Recensioni per
Buonanotte Johnny Cash
di _Maeve_

Questa storia ha ottenuto 3 recensioni.
Positive : 3
Neutre o critiche: 0


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Nuovo recensore
20/04/16, ore 11:25

Le tue parole mi hanno lasciato un misto di sensazioni aggrovigliate nello stomaco, cose che cercherò di esprimere in modo ordinato e comprensibile - anche se parte del fascino sta proprio nel disordine, nei fili annodati di un'anima che s'incastra tra le parole. Se sia la mia o la tua, non saprei dire.
"Poesia brutta", dici, ed io mi trovo a filosofare su questo termine così ostico. Brutta. Questa poesia è brutta come le cicatrici lasciate dall'acne, come le smagliature tra le cosce di ragazze cresciute troppo velocemente, come quei seni un po' fiaccati dall'età che hanno perso di tono ed ora pendono, rosei e morbidi, non più puntati verso il cielo. È brutta come la ragnatela di rughe sulle mani degli anziani, come quelle macchiette scure sulla pelle che precedono inesorabilmente il declino del corpo, come l'odore penetrante di sudore, di carne, di umanità dopo il sesso.
Ecco perché, a mio parere, questa poesia è in verità davvero bella. Tu, baciata da Euterpe, Erato e Calliope, passeggi per il tuo giardino interiore e traduci in versi sciolti e ostinati (e sempre incredibilmente musicali) ciò che vedi, un bicchiere di ketoprofene disciolto in acqua al posto dell'assenzio, le mani tese ad afferrare ciò che credi per creare una poesia brutta, che poi è bella.
Bella nella sua struggente umanità, nella sua sincera frustrazione, nella sua disarmante chiarezza; vedi, è come se questa poesia mi avesse presa e guardata dritta in viso, il mento un po' proteso in fuori e gli occhi di brace, e mi avesse detto: "ascolta la mia voce, toccami, saggia le mie lacrime, consolami e stringiti a me, ché i miei sentimenti sono i tuoi e quelli di tutti gli altri, ed io non sono che lo specchio dell'umanità intera."
Mi ha fatto tremare le ginocchia.

Dolce G., l'ho detto dalla prima volta e lo ripeto ancora: il tuo più grande talento è quello di illuminare di gloria ciò che è ordinario e noto a tutti; dalla nudità ad un amore in punta di piedi, dalla piena euforia all'umana frustrazione, tutto ciò che fluisce dalle tue mani rinasce a nuova vita, pregno di significato e carico di una potente energia, e questa poesia brutta - brutta, brutta, brutta, ripetilo con orgoglio ogni volta - ne è la prova più sincera.
(Recensione modificata il 20/04/2016 - 11:26 am)

Recensore Junior
13/04/16, ore 22:39

Ciao cara...
che dire...ho letto questa tua poesia ed altre che hai scritto...
sei una persona profondissima, intelligente e dal grande cuore che con le sue poesie riesce ad autoanalizzarsi con degli accenti e con un pathos che quasi rasentano la follia. La follia dei poeti, che solo chi sa volare verso i propri sogni può capire....<3 <3 <3
Ti mando un kissino *smack* a presto !! :D

Recensore Veterano
13/04/16, ore 15:12

Io t'avverto che non lo chiamo l'esorcista. Non hai paura di scoppiare?
Prima che i cristalli di sale si disperdano e non lascino traccia alcuna del tuo passaggio e del tuo orizzonte incompiuto, di questa poesia incompiuta (oddio, io devo dirtelo proprio, odio l'incompiutezza), prima che l'ultima sbadiglio (e non sbaglio, facci caso) si premunisca del lasciapassare e metta fine alla tua carta d'identità in versi e in amore, io voglio provarci ad afferrare quello che lampante lo è solo alla luce del sole. E tu l'hai spento. O s'è spento da solo, fa niente, la verità di fatto è che è spento. La tensione è soffusa, è trepidante e consapevole rassegnazione che quel periodo del mese passi - non più in sordina, ormai ha avuto il suo momento di celebrità - in cui le poesie muoiono prima del loro tempo e le giovani immature ereditano i loro beni troppo presto, soffrono di sterilità proiettiva, non si va oltre il domani - non c'è un dopo-domani. Un po' lo capisco, scrivere così deve essere estenuante, trascinante sì ma c'è da scontare qualcosa.
Il primo verso è il primo verso di una ragazza ben educata, suona come quello. Ché esagerare con le poesie fa male, e lo sai, e non dovresti insistere più di tanto con questo trasporto emotivo, cosa aspetti a ravvederti? ti dici. L'insistenza può farsi oltraggiosa. Sgorgano però le dilogie e i chiasmi, un concinnitato torrente di versi e nessuna diga a fare da paraurti, le invettive non bastano. La lotta per ora la stai perdendo. (Ci avrei aggiunto un tuo verso qua, mi è tornato in mente in automatico, hai presente quale senza che io te lo dica espressamente? Un indizio: fa parte sempre di quella poesia.) (Lo ammetto, lo ammetto: hai maledettamente ragione con le tue impressioni - non tutte, ma lo sguazzare sulle esegesi sì. Se poi scrivo come scrivo (a me pare non meno banale delle tue poesie verso di te, nondimeno mi piace e idem i tuoi versi) è perché una frazione di Spark scriverebbe così a prescindere dal contrasto o dal contesto, gli schemi esistono e sono razionali ma analogici - al digitale non mi hanno ancora fatto passare,  ma poi chi vuol passarci? Costa tutto di più, si sa - e, a modo loro, presuntuosi: vogliono esserlo, vogliono essere poesia. Farsi poesia. E tu esalti, (in)volontariamente, quella parte lì. Non t'assomiglia per niente, ma andate d'accordo a modo vostro. C'avete degli amici in comune)
La tua poesia perlomeno ci parte dai riferimenti concreti, i primi versi poi sfumano in metapoesia, scrivere sta cominciando a venirti male, si sente, eppure la tua poesia brutta l'hai lasciata andare ugualmente in alto mare. Non pensi di avere responsabilità, verso di lei? Che fosse troppo presto? Potresti essere perseguibile a norma di legge. Normale che la poesia finisca così, con quel non mi so proprio frenare. Non basta per giustificarti, tuttavia, lo sai anche tu.
Dire cosa? Dipende, hai detto molto e nascosto altro in questi versi sparpagliati e in queste emozioni sparpagliate (quanto è bello sparpagliare? Intendo il termine) e se io ho il vizio di imprigionare fra le parentesi quello che vorrei dire sul serio, tu hai l'abitudine di sparpagliare significati extrasemantici (a ciascuno il suo) e distribuirli perfino fra poesie diverse - forse è colpa del torrente o della burrasca.
Dire cosa? Parlare di te e farlo nei versi. Dire che sono banali, ma belli (l'aspetto è bello, ti considereresti un postmoderno esteta? A me non sembri un poeta maledetto, semmai affetta da un accenno di dandismo). Dire l'amore, non necessariamente in forme canoniche, in modi di-versi (di versi!), ogni tanto chiamarlo per nome, amore. Dire che l'amore non è tutto (sì lo è). Dire le contraddizioni, ecco. Poi rimangiartele, metterci un avverbio che faccia sorgere qualche dubbio, metterci un'uscita di emergenza insomma. Quando scrivi prepari la fuga, anche se poi finisci per restare (ma di poesie ne avrai cancellate). Dire cosa? Che sei viva e vegeta, seppure annoiata e distratta, seppure desiderosa di ben altro a oltranza, di andare avanti e cambiare lato alla cassetta vecchia e così ripetitiva! Sei l'esponente d'eccezione del maevismo (non senti come sibila bene?), hai il dovere morale di dire qualcosa, quel qualcosa che ti porti dietro dalle elementari.
Sono andato a guardare le stelle. Ero indeciso se darti ascolto o meno (quelle le preservo per il momento in cui smetterai di scrivere come un'ossessa e io avrò ancora voglia di farlo, o quantomeno di leggere), ora tu stai traboccando di parole e io passerei ore a rimuginarci sopra e a tracciare la tua carta astrale per il puro gusto di capire come si intersecano le tue parole con il tuo modo di essere, potrei superare il limite di caratteri e avere ancora qualcosa da dirti; è che tu posizioni le parole e le raffini, te l'ho detto, e viene voglia di usarle fino allo sfinimento. Ora basta. Reboot.
I versi troppo brevi hanno ancora le smagliature, muore il vocabolario mentre continui a dar credito alle stesse parole che ti perseguitano, o tu persegui loro ma non è questo il punto, enfatizzi disperatamente il vuoto sul quale si smuove agitata la tua pulsione vitale; sai a cosa deve somigliare? Prima pensavo ad una talpa in un fosso circondato da sbarre di ferro, povera cieca e instancabile scavatrice, poi ho pensato a una scogliera e mi piace di più, sono le onde a rompersi e non tu. (mi dirai che la scogliera si logora col tempo? Non dirlo)
La desolazione è arrivata, dici (vedi che dici qualcosa? Lo so, il problema è cosa); quelle promesse che peccavano d'ottimismo si sono spente al momento, ché poi francamente splendevano solo di luce riflessa, mica propria, comunque: ti ha tradito quel sole. Caoticamente va meglio, anche se ci si sta male (e sembro un insensibile ma tu lo sai che mi dispiace, solo non posso farci niente, non mi resta che scriverci attorno), sta stretto questo mondo sopra le stelle e attraverso le righe, stanno strette anche le costrizioni elementari che si ripercuoto ancora sulla Maeve che oggi è (quasi) una donna, che ama secondo dislivelli - povera te. Ah, posso enfatizzare anche io con i corsivi, senza il tuo permesso, vero?
Non è che la vita è altro, è che la vita rimanda ad altro e non puoi, non posso(no) far(te)ne una colpa, come per le mancate corrispondenze (di cui così tanto abbiamo parlato in così poco tempo o in così poche espressioni) che si particolarizzano in frasi fatte da cui astrarre emozioni cautelari e rimpianti poco casti, troppo abusati. E tutto deve finire nelle parole: è drammatico quello che finiamo per scrivere, è drammatico che poi siamo costretti ad autodefinirci banali, come direbbe Murakami, visto che tu lo hai già citato e non a torto, il problema è che la scrittura è sì un contenitore imperfetto, ma per pensieri già imperfetti. Cosa pretendi? Nulla, esattamente.Questa è la poetica del maevismo, la possibilità del nulla, che è possibilità del tutto (senza il vuoto i fermioni dove si muovono?). Ecco, senza volerlo mi sto facendo trascinare da quello che non avrei dovuto leggere, non avresti dovuto tentarmi.
Parentesi senza parentesi. Quando hai scritto quel bovaristicamente mi hai colpito e quasi affondato al primo tentativo, non per fortuna. C'è un passo, uno di quelli col segnalibro di cui ti dicevo, che è eloquente, "Non importava! Non era felice e non lo era mai stata. Da cosa dipendeva questo vuoto che esisteva nella sua vita, questa putrescenza istantanea delle cose che le stavano più a cuore?... Ma se esisteva in qualche luogo un essere forte e bello, un cuore valoroso, nello stesso tempo pieno di entusiasmi e di raffinatezza, un animo di poeta sotto le spoglie di un angelo, lira dalle corde di bronzo, capace di far giungere fino in cielo i suoni di epitalami elegiaci, perché proprio lei non avrebbe potuto per caso incontrarlo? Oh! Che sogno impossibile! Nulla valeva la pena di una ricerca, tutto era menzognero. Ogni sorriso nascondeva uno sbadiglio di noia, ogni gioia una maledizione, tutti i piaceri, il disgusto, e i baci più appassionati lasciavano sulla bocca soltanto l'irrealizzabile desiderio di una voluttà più grande" e io non ti attribuirei mai nulla del genere, l'accezione è troppo diversa. L'amore sofocleo, quello sì (se capisci cosa intendo per attribuzione): il profanare, il sacrificio, la morte, l'iniquità. I sensi di colpa inauditi e meschini si fanno avanti con insistenza e una sintomatica perseveranza, il (non? Davvero?) frenarsi. Senso di colpa 3.0. Silicio.

(non avrei finito, ma oggi l'incompiutezza è d'obbligo)