenti. E la punteggiatura l’adoro. Amo le frasi concise almeno quanto quelle ben costruite e più lunghe. Di tanto in tanto ho notato dell’ironia, del cinismo. E poi ci sono frasi epiche, dialoghi interessanti. Insomma, complimenti!
Alla prossima,
xoxo |